Intervista a S. Ecc. Rev. Mons. Fernando Arêas Rifan 
Amministratore Apostolico 
dell'Amministrazione Apostolica Perrsonale San Giovanni Maria Vianney
di Campos in Brasile

nel secondo anniversario dell'erezione dell'Amministrazione Apostolica




Intervista esclusiva di  ITEM (Entraid et Tradition) 14 gennaio 2004
 

Mons. Rifan: Innanzi tutto voglio ringraziare il caro abbé Aulagnier per aver difeso noi e la nostra posizione cattolica. Egli ha conservato lo spirito della Chiesa, il vero spirito romano, il vero sensus Ecclesiae. Veniamo adesso alle domande che lei mi pone sui sacerdoti e i fedeli di buona volontà che con noi conducono la stessa buona battaglia per la Santa Chiesa e che meritano qualche spiegazione in grado di consolarli e tranquillizzarli.
 

ITEM: Mons. Rifan, dopo quasi due anni di esperienza, lo strumento giuridico che avete adottato e che possiamo chiamare una “diocesi di San Pio V”, ha permesso uno sviluppo della vostra azione al servizio della liturgia e della catechesi tradizionali? In concreto, siete riusciti a prendere contatto con quei fedeli che non frequentavano le vostre parrocchie perché le consideravano “selvagge”?

Mons. Rifan: Dopo due anni della nostra Amministrazione Apostolica, non possiamo non ringraziare il buon Dio per la grazia che ci ha accordato tramite la decisione della Santa Sede. Nel contesto della crisi attuale, Mons. Lefebvre aveva chiesto al Papa di poter fare “l’esperienza della Tradizione, tra tutte le esperienze che si fanno nella Chiesa”. Ciò che abbiamo ottenuto con la creazione di questa Amministrazione Apostolica è molto di piú. Abbiamo guadagnato una circoscrizione ecclesiastica ufficiale, normale, indipendente, col suo Vescovo, la sua Curia, il suo seminario, le sue congregazioni religiose, le sue parrocchie personali, le sue chiese, la sua cattedrale, il tutto con un rito proprio, con la liturgia e la disciplina romana tradizionale. Noi facciamo ogni sforzo per mantenere la fede e la vita di grazia tra i nostri fedeli, il che è già una grande cosa. In una delle nostre parrocchie, per esempio, amministriamo quasi 900 confessioni ogni primo venerdí del mese, e nel corso della Messa di mezzanotte di Natale vi sono state 1000 comunioni. Innanzi tutto dobbiamo mantenere la vita spirituale e sacramentale dei 30000 fedeli delle nostre parrocchie, distribuite in 150 chiese. A poco a poco esse si ampliano, perché molti dei fedeli che prima non le frequentavano, dopo il nostro riconoscimento canonico, vengono senza timore e chiedono il nostro aiuto. Ciò che piú ci importa è la maggior gloria di Dio e la salvezza delle ànime.
 

ITEM: Per quale motivo avete accettato la proposta del Cardinale Castrillon Hoyos?

Mons. Rifan: Tutti questi benefici derivati dal nostro riconoscimento canonico, e cioè l’Amministrazione Apostolica, la nostra diffusione, la facilità dell’apostolato, ecc.,  sono cose secondarie e sono delle semplici conseguenze della causa principale che ci ha spinti a regolarizzare la nostra posizione: il problema di coscienza di fronte alla irregolarità della nostra situazione e al pericolo di scisma in cui ci trovavamo. È questo il nodo della questione. Mi spiego. L’irregolarità della nostra posizione non consisteva nella nostra resistenza al modernismo nella Chiesa, né nella conservazione della Messa tradizionale, neanche nell’assistenza spirituale ai fedeli. Ma ci si poteva rimproverare che l’irregolarità consisteva nell’avere un Vescovo ordinato contro la espressa volontà del Papa. Noi ritenevamo di trovarci in uno stato di necessità che giustificava questa situazione, ma, anche cosí, la nostra era una situazione anormale, che non poteva durare sempre. Non poteva continuare dopo l’offerta della Santa Sede di una regolarizzazione. Mons. Rangel, quando venne ordinato Vescovo, dichiarò che egli sperava che le circostanze cambiassero cosí che avrebbe potuto rimettere il suo episcopato nelle mani del Papa, che ne avrebbe disposto come voleva. E le circostanze sono cambiate, poiché la Santa Sede ci ha offerto una regolarizzazione in una Amministrazione Apostolica che, in coscienza, non potevamo rifiutare. Se si guarda alla Chiesa come ad una semplice società umana, si potrebbe dire che, strategicamente parlando, la nostra decisione è stata una follia. Ma se si considera, con gli occhi della fede, la divinità della Chiesa, ben al di là della visione umana, le cose cambiano. Non fu per comodità o perché eravamo stanchi della battaglia o per una questione solamente pratica, che abbiamo accettato questa regolarizzazione canonica. Ma questo lo esigeva il vero sensus Ecclesiae e la nostra coscienza.
 

