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LETTERA DI S. S. GIOVANNI PAOLO II
Sull'importanza della liturgia, del modo di celebrarla,
Il 21 settembre 2001, in occasione della riunione Plenaria della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, S. S. Giovanni Paolo II ha indirizzato alla Plenaria stessa la lettera che qui riproduciamo. (Le sottolineature sono nostre)
In questo documento il Papa pone l’accento su tre questioni importanti, facendo notare come, a piú di trent’anni dal Concilio Vaticano II, non solo questo non è applicato “fedelmente”, almeno in ordine alle questioni trattate, ma ha condotto all’allontanamento dal sacro dei fedeli e dei sacerdoti, e alla costituzione di espressioni della religiosità popolare contrari alla dottrina cattolica. Certo si tratta solo di una lettera di “saluto”, ma non è difficile leggervi tutta la preoccupazione del Santo Padre per lo stato attuale della Liturgia e delle devozioni popolari. Il testo, peraltro, presenta dei richiami parecchio importanti in tema di Liturgia, richiami a cui non eravamo piú abituati da tempo. Il Papa ricorda l’importanza della celebrazione liturgica in sé: che non “può essere considerata come uno strumento con finalità meramente pedagogiche o ecumeniche”; la necessità che i fedeli vengano aiutati a “penetrare le cose invisibili” anche per mezzo del comportamento del celebrante: che dev’essere un “comportamento pieno di riverenza e di dignità”; la inutilità, nella celebrazione liturgica, di “tante parole e spiegazioni”. Quando poi il Papa ricorda che il Messale Romano di San Pio V è ricco di preghiere che sottolineano l’umiltà del celebrante al cospetto del Sacrificio divino che si appresta a rinnovare: è come se volesse richiamare i sacerdoti a non dimenticare che il Messale di San Pio V è sempre e ancora in vigore nella Chiesa cattolica, e non come strumento riservato a qualcuno, ma come libro liturgico di cui tutti farebbero bene a servirsi. Tanto piú che, con tale richiamo, il Papa sembra ricordare che il nuovo Messale è sprovvisto di tali “bellissime preghiere con le quali il sacerdote esprime il più profondo senso di umiltà e di riverenza di fronte ai santi misteri”, cosí che tale Messale, per piú di trent’anni, non è stato un buon strumento didattico per i sacerdoti. E ancora quando il Papa ricorda la “riverenza e il senso dello stupore che scaturisce dal sapersi alla presenza della maestà di Dio”, sembra mandare in frantumi la trentennale pratica della nuova Messa, in cui il celebrante non fa altro che parlare e spiegare, annullando ogni riverenza ed ogni stupore, nei fedeli e in sé stesso.
Signori Cardinali,
1. Vi rivolgo con piacere il mio saluto cordiale
in occasione della Plenaria della Congregazione per il Culto Divino e la
Disciplina dei Sacramenti. Saluto il Signor Cardinale Jorge Arturo Medina
Estévez, che guida con generosa dedizione il Dicastero, e con lui
saluto i Signori Cardinali, i venerati Presuli e tutti coloro che, a vario
titolo, lavorano in codesta Congregazione per il servizio alla Chiesa e
all’evangelizzazione.
2. La Sacra Liturgia, che la Costituzione Sacrosanctum Concilium qualifica come il culmine della vita ecclesiale, non può mai essere ridotta a semplice realtà estetica, né può essere considerata come uno strumento con finalità meramente pedagogiche o ecumeniche. La celebrazione dei santi misteri è innanzitutto azione di lode alla sovrana maestà di Dio, Uno e Trino, ed espressione voluta da Dio stesso. Con essa l’uomo, in modo personale e comunitario, si presenta dinanzi a Lui per rendergli grazie, consapevole che il suo essere non può trovare la sua pienezza senza lodarlo e compiere la sua volontà, nella costante ricerca del Regno che è già presente, ma che verrà definitivamente nel giorno della Parusia del Signore Gesù. La Liturgia e la vita sono realtà indissociabili. Una Liturgia che non avesse un riflesso nella vita diventerebbe vuota e certamente non gradita a Dio. 3. La celebrazione liturgica è un atto della
virtù di religione che, coerentemente con la sua natura, deve caratterizzarsi
per un profondo senso del sacro. In essa l’uomo e la comunità devono
essere consapevoli di trovarsi in modo speciale dinanzi a Colui che è
tre volte santo e trascendente. Di conseguenza l’atteggiamento richiesto
non può che essere permeato dalla riverenza e dal senso dello stupore
che scaturisce dal sapersi alla presenza della maestà di Dio.Non
voleva forse esprimere questo Dio nel comandare a Mosè di togliersi
i sandali dinanzi al roveto ardente? Non nasceva forse da questa consapevolezza
l’atteggiamento di Mosè e di Elia, che non osarono guardare Iddio
facie
ad faciem?
4. La vostra Plenaria, anche in vista della preparazione
di un apposito Direttorio, ha scelto come tema centrale quello della religiosità
popolare. Essa costituisce un’espressione della fede che si avvale di elementi
culturali di un determinato ambiente, interpretando ed interpellando la
sensibilità dei partecipanti in modo vivace ed efficace.
5. Il corretto rapporto tra queste due espressioni
di fede deve tener presenti alcuni punti fermi e, tra questi, innanzitutto
che la Liturgia è il centro della vita della Chiesa e nessun’altra
espressione religiosa può sostituirla od essere considerata allo
stesso livello.
6. Desidero, infine, manifestare il mio compiacimento
per il lavoro svolto dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina
dei Sacramenti, dopo l’ultima Plenaria del 1996. In questo periodo sono
state pubblicate la terza Edizione Tipica del Messale Romano, la prima
del Libro degli Esorcismi e quella del Martirologio Romano. Inoltre, sono
state emanate le Istruzioni sulle traduzioni liturgiche e sull’esame per
via amministrativa delle richieste di dichiarazione di nullità della
sacra Ordinazione.
Affido questo prezioso lavoro ed i progetti dell’intera Congregazione alla celeste protezione della Madre di Dio e con affetto imparto a tutti una particolare Benedizione Apostolica. Da Castel Gandolfo, 21 Settembre 2001 Giovanni Paolo II
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