LETTERA DI MONS. RICHARD WILLIAMSON
ai fedeli di lingua inglese,
sui contatti fra la Santa Sede e Fraternità San Pio X

 FEBBRAIO 2001

(le sottolineature sono nostre)


                                                                

Mons. Richard Williamson è uno dei quattro Vescovi della Fraternità San Pio X consacrati da Mons. Lefèbvre nel 1988. 
Attalmente gli dirige il Seminario della Fraternità a Winona, negli USA.


Come molti sanno, in questi ultimi mesi si sono ristabiliti dei contatti tra Roma e la Fraternità Sacerdotale San Pio X. Teoricamente dovremmo compiacercene, poiché è la prova che la Fraternità non è un’entità inesistente agli occhi di Roma, come la stessa Roma ha preteso fin dal 1988. 
Ma, in pratica, circola ogni sorta di indiscrezione e i fedeli cattolici legati alla loro Fede sono inquieti. Che sta succedendo?

Innanzi tutto, sia chiaro, che per un verso, nessuna persona ragionevole potrà aspettarsi che, nella mia posizione, io riveli tutto quello che so. Per altro verso, tutto ciò che tocca la Fraternità riguarda ogni cattolico, e quindi, a maggior ragione, ogni cattolico che come tale è impegnato con la Fraternità; ed è logico che questi sia informato, intanto per essere aiutato a comprendere la posta in giuoco, poi per partecipare alla difesa della Chiesa, sua Madre, laddove Nostro Signore l’ha voluta sul campo di battaglia.
Non faremo un rapporto dettagliato dei recenti contatti, ma esporremo alcune considerazioni generali sul quadro complessivo e sui suoi elementi qualitativi. A questo proposito, conoscere esattamente quanto sta accadendo è meno importante di sapere perché sta accadendo. Per di piú che, in questo momento, nessuno tra noi è in grado di sapere con precisione dove porteranno questi contatti. E tuttavia ognuno di noi dev’essere pronto a reagire in funzione di ciò che essi potrebbero produrre.

Prima considerazione: sia chiaro che l’iniziativa dei recenti contatti viene da Roma. È Roma che ha ripreso i contatti l’estate scorsa, e non la Fraternità. Il Cardinale Castrillon Hoyos ha aperto il fuoco con una lettera a ciascuno dei quattro Vescovi, lettere che iniziavano: “Mio caro fratello”, e dove si dichiarava che il Papa era a braccia ben aperte per accoglierci (Io giunsi quasi alle lacrime nel leggerla…).

Seconda considerazione: Era inevitabile che Roma tentasse di riprendere contatto con la Fraternità, non perché la Fraternità è la Fraternità, o per i suoi begli occhi, o per non si sa bene perché, ma a causa del fatto che, per grazia di Dio e della collaborazione umana a questa grazia, la Fraternità si trova ad avere conservato il deposito della Fede, attorno al quale le autorità ufficiali della Chiesa di Cristo piroettano come farfalle intorno al fuoco, anche se esse stesse hanno perduto questo deposito. E anche se la Fraternità perdesse questo deposito - cosa umanamente possibile - e Roma perseverasse a rigettarlo, accadrebbe che un giorno Roma volteggerebbe attorno a qualsiasi altra luce accesa da Dio al posto di una Fraternità che si fosse lasciata prendere essa stessa in trappola.

In terzo luogo, fin quando una organizzazione come la Fraternità conserverà la Fede, mentre Roma non l’avrà piú, essa manterrà una posizione preminente per tutto ciò che attiene agli affari cattolici, e ogni genere, tipo o forma di negoziato che permettesse a Roma di ritornare al posto di comando in questa condizione equivarrebbe ad un tradimento della Fede. Indubbiamente, nel momento in cui Roma ritornasse alla Tradizione, ritroverebbe il suo posto di conduttrice, perché è cosí che Nostro Signore ha edificato la sua Chiesa: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa” (Mt XVI, 16). Ma fin quando Pietro, per un periodo prolungato, come accade oggi, manifesta con le parole e soprattutto con gli atti di aver perso la Fede in maniera impressionante, se non del tutto - cosa che non appare lontana -, allora una organizzazione nella posizione della Fraternità dev’essere, anche per dei motivi soprannaturali, ben lungi dal pensare di precipitarsi sotto le gonne romane. L’onere della prova spetta a coloro che affermano che sono maturi i tempi per il negoziato, non certo a coloro che affermano il contrario. Impegnarsi in trattative al termine di un tale periodo, senza prima aver prodotto questa prova, sarebbe quasi un tradimento della Fede.

