ATTACCO A MARIA

Strategìe per l’oscuramento
del culto mariano

parte terza


di L. P.

parte prima
parte seconda
parte terza
parte quarta






Ed ecco, allora, la Vergine Maria, “Mater Misericordiae”, nella nuova versione smielata e corrotta di Bergoglio, una Madonna che, “Còre de mamma”, pur di strafare a pro’ dei peccatori, non si perita di violare l’ordine con cui Il Signore Iddio tiene separati il Bene e il male, la Pietà e la Giustizia. Leggiamo la insensata metafora con cui s’è acquistato altro peloso applauso dal mondo:
“La notte, quando nessuno vede e nessuno sente, Maria apre la porta del Paradiso e fa entrare tutti”. Sono parole di Papa Francesco alle Clarisse di Castel Gandolfo, alle quali ha indicato l’esempio della Madre della Misericordia come modello per la loro preghiera. “Maria – ha spiegato – sta all’interno della porta del Paradiso: San Pietro non sempre apre la porta quando arrivano i peccatori e allora Maria soffre un po’, però rimane lì. E quando Pietro non vede, è lei ad aprire la porta”. (Il Paese nuovo, 16/8/2013).

Non sappiamo se Papa Bergoglio si renda conto degli sfondoni dogmatici e delle proposizioni eretiche che, a ritmo sostenuto, gli accade di propalare. Ma non è difficile credere che sappia bene ciò che vuole e ciò che dice in ordine a determinati fini che s’è proposto perché un dato è certo: c’è in lui l’espressa volontà di operare,  nella Chiesa, una rivoluzione non diversa da quella illuminista, non diversa da quella che teorizza la “Teologia della Liberazione”, non diversa da quella comunista; una rivoluzione dove emerge sempre più l’elemento antropologico – i diritti dell’uomo – e dove vengono lentamente, ma costantemente offuscati i diritti di Dio, al punto di ridurre la Madre di Gesù alla stregua di una delle tante mamme che, per eccesso di amore, di misericordia e di pietà, permettono ai figli una vita disordinata.
E questa rivoluzione piace tanto al mondo al punto che il comunista – non pentito – Fausto Bertinotti, non esita a riconoscere al Papa il vero ruolo di capo-rivoluzione (Avvenire, 8/11/2014: La rivoluzione la fa Francesco), così come parimenti  il Papa non esita, durante l’udienza concessa il 28/10/2014, a benedire e ad esortare il centro sociale “Leoncavallo” di Milano, a continuare la lotta (Il Messaggero, 28/10/2014).

Per cui non stupisce che siffatte parole, e maggiormente tale strategìa aperturista e dissolutrice, rappresentino l’applicazione di un progetto teso a rendere la Chiesa una realtà orizzontale, relativistica e paganeggiante in parallelo e in obbedienza alla politica dei ‘Superiori Incogniti’ che hanno stabilito di erigere un Nuovo Ordine Mondiale – moderna Babele – nel quale il Cattolicesimo venga ridotto ad un messaggio alla Che Guevara, annuncio di future magnifiche sorti e progressive dell’umanità. E siccome sarebbe fallimento sicuro iniziare questa rivoluzione erodendo i fondamenti, ad esempio, Trinitarî o Cristologici, si attacca il lato umano della faccenda, Maria “donna dei nostri tempi”, sicuri che, dopo aver sistemato la Madre, non sarà cosa difficile lavorare il Figlio.

Ed allora, eccoci allo sproposito eretico e alla blasfemìa di una sceneggiatura che affida a Pietro, il custode del Paradiso, il ruolo di un minchione e fesso portinaio che, come il mitico Argo guardiano del ‘Vello d’oro’, si addormenta, contravvenendo al suo ufficio [“Non dormitabit neque dormiet qui custodit Israel” (Salmo 120, 4)], mentre qualcuno, di soppiatto fa entrare proprio coloro che il severo custode aveva, per ordine e per giustizia, tenuto fuori dal Paradiso: i peccatori.
Ѐ Lei, infatti, la Vergine Maria che, afferma il Papa, fa entrare tutti, buoni e cattivi, il grano e la zizzania abolendo, così con gesto materno, tanto il Purgatorio quanto l’Inferno ed inaugurando, per l’aldilà, un corrispondente trattato di Schengen.

