IL VATICANO II E GLI ERRORI LIBERALI (11/97)
Il problema della libertà religiosa
[Traduzione dell'articolo Vaticano II et les erreures liberales,
di Michel Martin,
pubblicato nel Courrier de Rome, Parigi, 15.5.76, anno X, n°
157, pp. 3-20.
Comparso in italiano in Cristianità, Organo ufficiale
di Alleanza Cattolica,
anno IV, n° 19-20, settembre-dicembre 1976, pp. 13-18. ]
Alcuni testi del Concilio Vaticano II sono, piú o meno, contaminati
dagli errori liberali? È quanto affermò durante il Concilio
stesso il Cetus Internationalis Patrum, che raggruppava i
vescovi tradizionalisti.
Successivamente l'accusa non ha mai cessato di essere formulata da
alcuni teologi isolati, ma, eccetto che presso una esigua minoranza di
"integristi", come si dice, essa fu sempre accolta con indifferenza fino
al momento, recentissimo, in cui il penoso affaire di Ecône
non la mise in primo piano nell'attualità cattolica.
A coloro che s'indignassero per il fatto che si possa supporre che
un testo conciliare sia discutibile, ricorderò, come peraltro ha
detto il Santo Padre stesso, che nessun testo del Vaticano II ha il carattere
di definizione o di decisione infallibile (1).
Con tutto il rispetto dovuto alla Chiesa docente, i teologi sono dunque
liberi di discutere la questione che è l'oggetto del presente articolo.
Notiamo tuttavia che solo il Papa mediante definizioni ex cathedra
potrebbe dare una soluzione completa e definitiva ai gravi interrogativi
sollevati dalle accuse di cui sono oggetto alcuni testi del Vaticano II
(2).
I - La Contraddizione
Ma supponiamo ora che una affermazione sia in contraddizione evidente,
chiara, manifesta, con una dottrina che la Chiesa ha infallibilmente
definito. Abbiamo bisogno in tal caso di un giudizio della Chiesa docente
per rifiutarla? Immaginiamo per esempio che una setta sostenga che in Dio
vi sono solo due persone: il Padre e il Figlio. Abbiamo bisogno di un giudizio
della Chiesa docente per dire che questa affermazione deve essere respinta,
perché in contraddizione con il dogma trinitario infallibilmente
definito?
Certo, una contraddizione tra due dottrine non è sempre manifesta
e in questo caso è richiesto il giudizio della Chiesa docente.
Quando però si tratta di due dottrine chiaramente formulate
e di cui l'una è manifestamente la negazione dell'altra,
abbiamo bisogno di un giudizio della Chiesa docente per convincerci che
vi è contraddizione? Constatando una contraddizione evidente, non
esprimiamo alcun giudizio dottrinale, ma solo un giudizio di fatto. Non
siamo piú nel campo della teologia, ma in quello della logica.
La dichiarazione sulla libertà religiosa.
Con i vescovi del Cetus Internationalis Patrum affermo
da dieci anni, senza che alcuno mi abbia mai dato risposta, se non per
mezzo di scappatoie, che vi è una contraddizione evidente, chiara,
manifesta, tra certe affermazioni del Vaticano II e la dottrina tradizionale
a proposito della libertà religiosa in foro esterno.
Inoltre, queste affermazioni del Vaticano II sono la riproduzione quasi
parola per parola delle proposizioni condannate da Pio IX in forma infallibile.
Ora, poiché queste affermazioni conciliari non sono state definite
infallibilmente, non dobbiamo forse noi rifiutarle?
Ma, non volendo accettare questa conclusione, i difensori del Concilio
si sono trovati nella necessità di sostenere che non vi è
contraddizione, poiché la dottrina conciliare è solo, secondo
loro, lo sviluppo della tradizione.
Confronteremo piú avanti i testi, ma ci si rende conto che dichiarando
compatibili due dottrine che almeno nove persone su dieci stimerebbero
contraddittorie, si compromette la credibilità di tutto quanto insegna
la Chiesa?
II - Il Liberalismo - Il Cattolico Liberale
Nella sua essenza il liberalismo è il rifiuto di accettare
una verità o una legge imposta all'uomo dall'esterno (3). L'uomo
dev'essere libero di giudicare lui stesso la verità.
A ciascuno la sua verità.
Secondo la dottrina cattolica, al contrario, l'uomo ha il dovere di
credere alle verità che Dio ha rivelato e che sono insegnate infallibilmente
dalla Chiesa.
I due punti di vista sono inconciliabili e i massoni, per i quali il
liberalismo è un dogma, su questo punto non si sono ingannati. Ascoltiamo
uno di loro: «Maestra di verità! Mai, senza dubbio,
la Chiesa aveva manifestato la sua imperiosa volontà di imporre
il suo dogma e sottolineato che questo dogma era l'unica verità,
in termini cosí categorici, cosí definitivi nella loro brutalità,
mai con una formula che tanto colpisce. Bisogna allora onestamente porsi
il problema di sapere dove possa sboccare un dialogo con un interlocutore
che dichiara, all'esordio di questo dialogo, che lui è padrone della
verità per volontà di Dio» (4).
A rigore, infatti, cattolico e liberale sono due termini
che si escludono.
Nella loro grande maggioranza i cattolici attuali sono, tuttavia, piú
o meno liberali.
Ciò non significa che questi cattolici abbiano personalmente
passato l'insegnamento della Chiesa al vaglio della loro ragione, per ritenere
soltanto quanto personalmente hanno giudicato vero, un tale cattolico
rappresenta in verità l'eccezione. Ma i cattolici sono oggi immersi
in un mondo il cui pensiero si allontana sempre piú dalla dottrina
tradizionale della Chiesa. Sollecitato e diviso tra questa dottrina e il
"pensiero moderno", il cattolico liberale di oggi e colui che cerca
o adotta compromessi tra questi due sistemi di pensiero.
Questa sete di compromesso ha invaso la Chiesa stessa; un teologo "moderno"
non cerca piú tanto di approfondire la dottrina e di opporla agli
errori attuali; cerca soprattutto di distorcerla (nel modo meno visibile)
in modo da evitare il piú possibile gli attriti con il pensiero
moderno (5).
Non è possibile, in un semplice articolo, enumerare tutti questi
compromessi. Mi limiterò all'esame della tesi che figura nella dichiarazione
conciliare sulla libertà religiosa e che è relativa ai rapporti
tra il potere civile e il potere spirituale.
III - La Dottrina della Chiesa sul Potere Civile
Non spetta alla Chiesa dare costituzioni agli Stati, ma solo enunciare
i grandi principi di ordine morale cui queste costituzioni devono ottemperare.
Questa dottrina della Chiesa sul potere civile è immutabile;
essa è infatti fondata nella Scrittura e nella Tradizione ed è
stata costantemente insegnata dalla Chiesa a partire dai Padri fino a Pio
XII compreso. Essa è dunque garantita dal Magistero ordinario
infallibile della Chiesa.
