SONDAGGIO IN FRANCIA SULLA
S. MESSA TRADIZIONALE
Condotto nei primi giorni di aprile 2001
L'associazione OREMUS ha commissionato un sondaggio
alla società IPSOS per cercare di capire qual è il pensiero
dei cattolici praticanti circa l'attualità, la validità e
la praticabilità della S. Messa tradizionale.
Il sondaggio è stato condotto soprattutto per
verificare la reale rispondenza tra il pensiero dei fedeli e le diverse
giustificazioni dei Vescovi che sono avversi alla diffusione della S. Messa
tradizionale, la quale, nonostante il Motu Proprio "Ecclesia Dei" e la
espressa volontà del Papa, viene da loro considerata come elemento
di divisione e di sovvertimento e come lontana dalla sensibilità
attuale dei cattolici
Sarebbe interessante condurre un analogo sondaggio
in Italia,
ma occorrerà prima disporre dei necessarii
mezzi finanziarii
Riportiamo i dati del sondaggio e i commenti, cosí
come ci sono stati trasmessi da "OREMUS"
La questione della Messa detta tradizionale o tridentina, spesso confusa
con quella che si usa chiamare «Messa in latino», resta d’attualità
in seno alla Chiesa cattolica, in particolare se si considerano i recenti
tentativi della Santa Sede per riaprire il dialogo con la Fraternità
San Pio X, la quale conta oggi diverse centinaia di preti e seminaristi
presenti in quasi cinquanta paesi del mondo.
Il Santo Padre ha mostrato il suo rinnovato interesse per questa questione,
nominando, nel febbraio 2001, alcuni membri prestigiosi a far parte della
Commissione Ecclesia Dei, incaricata di curare i rapporti con i fedeli
e le congregazioni religiose legati al rito tradizionale: il Card. Ratzinger,
Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il Card. Medina
Estèvez, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino, il Card.
Billé, Presidente della Conferenza Episcopale francese, Mons. Herrantz,
Presidente del Pontificio Consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi,
e il Card. Castrillon Hoyos, Prefetto della Congregazione per il Clero,
già nominato Presidente della Commissione nell’aprile del 2000.
Tuttavia, questa chiara sollecitudine del Santo Padre non ha trovato un’eco
favorevole nelle diocesi. Perché?
«Abbiamo riscontrato un’altra difficoltà, inutile
nasconderselo, con i Vescovi e talvolta anche con le Conferenze Episcopali.
Il Santo Padre, nel suo Motu Proprio, si era rivolto ad essi invitandoli
ad assecondare la sua volontà ché fossero considerati con
grande rispetto e grande carità i desiderii di questi fedeli. Questo
invito non è stato ascoltato ovunque. Non v’è stata alcuna
cordiale premura ad accogliere la richiesta di Giovanni Paolo II. Il Motu
Proprio incontra invece - vorrei evitare l’espressione, ma è impossibile
- una aperta ostilità. Molto spesso questa si manifesta non tanto
da parte delle diocesi, quanto da parte delle commissioni (liturgiche,
pastorali, …) Talvolta è lo stesso consiglio presbiteriale che si
oppone, e il Vescovo non ha potuto fare alcuna concessione. In alcune diocesi
ove vi sono state delle concessioni, esse sono state fatte con tali restrizioni
di tempo e di luogo che praticamente il desiderio dei fedeli è
stato disconosciuto. Le ripetute richieste dei fedeli si sono scontrate
con delle enormi difficoltà. In un primo tempo non è stato
riconosciuto loro alcunché, in seguito, a forza di insistenze, è
stata concessa la Messa due o tre volte l’anno. Oppure, non la domenica,
ma il sabato mattina, in modo tale che la Messa non fosse sufficiente ad
adempiere al precetto domenicale. Tutto questo ha determinato nei fedeli
un senso di frustrazione, al punto da far dire loro: viviamo una vita da
cristiani delle catacombe, ed è la stessa Chiesa che ci perseguita,
che ci considera come dei paria.»
Ecco quanto dichiarava il Card. Mayer, mentre era Presidente
della Commissione Ecclesia Dei, in una intervista a 30 Giorni nel giugno
del 1991. Dieci anni piú tardi la situazione è cambiata?