ITEM: Avete potuto creare altre parrocchie personali? Quali sono le vostre possibilità fuori dal territorio della diocesi di Campos? I Vescovi brasiliani hanno accettato che voi possiate celebrare la Messa tridentina nelle loro chiese in occasione di riunioni di fedeli o hanno accettato che possiate fondare nelle loro diocesi delle parrocchie collegate all’Amministrazione Apostolica San Giovanni Maria Vianney? 

Mons. Rifan: Noi abbiamo eretto in parrocchie personali ufficiali tutte le parrocchie che avevamo precedentemente. Per ciò che riguarda l’àmbito al di fuori del territorio della diocesi di Campos, il Santo Padre ha rilasciato un documento che ci permette di esercitare il nostro ministero nelle altre diocesi, in seguito all’accordo con l’Ordinario del luogo, il che è del tutto normale. Diversi Vescovi ci hanno già offerto delle chiese, e questo permette ai fedeli di assistere alla liturgia tradizionale, il tutto formalizzato da un contratto scritto. Il problema è che noi non abbiamo un numero sufficiente di preti per rispondere a tutte le richieste del Brasile e di altri luoghi. La posizione dei Vescovi è differenziata, com’era prevedibile. Ma Domenica 21 dicembre io ho celebrato una Messa solenne in una chiesa parrocchiale del vicino arcivescovado, con l’incoraggiamento dell’Arcivescovo, in occasione del 51° anniversario dell’ordinazione del curato, davanti a 1000 fedeli. Ci hanno invitato a dir Messa anche diverse comunità. In occasione dell’ultima assemblea generale dell’episcopato brasiliano, che conta 414 Vescovi, io mi sono presentato a tutti, pubblicamente, spiegando la nostra posizione. Molti Vescovi si sono felicitati con me. Anche se la nostra posizione non è stata applaudita da tutti, quantomeno ho trovato comprensione e simpatia. Una settimana prima dell’assemblea, che dura dieci giorni, un Vescovo mi ha telefonato dicendo che aveva avuto ordine dal Vescovo che presiede la nostra regione di prepararmi una cappella privata perché potessi dire la mia Messa, visto che sapeva che io non concelebro. Ha aggiunto che cercava un religioso per fargli servire la Messa e se non lo avesse trovato l’avrebbe servita lui stesso. Accade anche questo nell’episcopato brasiliano.
 

ITEM: Può dirci quanti sono i vostri preti e i vostri seminaristi?

Mons. Rifan: Attualmente abbiamo 28 preti e 25 seminaristi. Per un seminario diocesano è un buon numero. Questa era la media al tempo di Mons. De Castro Mayer. Ma noi abbiamo bisogno di molto di piú di questo per accudire i gruppi di fedeli che chiedono la nostra assistenza. Bisogna pregare. Noi valutiamo e organizziamo dei ritiri prevocazionali per molti giovani che si preparano per il prossimo ingresso in seminario.
 

ITEM: Nella fedeltà a Mons. De Castro Mayer, il vostro gruppo sacerdotale aveva mantenuto una critica molto forte e argomentata delle innovazioni conciliari: libertà religiosa, ecumenismo, vaghi principi della collegialità episcopale, falsi fondamenti del dialogo con le religioni non cristiane. La vostra nuova situazione vi permette di far sentire “dall’interno” queste stesse critiche teologiche?