Inoltre, come vedremo piú in dettaglio, alcuni punti di questa
dottrina sono stati oggetto di definizioni ex cathedra e
sono dunque
garantiti dalla infallibilità del Magistero straordinario
della Chiesa.
La dottrina.
Essendo stato creato da Dio, avendo ricevuto tutto da Dio, l'uomo deve
rendere omaggio al suo Creatore e soprattutto a Gesú Cristo, il
Verbo di Dio che è stato costituito dal Padre suo Re dell'Universo.
Consideriamo bene quanto - richiamato da Pio XII - ha insegnato Leone
XIII: «L'impero di Cristo non si estende soltanto sui popoli
cattolici, o a coloro che, rigenerati nel fonte battesimale, appartengono,
a rigore di diritto, alla Chiesa, sebbene le errate opinioni ve li
allontanino o il dissenso li divida dalla carità; ma abbraccia anche
quanti sono privi della fede cristiana, di modo che tutto il genere umano
è sotto la potestà di Gesú Cristo» (6).
Pio XI osserva poi: «Non v'è differenza fra gli
individui e il consorzio domestico e civile, poiché gli uomini,
uniti in società, non sono meno sotto la potestà di Cristo
di quello che lo siano gli uomini singoli» (7).
Lo Stato non ha dunque il diritto di essere "laico"; deve, in quanto
Stato, riconoscere la regalità di Gesú Cristo e rendergli
omaggio. E, beninteso, fare in modo che non vi sia alcuna contraddizione
tra le leggi civili che promulga e le leggi di Dio.
Lo Stato ha il dovere di assicurare il bene comune della città
e deve in particolare proteggere i cittadini. Tutti trovano naturale che
si opponga al libero commercio della droga, che devasta i corpi, e che
quindi nessuno sia obbligato ad acquistarla. La Chiesa aggiunge che lo
Stato ha anche il dovere di proteggere i cittadini contro le idee false
che devastano le anime.
«Ma qual può darsi morte peggiore dell'anima che
la libertà dell'errore?», dichiarava sant' Agostino.
La Chiesa non ammette dunque la libertà di dire e di scrivere
qualunque cosa; in opposizione completa al pensiero moderno ritiene infatti
che solo la verità abbia dei diritti. L'errore non ne ha
alcuno e può tutt'al piú essere tollerato.
Derivando l'una e l'altro il loro potere da Dio ed esercitandosi
la loro giurisdizione sugli stessi soggetti, la Chiesa e lo Stato non
possono ignorarsi, benché costituiscano due poteri distinti: «Ma
poiché uno e medesimo è il soggetto di ambedue le potestà,
e potendo una medesima cosa, quantunque sotto ragione e aspetto differente,
appartenere alla giurisdizione dell'uno o dell'altra [
]. Devono dunque
essere tra loro debitamente ordinate le due potestà»
(8).
In altri termini la Chiesa condanna la separazione tra Stato
e Chiesa.
Anche se spiace alla mentalità moderna, la dottrina cattolica
sullo Stato, come fu esposta dai Padri fino a Pio XII compreso, è
non poco intollerante. Essa afferma che, poiché Cristo ha fondato
una sola religione, si deve, nella misura del possibile, cercare di instaurare
lo Stato cattolico. E poiché il culto cattolico è
il solo pienamente gradito a Dio, nessun altro culto pubblico dovrebbe
di principio essere tollerato.
La Chiesa non impone alcuna forma di governo. Essa ammette sia la repubblica
che la monarchia, purché siano rispettati i principi che ho riassunti.
Le realizzazioni.
Dal 313, Costantino e i suoi successori si sforzano di realizzare questo
ideale (9). Dapprima religione
ammessa, la religione cattolica fu presto proclamata religione dello
Stato. Dopo la caduta dell'impero, Clodoveo è consacrato
re e monarchie cattoliche vengono instaurate pressocché in tutta
Europa. Fino all'inizio del secolo XX lo Stato cattolico (o almeno confessionale)
è la regola generale. In realtà sono sempre esistiti Stati
cattolici e il 27 agosto 1953 - data relativamente recente - è stato
firmato un concordato tra la Santa Sede e la Spagna di cui ecco l'art.
1: «La religione cattolica, apostolica, romana continua a essere
la sola religione della nazione spagnola [
]» (10). Il
concordato del 1953 non annullava la Carta degli Spagnoli del 13 luglio
1945 che dichiarava: «[
] nessuno sarà molestato per
le sue convinzioni religiose né per l'esercizio privato del suo
culto. Non si autorizzeranno altre cerimonie né altre manifestazioni
esterne se non quelle della religione cattolica» (11).
La tolleranza. La tesi e l'ipotesi.
Ma la Chiesa cattolica non ignora che, in campo politico, l'ideale
non sempre è realizzabile. Essa ammette dunque che nei paesi divisi
da diverse fedi e per evitare un male peggiore, lo Stato cattolico
tolleri
l'esercizio di altri culti. È per questo che Enrico IV, per evitare
la guerra civile, concesse ai protestanti con l'editto di Nantes,
il diritto (limitato) di esercitare pubblicamente il loro culto (12).
Da cui la classica distinzione fra la tesi e l'ipotesi. La tesi
è la dottrina cattolica in tutta la sua purezza; l'ipotesi è
ciò che è possibile realizzare, tenuto conto delle circostanze.
Ma la Chiesa chiede che non si perda mai di vista la tesi e che si faccia
tutto ciò che è possibile per realizzarne il massimo. Di
fatto, nell'editto di Nantes, il protestantesimo è sempre chiamato
«la religione che si pretende riformata», cosa
che mostra con chiarezza che gli estensori dell'editto avevano tenuto a
sottolineare in questo modo come la religione cattolica sia la sola vera
e sola abbia dei diritti.
Ma la giusta distinzione tra la tesi e l'ipotesi servirà
di pretesto ai cattolici liberali per rinnegare la dottrina tradizionale,
che essi dichiarano non piú confacente al nostro tempo.
Come vedremo piú in dettaglio, il Concilio Vaticano II andrà
piú lontano ancora, senza piú occuparsi della tesi, che non
richiamerà neppure, dichiarerà che la libertà religiosa
in foro esterno è un diritto per gli adepti di qualsiasi
religione e che questo diritto scaturisce dalla dignità della persona
umana.
Cedendo allora alle reiterate pressioni della Santa Sede, il generale
Franco accordò agli Spagnoli, il 28.6.1967, la piena libertà
per tutti i culti.
