Il recente documento “Dominus Iesus” promulgato dalla Congregazione
per la Dottrina della Fede intende delineare la posizione del cristianesimo
rispetto alle altre religioni, e della Chiesa cattolica rispetto alle altre
religioni cristiane. Come teologi e teologhe del Belgio francofono, intendiamo
reagire con chiarezza deplorando il tono e il contenuto del documento romano.
Le nostre riflessioni vertono su diversi punti:
Noi rigettiamo il senso di superiorità che questo testo suggerisce
ai cattolici rispetto agli altri cristiani, e ai cristiani rispetto ai
credenti delle altre religioni. Questo atteggiamento ci appare come estremamente
pregiudizievole nei confronti dell’ecumenismo e del dialogo interreligioso,
in Occidente come nei paesi del terzo mondo.
Noi pensiamo che la questione della verità affrontata dal documento
è di una importanza fondamentale, ma essa, a nostro avviso, non
può essere trattata che su un piano di parità in cui ciascuno
propone il cammino che è il suo, senza assolutizzarlo. Giudicare
il valore della tradizione spirituale dell’altro alla luce della tradizione
cattolica identificata con la verità su Dio, ci sembra una via senza
uscita non conforme né alle intuizioni né a certe affermazioni
del Concilio Vaticano II, in particolare alla dichiarazione sulla libertà
religiosa. Inoltre, questo atteggiamento non tiene conto del lavoro
ecumenico e interreligioso svolto fin da allora, né del cammino
percorso con coloro che non credono in Dio su questioni come la giustizia,
la verità, il senso della vita.
Noi crediamo che Cristo è «la via, la verità e la
vita» all’interno dell’atto di fede, ma crediamo anche che la pienezza
della verità è avanti a noi e nessuno può pretendere
di possederla.
A nostro avviso, il documento va contro lo spirito di dialogo del Vaticano
II e offre l’idea di una Chiesa ripiegata su delle certezze fossilizzate
e riaffermate con un tono autoritario che credevamo relegato nel passato.
Inoltre, questo testo ci sembra in totale sfasamento con la vita quotidiana
di numerosi cattolici e con gli studi di molti teologi, impegnati in
un lavoro di ricerca con i non cattolici, credenti o no.
Vogliamo anche sottolineare la contraddizione tra la dichiarazione romana
e i gesti simbolici compiuti dal Papa nei confronti delle altre Chiese
e delle altre religioni. La “Dominus Iesus” arreca danno alla credibilità
di questa condotta di Giovanni Paolo II.
La dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede ha già
suscitato numerose reazioni. La nostra è quella di teologi cattolici
rattristati nel vedere una autorità della loro Chiesa rispondere
a delle questioni reali con delle risposte unilaterali, senza attenuazioni
e presentate come definitive. Un tale documento non può che sminuire
la credibilità di una istituzione che, diversamente, potrebbe essere
portatrice del soffio del Vangelo.
I firmatari sono:
Roger Aubert, Philippe Bacq, Ignace Berten, Daniel Chavée, Maurice
Cheza, Pierre de Locht, Patrick Denis, Alice Dermience, Joseph Dewez, Tony
Dhanis, Elena Di Pede, Louis Dingemans, Joseph Famerée, Jean-Marie
Faux, Camille Focant, André Fossion, Gérard Fourez, Jean-Pierre
Gérard, Adolphe Gesché, Philippe Goffinet, Joseph Havet,
Élisabeth Henneau, Omer Henrivaux, Anne Hermant, Jean-Philippe Kaefer,
Brigitte Laurent, Paul Lebeau, Walter Lesch, Dominique Martens, Jean-Pierre
Massaut, Étienne Mayence, José Michaux, Hans Miessen, Pierre
Mourlon-Beernaert, Philippe Muraille, Jean Pirotte, Joseph Ponthot, Marie-Paule
Préat, Gabriel Ringlet, Bernard Saintmard, Jacques Scheuer, Maurice
Simon, Claude Soetens, Jules Solot, Mari-Alice Tihon, Paul Tihon, Thierry
Tilquin, Jean-Louis Undorff, Bernard Van Meenen, Guy Vanhoomissen, Jacques
Vermeylen, André Wenin, Bernadette Wiame.