IL MODERNISMO NELLA CHIESA CATTOLICA

Spunti di riflessione

parte terza


Articolo di Catholicus


Parte prima
Parte seconda
Parte terza
Parte quarta
Parte quinta

L'argomento è stato più ampiamente sviluppato dall'Autore. Le diverse parti sono scaricabili in formato pdf ai seguenti collegamenti:
Modernismo-parte-prima.pdf; Modernismo-parte-seconda.pdf; Modernismo-parte-terza.pdf; Brutte Chiese e telogia della fuffa.pdf; Chiesa cattolica e protestantesimo.pdf; Modernismo-Appendice.pdf



Il secondo dopoguerra

Eventi fondamentali di questa seconda fase del modernismo cattolico furono i due conclavi, del 1958 e del 1963, che portarono al soglio pontificio rispettivamente Roncalli e Montini, il Concilio Vaticano II ed il nuovo rito della Messa, il c.d. NOM (Novus Ordo Missae), entrato in vigore nel 1969. Il cardinale Ottaviani si oppose duramente alla riforma liturgica, sin dalle prime avvisaglie, nel 1962, ma purtroppo era in netta minoranza, dato che la “maggioranza silenziosa” si lasciò manipolare e ingannare dall’abile e astuto Montini, riuscito ad arrivare al soglio petrino con intrighi e complotti :  a) minacce a Pio XII all’epoca della scoperta del tradimento, (delle soffiate ai Russi sull’infiltrazione di sacerdoti in Urss) per non essere segregato in un convento, ed essere inviato invece a Milano come Arcivescovo;  b) a Siri nel 1958, per convincerlo a rinunciare all’elezione a favore di Roncalli (al quale fu imposta la condizione di nominare subito cardinale Mons. Montini, preparandolo poi alla successione); c) ancora a Siri nel 1963, risultato di nuovo vincitore, per farlo rinunciare, lasciandogli campo libero.
E’ difficile credere che uomini di Chiesa possano spingersi sino a ricorrere a tali metodi per raggiungere i propri obiettivi; riteniamo però dovere di cronaca riferire quanto riportano alcune fonti meritevoli di fiducia. Del resto, non hanno forse affermato, i cardinali Suenens e Congar, che il Concilio Vaticano II è stato il 1789 della Chiesa? E allora, come meravigliarsi se i modernisti hanno fatto ricorso a metodi simili a quelli utilizzati dai rivoluzionari giacobini? (magari senza giungere alla violenza fisica, vogliamo sperare).

Il completo stravolgimento della Messa antica (la c.d. Vetus Ordo Missae), codificata da S. Pio V dopo la Controriforma, fu voluto ed attuato per andare incontro ai protestanti, in spirito ecumenico, (ma contrario al magistero pontificio preconciliare, che si poneva l’obiettivo del rientro dei protestanti nella Chiesa Cattolica, non certo quello della protestantizzazione dei cattolici). Il nuovo rito si poneva così sulla scia del rinnovamento conciliare, sostenuto dall’autorità di Paolo VI ed attuato dal suo fido amico mons. Annibale Bugnini (sospettato di adesione alla massoneria), coadiuvato da sei pastori protestanti, chiamati da Montini a fungere da consiglieri di Bugnini.

I cardinali Bacci ed Ottaviani presentarono a Paolo VI una memoria critica sul nuovo rito, senza però ottenere alcuna risposta ufficiale (e senza neppure essere ricevuti in udienza, riferiscono alcune fonti). Bisogna poi tener presente anche il potere esorcistico delle preghiere in latino, inclusa la Messa VO. In proposito, Padre Gabriele Amorth (decano degli esorcisti italiani), affermava  che i riti in latino hanno un grande potere esorcistico. Forse proprio per questo Montini e Bugnini (coadiuvati dai 6 protestanti)  estromisero la lingua latina dai riti della Chiesa Cattolica, assieme a molte altre preghiere cattoliche, come quella a S. Michele Arcangelo, al giuramento antimodernista e alla lettura del prologo del Vangelo di S. Giovanni al termine della Messa.
Come si ricorderà, Lutero affermava che “cambiata la Messa, cambiata la religione”, cosa che concorda con il motto “lex orandi, lex credendi”.

