Perché così poche reazioni?


Editoriale del numero di dicembre 2017 de Le Petit Eudiste,
mensile del Priorato Saint Jean Eudes della Fraternità San Pio X in Francia








In un secolo di fede, di fronte alle stravaganze del Santo Padre in materia di morale, le reazioni sarebbero state ben più vivaci di quelle odierne. Sì, in un secolo di fede, tutta la Chiesa sarebbe in allarme e a giusto titolo. Ma bisogna constatare che gli attacchi condotti di traverso contro l’indissolubilità del matrimonio, nell’esortazione post-sinodale Amoris Laetitia, hanno scosso in totale solo un pugno di cardinali, di vescovi e di laici, e meno male che molte di queste reazioni si sono espresse pubblicamente in maniera frequente e insistente. In più, certi sostenitori della morale evangelica si sono radunati sotto pressione quasi stanchi della linea tracciata dall’ormai famoso capitolo otto: Il Papa non dice di avere a sua disposizione lo Spirito Santo?

Perché questa pusillanimità? Ci si deve richiamare alla perdita del gusto della verità, perdita che è stata causata dalla falsa nozione di “tradizione vivente”, evolutiva, comune ai papi conciliari. Preoccupati di preservare i nostri corpi, rimaniamo immersi in un mare di relativismo che indebolisce le nostre intelligenze e le nostre volontà. Così, noi non attacchiamo come si dovrebbe ciò che viene dalle persone investite di autorità: che esse sbaglino apertamente, gravemente, con pertinacia, noi rimaniamo intimiditi, come paralizzati o perfino portati a distorcere il nostro giudizio per giustificare l’ingiustificabile: l’abbandono della morale naturale e rivelata, l’insegnamento del Signore Gesù.
Non ci sentiamo in grado di tenere fermo, di far fronte, inventiamo dei ragionamenti capziosi verniciati di soprannaturalismo per poter rimanere in silenzio.
Ne volete una dimostrazione? Nell’editoriale della Lettera agli Amici e Benefattori della Fraternità San Pietro (1), possiamo leggere: «… certi messaggi dell’Autorità della Chiesa stupiscono o confondono una parte notevole dei cattolici occidentali. Tuttavia, - e come sempre – noi siamo pronti a sottolineare le asperità del cammino mentre, sicuramente per mancanza di vita interiore, rimaniamo ciechi di fronte ai segni di speranza che la Provvidenza non manca di inviarci».
Che giuoco di prestigio! Con in testa l’accusa di cecità lanciata nei confronti di coloro che vedono lontano, di chi non rinuncia alla battaglia dottrinale!
Da notare che i riconciliati e i sedevacantisti condividono gli stessi presupposti: «Che si tratti di un documento infallibile o meno, il cattolico deve abbracciare filialmente il magistero. Egli non può fare il vaglio fra ciò che è infallibile e ciò che non lo è» (2). Su queste basi, i primi concludono che ciò che sembra falso è tuttavia vero e i secondi che colui che sembra essere il Papa non lo è, in ragione delle eresie che insegna.

