INTERVISTA RILASCIATA DA MONS. BERNARD
FELLAY, Superiore
Generale della Fraternità San Pio X,
al quotidiano svizzero "La Liberté",
pubblicata l'11 maggio 2001
Riportata dal sito francese della
Fraternità: La Porte Latine
La Liberté (LL) - Vi aspettavate che Roma cogliesse
l’occasione
del vostro pellegrinaggio per rinnovare il dialogo?
Mons. Fellay (MF) - Vi erano già stati dei segnali.
Un
anno fa, mons. Perl, Segretario della Pontificia Commissione Ecclesia
Dei,
ha dichiarato che era giunto il momento di occuparsi della
Fraternità.
La nostra sorpresa ha riguardato l’ampiezza e la rapidità con
cui
Roma ha superato una posizione quasi radicalmente contraria.
LL - Perché questa urgenza da parte di Roma?
MF- Il Papa è alla fine del suo pontificato. Egli
ha
voluto essere il campione dell’unità, e prova ad eliminare ogni
difetto relativo al suo pontificato. Perché certi avvicinamenti
non vi sono stati prima? Io penso che Roma aveva bisogno di constatare
che noi non siamo cosí rigidi come si dice.
LL - Per chi è piú complicata la discussione,
per voi
o per Roma?
MF - Per noi vi è un problema di fiducia. Nei
nostri
confronti Roma si è comportata in maniera distruttiva per molti
anni. Questo atteggiamento è inammissibile e deve sparire. La
considerazione
attuale che Roma ha nei nostri confronti è totalmente diversa. E
certo si è in diritto di chiedersi il perché. Su questo
punto
aspettiamo delle risposte concrete.
LL - Quali sono i punti sensibili da parte del Vaticano?
MF - Difficile dirlo mentre questi elementi sono ancora
oggetto
di discussione. Io direi semplicemente che Roma cerca una soluzione
estremamente
pratica senza toccare le questioni di fondo.
LL - Che vi aspettate in concreto da queste discussioni?
MF - Che Roma dichiari che i preti possono sempre
celebrare
la Messa antica. L’altro elemento è costituito dal ritiro della
dichiarazione delle sanzioni (scomunica dei Vescovi consacrati da Mons.
Lefèbvre nel 1988, NdR).
LL - Quali sono le concessioni che la Fraternità
è
pronta a fare per permettere questo avvicinamento?
MF - Noi siamo pronti a discutere, siamo noi a chiedere la
discussione.
Noi diciamo a Roma: lo vedete voi stessi, il nostro movimento è
una risposta valida alla situazione in cui si trova la Chiesa. Si
chiede
che Roma consideri con attenzione le ragioni che sono alla base del
nostro
atteggiamento, cosa che fino ad oggi non è mai stato fatto.
LL - In concreto?
MF - Noi siamo pronti a vivere con questo mondo che si
è
separato da noi molto piú di quanto noi ci siamo separati da
lui.
Il che significa: riconoscimento dell’autorità del Vescovo, che
in linea di principio è già effettiva. Noi ci sentiamo
cattolici,
infatti. Il nostro problema è di sapere qual è la
referenza.
LL - Alcuni all’interno della Chiesa pongono come
condizione il previo
riconoscimento di tutti i Concilii.
MF - Accettare il Concilio non è un problema per
noi.
Ma quanto meno vi è un criterio di discernimento. E questo
criterio
è ciò che è stato sempre insegnato e creduto: la
Tradizione.
Da qui il bisogno di chiarificazioni.
LL - State già parlando concretamente di questo?
MF - No, ed è per questo che le discussioni sono ad
un
punto morto. Roma ci fa sapere che discutere sui particolari delle
divergenze
comporterebbe troppo tempo; ma se non ne discutiamo, queste divergenze
resteranno tali e quali.
LL - Vi è urgenza per voi?
MF - Non quanto ve n’è per Roma.
LL - Ma non pensate che il tempo vi allontanerà
l’uno dall’altro?
MF - Al contrario.
LL - La Fraternità San Pio X parla ad una sola voce?
MF - Fondamentalmente sí, contrariamente a quanto
vorrebbero
fra credere certuni.
LL - Chi decide i contatti con Roma, e chi ne giudica i
risultati?
MF - Dal momento in cui Mons. Lefèbvre decise per
la
consacrazione dei Vescovi, era chiaro che le relazioni con Roma
competevano
al Superiore della Fraternità; quindi a me.
LL - Roma ha proposto alla Fraternità una Prelatura
personale
del tipo di quella dell’Opus Dei?
MF - Diciamo che le cose vanno in questa direzione.
L’idea sarebbe
di accordare ai Vescovi una vera giurisdizione sui fedeli.
LL - E a quale statuto aspira invece la Fraternità?
MF - A noi serve la libertà di azione. È
necessario
che i fedeli che desiderano seguire la Messa antica possano farlo senza
dover incorrere in qualche brutto scherzo. La soluzione che è
stata
attuata per la Fraternità San Pietro è impraticabile:
ogni
decisione è lasciata ai Vescovi locali, a quelli stessi che per
la maggior parte sono radicalmente contrari alla Tradizione. La ragione
invocata piú frequentemente, e a mio avviso falsa, è che
il biritualismo sarebbe ingovernabile. Ma vi sono dei Vescovi che,
molto
giustamente, nella libertà concessa alla Messa antica vedono una
rimessa in discussione delle riforme post-conciliari.