La rivoluzione modernista si ispirava ad un principio antidogmatico, antirigorista, praticamente il “vietato vietare” che di lì a poco avrebbe caratterizzato la rivolta studentesca del 1968 e la conseguente contestazione generale. In tal senso, la ribellione dei modernisti contro le norme, i precetti, il rigore della Chiesa preconciliare può essere vista come una anticipazione del ’68, partita dall’ambito religioso anziché da quello civile.
Ma le conseguenze furono devastanti: abbandono di circa 70.000 sacerdoti in pochi anni, molti dei quali scelsero il matrimonio (costituendosi in un’associazione di preti sposati), mentre altri scelsero di andare a lavorare  in fabbrica, diventando preti-operai; ci fu poi la nascita della T.d.L., la Teologia Della Liberazione, intrisa di ideologia marxista e votata alla lotta di classe, alla rivoluzione comunista.
Il ”liberi tutti” sancito dall’assemblea conciliare, sommato alla riforma liturgica, portò ad una deriva liturgica individualistica e libertaria: abbandono del canto gregoriano, della musica organistica, ingresso in chiesa di chitarre, bongi, tamburi, propaganda comunista dall’altare. Tutto venne ammesso e concesso, tranne la restaurazione dell’antica liturgia e della dottrina preconciliare.
Fu così che un piccolo gruppo (il “piccolo gregge” degli ultimi tempi, di evangelica memoria?) si oppose a tanto marasma, rifiutandosi di accettare il CV II ed il NOM: lo guidava Mons. Marcèl Léfèbvre, un vescovo cattolico: il gruppo prese il nome di Fraternità Sacerdotale S. Pio X (FSSPX), in quanto si ispirava al pensiero ed al magistero di Papa Sarto, il grande difensore della Tradizione Cattolica bimillenaria dagli attacchi dei modernisti eretici.
Dopo alcuni anni una parte di questi tradizionalisti uscì dalla Fraternità per fondare un gruppo autonomo, caratterizzato dalla nota “tesi di Cassiciacum”.  Il nuovo gruppo tradizionalista cattolico prese il nome di Istituto Mater Boni Consilii
Dopo una prima condanna di Mons. Léfèbvre (la sospensione “a divinis” nel 1976, da parte di Paolo VI), nel 1988 arrivò per lui anche la scomunica (da parte di Papa Wojtyla), quando  decise di consacrare propri vescovi (scomunica venne tolta in parte nel 2009 da Papa Ratzinger).

L’arrivo di un Papa dotato di una grande devozione mariana (Wojtyla, il Papa “totus tuus”) e da un’aperta ostilità contro il comunismo portò a un rallentamento della demolizione modernista del cattolicesimo, pur nel permanere di tutte le caratteristiche proprie del modernismo: il nome Giovanni Palo II, scelto in onore dei Papi conciliari, l’ostpolitk di Casaroli (Segretario  di Stato dal 1979 al 1990), l’ecumenismo di Assisi 1 (riunione interreligiosa), il filoprotestantesimo di Ratzinger, grande amico e collaboratore di Wojtyla. Il carisma di GP II ed il suo evidente pragmatismo positivo, però, facevano passare quasi inosservati questi dettagli, essendo tutta l’attenzione delle masse concentrata sul grande carisma del pontefice polacco.
A Wojtyla va riconosciuto il merito di essere riuscito a evitare lo scontro armato tra le due superpotenze e di  aver provocato la caduta dell’impero sovietico “senza neppure rompere un vetro”, come è stato affermato; va però subito aggiunto che il merito di un tale risultato è stato dallo stesso Wojtyla attribuito all’intervento di Maria Santissima, alla Quale egli fu sempre riconoscente per avergli salvato la vita nell’attentato del 1981, in piazza S. Pietro.

Non riteniamo di dover prendere in esame la figura di Papa Luciani, Giovanni Paolo I, dato che la brevissima durata del suo pontificato (soli 33 giorni) non gli consentì di mostrare una sua chiara linea pastorale e dottrinale, sebbene fosse nota la sua ostilità alla celebrazione della Messa tradizionale. La sua scomparsa ha dato luogo a molti interrogativi, rimasti senza risposta. C’è chi ha romanzato la vicenda della sua morte, ricavandone un thriller, avanzando l’ipotesi di un omicidio, motivato dalla sua intenzione di rivoluzionare la Curia romana, cozzando contro forti interessi costituiti (Marcinkus, lo Ior, Calvi, Sindona, ecc.). Il fatto che non abbiano voluto fare l’autopsia non depone certo a favore delle cause naturali.
La cronaca racconta della sua intenzione di azzerare tutte le cariche, cambiando radicalmente il volto della Curia, intenzione che manifestò al Segretario di Stato cardinal Jean Villot la sera prima della sua morte, durante un vivacissimo scambio di vedute (si parla di un vivace alterco).
L’azzeramento degli incarichi implicava la rimozione dello stesso  Villot che, secondo voci incontrollate, una volta uscito dallo studio del Papa avrebbe avvicinato una delle suore a servizio di Luciani, dicendole “è per stanotte”. La vicenda è ricostruita in modo romanzesco alla Dan Brown (l’autore del romanzo  “Il codice Da Vinci”), ma non si deve dimenticare che, secondo alcune voci, Jean Villot sarebbe stato presente, assieme a Montini, alla messa nera celebrata nella cappella Paolina il 29 giugno 1963, otto giorni dopo l’elezione di Montini (un rito di ringraziamento, il corrispettivo per l’aiuto ricevuto?), il tutto ovviamente sempre secondo le solite voci incontrollate e forse prive di ogni fondamento. Ma il cronista (come lo storico) ha il “dovere di cronaca” di riportare ogni elemento utile alla ricerca della verità.




Regina sacratissimi Rosarii, ora pro nobis !



 




 
marzo 2024
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