Intervista esclusiva con il Cardinale Jorge Medina Estevez

Pubblichiamo l'intervista concessa dal Cardinale Jorge Arturo Medina Estevez alla rivista Latin Mass
(la traduzione - non è ufficiale -  e le sottolineature sono nostre)

Di Alessandro Zangrando

Il Cardinale Jorge Arturo Medina Estevez, che oggi ha 76 anni, è stato per sette anni Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Egli ha accettato volentieri un’intervista sulla Messa latina tradizionale e sul futuro del Rito anteriore al Concilio Vaticano II.
Il Cardinale ha chiesto che l’intervista fosse pubblicata nella sua integralità.

Latin Mass ? Come giudica gli anni trascorsi a capo della Congregazione per il Culto?
Cardinale Medina ? Il mio lavoro alla Congregazione si è svolto secondo le regole della Congregazione stessa e dei miei predecessori. Diversi progetti già avviati sono stati condotti a termine.
Permettetemi di citarne qualcuno:

- Il nuovo Rituale degli Esorcismi, rivisto secondo il Concilio Vaticano II;
- La nuova edizione tipica del Martirologio Romano, aggiornamento di quello che era stato promulgato nella seconda metà del secolo scorso. Questa nuova edizione comprende tutti i beati e i santi proclamati dal Papa Giovanni Paolo II fino al 29 giugno 2001;
- La promulgazione della nuova edizione tipica del Messale Romano dopo il Vaticano II, con molte aggiunte nel calendario universale del rito romano e dei miglioramenti nelle rubriche per la celebrazione dell’Eucaristia;
- La pubblicazione dell’istruzione Liturgiam authenticam, relativa ai criteri da seguire nella traduzione dei testi liturgici nelle lingue vernacolari;
- La pubblicazione del Direttorio sulle Devozioni e sulla Santa Liturgia;
- La pubblicazione delle nuove norme amministrative da applicare nei giudizi di nullità dell’ordinazione sacra. In effetti, le vecchie norme erano del 1931 e necessitavano di sostanziali revisioni;
- La pubblicazione delle norme sulla liturgia dei Beati;
- La pubblicazione delle linee guida dirette a tutti i Vescovi e Superiori maggiori degli Ordini religiosi sul modo di procedere negli scrutinii canonici dei candidati agli Istituti religiosi, al Diaconasto e al Sacerdozio;
- La pubblicazione di una Istruzione sull’obbligo della preghiera della Liturgia delle Ore per i diaconi e i preti in viaggio, con le situazioni e le circostanze nelle quali possono esserne esonerati;
- Standardizzazione delle procedure della Congregazione per una maggiore semplicità e chiarezza e per l’eliminazione degli ostacoli burocratici;
Oltre a questi lavori principali, la Congregazione deve preparare i documenti ordinarii, rispondere alla corrispondenza, risolvere dei dubbi e, innanzi tutto, ricevere i Vescovi in occasione delle loro visite ad limina a Roma.
Uno dei compiti particolarmente importanti della Congregazione è la revisione e l’approvazione delle traduzioni dei testi liturgici in lingua vernacolare. Questo vasto lavoro viene svolto in collaborazione con le Conferenze Episcopali seguendo i criterii fissati dal Santo Padre, il quale ha chiesto alla Congregazione di vigilare e di assicurarsi che le traduzioni siano precise e fedeli all’istruzione Liturgiam authe,ticam. Ora che è stata pubblicata nell’originale latino la terza edizione tipica del Messale Romano, il lavoro della Congregazione sarà probabilmente aumentato di molto, a causa del fatto che l’edizione tipica esige che tutte le traduzioni, comprese quelle già approvate, siano sottoposte ad una revisione per renderle quanto più fedeli possibile all’originale latino.
In verità, si è trattato di un lavoro monumentale,  che è stato compiuto, spesso in circostanze difficili, grazie alla generosità del nostro personale. Penso che abbiamo fatto un buon lavoro, nonostante io lasci il giudizio, non a me, ma la Santo Padre e, innanzi tutto, a Nostro Signore.
Al momento delle mie dimissioni, come previsto dal diritto canonico, il Santo Padre, con mia grande consolazione, mi ha ringraziato per il lavoro ben fatto. Io desidero ringraziare per la loro collaborazione le Congregazioni per la Dottrina della Fede, per il Clero, per le Cause dei Santi, e i Pontifici Consigli per la Famiglia, per i Testi Legislativi, per i Laici, nonché le Pontificie Commissioni per l’America Latina e Ecclesia Dei.