IV - Il Liberalismo Cattolico e le sue condanne
Con liberalismo cattolico e l'espressione equivalente
cattolicesimo
liberale, si indica soprattutto un insieme di teorie sostenute
nel secolo XIX che minimizzano la dottrina tradizionale sullo Stato, che
ho appena riassunto. Queste teorie furono condannate da tutti i Papi
che si sono succeduti da Gregorio XVI a Pio XII. Inoltre Pio IX, come
vedremo piú particolarmente, per condannarle impegnò nella
Quanta
cura l'infallibilità pontificia.
Gregorio XVI e l'enciclica Mirari vos.
Nel 1830 l'abbé Lamennais sosteneva che ogni uomo ha il diritto
di manifestare pubblicamente le sue opinioni e che di conseguenza lo Stato
deve ammettere il libero esercizio di tutti i culti.
Egli faceva notare che nel sistema dello Stato cattolico, che ha regnato
per piú di quindici secoli, il potere spirituale e temporale non
hanno mai cessato di contendere (san Luigi stesso ebbe difficoltà
con la Santa Sede). Separando completamente i poteri, la Chiesa godrà
di una piena libertà, che dovrebbe, secondo lui, accrescere la sua
influenza (13).
Tutte queste idee furono sostenute con talento nel giornale L'Avenir
di
cui Lamennais era l'ispiratore.
Ma Roma, dal 1832, le condanna. Nell'enciclica Mirari vos,
Gregorio XVI denuncia anzitutto l'indifferentismo, che sostiene che tutte
le religioni salvano, e poi scrive queste righe, le ultime delle quali
- che sottolineo - predicono i frutti amari del liberalismo, come li possiamo
constatare oggi: «Da questa corrottissima sorgente dell'indifferentismo
scaturisce quell'assurda ed erronea sentenza, o piuttosto delirio, che
debbasi ammettere e garantire per ciascuno la libertà di coscienza(14):errore
velenosissimo a cui appiana il sentiero quella assoluta e smodata libertà
d'opinare che va sempre aumentando a danno della Chiesa e dello Stato,
non mancando chi osa vantare con impudenza sfrontata, provenire da siffatta
licenza alcun comodo alla Religione. Ma qual può darsi
morte peggiore dell'anima che la libertà dell'errore?
diceva
sant'Agostino. Tolto infatti ogni freno che contenga nelle vie della verità
gli uomini già volgentisi al precipizio per la natura inclinata
al male, potremmo dire con verità essersi aperto il pozzo dell'abisso
[
]. Di là infatti proviene l'instabilità degli spiriti,
di là la depravazione della gioventú, di là il disprezzo
nel popolo delle cose sacre e delle leggi piú sante, di là
in una parola la peste della società piú di ogni altra funesta
[
] » (15).
Non è precisamente quanto accade nella nostra società
liberale avanzata? I cattolici liberali si sottomisero e L'Avenir
chiuse i battenti. Ma Lamennais finí per abbandonare la Chiesa.
Pio IX, il Sillabo e l'enciclica Quanta cura.
La seduzione delle idee liberali era tale che il liberalismo cattolico
riapparve venti o trent'anni dopo. Montalembert, che si era sottomesso
nel 1832, ne fu uno dei piú ardenti difensori. Egli sostenne con
talento che bisogna riconciliare il cattolicesimo e la democrazia, la
quale esige prima di tutto la libertà religiosa. Egli affermò
che la libertà è piú utile alla Chiesa che non la
protezione dei re. I discorsi di Montalembert ebbero una grande eco. Ma
l'8 dicembre 1864 il successore di Gregorio XVI, Pio IX, condanna di nuovo
il liberalismo cattolico nel Sillabo e nell' enciclica Quanta
cura.
Ecco qui, per esempio, due articoli del Sillabo.
Sono condannate le seguenti proposizioni: «55. Si deve
separare la Chiesa dallo Stato, e lo Stato dalla Chiesa. - 77. Ai giorni
nostri non giova piú tenere la religione cattolica per unica religione
dello Stato, escluso qualunque sia altro culto» (16).
Ma ecco un fatto nuovo. Nell'enciclica Quanta cura, Pio
IX, come vedremo, impegna l'infallibilità pontificia. Perciò
dedicherò piú avanti tutto un paragrafo alle condanne formulate
in questa enciclica (17).
Mons. Dupanloup.
Scoraggiati da questa nuova condanna, Montalembert e i suoi amici erano
del parere di rinunciare alla lotta. Ma questa fu ripresa con un opuscolo
che mons. Dupanloup, vescovo di Orleans, inviò a tutti i vescovi
e anche al Papa. Mons. Dupanloup sosteneva che si fossero letti male la
Quanta
cura e il Sillabo. Egli faceva numerose osservazioni
esatte (come la distinzione logica tra contrario e contraddittorio),
ma per il resto si teneva costantemente al limite del sofisma. Riprendeva
la distinzione tra la tesi e l'ipotesi, ma lasciando intendere che le tesi
di Pio IX erano ormai irrealizzabili.
Poiché nell'opuscolo non vi era niente di positivamente falso,
Pio IX ringraziò mons. Dupanloup dell'invio, ma con una riserva
che mostra come avesse ben compreso quanto stava per succedere. Infatti
i cattolici liberali restarono sulle loro posizioni: continuarono soprattutto
a chiedere la separazione di Chiesa e Stato (che non si era ancora realizzata
a quel tempo) e rimasero cosí fedeli a una tattica che in seguito
non hanno mai abbandonata: invece di lottare contro i nemici della Chiesa
si esige insieme a loro quanto si pensa che inevitabilmente un giorno sarà
ottenuto.
Leone XIII.
Leone XIII succede a Pio IX. Nelle encicliche Immortale Dei,
sulla costituzione cristiana degli Stati (1885), e Libertas,
sulla libertà (1888), riprende tutte le tesi tradizionali sullo
Stato cattolico.
Nella Libertas fa suo quanto vi è di esatto nella
distinzione tra la tesi e l'ipotesi, ma riprende anche, senza una sola
eccezione, tutte le condanne formulate da Gregorio XVl e Pio IX, e cita
esplicitamente l'enciclica Mirari vos e il Sillabo.
Una volta ancora il liberalismo cattolico è condannato.
San Pio X.
San Pio X succede a Leone XIII ed è sotto il suo pontificato
che la Repubblica francese denuncia, nel 1905, il concordato, proclamando
che lo Stato da ora sarà laico e non riconoscerà piú
alcun culto.
San Pio X protesta con l'enciclica Vehementer, dell'11
febbraio 1906, e lo fa con termini che costituiscono una nuova condanna
del liberalismo cattolico: «[
] in virtú dell'autorità
assoluta che Iddio Ci ha conferito, Noi [
] riproviamo e condanniamo
la legge votata in Francia sulla separazione della Chiesa e dello Stato
come profondamente ingiuriosa rispetto a Dio che essa rinnega ufficialmente,
ponendo il principio che la Repubblica non riconosce nessun culto»
(18).