E questo - siamo alla nostra quarta considerazione - perché le autorità romane sono dei maestri  nel campo dei negoziati, delle discussioni e degli artifizii, nonché degli assi nel manovrare i loro oppositori. E dalla loro vi sono delle belle teste, e tutto un insieme ben sviluppato di sottili reti d’informazione accompagnato da 2000 anni di esperienza, in grado di disarmare ogni cosa che si pone sul loro cammino. Quando tutte queste vengono utilizzate a giusto titolo al servizio di Nostro Signore, il risultato è magnifico. Ma quando, come adesso, il tutto è a servizio del Vaticano II, provare a negoziare con le autorità romane sarebbe per la Fraternità un immancabile pericolo. Certo, Nostro Signore ha detto ai suoi discepoli: “Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”, ma questa, salvo i casi di estrema necessità, non è una ragione per gettarsi nella gola del predatore! È vero che le autorità romane possono sempre convertirsi, ma se si guarda agli ultimi 40 anni di vita del Vaticano, l’onere della prova spetta a coloro che affermano che si sono convertiti, e non certo a quelli che assicurano, sulla base dei fatti constatati a Roma, che i primi rimangono sempre dei lupi, delle volpi, dei pescecani.

Tuttavia - quinta considerazione - essendo anche Roma un disegno di Nostro Signore, il centro di comando della Chiesa cattolica, ne deriva che se una organizzazione come la Fraternità, con dei negoziati, potesse strappare delle importanti concessioni ai “pescecani”, queste concessioni potrebbero costituire un gran beneficio per la Chiesa universale; e questo è lo scenario piú ottimista che potrebbe tentare di realizzare una organizzazione come la Fraternità. Ma se i pescecani restano pescecani, per esempio al servizio del Vaticano II, come potrebbero onestamente mettere in pratica le loro concessioni? E se in cambio riuscissero a piazzare un guinzaglio e/o una museruola  alla Fraternità, che fino ad allora ha mantenuto la libertà di servire Iddio al meglio delle sue possibilità, cosa avrebbe guadagnato la Fraternità in cambio delle perduta libertà di servire Iddio?
 
Per di piú - sesta considerazione - anche se dei negoziati, per tutta una serie di motivi, ivi compresi quelli accennati prima, non portassero a niente, già il semplice fatto di averli intavolati giuocherebbe a favore di Roma e a sfavore della Fraternità. Perché ogni organizzazione cattolica che resiste ad una Roma in crisi, soffre dell’inevitabile tensione interna che deriva dal fatto di doversi mantenere vicino ad una Roma che è sempre sua madre, pur tenendosi lontana dalla sua lebbra neo-modernista. Cosí finirebbe col generarsi inevitabilmente una tensione tra i membri della Fraternità favorevoli ai negoziati e quelli contrarii. Lasciate che Roma faccia un’offerta calcolata per piacere agli uni e dispiacere agli altri, ed ecco che la Fraternità si ritroverà incastrata fino ad un punto di rottura. Roma avrà cosí diviso ciò che non era riuscita a conquistare.

Nel 1921, gli insorti irlandesi combattevano contro l’Impero Britannico, riuscendo a paralizzarlo. Astutamente gli Inglesi decisero un cessate il fuoco e proposero un trattato di pace che divideva gli Irlandesi in due. Il risultato immediato fu che nel 1922, invece di lottare contro gli Inglesi, gli Irlandesi cominciarono a combattere gli uni contro gli altri. I Britannici furono i maestri d’astuzia di un grande impero, ma paragonati alle attuali autorità della Chiesa, erano dei debuttanti.

