Fatelo smettere di insultare Gesù!

di Maurizio Blondet


pubblicato sul sito dell'Autore

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Che “Francesco” detesti noi cattolici, è evidente.
Ama i protestanti e dice che sono stati i cattolici a perseguitarli, celebra Lutero come un santo, gli piacciono i laicisti miliardari come Eugenio Scalfari, è pieno di benevolenza e carità per Pannella e Bonino – ma i cattolici  proprio non li sopporta. 
Rifiuta di dare il suo appoggio a quelli che difendono la famiglia. Per  i cattolici ha solo rimproveri  duri. “Fanno figli come conigli”. Sono “farisei”.  Quelli di noi sgomenti davanti alle sue iniziative più estemporanee, ci accusa di «fondamentalismo antistorico, eticismo senza bontà, intellettualismo senza saggezza» (EG 231).  Infinita misericordia per “gli immigrati” purché  musulmani, nessuna per gli immigrati cristiani.
Nessuna pietà per i Francescani dell’Immacolata che sta schiacciando e annullando.

Rimprovera i vescovi italiani di essere attaccati al denaro, anche quelli che in realtà vivono poveramente – accusa che i media sono ben lieti di amplificare, perché mostrare il Papa “buono” ostacolato dalla Chiesa “cattiva” fa’ parte del gioco anti-cristiano.

Orbene, ci possiamo adattare e rassegnare ad essere detestati dal nostro Pontefice. Quello che non gli permettiamo, però, è che attacchi e insulti Gesù.
Lo ha  fatto più volte, in modo implicito; ma per farla breve, mi limito alla sua intervista che “Francesco” ha rilasciato a La Croix, e che ha voluto fosse riportata integralmente su L’Osservatore Romano. Qui pronuncia  un vero e proprio oltraggio, esplicito, al Cristo.

Quando dice: «L’idea di conquista è inerente all’anima dell’Islam, è vero. Ma si potrebbe interpretare, con la stessa idea di conquista, la fine del Vangelo di Matteo, dove Gesù invia i suoi discepoli in tutte le nazioni».

Ora, è una menzogna e peggio –  una calunnia contro il Salvatore – attribuirgli un qualunque proposito di “conquista” nel senso bellico che fu di Maometto.
Questi fu un condottiero, di fatto il solo fondatore di religioni che abbia brandito una spada e guidato eserciti.
E Gesù? Ecco con quali parole invia i suoi discepoli alla “conquista”: “Vi mando come  pecore in mezzo ai lupi” (Matteo 10, 6).  Assolutamente inermi. Per cui “Siate prudenti come serpenti e  candidi come colombe”.

Sì, c’è un momento, nella terribile notte che precedette il suo arresto, in cui Egli  ammaestra concitatamente i discepoli: “…chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra i malfattori. Infatti tutto quello che mi riguarda volge al suo termine“.

Ma quando i discepoli gli dicono: “Signore, ecco qui due spade”, Egli risponde “Basta!”. E  poco dopo a Pietro: “Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada periranno”.

Ancora una volta non han capito: la spada di cui parla il Maestro, è quella cui già alluse altrove: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera, e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa”.  E’ la ‘spada’ che  bisogna procurarsi per dividersi dai familiari e dai parenti se si segue Cristo, è la spada che ciascuno deve usare contro sé stesso per decidere se è per o contro di Lui, fino al martirio.  E fiumi di sangue sono costate le “conquiste” cattoliche: sangue cattolico, che  migliaia di martiri accettarono di versare, non facendo violenza ad altri che a sé stessi.



Ma ora, queste spiegazioni possono servire ad uno completamente digiuno di  cultura religiosa. Già a un dodicenne che abbia seguito il Catechismo per la prima Comunione, quando gli si parla di Gesù che alla fine di Matteo invia i discepoli “in tutte le nazioni”, non viene in mente il jihad maomettano, ma il “vi mando come pecore in mezzo ai lupi”.  A maggior ragione un prete che ha studiato in seminario, un vescovo, un cardinale, un Papa: deve far parte della loro “cultura” per così dire professionale.
Quindi, se  Francesco attribuisce a Gesù gli intenti conquistatori di Maometto, sa di diffamare il Salvatore, è  cosciente di calunniarlo.

