IL MISTERO D’ISRAELE

UN CONFRONTO TRA LA RIVELAZIONE

E NOSTRA AETATE



di Don Curzio Nitoglia

Gli articoli dell'Autore sono reperibili sul suo sito
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I - LA DIVINA RIVELAZIONE

PRIMA PARTE

SAN PAOLO

Epistola ai Romani


S. Paolo nell’Epistola ai Romani (I, 16) scrive: “Il Vangelo è forza di Dio per la salvezza di chiunque crede: prima per il Giudeo e poi per il Gentile”.

San Tommaso d’Aquino nella sua  Expositio in Epistolam ad Romanos (cap. I, lezione VI, n. 101) commenta: «Bisogna considerare per chi il Vangelo è salvezza. In verità non è solo dei Giudei, ma anche dei Gentili: “Innanzitutto del Giudeo ed anche del Gentile”.
Ora “innanzitutto al Giudeo” va riferito quanto all’ordine cronologico della salvezza: i Giudei sono i primi perché a loro furono rivolte le promesse cronologicamente per primi, poi ai Pagani. Dunque “innanzitutto al Giudeo” non va riferito ontologicamente quanto al valore intrinseco, ma solo cronologicamente, quanto al conseguimento  - durante il tempo - della salvezza, per la quale non c’è distinzione né priorità di valore intrinseco tra Ebrei e Gentili. Infatti entrambi conseguono una medesima retribuzione».
È per questo motivo che Gesù invia i suoi Apostoli a predicare prima ai Giudei e poi ai Gentili, mentre Lui stesso ha predicato solo ai Giudei e solamente in certe situazioni eccezionali a qualche Pagano.

Infatti la maggior parte del popolo ebraico ha rifiutato Gesù e ha rotto il Vecchio Patto stretto con Dio, che era tutto orientato alla Nuova ed Eterna Alleanza; mentre molti Pagani si son convertiti al Vangelo e sono entrati nella Chiesa di Cristo e nel Nuovo Patto, che ha perfezionato e sostituito il Vecchio.

Inoltre nell’Epistola ai Romani si dimostra anche che Dio è rimasto fedele alle Sue promesse fatte ad Abramo di essere padre di un popolo partecipe della salvezza spirituale messianica (Rom., IX, 1-29); e nello stesso tempo è stato giusto nel riprovare il Giudaismo che non ha voluto credere in Gesù e Lo ha respinto come Messia (Rom., IX, 30-33 – X, 1- 21).

Infatti gli Ebrei erano stati scelti da Dio, quando Egli chiamò Abramo e strinse un Patto con Lui, ad essere il Suo popolo primogenito (Esod., IV, 22; Deut., XIV, 1) affinché mantenesse pura la fede monoteistica, in mezzo ad un mondo sprofondato nell'idolatria politeistica.

Tuttavia quest’adozione d’Israele nella Vecchia  Alleanza era imperfetta ed era un’ombra e una figura dell’adozione che nella Nuova Alleanza Dio avrebbe comunicata, tramite la grazia  santificante, a tutte le anime degli uomini di tutti i popoli (Ebrei e Gentili) che avessero creduto nel Messia Gesù ed avessero osservato i suoi Comandamenti.

Quindi i Giudei hanno una certa nobiltà di discendenza dai Patriarchi (Abramo, Isacco e Giacobbe), i quali Patriarchi sono stati amati sommamente da Dio perché hanno corrisposto alla Sua chiamata. Tuttavia i Giudei del tempo di Gesù non solo non hanno corrisposto al dono di Dio e hanno rinnegato i loro stessi Patriarchi i quali attendevano il Messia venturo, ma addirittura Lo hanno crocifisso.
Qui vi è la rottura di Nostra aetate (d’ora in poi NA) con la Rivelazione divina come spiegheremo dettagliatamente dopo.

Il dono di essere il popolo della promessa o il vero Israele dopo la crocifissione di Gesù è stato dato a tutti gli uomini (Giudei o Gentili) che avessero accettato, con fede vivificata dalla carità soprannaturale, il Messia sofferente e spirituale: Gesù di Nazareth.

Quindi per ereditare le promesse fatte ad Abramo non basta avere nelle vene il suo sangue (non è una questione di razza), ma occorre avere nell’anima la sua fede (è una questione spirituale e soprannaturale).

Dio ha riprovato i Giudei increduli e contrari a Gesù per tenere con Sé tutti gli uomini (Giudei e Pagani) fedeli a Cristo. Quindi la promessa o il Patto stretto con Abramo non fu rivolto a tutta la sua posterità carnale o razziale, ma solo ai figli spirituali di Abramo, che credeva nel Messia sofferente e venturo (preannunziato dai Profeti). Dunque se Dio ha rigettato i Giudei increduli, non ha rotto il Patto stipulato con Abramo e ha mantenuto fede alla sua Promessa fatta ai figli spirituali di Abramo: i Cristiani, sia di origine ebraica che pagana (Rom., IX, 10).