L’applicazione del Motu Proprio Ecclesia Dei incontra ancora gli stessi
ostacoli: «si tratta di una divisione», «è un’arma
contro il Concilio e contro la Chiesa», «il Motu Proprio è
superato, non ha piú ragion d’essere»… E i risultati si vedono
chiaramente: dopo dieci anni non è cambiato niente o quasi niente
nelle diocesi di Francia. Mentre il Santo Padre a Roma moltiplica i gesti
che vanno incontro alla Fraternità San Pio X, al fine di permettere
ai suoi preti e ai suoi fedeli di giungere ad una perfetta comunione ecclesiale,
si rimane perplessi di fronte al fallimento di una misura che avrebbe dovuto
condurre alla riconciliazione, operata in uno spirito di carità
e di mutuo perdono. Animati dall’amore di Cristo, i protagonisti avrebbero
dovuto rivaleggiare in generosità e benevolenza per giungere al
superamento dei rancori passati, al ridimensionamento della sfiducia, al
risanamento delle ferite. I figliuol prodighi, maltrattati nella tormenta
della riforma liturgica che tutti riconoscono sia stata condotta con brutalità,
avrebbero dovuto essere accolti con bontà e serenità, come
richiesto dal Santo Padre… Come stupirsi poi se la Fraternità San
Pio X indica proprio questa situazione come un elemento che rafforza la
sua sfiducia?
Per giustificare questa mancata applicazione del Motu Proprio, spesso
si presentano diverse argomentazioni: si tratterebbe innanzi tutto di una
divisione in seno alla Chiesa e al suo Popolo che ha accolto con gioia
i progressi della riforma e che rimarrebbe seriamente scosso dalla diffusione
geografica del rito antico; e si tratterebbe anche di un ritorno all’indietro
che, riesumando delle forme piú sacre, farebbe dimenticare l’aspetto
comunitario e partecipativo, piú umano, apportato dalla riforma;
in breve: poiché è difficile dire che il rito antico sia
malvagio in sé, è piú facile affermare che non è
piú opportuno celebrarlo, semplicemente perché i fedeli non
lo vorrebbero piú e vi sarebbero ostili.
Ma com’è possibile conoscere con certezza l’opinione di tutti
i cattolici, di cui molti frequentano la Chiesa solo occasionalmente?
Non è che si sia finito col trarre delle frettolose conclusioni
solo basandosi sulle proprie opinioni?
Non è piú comodo far dire ad altri ciò che non
si vuole dire apertamente?
Noi abbiamo voluto conoscere il pensiero dei cattolici francesi sull’applicazione
del Motu Proprio, allo scopo di sapere se il popolo cristiano abbia definitivamente
voltato pagina, o se invece, nel seno stesso della Chiesa, non vi sia ancora
una parte importante di fedeli rimasta legata al rito antico, alla sua
sacralità e ai valori fondamentali della liturgia, di cui si ha
l’impressione che non siano piú presenti nel rito nuovo.
Un sondaggio non costituisce una prova assoluta, ma quando viene
condotto con competenza da dei professionisti, i suoi risultati sono statisticamente
molto significativi, e in ogni caso valgono piú delle affermazioni
infondate.
Oremus, nei giorni 6 e 7 aprile, ha fatto condurre un
sondaggio (referenza Catipson 224) dall’IPSOS, la cui reputazione è
ben conosciuta, sondaggio condotto su un campione di 1015 persone, rappresentativo
della popolazione francese.
La prima domanda che è stata posta è la seguente: «Vi
riconoscete come cattolici?»
Hanno risposto “sí” 586 persone, il 57,7%; in rapporto alla
popolazione francese si tratta di una cifra inferiore a quella dei battezzati,
ma è su di essa che è stato condotto il sondaggio, poiché
l’argomento trattato presupponeva un certo impegno nei confronti della
pratica religiosa, escludendo cosí le altre persone, che seppur
battezzate, rimangono indifferenti.
Tra tutti gli interpellati, due categorie si propongono per un esame
interessante:
i giovani con meno di 20 anni, perché rappresentano l’avvenire
e l’insieme di coloro che sono il piú lontano possibile dalle controversie
liturgiche,
e i sessantenni, perché al tempo delle riforma liturgica rappresentavano
le forze vive del cattolicesimo, coloro che hanno pienamente partecipato
a questa riforma, coloro stessi che si dice l’avrebbero reclamata.
Occorre notare che tra i sessantenni è presente la piú
alta percentuale di coloro che si dichiarano cattolici: 84,4%.
Il tema del sondaggio è stato chiaro ed esposto a tutti gli
intervistati:
«A partire dal 1970, la maniera di celebrare la Messa nella
Chiesa cattolica ha conosciuto numerosi cambiamenti. Questo sondaggio è
realizzato su questo tema».
Il 70,2% dei cattolici pensano che la forma della celebrazione sia
importante.
