Articolo di Mons. Bernard Fellay, 
Superiore generale della Fraternità Sacerdotale San Pio X, 
sull'ecumenismo, 
pubblicato su Mysterium Fidei


Il testo è stato evidenziato da noi


 

Nell’atmosfera ecumenica del momento è chiaro che l’ostinazione della Fraternità, fondata sulla dottrina cattolica di sempre, non può che disturbare.
Lungi dal divenire una rotella in piú nel meccanismo dell’orologio ecumenico, la Fraternità, ponendo l’esigenza dell’esclusività della Verità cattolica, rappresenta il granello di sabbia che inceppa il meccanismo, che ne mostra l’illogicità e l’incoerenza. 

Contro ogni logica del buon senso, l’autorità eccelsiastica applica nei nostri confronti le censure e pretende dai fedeli lo stesso comportamento che un tempo esigeva di fronte all’eresia e allo scisma. La Chiesa, dopo aver cambiato radicalmente il suo comportamento nei confronti delle eresie e degli scismi, essendo divenuta ecumenica (quale Chiesa?), nei confronti di coloro che rimangono fedeli alla Fede cattolica esige invece quelle stesse pene e sanzioni che un tempo applicava agli errori a difesa delle Fede. Cosí, per esempio, siamo stati espulsi dalla fiera del libro cattolico in Polonia tre ore prima della fine della stessa, che dura tre giorni - peraltro con nostro grande successo pubblicitario - perché siamo “scismatici”, mentre sono rimasti indisturbati gli stand degli ortodossi, degli anglicani, dei giudei, ecc.

È risaputo che noi svolgiamo un ruolo importantissimo per la nostra posizione di rifiuto del dialogo, che è la punta di diamante dell’ecumenismo. Tuttavia, nelle mire del Vaticano, si cerca di coinvolgere anche noi, per affogare la Tradizione nel mare delle altre forme religiose. Provare a dialogare per convertire è cosa piú che accettabile, ma solo per convertire, è in questo modo che si può prudentemente prevedere uno sbocco vantaggioso per la Tradizione cattolica. Diversamente, dialogare per giungere ad un modus vivendi ecumenico, e cioè per assicurarsi un posto fra tante altre opinioni: NO.
Noi possiamo prendere in considerazione di vivere a fianco della nuova messa - il “lasciateci vivere l’esperienza della Tradizione” di Mons. Lefèbvre - solo nella prospettiva seguente: che le autorità romane comprendano la necessità di ritornare all’integrità cattolica, con particolare riferimento alla messa e alla difesa della dottrina e della sua relativa disciplina.
Che esse constatino la necessità di inviare dei missionarii, un po’ come ai tempi della Contro-Riforma, nelle regioni contaminate dall’eresia. Per un certo tempo potrebbe asservi tolleranza per la nuova messa, fino alla sua progressiva eliminazione.

Fino a quando non verificheremo un atteggiamento del genere da parte di Roma, ma, al contrario, continueremo a constatare il desiderio di “volerci riconciliare” con la Roma di oggi, riteniamo che ogni discussione ufficiale sia estremamente pericolosa. 
Bisogna continuare ad osservare da vicino i movimenti all’interno della Curia romana, poiché vi sono chiaramente delle tendenze contrapposte. È opinione comune, e noi ne abbiamo le testimonianze, che oggi la Chiesa è governata dal Segretario di Stato. Tale governo è molto pragmatico e guidato dalla prudenza umana dell’opportuno e dell’inopportuno. La Fede non si muove in tale prospettiva.
Da un lato il disastro di interi paesi che non seguono piú le direttive romane (come per esempio la Germania), dall’altro le iniziative dei diversi distretti, come quella dell’invio di documenti ai preti diocesani, possono condurre alcuni pastori e prelati alla riflessione. Giungeranno costoro all’inevitabile conclusione: e cioè al ritorno del “quod semper, quod ubique”, che la Chiesa ha sempre e dappertutto insegnato? Noi preghiamo perché questo accada, si tratta di un opera della grazia, di una conversione.