L. M. ? Sembra che la questione relativa alla liturgia sia stata trascurata. Tuttavia, in numerose regioni del mondo, Italia compresa, gli abusi liturgici continuano, i cambiamenti e le improvvisazioni ingiustificate producono confusione nei fedeli e li spingono lontani dalla Chiesa. Numerose celebrazioni liturgiche mancano del senso del sacro. Che può dire a questo proposito?
C. M. ? Non sono in grado di valutare le celebrazioni liturgiche di rito romano che si svolgono nel mondo. Gli abusi esistono. E tuttavia, numerosi preti celebrano la liturgia con dignità e nel completo rispetto delle norme liturgiche. E’ anche vero che vi sono degli esempii in cui il senso del sacro è sminuito o del tutto assente.
Sotto questo aspetto mi piace ricordare il messaggio del Santo Padre ai membri della Plenaria della Congregazione per il Culto Divino, riunitasi nel settembre del 2001: Il secondo concilio del Vaticano ha sottolineato il principio che nessuno, neanche i preti, è autorizzato ad omettere, aggiungere o cambiare alcunché nelle celebrazioni liturgiche (Costituzione Sacrosanctum Concilium, n. 22, 3).
Io credo che questo periodo di creatività superficiale e di altri abusi debba lasciare il posto ad una comprensione più profonda dell’idea che ogni celebrazione liturgica è un’azione della Chiesa, e non il frutto della fantasia personale. Le celebrazioni che non riflettono lo spirito della Chiesa alienano ed allontanano numerosi fedeli.

L. M. ? Le cappelle e le chiese in cui la liturgia è celebrata secondo il rito di San Pio V, sono spesso piene di giovani, dai 15 ai 30 anni. I fedeli legati al rito preconciliare sono già una componente importante delle Chiesa. Non sarebbe il caso di riconoscere e di dare piena legittimità ai cattolici tradizionalisti?
C. M. ? Sono cosciente dei sentimenti di numerosi cattolici per la Santa Messa celebrata scondo il rito di San Pio V. Il Motu Proprio Ecclesia Dei, pubblicato dal Papa Giovanni Paolo II, riconosce il desiderio di questi tradizionalisti e cerca di dar loro la possibilità di partecipare alla liturgia secondo questo rito venerabile, che è stato per secoli il rito romano.
Il Papa esorta i Vescovi ad essere generosi e aperti con questo cattolici che non dovrebbero essere emarginati o trattati come membri di “seconda classe” della comunità cattolica. Personalmente, credo che dovrebbero essere riconosciute delle ampie garanzie ai cattolici tradizionalisti, il cui solo desiderio è di seguire un rito legittimo e approvato.In un momento storico in cui il “pluralismo” gode del diritto di “cittadinanza”, perché non riconoscere lo stesso diritto a coloro che desiderano celebrare la liturgia secondo il modo usato per più di quattro secoli?

L. M. ? Il Cardinale Ratzinger ha scritto recentemente che la Chiesa non ha mai vietata alcuna forma ortodossa di liturgia. La Chiesa ha mai vietato il rito di San Pio V, che per secoli è stato il rito ufficiale della Chiesa?
C. M. ? Io ho studiato accuratamente la questione dell’abrogazione del rito di San Pio V dopo il Concilio Vaticano II. Sono un amico intimo del Cardinale Ratzinger, grande teologo e uomo di Chiesa che ho conosciuto e ammirato fin dal 1962, e al quale sono riconoscente per la sua profonda intuizione liturgica. In base alle mie ricerche non posso affermare che il rito di San Pio V sia mai stato abrogato. Certuni lo pensano. Altri tengono un punto di vista diverso. Per questo, come dice il detto latino: in dubiis libertas.

L. M. ? Perché così tanti Vescovi, in Italia e altrove nel mondo, sono così contrari a permettere la celebrazione della liturgia secondo il rito preconciliare, nonostante il desiderio e le disposizioni del Santo Padre?
C. M. ? Non conosco i motivi che sono alla base delle decisioni dei miei fratelli Vescovi, quindi non ho un’idea in merito.

L. M. ? Pensa che un giorno il rito di San Pio V possa coesistere con gli altri riti?
C. M. ? Personalmente non vedo alcuna difficoltà particolare. Vi sono già degli esempii in cui certe celebrazioni fuori dalle norme liturgiche godono di una approvazione tacita, quindi non vedo il problema per un rito vecchio di quattro secoli, che è anche perfettamente ortodosso. Tuttavia, una tale decisione compete al Santo Padre, che dovrà tenere conto dei sentimenti dei fedeli, delle opinioni dei Vescovi e delle altre istituzioni della Chiesa.

