Risposta del Card. Castrillon alle richieste della
Fraternità
Considerazioni dell'abbé Aulagnier
MAGGIO 2001
(le sottolineature sono nostre)
L'abbé Aulagnier è uno degli assistenti del Superiore
Generale della Fraternità, Mons. Bernard Fellay.
Il 7 maggio il Card. Castrillon Hoyos ha scritto a Mons. Fellay, e il
17 maggio, a Mons. Alfonso de Galarreta e a Mons. Williamson.
Il cardinale aveva già dato una risposta orale alla lettera di
Mons. Fellay, in cui questi precisava le condizioni per proseguire il dialogo
(vedi DICI 3 e 5); ed aveva comunicato al Rev. Padre Rifan e all’abbé
Simoulin, che lo avevano incontrato il 2 maggio come d’accordo con Mons.
Fellay, che avrebbe scritto ufficialmente a Mons. Fellay.
Senza toccare i temi già da lui affrontati il 14 aprile, il Cardinale
precisa la sua risposta a proposito delle due condizioni poste dalla Fraternità.
«Per quanto riguarda la prima condizione, un certo
numero di cardinali, vescovi e fedeli giudicano che un tale permesso non
debba essere concesso: questo non significa che il rito sacro precedente
non meriti tutto il rispetto, né che si misconosca la sua solidità
teologica, la sua bellezza e il suo apporto per la santificazione nel corso
dei secoli e nel seno della Chiesa, ma è che questo permesso potrebbe
creare confusione nello spirito di molte persone che lo intenderebbero
come un deprezzamento del valore della Santa Messa che la Chiesa celebra
attualmente. È chiaro che nello statuto del vostro reinserimento,
si offriranno tutte le garanzie perché i membri della Fraternità,
e tutti coloro che hanno un attaccamento particolare per questa nobile
tradizione liturgica, possano celebrarla liberamente nelle vostre chiese
e luoghi di culto. Mentre nelle altre chiese la si può celebrare
ugualmente con il permesso degli Ordinarii diocesani.
Per quanto riguarda la seconda condizione, il Santo Padre ha la
chiara volontà di concederla al momento in cui sarà formalizzato
il ritorno.»
Il Consiglio generale della Fraternità Sacerdotale San Pio
X si è riunito a Menzingen nei giorni 21-22-23 maggio. È
stata esaminata la risposta. Il Superiore generale, pur volendo dar seguito
ai contatti come vuole Roma, chiede che il Vaticano riveda la sua posizione.
In una nota indirizzata al Superiore generale, l’abbé Aulagnier
aveva suggerito - per la prima condizione - di chiedere delle precisazioni
pratiche. Roma non sembra voler dare soddisfazione. Ecco il testo della
nota:
«Caro Monsignore,
Con questa mia vengo a confermare il nostro colloquio telefonico di
ieri, 15 febbraio 2001.
Ecco alcune riflessioni sulle proposte romane trasmesse dall’abbé
Simoulin con suo fax del 13 febbraio.
Possono essere presi in considerazione tre obiettivi:
1) la richiesta della Messa
2) lo statuto dell’«amministrazione apostolica»
3) la commissione romana.
Quoad primum: la richiesta della Messa.
Prendiamo atto che Roma non accetta - giuridicamente - la nostra richiesta:
la libertà totale in favore della Messa antica. La cosa non sarebbe
possibile - di fatto - perché per Roma è imprudente.
Se si ammette questa motivazione, occorrerebbe, per contro, ottenere
imperativamente
a) che ogni richiesta fatta a Roma per l’uso della Messa detta di San
Pio V sia sistematicamente accettata
(ben inteso, fatta
da ogni prete che sia canonicamente in regola),
b) che, in piú, questa richiesta non comporti alcuna condizione:
- né l’obbligo
di tacere sui pericoli evidenti della nuova Messa,
- né l’obbligo
di celebrare la nuova messa - o di concelebrarla - per qualsiasi motivo
- anche se
considerato legittimo da Roma -, come per esempio quello di esprimere la
nostra unione con
l’autorità legittima della Chiesa, con la concelebrazione del Giovedí
Santo, visto che tale unione è
provata dalla confessione del medesimo Credo.
In tal modo risolveremmo definitivamente la situazione creatasi con
la lettera “Quattuor abhinc annos” del 1984. Cosa
che mi sembra indispensabile e necessaria.
