UN SONDAGGIO CHE SMENTISCE MOLTI VESCOVI DIOCESANI

LA  MAGGIOR  PARTE  DEI  CATTOLICI 
È  FAVOREVOLE 
ALLA  S. MESSA  TRADIZIONALE




Dopo trent’anni, nella Chiesa si discute ancora se sia il caso o meno di utilizzare piú ampiamente la liturgia tradizionale; anche se vi sono ancora parecchi vescovi che non vogliono neanche discuterne, come se si trattasse di una eresia.

Su questo aspetto della vita della Chiesa, molti chierici e molti laici, solitamente ben informati su tutto quanto attiene alle cose del mondo, sono spesso approssimativi circa i seri problemi legati alla grave crisi della religione e del culto. 
Chi, per esempio, ha avuto modo di trattare di problemi di liturgia con i preti che operano negli Arcivescovadi, sa bene che molti di essi non conoscono neanche i relativi documenti della Chiesa; e se spesso può sembrare che si tratti di partito preso, in realtà certi comportamenti si rivelano dettati soprattutto da una certa ignoranza. 
Ma se questo è ammissibile, seppure non accettabile, per molti preti, oltremodo occupati nelle cose del mondo, non può esserlo per molti Vescovi, i quali sulla questione della liturgia sembrano essere informati piuttosto superficialmente e essere fermi su alcuni preconcetti che non hanno rispondenza con la realtà ecclesiale di cui sono responsabili.
Chi fa finta di essere convinto che la liturgia in vigore nella Chiesa fino al 1962 sia stata abolita con la promulgazione dei nuovi libri liturgici, sa benissimo che la cosa non risponde al vero, poiché la pratica della liturgia tradizionale della Chiesa si è mantenuta fino ad oggi col beneplacito della S. Sede, anzi, dal 1984, essa si è largamente ampliata sulla base di due fattori interconnessi: l’interessamento del Santo Padre e di alcuni cardinali e le sempre piú numerose richieste dei fedeli. 
Vero è che l’uso della liturgia tradizionale è sottomesso all’autorizzazione dell’Ordinario del luogo: ma questo non significa che è stata abolita, anzi, proprio questo sta a dimostrare che è sempre in vigore, sia pure a condizione.
Quando molti Vescovi rigettano, in maniera piú o meno diplomatica, le richieste dei fedeli delle loro diocesi, non spiegano mai adeguatamente i motivi del loro atteggiamento. In genere le risposte sono tutte di tipo “prefabbricato”: preconcetti o frasi fatte che spesso sono riconducibili a trent’anni fa, e che già allora non avevano una solida base giustificativa.
Tale vezzo entrò in vigore fin dallo svolgimento del Concilio Vaticano II: “il popolo di Dio chiede un rinnovamento liturgico”. Questo uno degli slogan piú diffusi. In realtà il popolo di Dio non aveva mai chiesto niente del genere, e non aveva chiesto niente del genere di quello che è poi stata la riforma liturgica postconciliare, e non lo aveva chiesto neanche il famoso “Movimento liturgico”, né tampoco lo stesso Concilio.
Un vezzo alquanto criticabile, quindi, e condannabile. Eppure esso ha continuato e continua ad abitare i cuori e le menti di molti vescovi.

“Eccellenza, possiamo avere il permesso di assistere alla S. Messa secondo il rito tradizionale?”. 
“Eccellenza, possiamo avere il permesso di sposarci col rito tradizionale?”.
“Eccellenza, possiamo avere il permesso di battezzare e cresimare i nostri figli col rito tradizionale?”.
“Eccellenza, possiamo avere il permesso di far celebrare le esequie del nostro caro col rito tradizionale?”.

No!… No!… 
È una richiesta che va contro il bene della Chiesa!… 
Si vuole la divisione della Chiesa e dei fedeli!… 
Significa andare contro il Concilio!… 
Non si torna indietro, la Chiesa deve andare avanti!… 
I fedeli non lo vogliono!…
Stessa tecnica di trent’anni fa. Senza neanche interpellare i fedeli, molti Vescovi sanno per certo che gli stessi fedeli non vogliono la liturgia tradizionale, come se coloro che la chiedono fossero degli infedeli.
Anzi: allo stato delle cose, se fosse un infedele a presentare una qualunque di queste richieste, un ebreo, un musulmano, è molto probabile che tanti Vescovi gioirebbero di cotanto “ecumenismo”; e invece si tratta di fedeli figli della Chiesa, cattivi, però, perché legati al passato in modo indegno e inaccettabile: non si può dare spazio agli integralisti! 
Ma come, in trent’anni si è fatto tanto per cancellare ogni traccia della vecchia Chiesa, e c’è ancora chi pensa di tornare al Medioevo?
Evidentemente, molti vescovi non hanno mai tastato il polso dei fedeli e non sanno quello che fanno.

Tanta durezza, però, non può spiegarsi solo con i preconcetti: dev’esserci un motivo ben profondo per spiegare l’ostilità di tanti vescovi nei confronti della liturgia tradizionale della Chiesa.

Un sondaggio condotto l’anno scorso in Francia, mostra una realtà che aiuta a spiegare tale ostilità. 

