INTERVISTA RILASCIATA DALL'ABBÉ DE JORNA,
Superiore del Seminario San Pio X di Ecône 
a Giovanni Pelli, per il "Bollettino delle parrocchie dell'isola"
il 15 maggio 2001




Il Rev. Padre Benoit de Jorna, 49 anni, ordinato prete da Mons. Lefèbvre nel 1984, ha diretto il distretto di Francia della Fraternità Sacerdotale San Pio X. Dal 1996 è il Superiore del Seminario tradizionalista di Ecône, nel Vallese. Egli ha accettato di riceverci nel suo ufficio per rispondere ad alcune domande di attualità.

Giovanni Pelli (GP) - Padre de Jorna, le voci, ormai confermate da una parte e dall’altra, sulla ripresa del dialogo tra Ecône e il Papa, hanno avuto delle ripercussioni nella vita del vostro Seminario?
Padre de Jorna (PdJ) - In effetti vi è una certa agitazione a Ecône, ma solo perché tra poco vi sarà la festa del Corpus Domini: si apprestano i preparativi. Vi sarà anche un ciborio e un ostensorio giganti, tutto in legno, opera degli stessi seminaristi. Per altri versi il Seminario è del tutto sereno, non è la prima volta nella storia del Seminario che si è in presenza di discussioni, e sempre, dopo un momento di speranza, si è affrontato un periodo di stasi. È per questo che non ci facciamo troppe illusioni.

(GP) - Queste nuove proposte romane sembra che abbiano sorpreso, quanto meno i preti lefebvriani. Veramente non ve le aspettavate?
(PdJ) - La novità è che esse sono state fatte dopo 13 anni di “black-out” totale da parte di Roma. Non bisogna piú parlare dell’opera di Mons. Lefèbvre; e nel mondo mediatico moderno il silenzio uccide!
E poi, improvvisamente, è cambiata la strategia. In occasione del pellegrinaggio dei tradizionalisti a Roma, che fu un notevole successo, le autorità romane si felicitarono con noi per la sua organizzazione, per il suo spirito di fede e di pietà. 
A me piacciono le favole di La Fontaine: tutti conoscono il Corvo e la Volpe… Anche la mia prima reazione è stata di chiedermi in cosa consistesse l’agognato formaggio. Poiché, se effettivamente le basiliche sono state aperte al nostro pellegrinaggio, non bisogna dimenticare che è stato negato il diritto di celebrare anche una sola volta la Messa tradizionale.
Non lasciamoci ingannare, le autorità romane non hanno certo scoperto nell’agosto del 2000 che noi esistiamo. Ci conoscono perfettamente.
Queste proposte di Roma non costituiscono un cambiamento della posizione fondamentale sulla crisi della Chiesa, ma una nuova strategia nei nostri confronti, il cui scopo è probabilmente quello di sempre: neutralizzare le reazione alle riforme conciliari. Come si diceva molto bene nell’ultimo comunicato ufficiale delle autorità della FSSPX: Noi non vogliamo essere ammassati o messi in una sorta di zoo nella chiesa conciliare.

(GP) - Non si ha l’impressione che dopo dieci anni dalla morte dell’Arcivescovo Lefèbvre, le autorità romane sembrano dire: consacrazione, scomuniche, tutto appartiene al passato… voltiamo pagina, non guardiamo piú al passato, mettiamo insieme le forze per costruire la Chiesa del terzo millennio?
(PdJ) - Giustamente il problema è questo: per loro la Chiesa del terzo millennio dev’essere pluralista. Devono trovarvi posto tutte le correnti di pensiero. La Roma dell’antichità pagana era il luogo in cui avevano diritto di cittadinanza tutti i culti. Nella Roma conciliare, anche la Messa tradizionale può avere il suo posto, purché non cerchi di scacciare le nuove liturgie.