I Cristiani, ossia coloro che hanno corrisposto al dono di Dio, sono stati chiamati gratuitamente ed efficacemente dalla misericordia divina, sia a partire dal popolo dei Giudei sia da quello dei Gentili, i quali ultimi, tuttavia, hanno risposto in maggior numero dei Giudei nell’abbracciare il Cristianesimo (Rom., IX, 24 ).

Dio non volle distruggere totalmente il popolo con cui aveva stretto la Vecchia Alleanza, ma ne scampò un “piccolo resto” al tempo di Gesù.  Infatti al tempo del Messia, la grande maggioranza del popolo d’Israele Lo rinnegò e solo un “piccolo numero” si convertì al Cristianesimo. Tuttavia questo “piccolo resto” è chiamato “semenza” poiché prima della fine del mondo da esso nascerà una messe futura quando (moralmente e non matematicamente) tutta Israele si convertirà a Cristo (Rom., XI, 1).

Inoltre se la legge era una figura di Cristo, essa è cessata con l’Avvento di Gesù, in questo senso il Messia è anche la fine o il termine della legge e della Vecchia Alleanza. Egli è il compimento e la perfezione della legge, che ha stabilito una Nuova ed Eterna Alleanza, la quale ha rimpiazzato e completato la Vecchia (Rom., X, 4).

Dopo la morte di Cristo i Giudei non possono più salvarsi se non mediante Cristo. Dopo la morte di Cristo la legge antica ha cessato di preparare gli uomini al Messia, poiché era già venuto, dunque essa ha perso tutto il suo valore. Quindi asserire che i Giudei si salvano senza Cristo e solo mediante l’osservanza esteriore della legge è falso e pone i Giudei in uno stato di privazione dell’aiuto di Dio, senza il quale non possono far nulla di soprannaturalmente meritorio e salvifico (Rom., X, 5). Predicare questa falsa teoria, - contenuta virtualmente in NA ed esplicitata da Giovanni Paolo II -  significa non praticare la vera carità verso il popolo ebraico, al quale va detta  la verità che Gesù è venuto a rivelarci.

Infine San Paolo cita alcuni passi del Vecchio Testamento (Deut., XXII, 21) dai quali si evince che era stato predetto sin dal tempo di Mosè che i Gentili, pur essendo religiosamente meno preparati dei Giudei e non avendo ricevuto la Rivelazione nella Vecchia Alleanza, si sarebbero convertiti a Cristo. Da ciò ne consegue che i Giudei non sono scusati per la loro incredulità, la quale è volontaria e colpevole. Infatti, se un popolo che ignorava l’Antica Rivelazione ha capito la Nuova Rivelazione del Vangelo, come mai Israele non l’ha compresa? Non per ignoranza invincibile, ma per cattiva volontà. 

Il Signore predice che, disprezzato dagli Israeliti, si rivolgerà a tutte le Genti, che Lo ascolteranno e si convertiranno, provocando perciò una certa invidia verso i Gentili nei Giudei increduli (tranne il “piccolo resto” fedele) per essere stati rimpiazzati dai Pagani nella Nuova ed Eterna Alleanza.

Tutto ciò si è avverato col Deicidio, quando si scisse il velo della Sancta Sanctorum del Tempio di Gerusalemme per significare che Dio aveva rotto il Vecchio Patto con i Giudei increduli e lo avrebbe stretto con tutti gli uomini sia Ebrei che Pagani, purché avessero la fede in Cristo.

San Paolo conclude il capitolo X dell’Epistola ai  Romani (v. 20) con una citazione di Isaia (LV, 1): “Mi hanno trovato coloro che non mi cercavano, Mi son fatto vedere a coloro che non domandavano di Me”, ossia i Pagani che erano immersi nelle tenebre del politeismo idolatrico, tramite la predicazione degli Apostoli perseguitati dai Giudei increduli, hanno trovato Dio; quindi a maggior ragione Lo avrebbero dovuto accogliere anche i Giudei che avevano ricevuto la Rivelazione e la vera fede in Jaweh. Perciò la loro colpa è inescusabile.