L. M. ? Sa Los Angeles alla Costa d’Avorio, vi sono molti esempii di nuove chiese costruite in uno stile che segna un completo capovolgimento delle norme architettoniche tradizionali.
C. M. ? Io non sono un architetto, né ho seguito degli studi particolari di architettura sacra. Posso solo parlare della mia esperienza come Vescovo diocesano in due Diocesi, in Cile, che sono state colpite dal terremoto nel 1985. Mi assunsi il compito di ricostruire più di 50 chiese che erano state messe fuori uso dal terremoto. Non esiste uno “stile cattolico”. Vi sono diversi stili: quello della prima cristianità, altri come il romanico, l’ogivale, il gotico e il barccco; un altro stile è quello detto “moderno”. Io ammiro Matisse, Gaudi e la chiesa di Ronchamp, come quella dell’abbazia di La Condes, a Santiago del Cile, il mio paese. Capisco che noi abbiamo a che fare con gusti e sensibilità diverse e che uno stile particolare può produrre effetti diversi su persone diverse. Tuttavia, vi sono certi criterii, contenuti nell’Istruzione Generale del Messale Romano, che dovrebbero essere tenute in conto al momento della costruzione di una nuova chiesa: il posto centrale dell’altare, il posto della cattedra per la proclamazione della Parola di Dio, il posto di rilievo e visibile per il Santo Sacramento, una dimensione sufficientemente ampia, ecc. Non vi sono delle soluzioni facili per questo problema: fattori differenti entrano in gioco, come la competenza architettonica, ma anche un acuto senso delle celebrazioni liturgiche, che spesso manca negli architetti cattolici. Ogni progetto per la costruzione di una nuova chiesa dovrebbe essere uno sforzo congiunto degli architetti, dei preti e dei fedeli, e dovrebbe riflettere i principii teologici della sacra liturgia. Di conseguenza non si può presupporre che ogni progetto sia buono solo perché è “moderno”, né si deve rigettare un progetto “moderno” quando rispetta le norme fondamentali della liturgia.

L. M. ? Nel corso degli ultimi anni, Lei ha avuto occasione di celebrare in pubblico le Messa tradizionale. Può confidarci le sue impressioni?
C. M. ? La mia ordinazione e la mia prima Messa sono state celebrate entrambe col rito di San Pio V. Dopo 15 anni di sacerdozio ho smesso la celebrazione della Messa secondo il rito antico, quando il Papa Paolo VI ha promulgato la riforma liturgica. Devo ammettere, tuttavia, che non ho alcuna difficoltà col nuovo Ordo di Paolo VI.
Dopo il mio trasferimento a Roma, su invito di gruppi cattolici tradizionalisti, ho celebrato occasionalmente la Santa Messa e svolto altre cerimonie liturgiche con il rito antico. L’ho fatto in tutta semplicità, riandando ai miei primi anni da prete, quando celebravo col rito antico, che ricordavo molto bene. Devo confessare che io amo molto pregare in latino, perché in questa lingua le preghiere del Messale Romano sono più penetranti e trasmettono un messaggio semplice, ma sostanziale, a differenza delle traduzioni moderne che sono sia scorrette, sia, sfortunatamente, infedeli rispetto al testo originale.

L. M. ? Che ne pensa della sparizione quasi totale del canto Gregoriano dalla liturgia?
C. M. ? E’ evidente che la sparizione del canto Gregoriano rappresenta uno spiacevole impoverimento della liturgia, come la sparizione quasi completa del latino, che è l’insostituibile fondamento della musica gregoriana. La bellezza di queste melodie, per secoli parte integrante dei testi liturgici del rito romano, affascina anche coloro che non hanno familiarità con il latino e con la musica gregoriana.
In Vaticano, quando il Santo Padre presiede alle cerimonie di beatificazione o di canonizzazione, parti dell’ordinario della Messa sono ancora cantate in gregoriano, e sono numerosi coloro fra i presenti che riescono a seguire queste centenarie melodie, anche se non sempre sono eseguite con lo stile solenne e impersonale caratteristico di una musica che non è stata creata per polarizzare l’attenzione sull’abilità di un cantore o per diventare una prestazione in cui l’individuo prende il sopravvento sulla comunità che canta e che prega.

Latin Mass, primavera 2003
 
 




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