D’altronde, il tentativo di raggruppare le forze conservatrici è illusorio e pericoloso. In tale tentativo si cerca necessariamente il piú piccolo comune denominatore, si sottolineano i punti d’accordo, o si scartano i punti che potrebbero creare attriti. In tal modo si rischia di far passare per amici delle persone che non lo sono e che ci trattano da scismatici con le parole e con i fatti, si rischia di dare un indebito credito a dei personaggi dei quali invece bisogna diffidare. Tutto ciò non può che generare malintesi e confusioni, invece della chiara esposizione della dottrina e della condotta da tenere.
Noi guadagneremo le ànime alla Verità solo se esporremo la dottrina nella sua completezza, nella pienezza delle sue esigenze, anche quando queste dispiacciono, e non certo attraverso dei compromessi.

I fatti parlano da soli: coloro che ci hanno lasciato al momento delle Ordinazioni episcopali si sono gradualmente allontanati non solo dalle nostre persone, ma dalle posizioni di Mons. Lefèbvre sul Concilio, sulle riforme post-conciliari e sul nuovo rito della messa. Nei confronti del Novus ordo Missae, Dom Gérard  è forse in una posizione ancora piú avanzata della Fraternità San Pietro, ma entrambi sono d’accordo sul principio che il Novus Ordo Missae non può essere malvagio, né il Concilio Vaticano II possa aver emanato dei testi e delle idee pericolose.
In pratica, vediamo Dom Gérard sostenere la libertà religiosa - tramite Dom Basile - e accordarsi con la Conferenza monastica di Francia, il 12 dicembre 1998: “Ai monaci di Le Barroux che visitano altre abbazie è concesso il diritto di concelebrare la nuova messa; i monaci di altre abbazie in visita a Le Barroux possono celebrarvi la nuova messa”. Un delegato di Dom Gérard è andato a concelebrare la messa crismale ad Avignone. Mons. Lefébvre aveva concesso dieci anni a Dom Gérard, ancora una volta ha avuto ragione.

Non lasciamoci scoraggiare dall’usura del tempo, dal fatto che gli errori sembrano trionfare. Piú che mai occorre fare atti di fede nella Chiesa, Una, Santa, Cattolica, Apostolica; degli atti di speranza nella promessa di nostro Signore: “Le porte dell’inferno non prevarranno contro di Essa”. Questo è assolutamente certo. Piú che mai occorre rimanere fedeli, ed è in questa fede incrollabile che noi rendiamo alla Chiesa il servizio che Essa ci richiede: una fede forte, una speranza senza cessa, una immensa carità. Non si può non rimanere commossi e toccati quando si constata che, grazie a questa tenacia, dei preti ritornano o scoprono i tesori che sono stati loro nascosti per trent’anni: “Non avrei mai creduto che tutto questo potesse ancora esistere, non avrei mai immaginato che il rito tridentino potesse contenere tale bellezza, tale profondità e tale santità”.

Non lasciamoci prendere dalle argomentazioni fuorvianti: noi siamo fieri di quello che siamo, di ciò che Dio ha fatto di noi: “fecit mihi magna qui potens est” (Luca, 1, 49).
È un grande onore poter servire la Chiesa in questo modo: nell’incomprensione generale. È una gioia immensa poter patire qualcosa in questo modo: nascosti, in nome di Gesú (Atti, 5, 41). Non faremo mai bastanti azioni di grazia per avere la possibilità di vivere oggigiorno. È una grazia molto grande. 
“A Colui la cui potenza già opera in noi e che è in grado di fare infinitamente al di là di ciò che noi possiamo chiedere o concepire, a Lui la gloria nella Chiesa e  in Cristo Gesú, per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli.” (Ef., 3, 20-21).

Che il Sacro Cuore di Gesú vi riempia delle sue abbondanti grazie e benedizioni.

Mons Bernard FELLAY, Superiore Generale


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