Al versetto 21, che chiude il capitolo X, l’Apostolo continua con la citazione di Isaia: “Tutto il giorno stesi le mani ad un popolo incredulo e contraddittore”, vale a dire il motivo dell’infedeltà dei Giudei è la loro antica, ostinata e continua infedeltà a Dio, che cominciò già nel Vecchio Patto ed è sfociata nel Deicidio, il Signore, infatti, aveva desiderato e cercato di abbracciare, stendendo le mani, il Suo popolo come un padre pieno di amore cerca di stringere a sé i suoi figliuoli. Invece Israele si è continuamente ribellato con pertinacia a Dio e soprattutto ha colmato la misura quando ha rifiutato Cristo e poi anche i Suoi Apostoli, i quali hanno iniziato a predicare il Vangelo ai Gentili. Perciò Israele non deve essere geloso dei Pagani, ma deve incolpare solo se stesso della sua esclusione dal Regno di Dio nella Nuova Alleanza.  

Aprendo il capitolo XI, innanzitutto, l’Apostolo (Rom., XI, 1) ci tiene a specificare che Dio non ha rigettato lontano da Sé tutto Israele senza alcuna eccezione. No! Certamente non si tratta di una riprovazione totale ed eterna, infatti il Signore ha scelto  i Suoi Apostoli tra i Giudei (fra i quali vi è San Paolo medesimo: “Io pure sono Israelita, del seme di Abramo, della tribù di Beniamino”), per cui anche se pochi Israeliti si sono mantenuti fedeli a Dio, proprio essi sono stati inviati da Gesù a predicare il Vangelo ai Pagani.

Inoltre Dio non ha rigettato tutto il popolo che aveva scelto ai tempi di Abramo come suo prediletto, per la sua pura misericordia, senza alcun merito precedente da parte di esso. Perciò non solo San Paolo, ma anche altri Israeliti (12 Apostoli, 120 Discepoli, 5 mila e 3 mila battezzati attorno al dì della Pentecoste …) si son convertiti a Cristo per la pura misericordia di Dio. 

Per quanto riguarda Israele come popolo, esso non ha conseguito la giustificazione nella sua grande maggioranza, poiché la cercava tramite i meriti delle opere puramente umane e naturali; invece un “piccolo resto” d’Israele per grazia di Dio ha ottenuto la santificazione mediante la fede nel Messia Gesù di Nazareth, che l’Israele infedele aveva ripudiato, essendosi accecato da sé, ossia avendo chiuso volontariamente gli occhi per non vedere ed ammettere i miracoli di Cristo, che dimostravano la Sua Divinità e Messianicità (v. 7).

Questo accecamento, non è stato prodotto da Dio, ma è stato voluto dall’Israele incredulo, che si fidava delle sue sole iniziative naturali e umane, al quale Dio ha rifiutato la grazia in séguito alla sua colpa volontaria e libera. L’accecamento d’Israele era già stato predetto nel Vecchio Testamento (Deut., XXIX, 4; Isaia, XXIX, 10): “In castigo della sua volontaria incredulità, Dio gli ha sottratto il suo aiuto e permise che cadesse in uno spirito di stordimento”. Quindi l’Apostolo spiega che l’Israele o i Giudei di cui parlavano Mosè e Isaia erano la figura dei Giudei infedeli del tempo del Messia Gesù di Nazareth (v. 8).

Certamente Jaweh, permettendo che Israele nella sua maggioranza inciampasse nella “Pietra d’angolo” (che è Gesù Cristo), non volle far cadere tutti i Giudei senza dar loro nessuna speranza di conversione futura. Infatti la loro colpa d’incredulità nei confronti del Messia è stata  occasione della conversione e della salvezza dei Gentili, poiché il Vangelo doveva essere predicato prima ai Giudei (Mt., XXI, 43) e questi per primi (cronologicamente e non ontologicamente) avrebbero dovuto entrare nella Chiesa di Cristo e poi nel Regno dei Cieli; però siccome la maggior parte dei Giudei non volle ascoltare la predicazione del Vangelo ed anzi vi si oppose, allora gli Apostoli lo predicarono ai Pagani, i quali si convertirono in massa, rimpiazzando gli Ebrei increduli. Tuttavia il Signore ebbe pure un altro scopo nel permettere la caduta d’Israele e la conversione dei Pagani: volle, cioè, provocare a gelosia i Giudei increduli e spingerli ad accogliere il Messia Gesù Cristo, vedendo che le promesse  fatte ai Patriarchi erano state sottratte ad essi e trasferite ai Gentili (v. 11).