E in omaggio alla dottrina bergogliana – costruire ponti e porte, abbattere muri – la vergine Maria fa della porta stretta del Paradiso, quella che, secondo il salmista è “Porta Domini” dove solo“justi intrabunt in eam” (Salmo 117, 20), un varco incustodito, un’autostrada priva di caselli.
Chiediamo sincero perdono a Maria per quanto diremo, ma nel leggere di Lei che, secondo Papa Bergoglio, di notte quando tutti dormono, apre la porta e fa entrare i peccatori, i nemici cioè di suo Figlio, nel leggere simile prosa ci viene in mente quel personaggio dantiano, il traditore Tebaldello Zambrasi, immerso nella ghiaccia, che, di notte e tutti addormentati, aprì le porte della città ai nemici: “Ch’aprì Faenza quando si dormìa” (Inf. XXXII, 123).
Papa Bergoglio non ha reso un bel servigio alla Vergine con questa sua uscita.

Stìano attenti i lettori: non si tratta di una dolciastra allegorìa o di una sempliciotta fiaba raccontata col fine didattico di illustrare quella misericordia e quella bontà infinita di Dio che, come scrive la nostra maggior Musa “Ha sì gran braccia/che prende ciò che si rivolge a lei” (Purg. III, 122/123), perché questo sceneggiato celeste indica, perseguendone il rafforzamento dottrinario, la teologìa che GP II denomina come “Redenzione universale”, cioè il convincimento che con la sua morte Gesù abbia redento tutti, indistintamente, con ciò supponendo, intanto l’Apocatastasis di Origene, la fine dell’inferno in quella che è vagheggiata come ‘palingenesi’ o rinnovamento, novella creazione, e dando poi concretezza alla definizione di ‘inferno vuoto’ inventata da U. von Balthasar.
Insomma, Dio, Bontà infinita e infinito Amore non può permettere un inferno eterno. Questo, al postutto, è la tesi, non nuova ma rafforzata, che Bergoglio elabora e che, stando a talune testimonianze – cfr. Sandro Magister – sta facendo nascere ed irrobustire un tipo di fedele (?) che ritiene, come ritengono i luterani, non necessario il Sacramento della Confessione che, se praticato seriamente, diventa luogo per altezzose proteste del penitente che si dichiara “ingiudicabile” perché se addirittura Papa Bergoglio dichiara “Chi sono io per giudicare?”, men che meno lo è un semplice prete confessore. (www.chiesa.espressonline ‘Le confessioni di un confessore’ – 6/1/2016).

Non è chi non veda, in questo apologo bergogliano, il ribaltamento dogmatico con cui Maria viene disegnata e raffigurata come una tenera, furba ma ribelle che disobbedisce all’ordine divino, perché lasciare entrare nella gloria di Dio i peccatori, quelli che giustamente Pietro aveva respinto e lasciati nelle tenebre, è eresìa bella e buona e, soprattutto, rappresentazione offensiva di Maria la quale, risponde all’angelo “Idoù he dùle Kyrìou,ghenoitò moi katà tò rhemà sou – Fiat mihi secundum verbum tuum – Ecco la schiava del Signore, avvenga a me secondo la tua parola” e non “secondo la mia parola”. Perciò è in questa seconda versione  che il Papa ha prospettato, e messo in atto, il consapevole piano di sgretolamento della teologìa mariana tal che la Madonna, da ‘schiava’ obbediente quale s’era dichiarata, diventa nuova Eva ribelle.

E non è lontana l’intenzione di disegnare la Vergine Maria come proiezione delle donne rivoluzionarie tanto care all’agiografia comunista e comunarda. Insomma, una proletaria che insorge per rompere le catene del Potere riscattando la condizione di altri miseri, i peccatori, facendo loro - pur privi dell’abito nuziale -  occupare abusivamente la casa del Padre. Un caso di contrasto pieno con la volontà del Figlio che condanna gli intrusi nelle tenebre esteriori dove ‘è pianto e stridore di denti’ (Mt. 22, 13). Altro che entrate notturne e furtive in Paradiso!

Non si spegne l’eco di questa rivelazione che si diffonde, amplificata  ed applaudita con l’ausilio delle trombe di Gerico del globalismo massmediatico, un’altra uscita  da Casa Santa Marta, luogo privilegiato, insieme all’alta quota aerea, per esternazioni aberranti e parimenti ridicole.