Domanda:
Pensa che il modo in cui si celebra la Messa sia:
- molto importante …………………… 27,2
…………………………} 70,2
- abbastanza importante ……………… 43,0
- poco importante ………………………19,4
………………………………} 28
- non importante ……………………… 6,6
La prima questione affrontata nel sondaggio è quella del modo
in cui è celebrata la Messa.
È chiaro che il rito antico è assimilato all’impiego
di gesti, di parole e di simboli ben precisi, lontani da ogni creatività,
emozione o originalità, accompagnato da una atmosfera di sacro mistero.
Il rito apparso invece con la riforma liturgica mette in risalto la
persona umana, l’intelligibilità e la semplicità, la partecipazione
personale che presuppone anche un piú importante impegno umano sia
da parte del celebrante sia da parte dei fedeli.
Il risultato è inequivocabile. Per il 70,2% dei cattolici
il modo di celebrare la Messa è molto importante o abbastanza importante.
Solo l’8,6% ritiene che la cosa non abbia alcuna priorità nella
celebrazione.
Occorre segnalare che questa importanza viene dichiarata dall’80,5%
dei giovani al di sotto dei 20 anni e dal 77,7 % dei giovani tra i 20 e
i 24 anni. Solo il 2,8% dei giovani sotto i 20 anni pensano che non sia
importante, insieme al 5,3% dei sessantenni.
Non si può dunque dire che i cattolici siano indifferenti in
materia di celebrazione liturgica e che questo problema riguardi solo una
minoranza legata piú agli aspetti esteriori che al contenuto della
Messa e ai discorsi che vi si tengono… I cattolici sono sensibili alla
forma, e non a caso, poiché questa forma è di fatto una catechesi:
è ciò che essi vedono, intendono e percepiscono con i loro
sensi.
E i giovani sono ancora piú sensibili a questo aspetto di quanto
lo siano gli anziani. Chi avrebbe mai pensato che i giovani cattolici fossero
cosí attenti a questo aspetto della celebrazione? Essi se ne preoccupano,
e questo è un buon segno.
Molti cattolici ignorano ancora l’esistenza del Motu Proprio
Domanda:
Secondo lei, la celebrazione della Messa tradizionale
(quella che veniva celebrata prima del Concilio Vaticano II) continua ad
essere autorizzata dalla Chiesa cattolica?
- sí …………………………………… 53,4
- no ……………………………………31,3
………………………………………} 46,6
- non so ………………………………15,3
Dopo tredici anni dal Motu Proprio Ecclesia Dei, e a trent’anni dalla
riforma liturgica, quasi la metà dei cattolici ignora che la Messa
tradizionale latina è autorizzata dalla Chiesa. Eppure, nel
1988, la tragedia di Ecône aveva fatto scalpore sui giornali, ma
in séguito, malgrado i numerosi interventi del Santo Padre, come
quello per il decennale del Motu Proprio, e malgrado l’azione quotidiana
della Commissione Ecclesia Dei, rivolta in particolare ai Vescovi, i cattolici
non sono informati sulla situazione attuale del rito antico, e addirittura
vi è il 31,3% di essi che pensano che esso sia ancora vietato.
Questa percentuale è del 38,3% tra i giovani al di sotto dei
20 anni, e del 43,6% tra i sessantenni. Solo meno della metà della
generazione che ha vissuto la riforma liturgica, e che è piú
impegnata nella Chiesa, pensa che la Messa che ha conosciuto nella giovinezza
sia ancora autorizzata.
Ci si può legittimamente chiedere: il Motu Proprio era solo
rivolto ai fedeli di Mons. Lefèbvre perché non abbandonassero
la Chiesa, o era anche rivolto ai cattolici che, sentendosi legati alle
forme liturgiche anteriori, erano rimasti disorientati dall’applicazione
della riforma liturgica?
In realtà si è trattato di una misura di pace e di carità,
per il bene delle ànime; il suo annuncio avrebbe dovuto essere raccolto
e amplificato nei bollettini diocesani dagli organismi ufficiali della
Chiesa… È invece c’è stato il silenzio piú completo:
nessun annuncio, nessuna promozione di queste misure benefiche, salvo gli
atti della Santa Sede. Se si vuole che i fedeli rimasti in una situazione
di attesa, di sofferenza, possano vivere nel seno della Chiesa il loro
legittimo attaccamento liturgico, occorre che la misure del Santo Padre
siano conosciute, e soprattutto che quelle persone e quelle istituzioni
che beneficiano di queste misure siano riconosciuti come membri a tutto
titolo della Chiesa.
Solo il 5,4% dei cattolici si oppongono ad un’ampia applicazione
del Motu Proprio.
