ATTACCO A MARIA

Strategìe per l’oscuramento
del culto mariano

parte seconda

di L. P.

parte prima
parte seconda
parte terza
parte quarta






Il lettore si sarà fatta l’idea, seppur pochi gli esempî addotti, di che tipo e qualità sia quella mariologìa che don Tonino ha tratteggiato con arabeschi retorici intrisi di pathos e confidenzialità da tinello, tracimando financo dal buon senso, per non dire dalla verità.
Pensate, cari lettori, che l’autore s’è sentito di raccontarci che Maria, dopo le ricorrenti crisi di incomprensione, dopo i segreti timori per un Gesù adolescente e tumultuoso trovava, “finalmente” (!) ristoro e conforto nella preghiera, un “finalmente” che sembra dirci come il ricorso alla preghiera fosse, per Maria, un rimedio estremo a cui afferrarsi nei momenti di difficoltà e non, invece, una continua pratica di che improntava, santificandola, ogni azione. Si dipana, così, una mariologìa che preferisce amare e venerare la Vergine Madre di Dio nelle coordinate umane, domestiche, culinarie, paesane e basse più che nella sua immensa, misteriosa e alta dimensione spirituale o nella gloria del culto. Insomma: secondo l’autore, Maria è più bella senza gli accessorî dogmatici, teologici, priva seppur per un momento, dell’aureola, senza lo splendore di un altissimo culto, senza quell’iconografìa che, per secoli l’ha celebrata nella luce di un’arte preziosa e sublime e di un amore puro.

Ma non si creda che il libro di don Tonino sia l’iniziale e soffice fase del programma strategico ordito all’oscuramento del culto mariano. Possiamo definirlo, con linguaggio giuridico, come una prima ‘legge di attuazione’ riferita a una più ampia visione che andrebbe indicata come ‘legge quadro’.  

Ora, questa ‘legge quadro’, se i lettori rammentano, fu emanata, durante il Concili(abol)o Vaticano II, da alcuni padri e periti non in forma criptica, occulta, segreta o ambigua, ma in pieno sole e non senza scontri aperti con altri padri conciliari.
La questione verteva sul riconoscimento da attribuire al titolo di Maria quale “Mediatrix omnium gratiarum” – Mediatrice di tutte le grazie. Di questo argomento, che dette la stura ad una contesa, veemente e, diciamolo pure, vergognosa per acclarata e storica responsabilità  dei cosiddetti ‘minimalisti’, noi daremo brevi ma sufficienti cenni, tratti da quel gran bel libro che è “Il Concilio Vaticano II – una storia mai scritta” ed. Lindau 2010 -  del prof. Roberto De Mattei, nelle pagine 314/324.

I lavori della seconda sessione del 1963 prevedevano di decidere se lo schema sulla Beata Vergine avrebbe dovuto essere discusso a sé o inserito in quello sulla Chiesa. La discussione rivelò l’opposizione di due tendenze, massimalista e minimalista, con la prima – Ottaviani, Balič, Piolanti, Bacci, De Aldama, Roschini, Santos, Siri etc - quale continuatrice del movimento mariano che, dopo il dogma dell’Assunta, auspicava quello di ‘Mediatrice di tutte le grazie’, da dibattere come argomento a sé, e con la seconda, caratterizzata da contrario parere, tipico dello spirito luterano sostenitrice della tesi “Gesù quale unico mediatore tra Dio e l’uomo”.
Con l’appoggio, talvolta aperto, talvolta sotterraneo, di Giovanni XXIII prima e di Paolo VI poi, l’ala minimalista, formata dai rappresentanti della teologìa e delle diocesi nordeuropee, il ‘fronte del Reno’ – Congar, Laurentin, Rahner, Liénart, Frings, Suenens, König, Schillebeeckx, Ratzinger, Kϋng ecc. – e da molti  prelati sudamericani, tra cui Câmara, Henriquez e, fra gli italiani, Lercaro, riuscì a respingere, annullandolo, lo schema massimalista.