Il 20 dicembre del 2013, Radio Vaticana diffonde l’omelìa papale in cui, con somma sorpresa, ci viene svelata – nell’artifizio retorico dell’ipotesi, s’intende - una Vergine Maria molto più fragile e umana di quella dipinta da don Tonino Bello e simile al modello descritto dal teologo fai-da-te di cui abbiamo proposto, nel precedente servizio, un saggio della sua scienza biblica e mariologica. Ecco il passo che, còlto al volo da tutti i mezzi d’informazione – giornali, tv, rete – ha fatto il giro del mondo:
   «La Madonna ha sempre taciuto, anche ai piedi della Croce. Il Vangelo non ci dice nulla, se ha detto una parola o no. Era silenziosa, ma dentro al suo cuore quante cose diceva al Signore: “ Tu, quel giorno – questo è quello che abbiamo letto – mi hai detto che sarà grande; Tu mi hai detto che Gli avresti dato il trono di Davide, suo padre, che avrebbe regnato per sempre, e adesso Lo vedo là! “ La Madonna era umana, e forse aveva voglia di dire. “Bugìe! Sono stata ingannata”» 

Non c’è da spendere troppe parole per dire quanto offensiva e dannosa sia stata questa estemporanea bischerata dal momento che ha dato il via ad una mariologìa i cui elementi dogmatici non son più la sua Immacolata Concezione, la sua Maternità divina, la sua Assunzione al cielo, il suo ruolo di Corredentrice, la sua Pienezza di Grazia ma una mera umanità, orizzontale, casalinga, superficiale e debole. Quel ‘forse’, con cui il Papa conferisce titolo di ipotesi alla sua invenzione , scomparirà in seguito col fare di una supposizione, di un ‘forse’, peraltro inopportuno ed irriverente anche nel solo prospettarlo, una verità su cui verranno riprodotti ulteriori ricalchi ancor più aberranti. Ne riferiremo in conclusione quando esporremo gli esempî tratti dallo sciocchezzaio saccente di due sacerdoti “alla moda”.
Diciamo soltanto che Maria non poteva, mai e poi mai, dubitare delle promesse di Dio, anche  perché consapevole, per le parole del vecchio santo Simeone: “A Te una spada trafiggerà l’anima”(Lc. 2, 25/35), di dover soffrire immediati e futuri dolori che l’avrebbero accompagnata in vita, e perché, con quel ‘fiat’, offerto all’angelo, si era fatta schiava del Suo Figlio, Colui che, prima di spirare in Croce, la dichiarò ‘Madre della Chiesa’ allorché a Giovanni, segno della futura Chiesa, disse: “ Ecco tua Madre” (Gv. 19, 27). 

Anche in questa circostanza balugina un alcunché di ‘teologìa della liberazione’, un atteggiamento cioè di rivolta, di un sordo rancore e di una voglia di ribellarsi, di farsi giudice di Dio. Una meschinità il solo averla supposta e, purtroppo, esternata.
Nondimeno, con questa omelìa martana, Papa Bergoglio legalizza il ‘dubbio” – cartesiano, metodico, scettico, sospettoso: fate voi – già introdotto dalla ‘nuova teologìa conciliare’, col dirci che, siccome se ne servì la Madre di Dio, non è da meravigliarsene se esso diventa strumento privilegiato con cui discutere, soppesare e valutare la Parola di Chi si rivelò Via, Verità e Vita. “Dubito, ergo sum, dubito ergo credo” il motto del nuovo cristiano.