Mons. Rifan : Noi conserviamo la stessa posizione cattolica, la nostra posizione di sempre. Siamo per la regalità sociale di Cristo Re, siamo contro la libertà religiosa in quanto relativismo dottrinale, laicismo dello Stato, indifferentismo e sincretismo religioso, uguaglianza di tutte le religioni davanti alla legge; in una parola siamo contro la libertà religiosa condannata da Gregorio XVI, Pio IX e Pio XII. Noi siamo contro l’ecumenismo di complementarietà, o l’irenismo, e siamo per il ritorno o la conversione dei separati. Siamo contro la democratizzazione della Chiesa a tutti i livelli. Evidentemente, noi abbiamo il diritto di criticare gli errori e di presentare le nostre critiche costruttive, nel rispetto delle persone, alle autorità della Chiesa! Io mantengo la stessa analisi che fece Mons. De Castro Mayer, nelle sue Lettere Pastorali, nei confronti dei testi del Vaticano II. D’altronde, si può constatare che la nostra semplice esistenza è già una risposta e una critica costruttiva a molte cose. La nostra situazione, canonicamente regolare, ci permette di essere ascoltati meglio di prima. Ma, nelle critiche, non bisogna né generalizzare né criticare in blocco. Contro l’errore, distinguere è piú difficile, ma piú efficace che generalizzare. E per essere credibili occorre anche esaminare le nostre debolezze e le nostre approssimazioni.
 

ITEM: Mons. De Castro Mayer e Mons. Rangel ritenevano che la situazione della Chiesa fosse sufficientemente grave per adottare una apparente disubbidienza, fino a giungere al conferimento e al ricevimento dell’ordinazione episcopale senza mandato del Papa, presumendolo, e stimando che dopo Assisi il Papa fosse “impedito” dalla crisi. Si può considerare che il riconoscimento ufficiale di cui ha beneficiato Mons. Rangel, con il decreto Animarum bonum del 18 gennaio 2002, sia un primo riconoscimento della legittimità dell’azione di Mons. Lefebvre e di Mons. De Castro Mayer, come di tutti i preti e i fedeli che li hanno seguiti?

Mons. Rifan: Nel ringraziamento che ho pronunciato il giorno della mia ordinazione episcopale, davanti al cardinale Castrillon e a tutti i Vescovi, preti e fedeli presenti, ho ribadito ciò che il Cardinale Re mi aveva detto a Roma, e cioè che il riconoscimento giuridico dei preti di Campos riguardava anche Mons. De Castro Mayer, che non aveva mai avuta l’intenzione di attuare uno scisma. Quando i figli di Mons. Lefebvre saranno riconosciuti giuridicamente si dirà lo stesso di lui, che diceva sempre di agire con retta intenzione, senza voler attuare uno scisma. La Santa Sede non ha preteso da noi alcuna abiura circa alcun supposto “scisma”, e non ne ha neanche parlato. Eravamo in una posizione che ritenevamo giustificata dalla necessità della salvezza delle ànime, senza alcuna intenzione scismatica. Ma non si può piú dire che noi non siamo completamente certi e regolari.
 

ITEM: In Francia, il numero di preti, l’assistenza alla Messa, gli effettivi al catechismo, continuano ad aumentare. I Vescovi si appellano piú facilmente alle nuove comunità e alle comunità tradizionali. Accade lo stesso in Brasile?

Mons. Rifan: Malgrado tutta la bagarre che ha seguito il Concilio, con il dominio del modernismo, i cui effetti continuano ancora, oggi si sente ovunque un certo bisogno della Tradizione, soprattutto nelle nuove generazioni. Vi sono molte nuove comunità che hanno molta simpatia per le cose tradizionali. Vi è del buono, una ricerca di vita di preghiera e di contemplazione, la recita del rosario, l’adorazione del SS. Sacramento, ecc. Molti Vescovi hanno difeso pubblicamente la morale cattolica e i valori morali della famiglia, attaccati dai mezzi di comunicazione e anche dal governo. La Chiesa non ci appartiene. Essa conta sull’assistenza continua del suo divino Fondatore: Portae inferi non praevalebunt adversus eam. Tunc stat cum superari videtur, dice Sant’Ilario. Esiste una giovane congregazione in Brasile, fondata alcuni anni fa, che ha già quasi 80 case, con 1600 membri, che vivono nella piú completa povertà. Essi praticano l’adorazione perpetua e hanno una grande simpatia per la liturgia tradizionale. Hanno chiesto il mio intervento per avere la Messa tradizionale in maniera regolare. E non sono soli: Residuum revertetur.




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