Risposta pubblicata in Notitiae, organo ufficiale
della Congregazione
Prot. N° 2036/00/L
(Sull'orientamento dell'Altare, del celebrante e dei
fedeli)
Quaesitum
È stato richiesto alla Congregazione per il Culto Divino e la
Disciplina dei Sacramenti se l’enunciato del § 299 dell’Institutio
Generalis Missalis Romani costituisca una norma in base alla quale
si debba considerare esclusa, nel corso della liturgia eucaristica, la
posizione del prete versus absidem.
La Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti,
re
mature perpensa et habita ratione dei precedenti liturgici, risponde:
Negative et ad mentem, per la quale di deve tenere conto di diversi
elementi.
Innanzi tutto occorre ricordare che il termine expedit
non costituisce una forma obbligatoria, ma un suggerimento, che riguarda
sia la costruzione dell’altare a pariete seiunctum, sia la
celebrazione versus populum. La clausola ubi
possibile sit tiene conto di diversi elementi come, per esempio,
la topografia del luogo, la disponibilità dello spazio, l’esistenza
di un precedente altare di valore artistico, la sensibilità della
comunità che partecipa alle celebrazioni nella chiesa in questione,
ecc.
Si ricorda che la posizione versus populum sembra la piú
conveniente nella misura in cui rende piú facile la comunicazione
(cfr. l’editoriale di Notitiae n° 29 (1993), pp. 245-249), ma
questo non esclude l’altra possibilità.
Tuttavia, quale che sia la posizione del celebrante, è chiaro
che il Sacrificio Eucaristico è offerto a Dio Uno e Trino, e che
il prete principale, Sovrano ed Eterno, è Gesú Cristo. È
Lui che opera attraverso il ministero del prete che presiede visibilmente
come Suo strumento. L’assemblea liturgica partecipa alla celebrazione in
virtú del sacerdozio comune dei fedeli, e quest’ultimo, per esercitarsi
nella Sinassi Eucaristica, ha bisogno del ministero del prete ordinato.
È necessario distinguere la posizione fisica, particolarmente
relativa alla comunicazione tra i diversi membri dell’assemblea, dall’orientamento
spirituale e interiore di tutti. Sarebbe un grave errore supporre che l’azione
sacrificale sia orientata principalmente alla comunità. Se il prete
celebra versus populum, cosa legittima e spesso consigliata,
il suo atteggiamento spirituale deve sempre essere rivolto versus
Deum per Iesum Christum, in rappresentanza dell’intera
Chiesa. È la stessa Chiesa, che assume la sua forma concreta nell’assemblea
dei partecipanti, ad essere tutta volta versus Deum, cosa
questa che costituisce il suo primario moto spirituale.
Comunque la si voglia giudicare, l’antica tradizione, anche se non fu
unanime, prevedeva che il celebrante e la comunità in preghiera
si volgessero versus orientem, punto da cui proviene la luce,
che è il Cristo. Non sono rare le chiese antiche la cui costruzione
è “orientata” in maniera tale che il prete e il popolo, nel corso
della preghiera pubblica, si volgessero versus orientem.
Si può ritenere che in presenza di certe difficoltà dovute
allo spazio o ad altro, l’abside rappresentasse idealmente l’oriente. Oggi,
l’espressione versus orientem equivale spesso a versus
absidem, e quando si parla di versus populum non
ci si riferisce all’occidente, bensí alla comunità presente.
Nell’antica architettura delle chiese, il posto del Vescovo o del prete
celebrante si trovava al centro dell’abside, di modo che egli ascoltava
la proclamazione delle letture volto verso la comunità. Ora, questa
sede presidenziale non era relativa alla persona del Vescovo o del prete,
né alle sue doti intellettuali, né tampoco alla sua personale
santità, ma era relativa la suo ruolo di strumento del Pontefice
invisibile, che è il Signore Gesú.
Inoltre, quando si tratta di chiese antiche o di grande valore artistico,
occorre tenere conto della legislazione civile riguardante i cambiamenti
e le ristrutturazioni. Un altare posticcio non sempre può essere
una soluzione idonea.
Non bisogna dare importanza eccessiva a degli elementi che nel corso
dei secoli hanno subito dei cambiamenti. Ciò che rimane fermo è
l’avvenimento celebrato nella liturgia: esso è manifestato attraverso
dei riti, dei segni, dei simboli e delle parole, i quali esprimono diversi
aspetti del mistero, senza tuttavia esaurirlo, poiché il mistero
li trascende tutti. Irrigidirsi su una posizione e “assolutizzarla” potrebbe
tradursi nel rifiuto di alcuni aspetti della verità che meritano
rispetto e accoglienza.
Vaticano, 25 settembre 2000.
Jorge A. Card. Medina Estévez, Prefetto.
Francesco Pio Tamburrino, Arcivescovo Segretario.