Ed infatti, ecco due esempî della nefasta influenza prodottasi, sulla cultura corrente, dall’ipotesi del Papa.
Il primo: un anziano sacerdote, canonico di San Giovanni in Laterano, officiando, tempo fa, la Santa Messa nella nostra chiesa parrocchiale, nel commentare il ‘Magnificat’, ha tenuto far presente, sorridendo naturalmente, alla comunità in ascolto, che un così bel componimento non era da attribuire a una fanciulla che, per quanto santa e piena di grazia, predestinata Madre di Dio, era tuttavìa una donna dell’epoca, cioè analfabeta ed incapace di elevarsi con sì alte e profonde espressioni. Era piuttosto da credere che fosse tutta farina dl sacco dell’evangelista Luca.
Una riflessione, questa, che s’apparenta a quella stilata dal teologo fai-da-te citato nella seconda parte di questo nostro servizio.
Non è difficile consentire in parte con lui all’obiezione, ammettere quanto perimetrato fosse allora il ruolo della donna ebrea che la legge mosaica relegava alle mansioni domestiche e materne, che ne impediva l’ingresso al tempio o alla sinagoga se non nella zona a lei riservata, che le vietava l’accesso all’istruzione.
Il canonico affermava, in punta di storia umana, cosa esatta, ma l’esegeta dimenticava che quanto è narrato dall’evangelista va collocato nella categorìa della divina Rivelazione in quanto Parola di Dio. E dimenticando questo particolare, negava allo Spirito Santo il potere di ispirare una giovane donna, semplice e sconosciuta, di illuminarla al punto di farla effondere in un solenne cantico di ringraziamento. Forse non gli era chiaro che “ouk adynatèsei parà toù Theoù  pàn rhèma – non erit impossibile apud Deum omne verbum – nessuna parola è impossibile a Dio” (Lc. 1, 37).
Oltre a rivelare in Luca l’autore, il sacerdote disegnava la figura della Vergine Maria nella sola proiezione antropologica dell’epoca, negandole, cioè, quel privilegio della pienezza di grazia che il Signore, per bocca dell’Arcangelo, le aveva accordato e che Lei riconosce quando esclamerà: “Makarioùsin me pàsai ài geneài -  beatam me dicent omnes generationes – tutte le genti mi chiameranno beata”.

Con la sua avventata considerazione, il canonico smantella, in pratica, tutta la struttura profetica della sacra Scrittura e il soffio della Sapienza divina spiegandoci, poi, come Davide , un pastorello di certo non erudito dottore della Legge, fosse riuscito a comporre Salmi profetici e poetici senza l’ispirazione dello Spirito Santo.
Quindi, a ben riflettere, l’uscita del canonico appare molto più grave che una bischerata estemporanea, una vera eresìa dacché, attribuendo a Luca la paternità del ‘Magnificat’  non solo mette in dubbio l’onnipotenza di Dio, ma addirittura la nega. Ora, se la chiesa, nel 1970, dichiarò Santa Caterina da Siena “dottore della Chiesa”, lei così debole di corpo e pochissimo alfabetizzata, chiediamo al canonico come sia possibile far passare la Madonna, assai più in alto di Caterina quanto a dignità, come falsa intestataria  del ‘Magnificat’.

L’ingresso dell’esegesi  storico- testuale della Bibbia, di conio protestante luterano, ha portato, in questi anni, a tentar di spiegare, con argomenti logici e scientifici, tutti gli eventi che vengono catalogati come ‘miracoli’.  Oggi, nei seminarî, nei Pontificî Atenei, nei corsi triennali catechistici diocesani denominati abusivamente “Istituti Superiori di Istruzione Religiosa”, è norma interpretare naturalisticamente i prodigî narrati nel V. e N. Testamento seguendo il testo del protestante Werner Keller, “La Bibbia aveva ragione – Ed. Garzanti 1955”, in cui ogni evento prodigioso operato da Dio Padre o da Dio Figlio, Gesù, viene ridotto bellamente a fenomeni ed accadimenti naturali. Pertanto, niente di straordinario e di trascendente nel mondo ché, secondo Keller, a tutto ha pensato la Natura. (Ciò che sorprende, e lo dicemmo in un nostro passato intervento, è la prefazione a tale testo razionalistico, e perciò ateo, apposta da quell’eccellenza della esegesi biblica che fu Giuseppe Ricciotti).  

E questo è il primo esempio, dei tanti che oggi corrono sull’argomento, un esempio che tanto è più sottilmente malefico in quanto l’autore è un sacerdote, uno che della fedeltà alla Parola di Dio ha fatto ragione di vita consacrata.
Naturalmente, come spesso ci accade, abbiamo, in presenza del parroco e di alcuni fedeli, fatto le nostre severe rimostranze al predetto canonico il quale, col solito sorriso e con parole di smalto paternalistico e democratico, ci ha concesso libertà di interpretazione. Ma vediamo ancora.