Il diritto di celebrare la Messa tradizionale in latino è stato
confermato per due volte dal Papa Giovanni Paolo II: nel 1984 e nel 1988.
Tuttavia, in numerose chiese e diocesi questa autorizzazione non è
stata applicata.
Domanda:
Personalmente, è favorevole, contrario o indifferente
al fatto che ai fedeli che desiderino assistere ad una Messa tradizionale
in latino si accordi questa possibilità nelle chiese o diocesi in
cui non è stato ancora fatto?
- favorevole …………………………… 42,4
…………………………………} 94,2
- indifferente ……………………………51,8
- contrario ……………………………… 5,4
La domanda posta dal sondaggio è chiara. Si tratta proprio della
questione della liturgia tradizionale e dell’autorizzazione da parte delle
autorità diocesane a celebrarla, autorità che, secondo la
volontà del Santo Padre, sono quelle preposte all’applicazione del
Motu Proprio. La risposta dei cattolici è unanime! Nessuno o
quasi si oppone al fatto che i fedeli che lo desiderino possano beneficiare
del Motu Proprio: solo il 5,4% è contrario! E tra questi solo il
4,9% dei giovani.
La percentuale piú bassa tra gli oppositori la si riscontra
tra gli appartenenti alla generazione post-conciliare: 2,3%. Le persone
appartenenti a questa generazione hanno conosciuto il rito antico e il
rito nuovo, ed oggi sono i piú favorevoli alla libertà dell’antico
rito. Queste cifre invitano a riflettere.
Non solo i cattolici non sono contrarii, ma il 42,4% è favorevole
all’autorizzazione da parte delle diocesi. Siamo ben lontani dalle posizioni
di quei profeti di sventura che mettono avanti il rischio di divisione
che provocherebbe l’esistenza delle Messe celebrate secondo il rito antico.
Si tratta di una affermazione falsa e gratuita, totalmente smentita dal
sondaggio.
Ed ecco un altro esempio del buon senso cristiano: con tutta evidenza
il sensus fidei non vede per quale motivo una liturgia che corrisponde
alle aspirazioni spirituali di certi fedeli non debba essere apertamente
autorizzata.
Il 78% dei cattolici pensa che la diversità delle forme liturgiche
sia una cosa normale.
Domanda:
Il fatto che oggi esistano diverse forme di celebrazione
della Messa, riconosciute dalla Chiesa, secondo lei è
- une ricchezza………………………… 39,1
………………………………} 78,1
- una cosa normale …………………… 39
- un germe di divisione……………… 19
Nel contesto del nostro sondaggio, una domanda come questa non è
indifferente. Essa, con tutta evidenza, riguarda la diversità delle
forme liturgiche, compresa la forma tradizionale della Messa latina. E
qui si riscontra una completa adesione all’affermazione del Santo Padre
nel suo Motu Proprio circa la bellezza di quella diversità di carismi,
di spiritualità e di tradizioni che è presente nel seno della
Chiesa cattolica, e che mai è stata considerata in sé come
elemento di divisione, quanto piuttosto come un fattore positivo, una vera
ricchezza che non nuoce in alcun modo agli uni o agli altri.
Vi è solo il 19% di cattolici che considera tale diversità
come una divisione, e tra i giovani tale percentuale scende all’11,5%;
cosa che si comprende facilmente visto lo spirito di apertura che caratterizza
generalmente la gioventú.
Il 39,1% pensa che si tratti di una ricchezza, e se unito al 39%
che ritiene si tratti di una cosa normale, si comprende come l’insieme
dei cattolici ritenga che siano passati i tempi delle divisioni che vedevano
opposti progressisti e tradizionalisti, moderni e antichi. Oggi siamo
al cospetto di una mentalità diversa da quella regnate negli anni
sessanta e settanta: non è piú il tempo della caccia a coloro
che celebravano ancora nella maniera retrograda, o a quei fedeli che affetti
da arcaicismo volevano ancora comunicarsi sulla bocca. È solo in
termini di ricchezza che si considera l’altro.
Il 60,9% dei cattolici assisterebbe volentieri alla Messa tradizionale
Domanda:
Se, personalmente, avesse l’occasione di assistere
ad una Messa celebrata col rito tradizionale, in latino, cosa penserebbe?