Era la rinnovata affermazione, una volta ancora, che, contrariamente
alla tesi liberale, lo Stato deve rendere omaggio a Dio e obbedire anch'esso
a Gesú Cristo, solo e vero Re delle Nazioni, e che in ogni caso
lo Stato non può lasciare che si propaghi liberamente l'errore come
se avesse lo stesso titolo della verità. E se lo Stato lo fa, la
Chiesa non può in nessun modo approvarlo.
Pio XI e la festa di Cristo Re.
Non appena elevato al sommo pontificato, nel 1922, Pio XI condanna
esplicitamente il liberalismo cattolico nella sua enciclica Ubi arcano
Dei.
Ma egli comprende presto che, essendo rimaste inoperanti le condanne
dei suoi predecessori, sarebbe accaduto lo stesso delle sue. Utilizza allora
un altro metodo, che avrebbe probabilmente avuto successo, se, senza volerlo,
non l'avesse vanificato con le sue stesse mani.
Poiché il popolo non legge le encicliche, Pio XI pensa che il
miglior modo per istruirlo sia quello di utilizzare la liturgia.
Nell'enciclica Quas primas, dell'11 dicembre 1925, egli
espone anzitutto in termini luminosi una teologia esauriente della regalità
di Cristo e dimostra che essa implica necessariamente il dovere per i cattolici
di fare quanto è in loro potere per tendere verso l'ideale dello
Stato cattolico.
«Accelerare e affrettare questo ritorno [alla regalità
sociale di Cristo] coll'azione e coll'opera loro, sarebbe dovere
dei cattolici [
] » (19).
Dichiara poi di istituire la festa di Cristo Re spiegando la sua intenzione
di opporre cosí «un rimedio efficacissimo a quella peste,
che
pervade l'umana società. La peste della età nostra è
il cosí detto laicismo, coi suoi errori e i suoi empi incentivi»
(20).
Disgraziatamente, male informato sulla situazione religiosa e politica
che regna in Francia in quel momento, Pio XI renderà inoperante
la festa di Cristo Re, colpendo, meno di un anno dopo, i cattolici antiliberali
piú attivi, mentre per contro, né lui, né i vescovi
danno disturbo ai cattolici liberali.
In realtà i cattolici antiliberali, in quel tempo, facevano
capo a due movimenti: l'Action Française, guidata da un ateo,
Charles Maurras, e la Federation Nationale Catholique del generale
de Castelnau.
La condanna dei cattolici dell'Action Française (che
Pio XII tolse non appena elevato al sommo pontificato) fu interpretata
(a torto) come quella dell'anti-liberalismo. Dopo questo periodo i cattolici
antiliberali in Francia sono solo una minoranza di isolati. Hanno perduto
ogni influenza e, nel timore di essere trattati da fascisti, rari sono
coloro che osano manifestare le loro opinioni.
La vittoria dei cattolici liberali era dunque totale. La separazione
di Chiesa e Stato, la completa libertà di stampa, si erano realizzate
ed erano considerate normali dalla stragrande maggioranza dei francesi.
L'esistenza di un partito cattolico-liberale era divenuta inutile,
e l'espressione liberalismo cattolico cadde in dimenticanza.
Ma ora in Francia progrediscono le idee politiche di sinistra e con
esse i cattolici liberali cercheranno compromessi. Mounier con la rivista
Esprit,
i domenicani con la rivista Sept amoreggiano con il socialismo e
il marxismo. I cattolici liberali virano a sinistra e andranno sempre piú
avanti su questa via.
Dopo la liberazione essi si organizzano in un potente movimento politico,
il MRP (Mouvement des Republicains Populaires) di cui Marc Sangnier
fu, fino alla morte avvenuta nel 1950, il presidente onorario (21).
Vedremo come nel 1946 il MRP doveva tradire vergognosamente la causa
di Cristo Re.
E l'enciclica? Docilmente la Chiesa celebra ogni anno, dal 1925, la
festa di Cristo Re, ma vescovi, sacerdoti e fedeli non ne comprendono piú
il significato (22).
Il MRP e la festa di Cristo Re.
Nel 1946 fu necessario dare alla Francia una nuova costituzione. I
comunisti presentarono una proposta in parlamento chiedendo che la laicità
dello Stato fosse esplicitamente menzionata, cosa a cui gli autori del
progetto costituzionale non avevano pensato.
Il MRP era allora un partito potente e i suoi deputati costituivano
un terzo del parlamento. Ma, per le ragioni dette, questo partito cattolico
era liberale e non poco orientato a sinistra.
Il progetto costituzionale era sostenuto dai socialisti e dai comunisti,
che occupavano un terzo dei seggi, e combattuto invece dai deputati che
sedevano alla destra del MRP, che costituivano il rimanente terzo, e pertanto
il MRP era arbitro della situazione.
Dimenticando completamente che Pio XI aveva istituito la festa di Cristo
Re per ricordare ai cattolici il loro dovere di lottare contro il laicismo,
frutto del liberalismo condannato dai Papi, il MRP, che poteva far respingere
l'emendamento sulla laicità, si guardò bene dal farlo. Non
ricordo pi ora se votò a favore o si astenne, ma rimane sempre
il fatto che fu grazie a un partito cattolico che la laicità
dello Stato fu promossa per la prima volta al rango di legge costituzionale.
E per una sorprendente coincidenza, nella quale vedo, per conto mio,
uno scherzo del demonio, questa costituzione laica fu promulgata sulla
gazzetta ufficiale con la data del 27 ottobre 1946, giorno della festa
di Cristo Re!
De Gaulle e la costituzione del 1958.
Dodici anni dopo questa repubblica laica crolla senza gloria, e un
generale cattolico è incaricato di proporre una nuova costituzione.
Ma anch'egli è un cattolico liberale e inscrive anche la laicità
dello Stato nella costituzione, che sottopone all'approvazione dei francesi
mediante referendum.
Un gruppo assai esiguo di cattolici anti-liberali fece una campagna
contro questa costituzione empia, ma fu sconfessato dalla quasi totalità
dei vescovi; bisognava salvare l' Algeria e l'impero. Il seguito lo si
conosce.
Pio XII.
Pio XII è un Papa moderno che si preoccupa già dell'organizzazione
di comunità di Stati.
In un discorso del 6 dicembre 1953, dedicato a questo problema, egli
ricorda, una volta ancora, i principi tradizionali: «[
] nessuna
autorità umana, nessuno Stato, nessuna Comunità di Stati,
qualunque sia il loro carattere religioso, possono dare un mandato positivo
o una positiva autorizzazione d'insegnare o di fare ciò che sarebbe
contrario alla verità religiosa o al bene morale»
(23).