Ѐ recentissimo, del 3 gennaio 2016, il secondo poco lodevole esempio di mariologìa bergogliana, verificatosi sempre nella chiesa della nostra Parrocchia, ad opera di un giovane sacerdote africano, studente in teologìa.
Nel commento al Prologo giovanneo, tenuto in un italiano stentato, non ricordiamo come e perché costui passasse a parlare di Maria. Dopo alcune ovvie riflessioni, se ne uscì affermando che “la Madonna, umana come noi, ebbe come noi a subire le tentazioni” nulla prova fornendo e lasciando lì questa sua verità.
Pensammo che questo studente in teologìa poca ne avesse in borsa e nel cervello, perché le nostre conoscenze, risalenti ai tempi in cui frequentavamo il Pontificio Ateneo ‘Angelicum’ ma ancora tutte chiare, ci dicevano il contrario: che Maria certamente patì, come tutte le creature umane il trapasso degli anni, senza dubbio anche qualche malattìa, e perfino la morte, ma non subì le tentazioni.

“In grazia di un privilegio divino, Maria fu esente durante tutta la sua vita dal peccato personale – è verità prossima alla fede”. (Bernardo Bartman: Teologìa dogmatica – ed. Società San Paolo – 4^ ed. 1956, pag. 724). Nella pagina successiva, l’autore dimostra come, di conseguenza, la Vergine Maria sia stata immune dalla concupiscenza. “Se Dio, per l’onore del suo Figlio, voleva preservare Maria dal peccato, era necessario che estirpasse la radice da cui nascono i peccati, specialmente il peccato veniale: la concupiscenza. . . Maria, non essendo stata macchiata dal peccato originale, fu esente anche dalla concupiscenza.”   

Noi riteniamo, in virtù di questa ultima affermazione, essere necessario rendere questa verità dogma di fede, ma con l’aria che tira sul colle vaticano, noti i precedenti relativi alla “Mediatrix omnium gratiarum” c’è niente da sperare. Anzi, visto l’accanimento inquisitoriale stalinista con cui Papa Bergoglio ha sgretolato l’ordine dei Francescani dell’Immacolata – guarda caso riferito a ‘Maria senza peccato’ – rei di esporre la ‘medaglia miracolosa’ quale ‘segno di superstizione’, non è nemmeno da metterla in un virtuale e futuribile catalogo delle iniziative.
Ma al guitto Roberto Benigni non si può dir di no, e allora via con  le risate e i lazzi.

Concludiamo con un ultimo esempio tratto dall’opuscolo “Combatti la buona battaglia : Chiesa e cristiani nella bufera – n. 9” dell’ intrepido, coraggioso testimone, don Enzo Boninsegna, che ci fa conoscere un vero sacrilegio di cui poco s’è parlato.
Nel dicembre del 2009 l’ordine degli Stimmatini espose, nella chiesa di Sezano (Verona) una statua rappresentante la Madonna, incinta e completamente nuda, a fianco del Tabernacolo, profanando, gli autori, con un sol sacrilego gesto – commesso in nome dell’arte e della scenografìa ollivudiana – la Vergine Maria e Gesù Eucaristìa.

Ѐ da diverso tempo, infatti, che monta in moda esibire, su riviste, tv, sulle spiagge il ventre turgido delle gestanti, con esiti di squallida dissacrazione di quel mistero – la maternità – che dovrebbe essere accolto in un’aura di verecondia di che si ammanta l’opera della creazione della vita.
Aver posto la Vergine Immacolata nella posa laida di una spogliarellista suoni vergogna, infamia e condanna per quell’Ordine di… ‘sconsacrati’ che, invasati dall’ebbrezza della mondanità e smaniosi di apparire ‘primi’ in questa gara di perversione, si sono resi responsabili anche per quanti si saranno soffermati davanti alla statua, indugiando per l’intimo, maniaco e lercio esercizio di scopofilia, il vizio, cioè, del guardone.

Questi tre ultimi casi, che vedono interpreti il basso clero, possono dirsi, con linguaggio anatomico, i vasi capillari che, irrorati dalle grandi arterie – i pronunciamenti papali ed episcopali – vanno a nutrire le periferìe del corpo, in questo caso le comunità parrocchiali, che bevono un sangue a piccole ma continue dosi, un sangue tossico, propinato da chi dovrebbe garantir loro la salute dell’anima.

Domandarsi verso dove si stia correndo è esercizio retorico perché il moto verso il basso non si arresta se non quando avviene l’impatto ultimo. Cosa che sta alle viste se rammentiamo le terribili parole che la Madonna pronunciò a La Salette (19 settembre 1846): “Roma perderà la Fede e diventerà la sede dell’Anticristo”.


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gennaio 2016

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