- Vi assisterei certamente ……………………… 25
………………………………} 60,9
- Probabilmente vi assisterei …………………… 35,9
- Non so se vi assisterei o no …………………… 12,1
- Probabilmente non vi assisterei………………
15,9
…………………………} 25,7
- Sicuramente non vi assisterei…………………… 9,8
Quest’ultima domanda pone i cattolici di fronte ad un problema pratico:
ed è facile pensare che la maggioranza possa essere favorevole a
che i fedeli tradizionalisti pratichino l’antica liturgia come meglio credono,
in forza della tolleranza e della pacificazione; ma le risposte date
chiariscono un altro aspetto: numerosi cattolici sarebbero del tutto disposti
ad assistere alla Messa tradizionale: il 25% vi assisterebbe sicuramente
se ve ne fosse la possibilità. Ed ecco che si manifesta una diversa
visione dello stato delle cose per i cattolici del terzo millennio: la
liturgia tradizionale non è appannaggio di un gruppuscolo in seno
al cattolicesimo, ma essa è apprezzata da piú di un quarto
dei cattolici: si tratta di qualcosa di piú che di una semplice
corrente.
Con una percentuale del 6,3% (certamente) e del 26,4% (probabilmente),
si arriva al 32,7% tra i giovani al di sotto dei 20 anni. E questa è
anch’essa una cifra sorprendente: un terzo dei giovani cattolici assisterebbe
volentieri alla liturgia tradizionale che si vorrebbe poco moderna, incomprensibile,
lontana dalle esigenze dei cattolici moderni. Solo il 16,6% dei giovani
dichiara che non vi assisterebbe affatto.
Tra i sessantenni si riscontra la percentuale piú alta: 38,8%
(certamente) e 38,9% (probabilmente), per un totale del 77%. Solo il 4%
dichiara che non assisterebbe ad una Messa tradizionale, e si tratta della
percentuale piú bassa tra tutte le fasce d’età. Ed anche
qui occorre ricordare che si tratta di quella parte della popolazione in
cui è presente la maggioranza dei cattolici, la stessa che ha vissuto
la riforma liturgica presentata come una necessità vitale, ed è
questa maggioranza di cattolici che assisterebbe volentieri al rito tradizionale.
Per inciso possiamo notare che le donne sono portate al rito tradizionale
piú degli uomini: il 28,7% (certamente) piú il 40% (probabilmente),
pari al 68,7%, contro il 7% di contrarie; a fronte del 51,4% degli uomini:
il 20,6% (certamente) piú il 30,8% (probabilmente), contro il 13,2%
di contrarii.
Si tratta di un fenomeno interessante, visto che spesso la nuova liturgia
viene identificata con la spontaneità, con una atmosfera piú
fraterna e quindi con una visione piú attraente.
Conclusione
Occorre ricordare che oggi i cattolici rappresentano solo il 60% della
popolazione, contro l’85% di una dozzina di anni fa.
I giovani che si considerano cattolici sono ancora di meno, appena
il 34% tra i minori di 20 anni.
Il sondaggio condotto dal Figaro-Sofres il 20 dicembre del 1994 rivelava
che appena il 45% dei cattolici andava a Messa almeno una volta l’anno,
il 26% si dichiarava praticante e il 48% non credeva nella Presenza Reale
nell’Eucarestia.
Senza pretendere di risalire alle cause di questo stato di fatto («Sono
convinto che la crisi della Chiesa che stiamo attraversando si fondi ampiamente
sulla disintegrazione della liturgia…», scriveva il Card.
Ratzinger ne La mia vita, 1998), è chiaro che i cattolici,
in grande maggioranza, sono favorevoli a che i fedeli che desiderino vivere
la loro fede sulla base della liturgia tradizionale possano farlo in pace.
E sono altrettanto numerosi coloro che considerano questo rito con benevolenza
e vi assisterebbero volentieri se se ne offrisse loro la possibilità.
Quali benefici spirituali, dunque, si possono trarre dalla mancata
applicazione del Motu Proprio?
In cosa consisterebbe la bontà dell’attuale pratica interdizione
che priva la metà dei cattolici della liturgia tradizionale?
Certo i motivi non sono da ricercare dalla parte dei fedeli cattolici
che in grande maggioranza non vedono alcun inconveniente nella estensione
dell’uso della liturgia tradizionale.
«Una larga e benevola» applicazione del Motu Proprio,
secondo le parole stesse di Sua Santità Giovanni Paolo II, non è
d’ostacolo all’unità della Chiesa o al suo progresso spirituale,
anzi, al contrario, si tratterebbe di un beneficio per le ànime
che desiderano radicare profondamente la loro vita cristiana nella grande
tradizione liturgica della Chiesa.
Possano i nostri Pastori ascoltare la voce del popolo cristiano!
L'associazione "Oremus" chiede un contributo volontario per le spese
sostenute.
La lettre d’Oremus
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