San Paolo paragona la Chiesa di Dio del Vecchio e del Nuovo Testamento ad un albero di ulivo fruttifero, il cui seme fu gettato durante la promessa del  Redentore fatta da Dio ad Adamo dopo il peccato originale; le radici furono i Santi Patriarchi; i Giudei il tronco e i rami. I Pagani sono rappresentati dai rami di un ulivo selvatico, che di per sé non è fruttifero. Tuttavia alcuni rami furono staccati dall’ulivo fruttifero: i Giudei increduli, che per la loro infedeltà furono riprovati da Dio e separati dalla promessa fatta ai loro antenati: i Patriarchi. Ora il Pagano, che è come un olivastro non fruttifero o selvatico, è stato innestato da Dio nella radice dell’ulivo fruttifero, ossia nella fede di Abramo nel Messia venturo, al posto dei rami recisi (Giudei increduli), ma senza alcun proprio merito precedente e per sola misericordia divina; allora, tu Pagano, non volerti vantare contro i Giudei increduli, ossia i rami svelti. Infatti prima tu, o Pagano, eri fuori dell’Alleanza stretta da Dio con i Patriarchi. Quindi non hai nessun motivo d’inorgoglirti contro i rami naturali, che sono stati svelti per loro disgrazia, poiché tu non eri stato chiamato all’Antica Alleanza con Dio, mentre i Giudei sì. Tu sei stato innestato sulla radice dei Patriarchi e partecipi della vita di essi (v. 18). Perciò non voler gloriarti, dicendo: “Dio ha permesso la colpa dei Giudei, affinché i Gentili fossero innestati al posto loro sul vero olivo fruttifero e ciò prova che ora Dio ama più i Gentili che i Giudei” (v. 19). 

San Paolo risponde che in parte ciò è vero, infatti è la pura constatazione di un fatto: Dio ha permesso la caduta dei Giudei ed essa è stata l’occasione dell’entrata dei Pagani nella Nuova Alleanza con Dio, ma - d’altra parte - i Giudei furono divelti dall’ulivo fruttifero a causa della loro incredulità nel Messia; invece i Pagani, che erano un olivastro selvatico sono stati innestati sull’olivo fruttifero perché hanno creduto al Vangelo, che  è stato loro predicato dagli Apostoli, ossia il “piccolo resto” dell’Israele fedele. Siccome la fede è un dono puramente gratuito e soprannaturale di Dio e si può perdere - come è successo alla maggior parte dei Giudei - per mancanza di umiltà, se ci si glorifica di se stessi, i Gentili devono far attenzione a non insuperbirsi per non cadere anche essi nell’infedeltà, ma debbono temere di poter venir meno come tutti gli uomini (v. 20).

Infatti (v. 21) è più facile strappare dalla radice dell’albero (Patriarchi) i rami che sono stati innestati (Pagani) che non quelli i quali erano naturalmente uniti ad esso (Giudei). Perciò, se i Pagani non sentono umilmente di sé, potrebbero essere svelti anche loro.

Infatti (v. 21) è più facile strappare dalla radice dell’albero (Patriarchi) i rami che sono stati innestati (Pagani) che non quelli i quali erano naturalmente uniti ad esso (Giudei). Perciò, se i Pagani non sentono umilmente di sé, potrebbero essere divelti anche loro.

Contrariamente a quanto afferma NA (come vedremo sotto) San Paolo nell’Epistola ai Romani (XI, 28) spiega che “i Giudei considerati in quanto rigettano il Vangelo, sono nemici di Dio” e sono privati della Sua grazia; ciononostante riguardo al fatto che “i Giudei furono eletti” in Abramo tra tutti i popoli ad essere i custodi della Rivelazione divina, “essi sono carissimi a Dio” non in se stessi poiché increduli e deicidi, ma “in ragione dei loro Padri”, che accolsero la Promessa di Dio e credettero nel Messia venturo. Qui occorre pesare bene queste parole, le quali a partire da Nostra aetate sono state stravolte, facendo dire a San Paolo che il Giudaismo infedele è amato ancora durante la sua incredulità a motivo dei loro Padri. Invece l’Apostolo rivela che in considerazione della santità dei Patriarchi, in futuro, Iddio farà misericordia a Israele in quanto figlio di essi ed Israele la accetterà convertendosi a Cristo, che aveva crocifisso.

Infatti “i doni di Dio non sono soggetti a pentimento” (v. 29), cioè Dio non cambia opinione, ha chiamato Israele e non si pente di aver stretto Alleanza con i Patriarchi e l’Israele spirituale, che ha la fede di Abramo, ma gli uomini (i Giudei increduli) cambiano atteggiamento, hanno rinnegato il Patto Vecchio stretto con Jaweh e perciò sono stati rigettati da Lui. Quindi un giorno futuro Dio offrirà di nuovo il dono della fede al popolo una volta eletto, avrà misericordia di lui ed esso si convertirà in massa alla fede in Cristo, per la misericordia di Dio. Insomma benché Israele incredulo ora è rigettato per la sua infedeltà, avendo così permesso ai Gentili di poter entrare nella Chiesa; un giorno futuro Jaweh convertirà Israele, amato non in sé in quanto infedele e deicida, ma in ricordo dei Santi Patriarchi.





 
febbraio 2024
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