Come è riuscito a diventare prete?

Questo, non glielo permetto. Io non sono nessuno, ma come laico cristiano ho diritto a non veder vilipendere il Figlio di Dio incarnato; specie da un prete. Invito i vescovi e i cardinali che hanno eletto questo tomo a non permettergli di calunniare Gesù.
Restano domande senza risposta:
da quale seminario è venuto fuori uno che travisa così malevolmente e rozzamente le parole del Vangelo? Sembra un attore che recita male una parte che non ha studiato.
Da quale foresta amazzonica dell’ignoranza modernista e del pressapochismo, da quale residuo solido di teologia della liberazione è uscito questo Tupac Amaru, e come mai è riuscito a diventare prete, e salendo tutti i gradini della carriera ecclesiastica, vescovo, cardinale, Papa?
E sapevate, cardinali elettori, quali vuoti e falle di semplice istruzione aveva costui, quando lo avete scelto nel Conclave?
Non posso credere che anche voi siate ormai altrettanto analfabeti in cultura cristiana; o devo considerarlo un altro dei pregiati frutti del Concilio?

Nella sopracitata intervista, “Francesco” ci tiene a negare le  radici cristiane dell’Europa, e mostrare la sua ostilità a chi le rivendica (a cominciare dal suo predecessore, Giovanni Paolo II), forse perché ciò gli sembra d’ostacolo al prezioso ecumenismo.
«Bisogna parlare – sostiene  – di radici al plurale, perché ce ne sono tante. In tal senso, quando sento parlare delle radici cristiane d’Europa a volte temo il tono, che può essere trionfalista e vendicativo. Allora diventa colonialismo. Giovanni Paolo II ne parlava con tono tranquillo».

La Chiesa per lui è “colonialismo”?

S’intravvede qui il fondo (di magazzino) ideologico da cui ha tratto quest’asserzione: ridurre l’affermazione delle “radici cristiane” al “colonialismo” - in Europa! –  è una  meccanica e zotica trasposizione al continente europeo dei più vieti elementi della propaganda terzomondista, “rossa”, latino-americana.
Là si usa dire, negli ambienti del  progressismo retrogrado andino e del Mato Grosso, che  il cattolicesimo è stato importato da fuori, dunque è colonialismo – implicando che i conquistadores hanno soppresso la bella spiritualità delle religioni del sacrificio umano, a cui quelle popolazioni avrebbero dovuto essere felicemente lasciate; e insultando, ancora una volta, la fede cattolica sparsa là dai martiri col loro sangue, e consacrata dall’apparizione della Virgen Morena,  la  Madonna di fattezze indie e vesti azteche che ha adottato da quelle popolazioni e ne è stata adottata con fede forte, commovente, combattiva fino al sangue.
Ora, se  questo è un elemento polemico grossolano già nel Terzo Mondo, è completamente assurdo in Europa. Qui, com’ebbe a dire Woytila,  «La fede cristiana ha plasmato la cultura dell’Europa facendo un tutt’uno con la sua storia   (…) il cristianesimo è diventato “la religione degli Europei stessi” […]».

E trionfalismo vendicativo qui è stato espresso non certo dai cattolici, ma dai negatori di queste radici cristiane per imporre il loro ateismo, l’ordine giacobino e massonico o leninista, con la violenza e la persecuzione, dal Terrore alla guerra di Spagna fino alla repressione rossa nell’Est, sanguinoso massacro.

Come si può essere tanto ignoranti?