Per contro, l’accettazione di questa richiesta implicherebbe - di fatto
- il diritto di dire legittimamente la Messa di sempre in tutte le nostre
chiese e comunità, e in tutte le chiese del mondo per dei motivi
pastorali legittimi come le esequie chieste per testamento, i matrimonii,
i pellegrinaggi piú diversi nelle chiese e nelle basiliche, Messe
che verrebbero celebrate al di fuori degli orari delle Messe previsti dai
curati locali…
L’accettazione di questa richiesta implicherebbe che la celebrazione
della Messa di sempre non potrebbe essere rifiutata da alcuna autorità,
né dal curato, né dal rettore della Basilica, né dal
Vescovo residente.
I Vescovi dovrebbero tenere conto di questa richiesta secondo la situazione
esistente in ogni vescovado, cosí da poter assegnare tale o talaltra
parrocchia della loro diocesi - una o piú - ai preti della FSSPX,
secondo la loro discrezione. Spetterebbe poi a noi dimostrare il nostro
savoir faire…
Penso che certi vescovi potrebbero essere felici di questa soluzione.
L’accettazione sistematica di questa richiesta, da parte della Commissione
“ad hoc”, mi sembra che sarebbe l’equivalente del riconoscimento di diritto,
e l’affermazione della legittimità della Messa di sempre. Cosa che
sarebbe per noi di immenso vantaggio, soddisferrebbe la “prudenza” romana
e dimostrerebbe la nostra comprensione pastorale delle cose.
Quoad secundum: l’amministrazione apostolica.
Il suo scopo: che sia chiaramente affermato lo scopo di questa creazione:
assicurare la libertà di tutte le
comunità tradizionali nei confronti dell’episcopato. Scopo buono
e lodevole. Ma bisognerebbe
avere delle precisazioni sulla natura di questo statuto, al fine di assicurarsi
che la libertà sia
certamente assicurata.
L’autorità: quella della Fraternità Sacerdotale San Pio
X, in ragione della sua importanza, della sua anzianità,
della sua esperienza e della presenza dei Vescovi.
Questa proposta autorità non dovrebbe obbligarci a cambiare il nostro
statuto.
Occorrerebe imperativamente ottenere che questa creazione canonica
“legalizzi” nel modo migliore la situazione esistente.
In tal modo si tratterebbe di un immenso vantaggio per la Tradizione.
Quoad tercium: la commissione romana.
Bisognerebbe che ci venissero precisati i suoi poteri e la sua composizione.
Si dovrebbe esigere che la maggioranza, se non la presidenza, sia composta
da nostri membri, in memoria delle richieste di Mons. Lefèbvre.
Nello stato attuale circa la presentazione del progetto romano e fatta
riserva delle ulteriori precisazioni da ottenere, mi sembra che ci sarebbero
degli importanti vantaggi:
1) La rimozione delle sanzioni canoniche e la “sanatio in radice” di
tutti gli atti canonici attuati dalla FSSPX
fin dalla sua esistenza: le ordinazioni, i matrimonii,
le consacrazioni episcopali. Un grande vantaggio sul
piano pastorale. L’ostacolo maggiore che ci viene
oggi presentato da molti fedeli di buona volontà è
costituito proprio dalle pene canoniche (supposte
giuste).
2) Il riconoscimento - de facto et de iure - della nostra società
sacerdotale e di tutte le altre opere della
Tradizione, nessuna fondazione di queste diverse
comunità potrebbe piú essere denunciata dal Vescovo
residente. Cosa che costituirebbe un immenso vantaggio
per i fedeli nella scelta di queste fondazioni, ma
soprattutto nei confronti delle autorità
ecclesiastiche che non potrebbero piú invocare la nostra condizione
di “scismatici” e la nostra disobbedienza, per condannarci
e rifiutarci. Queste fondazioni non potrebbero
essere piú interdette dal Vescovo del luogo
(si veda la ripetuta situazione di Dom Gérard: Alsazia, Puy-de
Dome). Ora, occorre tenere presente che oggi è
proprio questo il solo argomento che ci oppone
l’episcopato. Vinceremmo una bella battaglia.
3) Il riconoscimento di fatto del diritto alla Messa tridentina… la
Messa antica ritroverebbe cosí - de facto -
uno statuto normale in seno alla Chiesa… Beninteso,
nella misura in cui la richiesta venga accettata con le
condizioni elencate prima.
4) L’assenza preliminare di dichiarazioni dottrinali e la contemporanea
assenza di riconoscimento
dell’insegnamento conciliare è una concreta
novità rispetto ai tempi di Mons. Lefèbvre. Un grande
vantaggio, che ci permette di conservare integralmente
la dichiarazione del 1974.
La mia conclusione è semplice: questo progetto romano merita
una grande attenzione da parte delle autorità della FSSPX. Se si
accettasse questa soluzione, sarebbe necessaria una grande discrezione
per giungere fino alla fine.
Ad maiorem Dei gloriam.
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