Questo significa - settima considerazione - che ogni organizzazione che si trovi nella posizione della Fraternità ha buone possibilità di cadere in una trappola romana. Al massimo otterrebbe delle concessioni senza assicurazione, in cambio della perdita della libertà, questa sí certa. Al peggio non otterrebbe nulla e ne uscirebbe divisa. Si potrebbe dire che la tattica migliore per la Fraternità sarebbe quella di non parlare affatto con Roma…, ma per i cattolici questa è una cosa piú facile a dire che a fare.
 
Infine, ottava ed ultima considerazione, “la fede è potente e prevarrà sempre”. È questa la caratteristica della Chiesa Cattolica in confronto ad ogni altra organizzazione umana sulla terra: mantenersi con la Verità e affondare con l’errore. La Roma neo-modernista affonda con gli errori del Vaticano II. La Fraternità San Pio X è riuscita, almeno fino a questo 2001, a svilupparsi grazie alla sua fedeltà alla fede tradizionale della Chiesa. Non appena Roma ritornerà alla Fede - come avverrà necessariamente - essa riprenderà nuovamente a crescere, con la piú grande gioia di tutti. Ugualmente, se la Fraternità sarà infedele alla Tradizione, essa affonderà inevitabilmente e giustamente. Ma “non aver paura, piccolo gregge”, come ha detto Nostro Signore, “il Padre vostro conosce ciò di cui avete bisogno” (Lc XII, 32; Mt VI, 32). Le ànime che cercano Dio non saranno mai prive dei mezzi per trovarlo. Perché Dio ha creato il mondo al solo scopo di attirare a Sé le ànime. Ecco perché, come dice Nostro Signore la Domenica delle Palme ai Farisei infuriati per quello che gridavano i discepoli: “Hosanna al figlio di Davide”, se gli uomini cesseranno di gridare la Fede, le stesse pietre della strada si ergeranno per proclamarla (Lc XIX, 40).

La Roma attuale potrà forse riuscire - scenario catastrofico - nel suo tentativo di neutralizzare la Fraternità San Pio X e di ridurla al silenzio, ma se ci riuscirà si tratterebbe solo del giusto castigo di Dio, e la Fede sarebbe in ogni modo soccorsa altrove in qualche parte. 
È questo che merita oggi la Fraternità? Il tempo ci darà la risposta.
Personalmente, penso che negli Stati Uniti, in Francia, e dappertutto nel mondo, molti preti della Fraternità  lavorano tranquillamente alla loro santificazione e alla salvezza delle ànime, e che tale serio ed umile lavoro è benedetto da Dio. Quindi penso che molti di questi preti ed i fedeli che sono con loro, saranno protetti da Dio perché non precipitino alla corruzione con la Roma attuale. Tuttavia, anche se questa volta avessi ragione, vi sarebbero certamente altri attacchi contro la Fraternità, sia da parte del Demonio, sia da parte della “sua” Roma di oggi, e poiché questi giorni sono tali che se non fossero accorciati si perderebbero perfino gli eletti, non posso dire con certezza se la Fraternità sopravviverà con la sua forma attuale sino alla fine di questo periodo diabolico.

Ma il problema non è di sapere se sarà cosí o in un altro modo, o di saperlo o meno. Non devo preoccuparmi oggi dei problemi di domani. “Ad ogni giorno basti la sua pena” (Mt, VI, 34). Comportiamoci il meglio possibile, giorno dopo giorno, e il resto lasciamolo nelle mani di Dio. È un suo problema.
Nessuno può agire prescindendo da Dio, anche se gli uomini hanno fatto di tutto in questo senso. Preghiamo con tutti i mezzi per la Fraternità San Pio X, perché se essa tiene tutto sarà facilitato. Ma al tempo stesso siamo preti, per il caso in cui essa finisse come ogni carne, al fine di non farci prendere dal panico. “Dio solo basta” diceva Santa Teresa d’Avila.
                                                                                                        
+ Richard Williamson
Winona - febbraio 2001
 
 



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