BRANI DEI DISCORSI DI APERTURA E DI CHIUSURA
DEL CONCILIO VATICANO II
Dal Discorso di Giovanni XXIII per l’apertura del Concilio Vaticano
II (11.10.1962)
«15. Il “punctum saliens” di questo Concilio non è dunque
la discussione di un articolo o dell’altro della dottrina fondamentale
della Chiesa… Per questo non occorreva un Concilio.
Ma dalla rinnovata, serena e tranquilla adesione a tutto l’insegnamento
della Chiesa nella sua interezza e precisione quale ancora splende negli
atti Conciliari da Trento al Vaticano I, lo spirito cristiano, cattolico
ed apostolico del mondo intero attende un balzo innanzi verso una
penetrazione dottrinale e una formazione delle coscienze, in corrispondenza
più perfetta alla fedeltà all’autentica dottrina, anche questa
però studiata ed esposta attraverso le forme dell’indagine e della
formulazione letteraria del pensiero moderno … tutto misurando nelle forme
e proporzioni di un magistero a carattere prevalentemente pastorale.
«16. …Sempre la Chiesa si è opposta a questi errori; spesso
li ha anche condannati con la massima severità.
Al giorno d’oggi, tuttavia, la Sposa di Cristo preferisce far uso della
medicina della misericordia piuttosto che della severità: essa ritiene
di venire incontro ai bisogni di oggi col mostrare la validità della
sua dottrina piuttosto che con la condanna. …»
Dal Discorso di Paolo VI per la chiusura del Concilio Vaticano II
(7.12.1965)
(Gli incisi in grassetto sono nostri)
«4. … Ma non possiamo trascurare una osservazione capitale nell’esame
del significato religioso di questo Concilio: esso è stato vivamente
interessato dallo studio del mondo moderno.
Non mai forse come in questa occasione la Chiesa ha sentito il bisogno
di conoscere, di avvicinare, di comprendere, di penetrare, di servire,
di evangelizzare la società circostante, e di coglierla, quasi di
rincorrerla nel suo rapido e continuo mutamento.
Questo atteggiamento, determinato dalle distanze e dalle fratture verificatesi
negli ultimi secoli, nel secolo scorso ed in questo specialmente, fra la
Chiesa e la civiltà profana, e sempre suggerito dalla missione salvatrice
essenziale della Chiesa, è stato fortemente e continuamente operante
nel Concilio, fino al punto da suggerire ad alcuni il sospetto che un tollerante
e soverchio relativismo al mondo esteriore, alla storia fuggente, alla
moda culturale, ai bisogni contingenti, al pensiero altrui, abbia dominato
persone ed atti del Sinodo ecumenico, a scapito della fedeltà dovuta
alla tradizione e a danno dell’orientamento religioso del Concilio medesimo.
Noi non crediamo che questo malanno si debba ad esso imputare nelle
sue vere e profonde intenzioni e nelle sue autentiche manifestazioni.
«5. Vogliamo piuttosto notare come la religione del nostro Concilio
sia stata principalmente la carità; e nessuno potrà rimproverarlo
di irreligiosità o di infedeltà al Vangelo per tale
precipuo orientamento, quando ricordiamo che è Cristo stesso ad
insegnarci essere la dilezione ai fratelli il carattere distintivo dei
suoi discepoli (cfr. Giov. XIII, 35 “ Da questo tutti conosceranno che
siete i miei discepoli: dall’amarvi scambievolmente”) …
[la citazione non ci sembra pertinente perché vi si parla
dei mutui rapporti fra discepoli di Nostro Signore e non di quelli fra
i discepoli e gli avversari, come ad esempio i farisei, che vanno amati
anche loro ma come vanno amati i nemici che ci perseguitano]
L’umanesimo laico profano alla fine è apparso nella [sua] terribile
statura ed ha, in un certo senso, sfidato il Concilio.
La religione del Dio che si è fatto Uomo si è incontrata
con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa
Dio.
Che cosa è avvenuto ?
Uno scontro, una lotta, un anatema ? poteva essere ma non è
avvenuto.
L’antica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità
del Concilio
[il riferimento non ci pare pertinente perché l’uomo soccorso
dal buon samaritano non era un bandito nel pieno delle sue forze che lo
sfidava ma una vittima dei banditi che era ben felice di ricevere soccorso
da lui].
Una simpatia immensa lo ha [il Concilio] tutto pervaso.