Questo sondaggio è stato condotto solo tra coloro che si dichiarano cattolici praticanti, escludendo quelli che, pur battezzati, sono indifferenti alla pratica religiosa.
I risultati, che pubblichiamo a parte, fanno chiaramente capire due cose importanti.
La liturgia tradizionale è richiesta da un gran numero di fedeli, anziani e giovani, a dimostrazione del fatto che la nuova liturgia voluta dal postconcilio non ha incontrato l’unanime adesione dei fedeli cattolici, e questo nonostante siano passati piú di trent’anni dalla sua applicazione.
È impensabile supporre, come fanno certuni, che tale mancata adesione sia da addebitare al fatto che la nuova liturgia non venga ancora attuata in tutta la sua pienezza: piuttosto, dopo piú di trent’anni, si può solo seriamente considerare che è proprio la sua piena applicazione che non incontra il favore e la soddisfazione dei fedeli. E non potendosi trattare di una mancanza di soddisfazione estetica, né di una mancanza di comprensione intellettiva, né tampoco di una mancanza di “partecipazione attiva”, resta solo la spiegazione, che è poi quella vera, della insoddisfazione cultuale: i fedeli sentono di non poter pregare come vorrebbero, trovano che la nuova liturgia è insoddisfacente per il loro bisogno di sentirsi piú vicini a Dio, provano un senso di disagio e ricevono una sensazione di pochezza nel partecipare ad una liturgia che permette solo in maniera infinitesimale di percepire il senso del sacro e del mistero cristiano.

Queste considerazioni rivelano come il tentativo di “aggiornare” la liturgia tradizionale sia pesantemente fallito, trascinando con sé il corrispondente fallimento della pastorale: per quanti sforzi si siano prodotti in questi ultimi anni, il loro fondamento era errato e il loro prodotto è difforme dal sentire dei fedeli cattolici. 
È su questi fattori che si basa la continua defezione dei fedeli e il sempre piú esiguo numero di vocazioni.
Come mai allora i Vescovi si dimostrano cosí ostili alla diffusione della liturgia tradizionale?

Quando, a partire dal Concilio, si parlò di “aggiornamento” della liturgia, in realtà si mirava a trasformare la stessa dottrina della Chiesa: ciò che veramente si voleva era una Chiesa nuova, non piú legata alla sua tradizione dottrinale e liturgica, ma aderente alle esigenze che venivano dal mondo. Un mondo che non intendeva piú sentire parlare di Dio e pretendeva un atteggiamento religioso “sui generis”, una sorta di copertura morale che fosse in grado di legittimare il convincimento moderno dell’onnipotenza dell’uomo e della sua totale autonomia da ogni ente trascendente. 

I Vescovi si convinsero che adottando una tecnica accomodante avrebbero potuto “cristianizzare” ogni concezione moderna del vivere, o, quantomeno, avvicinare il cristianesimo al mondo.
Nella realtà le cose sono andate in maniera diversa, come era prevedibile e inevitabile, l’adeguamento della pratica religiosa al mondo non ha scalfito minimamente le concezioni del mondo, al contrario ha permesso a queste concezioni di fagogitare le menti e i cuori dei chierici e dei laici cattolici, facendoli sentire appagati di una religiosità senza piú radici divine.
Una sorta di benessere psicologico ha pervaso le viscere di molti Vescovi, ben contenti di trovarsi a loro agio in un contesto umano che li riconosce come interlocutori alla pari, non certo sulla base degli insegnamenti di Dio, ma sulla base dei convincimenti degli uomini. 
Si è adottata perfino la terminologia, e si è volutamente abbandonata ogni forma ed ogni espressione cattolica nonostante queste fossero state ben collaudate nel tempo e fondate sulla sensibilità dei fedeli. 
Si pensi al ridimensionamento delle devozioni popolari relative ai Santi Patroni e alla Novena di Natale,  alla soppressione delle Rogazioni, allo stravolgimento dei riti della Settimana Santa, ecc.; senza parlare della soppressione delle Confraternite dedite alle opere di carità, oggi sostituite da forme laiche di aggregazione “volontaria” fondate sulle esigenze del corpo sociale e dimentiche delle esigenze spirituali dei singoli fedeli impegnati.
Sinteticamente si può affermare che sia stata operata una inversione di valori, che pochi hanno avvertito, ma che ha mietuto molte vittime: non piú l’amore di Dio che suscita l’amore per il prossimo e le opere di bene, ma il mettersi a disposizione delle esigenze degli uomini, qualunque esse siano, convinti di guadagnarsi cosí un biglietto per il paradiso e l’ammirazione del mondo.
È questa la grande illusione che vivono molti Vescovi, e fra di essi ve ne sono parecchi che ormai non saprebbero fare niente di diverso, né saprebbero pensare e sentire se non da questo specifico angolo di visuale: da “maestri” e “pastori” di uomini si sono trasformati in oggetti funzionali ad un sistema a cui di Dio non importa niente. 
E la cosa piú grave è che molti ci mettono perfino tanta buona volontà.


Per ultimo, facciamo notare che il fatto che questo sondaggio sia stato condotto in Francia, potrebbe far pensare che non abbia che un valore relativo per il resto del mondo cattolico; in Francia, per esempio, l’episcopato ha assunto una posizione fortemente dirompente nei confronti della tradizione, della dottrina e della liturgia della Chiesa, tanto da stancare i fedeli. Ma questo è vero solo in parte, poiché si può solo dire che il caso della Francia è quello di una punta avanzata rispetto a quanto avviene nel resto del mondo cattolico, e lo è sia dal punto di vista negativo, sia dal punto di vista positivo. È in Francia, infatti, che è cresciuto il maggior numero di fedeli legati alla Tradizione. Di fatto, il paradigma della Francia è applicabile a tutto il mondo cattolico, se ne vedono chiaramente i segni anche in Italia, dove il richiamo della liturgia tradizionale è sentito da un sempre maggior numero di fedeli, sia laici sia chierici.

C’è da augurarsi che i risultati di questo sondaggio possano aprire gli occhi di tanti Pastori della Chiesa.

CC
 

(aprile 2002)


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