Da notare che molti dei prelati e periti del fronte progressista verranno smascherati, dal giornalista Mino Pecorelli, come iscritti alla massoneria (cfr. OP, anno I n. 21/22, 12 settembre 1978). La lista degli ecclesiastici in grembiulino tornò alla ribalta delle cronache giudiziarie del crack del Banco Ambrosiano con le pesanti compromissioni della Loggia P2 del defunto Gelli, Sindona, Calvi, Ortolani e Marcinkus).

Gli sviluppi degli scontri sul tema mariano si conclusero quando, il 29 ottobre 1963, fu messa ai voti la questione seguente: “Piace ai Padri conciliari che lo schema sulla Santissima Vergine Maria, Madre della Chiesa, sia rivisto in modo da divenire il VI capitolo dello schema sulla Chiesa”. In pratica, l’archiviazione della proposta di dibattere, come tema a sé state, il riconoscimento di ‘Maria Mediatrice di tutte le grazie.’

I risultati del voto furono 1.114 a favore, 1.074 contrarî, con che si affermava la vittoria dei minimalisti.
Si rivelò determinante l’appoggio di Giovanni XXIII che già – riferisce De Mattei – nel 1954 «sei mesi prima dell’enciclica di Pio XII ‘Ad Coeli Reginam’, che istituiva la festa della Regalità di Maria, aveva manifestato la “notevole irresoluzione” del suo spirito, di fronte a una nuova festa della Regalità di Maria, “nel timore di un grave pregiudizio circa l’efficacia apostolica impiegata a ricondurre l’unità della Santa Chiesa cattolica nel mondo» (pag. 320). 
Ed anche su questo schema si ebbe la furba, apparente disapprovazione di Rahner che, nell’agosto precedente ebbe a dire che, se il testo fosse stato adottato, “ne deriverebbe un male inimmaginabile dal punto di vista ecumenico, sia per quanto riguardava gli Orientali che i protestanti”. (pag. 321).  Insomma, per il fronte del Reno, Maria era da cancellare a pro’ dell’intesa – contro natura, ripetiamo – cattoluterana.

La pelosa sensibilità del Concilio non si limitò solo ad ostacolare Maria ma mise sotto silenzio il tema dell’Inferno, del demonio e del comunismo affinché lo stesso Concilio apparisse il banditore del nuovo annuncio di gioia con cui si aboliva la condanna dell’errore e si somministrava il balsamo della misericordia nella convinzione russoiana che, l’uomo buono essendo per natura, ogni errore si sarebbe mondato da sé, in automatico così come, per la morte di Cristo, automatica, diciamo gratis,  era stata garantita la salvezza di tutti gli uomini secondo la pelagiana teorìa del “cristiano anonimo”di Rahner sviluppata, poi, come “Redenzione universale” da GP II con le sue encicliche “Redemptor hominis (1979), Dives in misericordia (1980), Dominum et vivificantem (1986)” (J. Dörmann: La teologìa di GP II e lo spirito di Assisi  - Ed. Ichthys –  4 vv. - Albano Laziale 1992)

Ecco, questo è il programma-quadro, il palinsesto contenitore di tutto quello che sarebbe avvenuto, e che avverrà, in chiave antimariana. E molto sarebbe avvenuto, del che non tutto potremo dire limitandoci a pochi ma significativi ed emblematici esempî.

In questa corrente marianoclastica non poteva mancare, come non manca in ogni occasione in cui ci sia da levare gli scudi contro la Chiesa e i suoi dogmi, la decima musa, cioè la cinematografìa.
Inseriamo, aprendo una parentesi sul testo completo del nostro intervento, dietro segnalazione di un affezionato ed attento lettore, un esempio che, apparentemente, sembra estraneo all’azione demolitoria cattolica, ma in realtà lo è, in quanto il film ‘Nativity’ (2006), recentemente trasmesso via tv, di taglio antropologico, gnostico, non privo di grossolani errori storici e largo di invenzioni inaccettabili sulla persona di Maria, è stato prodotto per conto del Vaticano, nello specifico da tre dicasteri: Cor Unum, Cultura, Comunicazione sociale.