Come Leone XIII, egli riconosce che l'ideale non è sempre realizzabile;
è dunque spesso necessario usare tolleranza; ma, nella determinazione
di ciò che occorre fare in pratica, lo statista cattolico «[
]
nella sua decisione si lascerà guidare dalle conseguenze dannose,
che sorgono dalla tolleranza, paragonate con quelle che mediante l'accettazione
della formula di tolleranza verranno risparmiate alla Comunità degli
Stati» (24).
Le tesi sullo Stato, proprie del cattolicesimo liberale, erano una
volta ancora condannate.
Senza esito migliore.
Da Pio XII ai nostri giorni.
Le idee sovvertitrici dello stesso ordine naturale, segnatamente il
marxismo, guadagnano tutti i giorni terreno.
Ma la Chiesa, come in preda allo scoraggiamento, ha praticamente rinunciato
a opporre loro la barriera invalicabile della sua dottrina. Pur affermando
la sua volontà di non rinunciare a nulla, essa cerca compromessi
con questo mondo, che non vuol piú intendere ragione. Ed è
con questo stato d'animo che si apre il Vaticano II.
Conclusione.
In questo anno 1976, i francesi, costernati, si preoccupano dell'anarchia
che regna dovunque, e specialmente del disorientamento della gioventú:
anarchia nell'insegnamento, cinema pornografico, incitamento dei minori
alla corruzione attraverso la libera vendita dei contraccettivi, aborto
libero, ecc.
V - La dichiarazione del Vaticano II sulla libertà religiosa
Essa segnerà un mutamento di rotta senza precedenti nella storia
della Chiesa.
Foro interno e foro esterno.
Non si possono cogliere le contraddizioni tra la dottrina tradizionale
e la dichiarazione del Vaticano II se non si distingue bene tra la libertà
religiosa in foro interno e la libertà religiosa in foro esterno,
distinzione che la dichiarazione ignora.
Circa la libertà religiosa in foro interno, non si coglie nessuna
contraddizione tra la dottrina tradizionale e quella esposta dal Concilio.
Certamente, davanti a Dio, la libertà religiosa non è un
diritto, poiché ogni uomo è tenuto a cercare la verità
e ad aderirvi (come ricorda d'altra parte la dichiarazione conciliare).
Ma se la posizione che l'uomo assume resta puramente interiore, questo
è affare da regolarsi tra lui e Dio solo, e di cui i pubblici poteri
non sono tenuti a occuparsi. In particolare, nessuna autorità umana
ha il diritto di esercitare pressioni su qualcuno per forzarlo a credere
(25).
Ma, come ha sempre insegnato la Chiesa, la libertà religiosa
in foro interno non implica affatto la libertà religiosa in foro
esterno, vale a dire il diritto di praticare pubblicamente qualsiasi culto,
di insegnare qualsiasi errore. La libertà di ognuno in questo campo
è limitata infatti dal diritto degli altri a essere protetti contro
le idee false, che possono essere tanto pericolose per le anime (e anche
per l'uomo nella sua completezza) quanto la droga per i corpi.
La dichiarazione del Vaticano II.
Ecco qui il passo essenziale relativo all'argomento di cui trattiamo:
«Questo Concilio Vaticano dichiara che la persona umana ha
diritto alla libertà religiosa. Questa libertà consiste in
ciò, che tutti gli uomini devono essere immuni dalla coercizione
da parte sia di singoli individui, sia di gruppi sociali e di qualsivoglia
potestà umana, e in modo tale, che in materia religiosa nessuno
sia forzato ad agire contro la sua coscienza né sia impedito, entro
debiti limiti, ad agire in conformità ad essa privatamente e pubblicamente,
da solo o associato ad altri. Inoltre dichiara che il diritto alla libertà
religiosa si fonda realmente sulla stessa dignità della persona
umana, quale si conosce sia per mezzo della parola di Dio rivelata sia
tramite la stessa ragione. Questo diritto della persona umana alla libertà
religiosa dev'essere riconosciuto e sancito come diritto civile nell'ordinamento
giuridico della società» (26).
Notiamo anzitutto che non viene fatta alcuna distinzione tra foro interno
e foro esterno, a proposito dei quali la dottrina tradizionale non ha la
stessa posizione. Privatamente è il foro interno, pubblicamente
è il foro esterno. Notiamo poi che la dichiarazione non fa alcuna
differenza tra forzare ad agire e impedire ad agire. Secondo
la dottrina tradizionale, lo Stato non può forzare qualcuno ad agire
contro la sua coscienza, ma ha il diritto, per contro, in casi determinati,
di impedirgli di agire secondo la sua coscienza (27).
Il Concilio pone tuttavia una restrizione: «Entro debiti
limiti», dice. Questa nozione assai vaga sarà precisata
piú avanti. Lo Stato non ha il diritto d'intervenire se non quando
l'ordine pubblico è minacciato: «Si fa quindi ingiuria
alla persona umana e allo stesso ordine stabilito da Dio agli uomini, se
si nega all'uomo il libero esercizio della religione nella società,
una volta rispettato l'ordine pubblico giusto» (28).
Il Concilio non ha voluto parlare solo della religione cattolica, ma
di qualunque religione. Infatti, dopo avere spiegato che l'uomo è
tenuto per obbligo morale a ricercare la verità e ad aderirvi, il
Concilio dichiara: «Per cui il diritto a questa immunità
perdura anche in coloro che non soddisfano all'obbligo di cercare la verità
e di aderire ad essa» (29).
Il Concilio non condanna totalmente lo Stato cattolico; lo accetta
volentieri, ma alla condizione che sia accordata agli adepti delle altre
religioni la stessa libertà di culto e di propaganda che ai cattolici:
«Se, considerate le circostanze particolari dei popoli, nell'ordinamento
giuridico di una società viene attribuito ad una determinata comunità
religiosa uno speciale riconoscimento civile, è necessario che nello
stesso tempo a tutti i cittadini e a tutte le comunità religiose
venga riconosciuto e sia rispettato il diritto alla libertà in materia
religiosa» (30).
E piú avanti: «Nello stesso tempo i cristiani, come
gli altri uomini, godono del diritto civile di non essere impediti di vivere
secondo la propria coscienza. Vi è quindi concordia fra la libertà
della Chiesa e quella libertà religiosa che dev'essere riconosciuta
come un diritto a tutti gli uomini e a tutte le comunità e che dev'essere
sancita nell'ordinamento giuridico» (31).
Tutto questo era la condanna del concordato con la Spagna, stipulato
esattamente dodici anni prima, che Pio XII aveva dichiarato essere uno
dei migliori!
Poiché molti Padri avevano fatto notare che non si faceva alcun
cenno della differenza tra la verità e l'errore, tra la religione
vera e le altre, si aggiunse un preambolo che ricordava come l'unica e
vera religione fosse la religione cattolica. Ma questa aggiunta non infirma
per nulla la tesi sulla libertà religiosa in foro esterno, sostenuta
nella dichiarazione.