Quando “Francesco” dice che “non bisogna parlare di radici cristiane perché ce ne sono tante”, lo fa’ palesemente per svalutare e sminuire –  dunque offendere – la nostra civiltà; nel contesto dell’intervista, ci ha voluto dire: non fate tanto gli snob, accogliete i milioni della “invasione  araba” (parole sue), mica siete meglio voi. Anzi: “Quante invasioni l’Europa ha conosciuto nel corso della sua storia! E ha saputo sempre superarsi e andare avanti per trovarsi infine come ingrandita dallo scambio tra le culture.”
La “cultura” islamica è stata precisamente quella che l’Europa cristiana “non” ha integrato e la cui invasione ha respinto sempre, da Poitiers (732) a Lepanto (1500) fino all’assedio turco di Vienna del 1683. E sempre come “cristianità”, trovando le nazioni e i re una unità estrema e miracolosa al disopra delle loro discordie; e sempre con una costante ostinazione che mostra come quella è stata sempre sentita come una cultura radicalmente “altra”,  irriducibilmente eterogenea, insolubile nella nostra come l’acqua nell’olio –  e la sua entrata nel continente, è stata vissuta come la pura e semplice morte della nostra identità collettiva, del nostro essere europei.

Piaccia o non piaccia, a torto o a ragione. E’ un senso misterioso di diversità inassimilabile che precede il Cristianesimo e l’Islam. La Persia di Ciro e Serse non era meno alta di quella greca; eppure Atene si unì a Sparta per sbarrarle il passo alle Termopili, a Salamina. La civiltà fenicia non era priva di tesori “culturali”; ma Roma visse Cartagine come il nemico assoluto, non-integrabile, da sradicare  per non esserne sradicata.

Per contro, il cristianesimo  può  rivendicare non due, ma tre millenni di civiltà, perché Roma vincitrice “andò a scuola di Atene”, e i cristiani vincitori adottarono “Roma”, la sua architettura, il suo diritto, la sua idea di impero come cordiale unione di genti diverse, la metafisica ellenica, Platone e Aristotile.  Sappiamo anche perché, lo ha spiegato magistralmente Brague: l’Islam si vive come la religione-civiltà primaria;  i tempi precedenti a Maometto, li sente come un vuoto di oscurità e barbarie da cui non c’è nulla da apprendere; tutto ciò che serve alla vita e all’anima è nel Libro rivelato, il Corano, e dunque i libri degli altri sono inutili, anzi dannosi.
I cristiani non poterono; sanno di derivare da un’altra fede – l’ebraismo – e non possono  amputare quella radice.  Analogamente, Roma vincitrice del mondo non pretese mai che “prima  di lei” non ci fosse civiltà: Omero, Socrate, Platone, scienza e filosofia, poesia, tutto  un mondo (altro, ma affine) c’era da far proprio e imparare nella lingua originale.
L’Islam tradusse testi greci? Sì, per lo più scientifici; ma visto che li aveva trasferiti nella lingua araba, la lingua sacra di Dio, buttò gli originali; mai più ebbe la  curiosità di  tornare a rileggere “cosa aveva veramente detto Aristotile”.  Questo è  il profondo motivo per cui l’Islam,  per quanto ammirevole, non può avere un Umanesimo, un Rinascimento e un’apertura mentale verso le altre culture.

Cristo  per contro non diede una Shariah, e riconobbe il laico diritto romano (“date a Cesare”). I monaci amanuensi non osarono bruciare i libri licenziosi di Catullo ma li ricopiarono, tanto era il prestigio dell’arte latina, ed è grazie a loro che li abbiamo ancor oggi.
La distinzione fra sacro e profano, l’autonomia della ragione dalla fede, la scienza sperimentale  –  quindi  persino la  laicità europea  (piaccia o non piaccia, buona o cattiva che sia: è europea) nascono dalle radici cristiane; se i cistercensi  avessero bruciato i libri di Catullo, Orazio e Cicerone, se avessero creduto che il Vangelo – essendo ispirato da Dio – ha dentro tutto il sapere che serve all’uomo, e  basta – oggi l’europeo sarebbe quello che è l’islamico: fondamentalista.