LL - Rimessa in questione che voi invece continuate a
sostenere.
MF - Detto cosí sembra che noi rigettiamo in toto
il
Vaticano II; mentre invece ne conserviamo il 95%. Piuttosto ci
opponiamo
a un certo spirito, ad un atteggiamento nei confronti del cambiamento
che
viene sostenuto come un postulato: tutto cambia nel mondo, quindi la
Chiesa
deve cambiare. Si tratta di un elemento tutto da discutere,
poiché
è innegabile che la Chiesa, in quest’ultimo mezzo secolo, ha
perduto
una influenza formidabile. Essa ha ancora dell’influenza, ma in quanto
istituzione, poiché l’influenza reale, quella dei Vescovi per
esempio,
è parecchio debole. La Chiesa ne prende coscienza, ma si
comporta
come se la cosa non avesse piú alcuna soluzione. La sua parola
non
è piú chiara. Si guardi alla reazione suscitata dalla
pubblicazione
della Dominus Iesus.
LL - Ciò nonostante, la Dominus Iesus
è stata
una “parola chiara”, o no?
MF - No. Nel testo vi sono delle cose chiare, ed è
contro
di esse che hanno reagito i “progressisti”. Ma le formulazioni
piú
forti, alle quali non si era piú abituati e che mi hanno fatto
piacere,
sono moderate quasi ad ogni passo con degli apporti del Concilio.
LL - Queste formulazioni, secondo voi, sono un segno che
Roma si
avvicina progressivamente alle vostre posizioni?
MF - Non ne sono sicuro, proprio a causa della confusione.
Veramente
si ha l’impressione che Roma, per mantenere l’unità nella
Chiesa,
sia obbligata a salvare capra e cavoli.
LL - Se foste nei panni di Giovanni Paolo II come
gestireste le diversità
in seno alla Chiesa, che sono molto concrete?
MF - Penso che sia necessario ritornare ai principi. Alla
natura
della Chiesa, alla sua missione, alla sua essenza. Le soluzioni
apportate
nei confronti di questo problema reale sono troppo umane, anche se
nella
Chiesa vi è certamente un aspetto umano. Oggi si ricerca ad ogni
costo l’unità, che è certo un gran bene, ma non è
un fine. È la fede che fonda l’unità. Se per il bene
dell’unità
si mette in un canto una parte della Rivelazione di cui la Chiesa
è
depositaria, si intacca l’unità. Al contrario, se queste
verità
si affermano con forza, necessariamente si giunge alle divisioni, ed
esse
esistono già. E d’altronde, è per questo che chiediamo a
Roma di riflettere doppiamente prima di riprenderci.
LL - Cosa cambierebbe per voi con la riconciliazione con
Roma?
MF - Roma riconoscerebbe questa posizione come valida,
almeno
fondamentalmente.
LL - Una posizione tra le altre o “la” posizione valida?
MF - La posizione di Roma, diplomaticamente e
politicamente
parlando, sarà certamente quella del pluralismo - anche se Roma
la pensasse diversamente. Noi stessi siamo molto prudenti: per noi,
nella
Chiesa, vi sono delle opzioni valide e altre che non lo sono.
LL - Siete dispiaciuto per le divisioni all’interno della
Chiesa?
MF - Quando in una famiglia qualcosa va male, si vive
male.
Personalmente non soffro per la scomunica. Ma la condizione della
Chiesa
mi tocca, questo sí.
LL - Recentemente alcuni fedeli di Ecône si sono
fatti sentire:
volantini contro l’aborto, pagine pubblicitarie contro il Gay Pride a
Sion.
Che ne pensate delle loro azioni?
MF - Faccio notare che essi non sono i soli ad essere
contrari
allo svolgimento del Gay Pride a Sion. Lo stesso Vescovo ha detto
chiaramente
cosa ne pensava. Quanto al modo da essi usato, è del tutto
normale
che coloro che sono contrari lo facciano sapere, e che la
libertà
di espressione non sia una cosa unilaterale.
LL - Ma per ciò che attiene alla maniera di
esprimerlo?
MF - Non ho notato granché di offensivo su queste
pagine.
LL - Nemmeno quando si dice: «Pederasti a Sion,
tentazione
diabolica»?
MF - «Diabolica» è lo stesso Vescovo
che
lo dice. Quando si cerca di comunicare un concetto, si usano delle
espressioni
che colpiscono, anche se questo può meravigliare. Da questo
punto
di vista penso che si sia riusciti nell’intento (ride). Ritengo che vi
sia molta ipocrisia nelle reazioni a questa pubblicità. Tenere
un
Gay Pride a Sion: è questa la provocazione, ed è del
tutto
normale che si reagisca. Non è giusto che si dia sempre ragione
a coloro che demoliscono i valori cristiani.
LL - A Friburgo, città cattolica, non vi sono state
delle
reazioni simili per il Gay Pride del 1999…
MF - Quando si è morti a metà non si
reagisce
piú.
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