La libertà religiosa e la Rivelazione. La dignità
dell'uomo.
Rifiutando sempre ogni distinzione tra foro interno e foro esterno,
il Concilio afferma che: «una tale dottrina sulla libertà
ha le sue radici nella Rivelazione divina, per cui tanto piú dai
cristiani va rispettata con sacro impegno» (32).
Come vedremo nel paragrafo seguente, Pio IX, nella Quanta cura,
affermava il contrario. Egli diceva, infatti, che la libertà religiosa
in foro esterno è «contro la dottrina delle Scritture,
della Chiesa e dei Santi Padri» (33).
I passi della Scrittura che condannano la libertà religiosa
in foro esterno sono infatti innumerevoli. Per esempio, non è Dio
stesso che ha ordinato a Gedeone di andare a rovesciare l'altare di Baal,
che apparteneva allo stesso padre suo? (34).
Il Concilio riconosce tuttavia come «la Rivelazione non
affermi esplicitamente il diritto all'immunità dalla coercizione
esterna in materia religiosa» (35).
Ma allora, in che modo la dottrina conciliare ha la sua fonte nella
Rivelazione? Nella maniera seguente (secondo il Concilio): è perché
la Rivelazione «fa tuttavia conoscere la dignità della
persona umana in tutta la sua ampiezza, mostra il rispetto di Cristo verso
la libertà dell'uomo nell'adempimento del dovere di credere alla
parola di Dio, e ci insegna lo spirito che i discepoli di un tale Maestro
devono assimilare e manifestare in ogni loro azione» (36).
Mi sembra chiaro come questo si applichi alla libertà religiosa
in foro interno, ma non vedo il rapporto con la libertà religiosa
in foro esterno.
Comunque, la dichiarazione afferma a piú riprese che le sue
tesi sono fondate sulla nozione della dignità dell'uomo. Siccome
gli estensori della dichiarazione traggono conclusioni contrarie a proposizioni
infallibilmente definite, bisogna concludere che nel loro ragionamento
vi è qualche cosa che non va.
Dov'è l'errore? Alla Chiesa docente tocca dirlo. Con tutto il
rispetto dovuto a questa Chiesa docente, e lasciando impregiudicato il
suo giudizio, si può pensare che non si sia tenuto sufficientemente
conto non solo dei diritti del prossimo, ma anche della dignità
di Dio, la quale, in caso di conflitto, ha la meglio sulla dignità
dell'uomo.
Conclusione.
Questi sono i testi, ed è sufficiente leggerli per constatare
che le tesi del Concilio sulla libertà religiosa in foro esterno
sono in contraddizione con la dottrina tradizionale. La dichiarazione ci
dice che «questo Concilio Vaticano scruta la tradizione sacra
e la dottrina della Chiesa, dalle quali trae nuovi elementi sempre in armonia
con quelli già posseduti» (37).
Di fatto la dichiarazione si riferisce diciotto volte a testi pontifici.
Perché non si fa alcuna menzione delle encicliche Mirari vos,
Quanta
cura e del Sillabo?
Guardiamo dunque piú da vicino ciò che diceva Pio IX
nella Quanta cura.
VI - La dichiarazione del Vaticano II di fronte alle condanne infallibili
della Quanta cura.
La Quanta cura è una delle rarissime encicliche
che sia un documento ex cathedra. Poiché i redattori
della dichiarazione non ne hanno tenuto alcun conto, credo anzitutto necessario
ricordare le condizioni della infallibilità, che ogni teologo e
ogni cattolico colto dovrebbe peraltro conoscere!
Le condizioni dell'infallibilità pontificia.
Andiamo direttamente alla fonte: la costituzione sulla Chiesa del Vaticano
I (1870): «Quindi Noi aderendo fedelmente alla tradizione ricevuta
dai primi tempi della fede cristiana, a gloria di Dio nostro Salvatore,
ad esaltazione della religione cattolica e della salute dei popoli cristiani,
approvante il sacro Concilio, insegniamo e definiamo essere dogma divinamente
rivelato, che il Romano Pontefice, quando parla ex Cathedra, cioè
quando, adempiendo l'ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i Cristiani,
in virtú della sua suprema Autorità apostolica, definisce
una dottrina riguardante la fede ed i costumi, da tenersi da tutta la Chiesa:
in virtú della divina assistenza a lui promessa nella persona del
beato Pietro, è dotato di quella infallibilità, della quale
il divino Redentore volle che fosse fornita la sua Chiesa nel definire
la dottrina intorno alla fede o ai costumi; e che perciò tali
definizioni del Romano Pontefice per sé stesse, e non già
mediante il consenso della Chiesa, sono irreformabili. Se poi qualcuno
oserà, che Dio non lo permetta!, di contraddire a questa Nostra
definizione: sia anàtema» (38).
Di qui le quattro ben note condizioni della infallibilità pontificia:
1. Il Papa deve parlare come pastore e dottore di tutti i cristiani.
2. Si deve trattare di fede o di costumi.
3. Il Papa deve definire, vale a dire ben precisare le tesi in
questione e dire chiaramente da che parte sta la verità.
4. Il Papa deve, almeno implicitamente, obbligare i fedeli ad
accettare la sua definizione.
È importante notare che l'infallibilità pontificia non
data dal 1870. Come ricorda Pio IX nella sua definizione, si tratta di
una «tradizione ricevuta dai primi tempi della fede cristiana».
Pio IX, nel 1870, non ha fatto che mettere fine a una controversia. Non
si deve dunque pretendere che i documenti pontifici anteriori al 1870,
e che soddisfano le quattro condizioni precisate da Pio IX, non siano coperti
d'infallibilità.
L'infallibilità delle condanne della Quanta Cura.
Ecco ciò che si può leggere in questa enciclica:
«In tanta igitur depravatarum opinionum perversitate, Nos
Apostolici Nostri Officii memores, ac de sanctissima nostra religione,
de sana doctrina, et animarum salute Nobis divinitus commissa, ac de ipsius
humanæ societatis bono maxime solleciti, Apostolicam Nostram vocem
iterum extollere exstimavimus. Itaque omnes et singulas pravas opiniones
ac doctrinas singillatim hisce Litteris commemoratas auctoritate Nostra
Apostolica reprobamus, proscribimus atque damnamus, easque ab omnibus catholicæ
Ecclesiæ filiis, veluti reprobatas, proscriptas atque damnatas omnino
habere volumus et mandamus».
[«In tanta perversità di errate opinioni, Noi dunque, giustamente
memori del Nostro Apostolico Ufficio, e paternamente solleciti della Nostra
santa religione, della sana dottrina e della salute delle anime, a Noi
commesse da Dio, e del bene della stessa umana società, abbiamo
stimato bene innalzare di nuovo la Nostra Apostolica voce. Pertanto, con
la Nostra Autorità Apostolica riproviamo, proscriviamo e condanniamo
tutte e singole le prave opinioni e dottrine ad una ad una ricordate in
questa lettera e vogliamo e comandiamo che tutti i figli della Chiesa cattolica
le ritengano come riprovate, proscritte e condannate» (39).]