Ma quel che, a parer nostro, si qualifica come cartina al tornasole dell’ormai diffusa opinione, lo scrive , come sopra dicemmo, un supponente ‘maestrino’ epigono di don Tonino Bello che, nella nostra cittadina, si impalcava, fino a quattro anni fa, a scolarca di un’associazione cattolica di volontariato.  Ecco in appresso, pari pari come è scritto, con la stessa sintassi, stessa punteggiatura, stessa scansione dei capoversi, ciò che, su un foglio di ragione parrocchiale, la sua acuta “sapienza” teologica seppe spremere quanto a mariologìa. Leggete, cari lettori, ed indignatevi:

IL “SÍ” CHE HA CAMBIATO LA STORIA: UNA RAGAZZA MADRE DI NOME MARIA.
Traduciamo generalmente ‘amen’ con ‘così sia’, oppure con un più articolato ‘Avvenga di me quello che hai detto’ ma potremmo anche tradurre semplicemente con: Sì.
Amen è il Sì che Maria di Nazareth, ragazza adolescente fidanzata con il ventenne Giuseppe, ha detto a Dio quando le si è presentato in forma di angelo con una proposta folle: restare incinta di Lui, diventare ragazza-madre per dare alla luce un uomo in cui Dio stesso si è incarnato. Dice il nostro amico Padre Carlo di Assisi: ‘Quando ripetiamo Amen, la terra trema!’ Amen è un Sì soprannaturale, è il Sì che ha consentito al trascendente di incontrare l’immanente, di fondersi insieme in un uomo chiamato Gesù, venuto alla luce grazie al coraggio di quel Sì.
Maria era nata e vissuta a Nazareth: un borgo ‘selvaggio’ del Medioriente con non più di duecento o trecento abitanti, famosi nella zona per essere miseri, straccioni, violenti e attaccabrighe.
In un paesello così – una specie di odierno campo nomadi, ma molto più misero, trattandosi di oltre 2000 anni or sono – è facile immaginare come poteva essere trattata una donna! Per non parlare poi di una donna che, non ancora maggiorenne e già pubblicamente fidanzata, resta incinta. Roba da lapidazione in quattro e quattr’otto.
Eppure, pur sapendo di rischiare grosso, Maria di Nazaret crede: Dio le appare in forma di angelo e le fa la proposta folle; Maria – che capisce poco di queste cose, è molto giovane, probabilmente non ha ancora 15 anni, non è certo un’intellettuale, né può leggere i testi religiosi, essendo una donna – incredibilmente si fida, accetta: sfidando il suo tempo, dice quel Sì che ancora oggi fa tremare la terra quando lo ripetiamo: quel Sì che – a prezzo della sua vita di ragazza, rovinata per sempre – ha dato vita al cristianesimo, un modo di pensare e di vivere tutto nuovo, basato sull’Amore per Dio e per il prossimo, che ha cambiato per sempre la storia dell’umanità.
A pensarci bene, non è difficile immaginare le grandi difficoltà, gli enormi rischi corsi da questa giovanissima ragazza-madre in un posto gretto, misero, violento, maschilista come la Nazaret di 2010 anni fa: percepire i pensieri di questa adolescente, le sue speranze ed aspettative; rivivere i suoi tremendi rapporti con la famiglia, i parenti, la cittadinanza, il fidanzato Giuseppe, a cui ha dovuto spiegare il miracolo di essere rimasta incinta ad opera di Dio.
Tanto grandi sono stati il coraggio e la fede di Maria, la ragazza madre di Nazaret, che l’arte, il culto, la tradizione, ne hanno fatto giustamente un esempio da venerare. Ma la tradizione, il modo di pensare a questa ragazza, è diventato troppo melense, troppo ‘liturgico’, abbiamo perso di vista la vera storia di Maria, che poi è la sua vera grandezza. Non sono le apparizioni ed i miracoli a fare di Maria la più luminosa stella del firmamento Creato, ma quel Sì che ha detto coraggiosamente quando ancora era adolescente.
Maria ci perdonerà se qualche volta, magari per un giorno, solo per capirla meglio, proveremo a ‘toglierle l’aureola’ e guardarla come ragazza madre nel suo mondo e nel suo tempo, per capire a fondo quale esempio e modello di vita può essere per noi, per comprendere – anche solo per un attimo – la vera grandezza.
Gennaio 2011.