(GP) - Qual è l’ostacolo maggiore per un accordo: la Messa in latino o l’accettazione del Concilio Vaticano II?
(PdJ) - Personalmente non credo a delle discussioni che non trattino della questione centrale: del Vaticano II, della nuova Messa, che è intrinsecamente malvagia come abbiamo sempre affermato, del nuovo Codice di Diritto canonico, che fa entrare la nuova ecclesiologia del Vaticano II nella legislazione della Chiesa.
Giustamente, è stato inviato al Santo Padre un libro che è una critica della nuova liturgia. Dei cardinali hanno attaccato violentemente questo libro. È stato pubblicato per bloccare ogni negoziato?
Tra le autorità romane, quelle che vogliono giungere ad un accordo con noi, vogliono un accordo puramente pratico e non dottrinale. Ce lo hanno detto. È questa loro disposizione che impedisce a priori un possibile accordo. L’invio del libro sulla nuova liturgia mirava a dimostrare che il nostro attaccamento alla Messa tradizionale non è una questione di sensibilità, ma una questione di Fede. Nell’incontro che l’abbé Selegny - segretario generale della Fraternità - ha avuto col Cardinale Prefetto della Congregazione per il Clero, in occasione della consegna del libro, egli ha chiaramente affermato che noi rifiutiamo la nuova liturgia perché essa mette in pericolo la nostra fede cattolica. È quello che si diceva chiaramente, in maniera molto concisa, già 30 anni fa, nell’insostituibile “Breve esame critico della nuova Messa” dei Cardinali Ottaviani e Bacci.

(GP) - Parliamo comunque del lato pratico dell’accordo. La stampa italiana ha parlato recentemente di un progetto di vicariato apostolico per i fedeli lefebvriani; si tratta di una novità?
(PdJ) - Non di un vicariato, ma di una amministrazione apostolica; ed effettivamente si tratterebbe di una novità. Di per sé si tratterebbe di una proposta molto accattivante.
Ma, attenzione: una amministrazione apostolica è una situazione eccezionale per tempi eccezionali. L’amministratore dipende direttamente da Roma, dalle Congregazioni dei Vescovi e dalla Segreteria di Stato, ed è revocabile a piacere. L’amministrazione stessa può essere soppressa dall’oggi al domani. Accettarla significherebbe da parte nostra riporre una grande fiducia nell’ambiente romano attuale. Questo non è il nostro caso, noi siamo ben lungi da questa posizione. Mi chiedo se Roma non guardi a noi come il lupo famelico della favola de “Il lupo e il cane”. Il cane gozzoviglia, ma il suo collo è pelato! … il mio colletto romano non è un collare!

(GP) - Tuttavia il Cardinale Castrillon-Hoyos sembra un uomo di dialogo, un negoziatore estremamente aperto. Si parla della sua presenza al pellegrinaggio di Pentecoste della Fraternità San Pietro, e forse anche al vostro, che si svolge nella stessa data e nello stesso luogo. La stampa afferma che egli avrebbe preso contatti in Svizzera anche con la vostra Fraternità…
(PdJ) - In effetti egli è venuto in Svizzera, ma non in Seminario, credetemi. Ma noi abbiamo già avuto, nel 1987, la visita del Cardinale Gagnon, il quale era ripartito affascinato dalla formazione che si dava ad Ecône: lo ha scritto nel libro d’oro. Dunque, a Roma si sa benissimo come noi formiamo i seminaristi.

(GP) - Supponiamo che domani i tradizionalisti ricevano uno statuto ufficiale dalla Chiesa, questo comporterebbe un cambiamento nell’insegnamento offerto ai vostri seminaristi? Insegnamento che si dice sia serio ma un po’ chiuso…
(PdJ) - Guardi la mia biblioteca, essa non è chiusa. Vi compaiono tutti i teologi moderni. Io insegno dogmatica e filosofia. Solo che li passiamo al vaglio della tradizione di San Tommaso: ed essi ne escono molto male. E tuttavia sono stati proprio questi teologi ad ispirare il Concilio. Anche quando si parla del Concilio interpretato alla luce della Tradizione… rimango molto dubbioso.