È evidente che le quattro condizioni della infallibilità
sono qui riunite:
1. Il Papa precisa di agire in virtú della sua carica e della
sua autorità apostolica.
2. Si tratta di costumi. Il Papa si propone di giudicare la moralità
delle leggi sulla tolleranza o l'intolleranza promulgate dagli
Stati.
3. Come si vedrà, le proposizioni condannate sono enunciate
in termini chiari e precisi.
4. Il Papa indica esplicitamente che i fedeli devono accettare le condanne
da lui comminate.
Notiamo bene che l'infallibilità non verte su tutto ciò
che dice Pio IX nell'enciclica, ma unicamente su «tutte e singole
le prave opinioni e dottrine ad una ad una ricordate in questa lettera».
Queste opinioni sono infallibilmente condannate da quando il Papa le ha
chiaramente definite. Tutto ciò appare chiaro a un semplice laico
quale sono. Fino a tempi assai recenti, tutti i teologi erano d'accordo
nel riconoscere il carattere di infallibilità delle condanne sancite
da Pio IX nella Quanta cura (8.12.1864). Contestandolo,
oggi, i difensori della dichiarazione sulla libertà religiosa si
rendono conto di mettere in causa tutta la dottrina della infallibilità
pontificia, come è stata infallibilmente definita da Pio IX nel
1870?
Tre proposizioni condannate.
Le proposizioni condannate dall'enciclica Quanta cura
sono numerose. Ne esaminerò solo tre. Si trovano nel passo seguente,
dove le ho messe in evidenza chiamandole A, B, C.
«E contro la dottrina delle Scritture, della Chiesa e dei
Santi Padri non dubitano di asserire:
«[A] La migliore condizione della
società è quella in cui non si riconosce nello Stato il dovere
di
reprimere con pene stabilite i violatori della religione
cattolica, se non in quanto ciò richiede la
pubblica quiete.
«Da questa idea di governo dello
Stato, che è del tutto falsa, non temono di dedurre quell'altra
opinione sommamente dannosa alla Chiesa cattolica
e alla salute delle anime, chiamata deliramento
dal Nostro Predecessore Gregorio XVI di r.
m. e cioé:
«[B] La libertà di coscienza
e dei culti è diritto proprio di ciascun uomo,
«[C] che si deve proclamare con
legge in ogni società costituita [
]» (40).
Perché non vi sia alcun dubbio possibile sul senso delle proposizioni
A, B, C, eccone il testo latino:
«[A] Optimam esse conditionem
societatis, in qua imperio non agnoscitur officium coercendi sancitis
pnisviolatores catholicæ religionis, nisi quatenus pax publica postulet.
«[B] Libertatem conscientiæ
et cultum esse proprium cuiuscumque hominis jus,
«[C] quod lege proclamari, et
asseri debet in omni recte constituta societate [
]».
Ora, come risulta dalla prima citazione fatta, il Vaticano II afferma
lecito esattamente tutto ciò che condanna Pio IX:
1. Il Vaticano II non riconosce al potere
pubblico il dovere di reprimere le violazioni della legge cattolica poiché:
«In materia
religiosa nessuno [
] sia impedito [
] ad agire in conformità
ad essa [la sua
coscienza] [
] pubblicamente
[foro esterno], da solo o associato ad altri».
2. Per il Vaticano II, la persona umana ha
diritto alla libertà religiosa.
3. Questo diritto della persona umana alla
libertà religiosa, nell'ordine giuridico della società deve
essere
riconosciuto in modo
tale che costituisca un diritto civile.
Vi è dunque opposizione tra le condanne pronunciate in forma
infallibile da Pio IX e la dichiarazione del Vaticano II, che, dato il
suo «carattere pastorale», «ha evitato
di pronunciare in modo straordinario dogmi dotati della nota di infallibilità»
(41), come
lo stesso Santo Padre ha confermato.
VII - Conclusioni
Lascio al lettore la cura di trarre le conclusioni. Ma insieme a migliaia
di cattolici costernati, àuspico soprattutto che siano tirate dalla
nostra santa Madre Chiesa, alla quale intendiamo restare fedeli.
NOTE
1 - Cfr. MICHEL MARTIN, Vous vous faites Athanase,
in Courrier de Rome, Parigi, gennaio 1976, anno X, n. 153. (su!)
2 - È assolutamente evidente che una semplice
dichiarazione del Santo Padre comunicante a mons. Lefèbvre che le
decisioni sulla Fraternità Sacerdotale
San Pio X sono giustificate dalla «sua opposizione pubblica e
persistente al
Concilio Vaticano II», non basterebbe
a scagionare questo Concilio dalle accuse di cui è fatto oggetto.
(su!)
3 - Precisiamo bene, per evitare ogni malinteso, che
in questo articolo non si tratterà mai del liberalismo economico.
Questa è una teoria alla quale la nostra
epoca sa ormai opporre soltanto il socialismo, che è un rimedio
peggiore del
male. (su!)
4 - JACQUES MITTERAND, La politique des Francs-Maçons,
Roblot, Parigi. 1973. (su!)
5 - Eccone un esempio. La dottrina cattolica afferma
che l'uomo è stato creato direttamente da Dio. L'evoluzione (che
non ha nessun fondamento scientifico serio
e che è anche contraddetta dalle ultime scoperte della biologia)
afferma
al contrario che l'uomo discende dall'animale.
Il compromesso proposto da numerosi teologi sta, in proposito, nel dire
che certamente l'uomo discende dall'animale
ma che Dio è intervenuto direttamente, non solo per la creazione
di
un'anima immortale, ma anche per il perfezionamento
del suo corpo. (su!)
6 - LEONE XIII. Enciclica Annum Sacrum.
del 25.5.1899, cit. in Pio XI, Enciclica Quas primas,
dell'11.12.1925, in La paceinterna
delle nazioni. Insegnamenti pontifici a cura dei monaci di Solesmes,
trad. it.,
Edizioni Paoline, 2a ed., Roma
1962, p. 339. Con questa enciclica Pio XI istituisce la festa di Cristo
Re. (su!)
7 - PIO XI, doc. cit., ibid., p. 340. (su!)
8 - LEONE XIII. Enciclica Immortale Dei,
dell'1.11.1885, ibid., pp. 118 e 119. (su!)
9 - Con eccessi di zelo certo condannabili, ma molto
meno offensivi nei riguardi di Dio della laicità dello Stato. Non
avendo ben compresa la distinzione dei poteri
spirituale e temporale, Costantino, per esempio, convocò lui stesso
il
Concilio di Nicea e ne fissò il programma.