Ora, invece, ecco a cosa si riduce per Francesco questo straordinario edificio trimillenario, oggi tragicamente prossimo all’auto-estinzione per nichilismo anticristico: a una forma di “colonialismo”. Ha paura, El Papa, che ci sia nel cristianesimo ‘troppa’ cultura, che sia oppressivo e d’ostacolo a portare la fede “ai poveri”.  Gli sembra urgente una  sola cosa: che il cristianesimo come “cultura” scompaia, si tolga di mezzo. Lo dice in una frase incredibile nella suddetta  intervista:

«L’apporto del cristianesimo a una cultura è quello di Cristo con la lavanda dei piedi, ossia il servizio e il dono della vita. Non deve essere un apporto colonialista».




Lavi i piedi e poi si ritiri nelle stanze della servitù, ecco l’apporto unico che il cristianesimo deve portare a “una” cultura (qualunque? Yanomani, Lacandona? Azteca?  Wahabita?). 
Nemmeno si rende conto che questo sì è fondamentalismo; la forma comica  del fondamentalismo “spirituale”  del catto-modernismo, per cui –siccome il Vangelo prescrive di dar da mangiare agli affamati e vestire gli ignudi –  tutti gli stati, i governi, la UE devono accogliere tutti i rifugiati, senza limiti: quindi direttamente obbedire al Vangelo e non alle norme del diritto secolare e alle valutazioni realistiche – politiche –   delle  compatibilità. Il Vangelo diventa così il Corano della nuova shariah  caricaturale.

E poi no: l’apporto centrale di Cristo non si riduce nella “lavanda dei piedi”. Sul “dono della vita” attendiamo chiarimenti, data la vaghezza del concetto: vita è maiuscolo o minuscolo? Ma sulla “lavanda dei piedi” abbiamo visto Francesco travisare completamente il gesto. Cristo non ha lavato, né tantomeno baciato e biascicato come ha fatto lui, i piedi di  “immigrati, carcerati, islamici, donne”.
Ha lavato i piedi dei suoi discepoli. Nella notte tremenda dell’Ultima Cena, ha dato lezione di umiltà, anzi di umiliazione e di servizio a coloro cui avrebbe ordinato di lì a poco: “Fate questo in memoria di me”. 
Ha lavato i piedi ai futuri sacerdoti, le cui mani sarebbero state consacrate.  E infatti, anche oggi sono i vescovi che lavano liturgicamente i piedi a 12  seminaristi nel giorno della loro ordinazione sacerdotale. 
Bergoglio, lavando i piedi senza discriminazione a gente d’altra religione e anche a donne, ha completamente distorto e falsificato il significato del gesto.

E questo travisamento è anch’esso – visto che è volontario – una ingiuria a Cristo. Quanto il gesto di El Papa sia stato oltraggioso per i preti che ancora credono e restano fedeli alla vocazione, l’ha spiegato don Ariel Levi di Gualdo, a cui rimando. Mi limito ad estrarne due  concetti:

Da alcuni anni  [è] in fase avanzata un processo di veloce e massiccio svuotamento sia del senso vero, evangelico e teologico delle parole; sia dei simboli o dei segni esteriori che finiscono — una volta svuotati — riempiti di altri significati. Fatto questo si può correre il serio rischio di andare a incidere sulle sostanze eterne immutabili”.

E sul significato sostitutivo di cui Francesco ha voluto  riempire quel gesto svuotato del suo senso originario: 
Durante l’ultima cena, Cristo Signore non ha preso ed esibito agli Apostoli un povero dicendo loro: “Costui è il mio corpo e il mio sangue”, quindi “adoratelo”, “in memoria di me”.  E tutti siamo membra di questo Corpo Santissimo, a prescindere dal reddito dichiarato e dal ceto sociale di appartenenza”.

http://isoladipatmos.com/dalla-lavanda-dei-piedi-alla-lavata-di-testa/

Ecco cos’è la religione di Francesco: una adorazione del “povero”  (quello mediatico, finto, l’immigrato) messo al posto di Cristo. Ma nessuno riesce a fargli smettere di bestemmiare?



maggio 2016

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