Ci rifiutiamo di commentare riga per riga un sì blasfemo, abietto, ignorante, becero e scemo brano che supera, in imbecillità, lo stesso testo di don Tonino. Chi conosce il Vangelo coglie subito, nell’autore, mancanza totale di nozioni storiche, teologiche e psicologiche che, specie quest’ultime, sembrano esser tratte da testi da bancarella o da trame di romanzi rosa, raffazzonate come sono nella loro velleità omiletica ed esegetica e nell’arroganza di un ciarlar sociologico.

Leggiamo di Dio che appare sotto forma di Angelo, con buona pace dell’arcangelo Gabriele e di Luca suo cronista; leggiamo, ripetutamente, di una ragazza-madre la cui vita fu, in quel recesso cavernicolo di Nazaret, rovinata per sempre dai lazzi e dalle sghignazzate; leggiamo dei suoi tremendi rapporti con la famiglia, con Giuseppe, con i parenti, roba che in don Tonino era dichiarata come incomprensione mentre qui deflagra in termini di terribilità.
E, poi: l’ironìa sul millenario culto mariano definito ‘troppo liturgico e melenso’; i miracoli che non attestano affatto la grandezza della Madonna perché, per questo inebriato teologo fai-da-te, la sua gloria consiste nel semplice essere, Lei, donnetta come tante di cui si dichiarano trascurabili, o nulli, le virtù e i doni di che il Signore l’ha magnificata. Che dire, poi, di quel “giustamente”, con cui il maestro in Israele concede magnanimamente essere Maria, in fondo, meritevole di venerazione?

Figurano, oltre espressioni bischere, tesi eretiche come quella che ritiene che Maria abbia concepito ‘un uomo’ in cui si incarna Gesù, vale a dire vero processo di implantologìa o di innesto, tra gnosi docetista e adozionismo. Un papocchio che, se non fosse di eccezionale e sacrilega gravità, sarebbe tutto da ridere. E proprio per questa devastante e tossica gravità, rischio immediato e certo per la coscienza dei giovani dell’associazione e dei fedeli, – l’opuscolo entrava in decine di famiglie – fu nostro impegno inviarne copia al Vescovo della Diocesi, al Vicariato di Roma, al Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, alla Segreterìa di Stato e a due riviste di dottrina cattolica e, per conoscenza, al parroco. Il foglio, ‘ut erat in votis’,  ha cessato di esalare i suoi miasmi.

Andiamo avanti. Nella nostra rapida rassegna, in cui cogliamo i fatti e i personaggi più caratterizzanti questa strategìa antimariana, ci imbattiamo nel nuovo Segretario ad interim CEI, Mons. Nunzio Galantino, per il cui trasloco dalla sede di Cassano all’Jonio, Papa Bergoglio chiese scusa e perdono ai fedeli di colà.
Absit injuria verbis” ma ci si conceda di supporre che qualcuno abbia, invece, ringraziato il Papa per questo inatteso regalo. Le uscite successive del Mons. autorizzerebbero a crederlo.