Questo sconfinamento nelle prerogative del Papa non impedirà a Nicea
di
essere il concilio ecumenico piú importante.
(su!)
10 - La Documentation Catholique, del 20.9.1953.
La sottolineatura è nostra. (su!)
11 - Ibid., del 30.9.1946. Le sottolineature
sono nostre. (su!)
12 - La revoca dell'editto di Nantes da parte di Luigi
XIV segnò, certo, un ritorno ai principi della Chiesa cattolica,
ma le
persecuzioni contro i protestanti, che precedettero
e seguirono questa revoca (soprattutto le cosiddette
dragonnates), sono contrarie
alla dottrina della Chiesa, che non ha mai cessato di insegnare che nessuno
può
essere forzato a credere. Queste persecuzioni
gettano un'ombra sul regno di Luigi XIV e hanno contribuito alla
comparsa, centocinquant'anni dopo, del cattolicesimo
liberale. (su!)
13 - Il diritto di intervento dello Stato nella nomina
dei vescovi ha sempre irritato i cattolici liberali, che rifiutano di
capire che, poiché la Chiesa e lo Stato
hanno giurisdizione sugli stessi soggetti, devono collaborare. Questi cattolici
liberali si fanno delle illusioni sulla libertà
assicurata alla Chiesa dalla separazione di Chiesa e Stato. Lo Stato
conosce troppo bene l'influenza dei vescovi
per rinunciare ad avere diritto di intervento nella loro nomina. Nei paesi
come la Francia, in cui la Chiesa è
separata dallo Stato, il controllo di quest'ultimo non si esercita in misura
minore,
anche se in modo non ufficiale, e lo Stato
dispone di tutti i mezzi di pressione per far rispettare i suoi veti. (su!)
14 - La Chiesa condanna la libertà di coscienza,
ma si può evitare una interpretazione erronea di questa condanna
soltanto se si distingue bene tra il foro
interno e il foro esterno. (su!)
15 - GREGORIO XVI, Enciclica Mirari vos,
del 15.8.1832, in La pace interna delle nazioni, cit., p. 37. Le
sottolineature sono nostre. (su!)
16 - PIO IX, Sillabo, Edizioni Paoline,
Roma 1961, 2a ed., pp. 26 e 30. La sottolineatura è nostra. (su!)
17 - L'infallibilità del Sillabo è
stata contestata. Infatti non è manifesta la realizzazione della
quarta condizione
dell'infallibilità. Vedi parte VI.
(su!)
18 - SAN PIO X, Enciclica Vehementer,
dell'l 1.2.1906, in Tutte le encicliche dei Sommi Pontefici, raccolte
e
annotate da Eucardio Momigliano, Dall'Oglio
Editore, 4a ed., Milano 1959, p. 564. (su!)
19 - PIO XI, Enciclica Quas primas,
cit., in La pace interna delle nazioni, cit., p. 344. (su!)
20 - Ibid., p. 343. Le sottolineature sono
nostre. Si distingue talora tra la laicità dello Stato, che è
una situazione
giuridica, e il laicismo, che sarebbe soltanto
una concezione della vita, e si afferma che Pio XI avrebbe avuto in vista
solamente il laicismo. Basta leggere correttamente
l'enciclica per constatare che Pio XI ha condannato nello stesso
tempo il laicismo e la laicità. Ricordiamo
che nella prospettiva della laicità lo Stato non tollera l'insegnamento
dell'errore, gli dà gli stessi diritti
dell'insegnamento della verità. Non mette in guardia contro l'errore.
Lascia che si
propaghi, qualunque ne siano le conseguenze
per la rovina della società. Il laicismo è quindi l'espressione
del
liberalismo. (su!)
21 - Il Sillon di Marc Sangnier fu condannato
nel 1910 da san PioX. Marc Sangnier si sottomise senza riserva, ma non
si coglie bene la differenza tra le idee da
lui sostenute prima e dopo la condanna. (su!)
22 - Tutti gli anni, alla fine della messa di Cristo
Re, avvicino il predicatore e gli chiedo se sa perché Pio XI ha
istituito
questa festa. Non lo sa. E quando gli dico
che lo ha fatto per lottare contro questa peste che infetta la società
umana
e che è il laicismo, mi guarda con
gli occhi spalancali: non capisce. Le mie parole fanno su di lui lo stesso
effetto che
gli farebbero se gli dicessi che Pio XI ha
voluto lottare contro questa peste della società moderna che è
il telefono o
l'automobile. (su!)
23 - PIO XII, Discorso ai partecipanti al V Congresso
Nazionale della Unione Giuristi Cattolici Italiani, del 6.12.53, in
Discorsi e Radiomessaggi, vol. XV,
p. 487. (su!)
24 - Ibid., p. 489. (su!)
25 - Certamente questo principio, in passato, è
stato spesso trasgredito da re cattolici e anche da esponenti del clero.
Ma si tratta di deplorevoli abusi che la Chiesa
ha sempre condannato. (su!)
26 - Concilio Ecumenico Vaticano II. Dichiarazione
sulla libertà religiosa Dignitatis humanæ, n.
2. La traduzione è
quella del Dizionario del Concilio Ecumenico
Vaticano II, Unedi-Unione Editoriale, Roma 1969. In tutte le citazioni
di testi conciliari le sottolineature sono
nostre. (su!)
27 - Per esempio: la diffusione di teorie sovversive.
ecc. (su!)
28 - Concilio Ecumenico Vaticano II, doc. cit.,
n. 3. (su!)
29 - Ibid., n. 2. (su!)
30 - Ibid., n. 6. (su!)
31 - Ibid., n. 13. (su!)
32 - Ibid., n. 9. (su!)
33 - PIO IX. Enciclica Quanta cura,
dell'8.12.1864, Edizioni Paoline, 2a ed., Roma 1961, p.4. (su!)
34 - Cfr. Giudici, 6, 25. (su!)
35 - Concilio Ecumenico Vaticano II, doc. cit.,
n. 9. (su!)
36 - Ibidem. (su!)
37 - Ibid., n. 1. (su!)
38 - Concilio Vaticano I, Costituzione apostolica
Pastor
Æternus, del 18.7.1870, in La Chiesa. Insegnamenti
pontifici a cura dei monaci di Solesmes,
trad. it., Edizioni Paoline, Roma 1967, vol. I, pp. 291-292. Le sottolineature
sono nostre. (su!)
39 - PIO IX, Enciclica Quanta cura,
cit., pp. 8-9. Le sottolineature sono nostre. (su!)
40 - Ibid., p. 4. (su!)
41 - PAOLO VI, Allocuzione dell'udienza generale del
12.1.1966, in
Insegnamenti, vol. IV, p. 700. (su!)
[sul problema della "libertà religiosa" vedi anche altro
articolo]
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