(GP) - Il Cardinale Ratzinger - che era uno di questi grandi teologi che hanno fatto il Concilio - parla di un lungo cammino che ci sarebbe ancora da percorrere prima di giungere alla riconciliazione con i fedeli legati esclusivamente alla Messa di San Pio V. Tuttavia, quando si vedono i gesti di apertura di Giovanni Paolo II nei confronti della Chiesa ortodossa, come recentemente in Grecia, o nei confronti dell’Islam, non pensa che ci si possa facilmente intendere con un uomo cosí?
(PdJ) - Dopo vent’anni di pontificato, Giovanni Paolo II non è cambiato. È sempre il Papa di Assisi. L’idea che lo guida è il nuovo ecumenismo uscito dal Vaticano II. Molti si interrogano sulle ragioni del suo atteggiamento attuale nei confronti dei tradizionalisti. Certuni dicono che egli voglia cancellare la condanna di mons. Lefèbvre dal suo pontificato. Personalmente, penso che egli voglia integrarci in questa Chiesa pluralista. Integrazione che equivarrebbe alla nostra disintegrazione.

(GP) - Padre de Jorna, lei non sembra molto ottimista circa una riconciliazione immediata. Io ho avuto la possibilità di incontrare qualcuno dei vostri seminaristi. Sono giovani, simpatici, e anch’essi piuttosto scettici su una possibile conclusione dei contatti attuali. Ma se vi sarà un accordo, quale sarà il loro avvenire nella Chiesa di domani?
(PdJ) - Roma ha premura di concludere. Noi molto meno, come ha detto recentemente Mons. Fellay. Dopo il Vaticano II il convoglio delle riforme si è messo in moto, e a poco a poco ha preso velocità. Esso manifesta sempre piú la potenza insospettata delle sue macchine, che non sono altro che gli sviluppi della dottrina del Vaticano II. Ci si incalza: presto! presto! salite! salite! domani il convoglio sarà talmente veloce che non potrete piú prenderlo in moto. 
Ma, vede, il problema è che questo TGV marcia in controsenso. E si muove, ad una velocità sempre piú folle, verso l’anticristianesimo totale, come diceva bene Mons. Lefèbvre nel 1987.
La soluzione non è di domani, forse col prossimo pontificato o col seguente. Ma, come lei dice, i nostri seminaristi sono giovani. Hanno l’avvenire davanti e sono preparati ad una guerra di usura. Il lavoro apostolico che li attende è impressionante.
Alcuni dicono che col nostro scetticismo ci chiuderemmo in un ghetto. Al contrario, un ghetto è propriamente uno spazio libero organizzato da un certo potere politico per evitare che una setta divenga Chiesa! Un accordo pratico senza un accordo dottrinale, questo sí che ci chiuderebbe in un ghetto. E probabilmente per il momento non vi è accordo dottrinale possibile.

(GP) - Un’ultima domanda: le consacrazioni episcopali del 1988 hanno comportato una rottura in seno alla Fraternità lefebvriana. Roma ha incoraggiato la fondazione della Fraternità San Pietro per i preti che non accettarono la decisione di Mons. Lefèbvre. Dopo la ripresa delle discussioni con il Cardinale Castrillon Hoyos, vi sono dei contatti con questi vecchi membri della Fraternità?
(PdJ) - La situazione della Fraternità San Pietro è insostenibile. Essi hanno voluto porsi sotto la protezione delle autorità romane: in poche parole hanno avuto fiducia. E guardi come li trattano. Forse ancora peggio di noi. Attualmente Roma sembra che rispetti piú noi che loro. La loro società è ai limiti dell’esplosione. Il Cardinale Castrillon Hoyos, mentre discuteva col nostro Superiore generale, affermava in una lettera ad un Vescovo indiano che noi saremmo fuori dalla Chiesa. Quindi? Due diversi linguaggi a seconda dell’interlocutore?
Nella Chiesa è la verità che libera, non la diplomazia!
 
 



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