Sorge  il 12 maggio 2014, vigilia della ricorrenza della prima apparizione mariana a Fatima, quando sui quotidiani del circùito ‘QN, Il Giorno, Il Resto del carlino, La Nazione’ appare il resoconto di un’intervista a Mons. Galantino, col titolo: “Ascoltare le coppie omosex. Gay, preti sposati, basta tabù” dove, tra tante questioni di attualità, spunta anche la problematica dell’aborto. E che cosa, a tal proposito, ti va ad affermare, dopo una lunga chiacchierata sul nuovo corso bergogliano impresso alla Chiesa, il Segretario generale CEI? 

Alla domanda: “Negli anni scorsi la CEI ha investito molto sui valori non negoziabili. Il papa non ha a cuore questa espressione, anche lei?” Galantino risponde: “Pensiamo alla sacralità della vita. In passato ci siamo concentrati esclusivamente sul no all’aborto e all’eutanasìa. Non può essere così, in mezzo c’è l’esistenza che si sviluppa. Io non mi identifico con i visi inespressivi di chi recita il Rosario (maiuscolo, nostra correzione) fuori dalla cliniche che praticano l’interruzione della gravidanza, ma con quei giovani che sono contrarî a questa pratica e lottano per la qualità delle persone, per il loro diritto alla salute, al lavoro”.
Sicché il Rosario, cioè Maria, diventa elemento caratterizzante della noia e della stupidità di chi si oppone al delitto dell’aborto, recitandolo quale preghiera di riparazione. Va da sé che i volti di coloro che pregano recitando il Rosario davanti alle fabbriche di morte – le cliniche abortiste – sono inespressivi proprio perché pregano con la più bella preghiera, la stessa che, in ogni apparizione, la Vergine chiede di recitare.

Che cosa dice La Madonna delle Tre Fontane?
Si preghi assai e si reciti il Rosario quotidiano per la conversione dei peccatori, degli increduli e per l’unità dei cristiani. Recitate il Rosario! Perché le Ave Maria che voi dite con Fede e Amore sono tante frecce d’oro che raggiungono il cuore di Gesù
Ed allora. come non vedere, nell’offensiva espressione di Galantino, una delle progressive tappe di quella strategìa che mira ad oscurare il culto mariano e a diminuire il ruolo che la Vergine ricopre in virtù dell’esser Madre di Dio?  Non è Lei che invochiamo come ‘Causa nostrae laetitiae’ – causa della nostra gioia?

Eppure, per Mons. Galantino, la Madonna diventa “Causa nostrae tristitiae” – causa della nostra imbecillità, inespressività. Ma perbacco! Recitare il Rosario davanti alle cliniche dove si ammazzano esseri umani, creature di Dio fatte di anima e di corpo di cui, secondo sempre il Mons. predetto non valgono le guarentigie della qualità della persona, del diritto alla salute, alla vita!  Ma andiamo! Ci sono tante altre belle attività alternative alla recita del Rosario, una pratica, sia detto, che disturba i manovratori del Grande macello Universale! Tra aborto ed eutanasìa c’è l’esistenza, afferma con tumido pensiero: già, quell’esistenza negata alle decine di migliaia di feti che vengono, annualmente, dissolti e gettati nei rifiuti! Non è vero mons. Galantino?

Non manca, in questa carrellata, la figura di Papa Bergoglio il cui flusso devozionale mariano, sbandierato a pie’ sospinto, si infrange contro talune sue affermazioni – noi ne esamineremo soltanto due - in cui palese e smascherata appare la volontà di sminuire la figura di Maria, inquadrata nell’ottica di una madre talmente pietosa, e misericordiosa, da violare l’ordine di Dio e, sotto la Croce “forse” risentita perché ingannata da Colui che le aveva promesso la glorificazione del Figlio. Entrambe le due riflessioni mariane sono state esibite nel corso delle sue omelìe di Santa Marta, luogo dove, analogamente in alta quota aerea, sovente gli accade di spararle grosse. Ma, si sa, la gente lo ama perché parla a braccio.  I risultati, infatti, li vedremo….

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