La scoperta dei bisogni umani (e tanto maggiori sono, quanto più
grande si fa il figlio della terra) ha assorbito l’attenzione del nostro
Sinodo. Dategli merito di questo almeno, voi umanisti moderni, rinunciatari
alla trascendenza delle cose supreme, e riconoscerete il nostro nuovo umanesimo:
anche noi, noi più di tutti, siamo i cultori dell’uomo.
«6. E che cosa ha considerato questo augusto Senato nella umanità,
che esso, sotto la luce della divinità, si è messo a studiare?
Ha considerato ancora l’eterno bifronte suo viso: la miseria e la grandezza
dell’uomo, il suo male profondo, innegabile, da se stesso inguaribile,
ed il suo bene superstite, sempre segnato di arcana bellezza e di invitta
sovranità [?!].
Ma bisogna riconoscere che questo Concilio, postosi a giudizio dell’uomo,
si è soffermato ben presto a questa faccia felice dell’uomo, che
non a quella infelice.
Il suo atteggiamento è stato molto e volutamente ottimista.
Una corrente di affetto e di ammirazione [ ?!] si è riversata
dal Concilio sul mondo umano moderno.
Riprovati gli errori, sì; perché ciò esige la
carità, non meno che la verità; ma per le persone solo richiamo,
rispetto ed amore.
Invece di deprimenti diagnosi, incoraggianti rimedi; invece di funesti
presagi, messaggi di fiducia sono partiti dal Concilio verso il mondo contemporaneo:
i suoi valori [del mondo] sono stati non solo rispettati, ma onorati [?!]
, i suoi sforzi sostenuti, le sue aspirazioni purificate e benedette. …
«7. Ma una cosa giova ora notare : il magistero della Chiesa,
pur non volendo pronunciarsi con sentenze dogmatiche straordinarie, ha
profuso il suo autorevole insegnamento sopra una quantità di questioni,
che oggi impegnano la coscienza e l’attività dell’uomo; è
sceso, per così dire, a dialogare con lui … ha parlato all’uomo
d’oggi, qual è.
E una altra cosa dovremo rilevare: tutta questa ricchezza dottrinale
è rivolta in una unica direzione: servire l’uomo. L’uomo, diciamo,
in ogni sua condizione, in ogni sua infermità, in ogni sua necessità.
La Chiesa si è quasi dichiarata l’ancella dell’umanità. …
Tutto questo e tutto quello che potremmo dire sul valore umano del
Concilio ha forse deviato la mente della Chiesa in Concilio verso la direzione
antropocentrica della cultura moderna?
Deviato no, rivolto sì.
…tale interesse è dovuto al carattere pastorale, che il Concilio
ha scelto quasi programma …
«8. La mentalità moderna, abituata a giudicare ogni cosa
sotto l’aspetto del valore, cioè della sua utilità, vorrà
ammettere che il valore del Concilio è grande almeno per questo:
che tutto è stato rivolto alla umana utilità; non si dica
dunque mai inutile una religione come la cattolica la quale, nella sua
forma più cosciente e più efficace, qual è quella
conciliare, tutta si dichiara in favore e in servizio dell’uomo
[a nostro avviso una religione che non ha per oggetto primario Dio
e non è al servizio primario di Dio non è una religione ed
è veramente inutile non solo per Dio, che non ha bisogno di lei,
ma soprattutto per l’uomo che, volente o nolente, non può fare a
meno di Dio]. …
Che se … noi ricordiamo come nel volto di ogni uomo, specialmente se
reso trasparente dalle sue lacrime e dai suoi dolori, possiamo e dobbiamo
ravvisare il volto di Cristo (cfr. Matteo XXV, 40 “Ogni qualvolta avete
fatto alcunché di simile a uno di questi minimi tra i miei fratelli,
l’avete fatto a me”) … possiamo altresì enunciare: per conoscere
Dio bisogna conoscere l’uomo
[a nostro avviso è il contrario: per conoscere ed amare veramente
l’uomo, nonostante i suoi limiti e la sua cattiveria che conosciamo fin
troppo in noi stessi e negli altri, è necessario conoscere ed amare
veramente Dio, potenza e bontà infinita, creatore e salvatore dell’uomo].
…»
[I nostri lettori che abbiano sotto mano “Iota Unum” di Romano Amerio
potranno qui rileggere con piacere il capitolo XXXII “Civiltà e
Cristianesimo Secondario”.]