E’ così che la rivoluzione conciliare ha devastato tutto o quasi. La cosa strana da constatare è che i suoi feroci adepti, sul piano sociologico, sono usciti molto spesso dal cattolicesimo tradizionale. Non è il colmo?
Le famiglie meritevoli - oh quante! - sotto un Pio IX o un San Pio X, per poco che abbiano perseverato nella pratica religiosa, alla fine hanno troppo spesso adottato le novità che contraddicono le dottrine che questi Sommi Pontefici richiamavano con fermezza! Non hanno resistito all’uragano scatenatosi negli anni sessanta. E se si vanno a cercare le cause, si trova che una di esse deriva da una falsa concezione dell’autorità e dell’obbedienza, concezione che mina la capacità di resistenza all’errore imposto dal superiore infedele.
Come descriverlo in poche parole? «Se si accordano al magistero gli attributi esclusivi di Dio, né il Papa né i vescovi potranno mai essere infedeli alla loro funzione, neanche al di fuori degli stretti limiti della loro infallibilità. Il fedele dovrà sempre prestare ai suoi pastori un’obbedienza assoluta. Lo stato di necessità è per definizione una cosa impossibile. Con un tale postulato, resta solo da negare il fatto della crisi nella Chiesa, iniziando col minimizzare e finendo col ridurre a niente i gravi pregiudizi causati dagli insegnamenti e dalle riforme del Vaticano II…» (3).
Quanto alle origini, questa deviazione risale a tempi lontani, ma, salvo casi particolari, fino a Pio XII non ha prodotto delle conseguenze. Tuttavia, questo nuovo fideismo (4) non preparava ad ergersi contro la tormenta che si annunciava. Non si rimanga scioccati, ma tale deviazione a volte è stata perfino incoraggiata da un papa che noi veneriamo. Ne sono testimonianza queste due affermazioni estratte da un discorso ai sacerdoti tenuto il 2 dicembre 2013, affermazioni giuste, senza dubbio in quella occasione, ma che non si dovrebbero assolutizzare: «Non può esserci santità laddove vi è dissenso col Papa» e «non si limiti il campo nel quale il Papa può e deve esercitare la sua volontà».
Basta mettere queste due affermazioni in bocca a Papa Francesco per rendersi conto del loro carattere eccessivo, erroneo. E in realtà si tratta di opinioni private che prese a rigore di termini non resistono all’esame.
Nella sua postfazione alla Breve apologia della Chiesa di sempre [del Padre Calmel], Jean Madiran ha fatto notare che il Padre Calmel rigetta con energia queste affermazioni e l’autorità invocata, per grande e venerabile che fosse, non scuoteva la sua certezza.
Questo discorso ai sacerdoti è stato fatto conoscere nell’ambiente conservatore dal libro di Jean Ousset, Perché Egli regni; e questo potrebbe spiegare gli indugi e le defezioni nel momento in cui il dovere chiama alla lotta contro il neo-modernismo. La tendenza a prendere tutto in maniera incondizionata, a rifiutare le sfumature, le distinzioni e i limiti che la Chiesa ha sempre accompagnato all’insegnamento sull’obbedienza, non comportano un gran male sotto dei papi integri, ma possono comportare delle catastrofi in tempi di crisi.
Il Reverendo Padre Le Floch, Rettore del seminario francese a Roma [nei primi decenni del 1900], diceva ai suoi studenti nel 1926: «l’eresia che sta per nascere sarà la più pericolosa di tutte: l’esagerazione del rispetto dovuto al Papa e l’estensione illegittima della sua infallibilità» (5).
In assenza di eresia, questa variazione degli spiriti conduce a dei controsensi storici drammatici. Se ne trova un esempio nel libro Tutta la verità su Fatima: «Tuttavia, bisogna constatare che nell’analisi della situazione mondiale, un ottimismo ingiustificato guadagna a poco a poco la maggior parte degli esperti di Fatima. Ottimismo dei più illusori, che avrà presto gli effetti più funesti. Professando una fiducia assoluta nel Santo Padre, senza alcuna restrizione o limite, come se egli godesse del doppio carisma dell’impeccabilità in tutti i suoi atti e dell’infallibilità in tutti i domini, essi non osano neanche insinuare che il Papa non abbia ancora obbedito a tutte le richieste della Madonna… Così il canonico Barthas…, nel 1951, tentava di spiegare che dopo il 1945… la Vergine cominciava a costruire la pace mondiale
Così anche John Haffert e Mons. Fulton Sheen, che scriveva: «Il comunismo è stato sconfitto il 13 ottobre 1951, ma la notizia non è stata ancora diffusa…» (6).
Così il colonnello Rémi e altri ancora, ai tempi in cui la Russia era e continuava ad essere sotto Stalin, Krusciov e poi Breznev come una vasta rete di campi concentramento.
Qual era la radice di questo ottimismo illusorio?
Il frate Mischel risponde così alla domanda:«Essa è facilmente riparabile. Si tratta di un errore sulle richieste precise della Vergine e sul loro reale adempimento da parte del Sommo Pontefice. Errore deplorevole che trova la sua fonte in una deliberata volontà di affermare a priori, come fosse un dogma di fede, che il Santo Padre ha sempre fatto il suo dovere e adempiuto tutte le richieste del Cielo. Questo significa dimenticare che né la giusta obbedienza né la filiale e amorevole fiducia che sono dovute al Santo Padre, in quanto Vicario di Cristo e capo visibile della Chiesa, possono autorizzare i fedeli a venir meno al rispetto assoluto dovuto alla verità.»

Oggi, più che mai, bisogna ricordare che il Papa è essenzialmente Vicario di Gesù Cristo. Mons. de Castro Mayer ne traeva alcune conseguenze (7): «Questo aspetto attiene all’essenza stessa del Papato. Non può essere messo da parte. Dimenticarsene… può condurre le persone a pensare che il Papa è il padrone della Chiesa, che può fare ciò che vuole, ordinare o revocare a seconda di quello che gli pare meglio, i fedeli essendo sempre e semplicemente obbligati ad obbedirgli. Riflettendo un po’, si vede che questa concezione attribuisce al Papa l’onniscienza e l’onnipotenza, attributi esclusivi di Dio. Si tratterebbe di idolatria, che trasferisce alla creatura ciò che è proprio alla divinità. E’ per questo che il concilio Vaticano I, per definire i poteri del Papa, si preoccupò di precisarne anche il fine e limiti. Il Papa deve conservare intatta la Chiesa di Cristo, attraverso la quale il Divino Salvatore perpetua la Sua opera di salvezza. Egli deve mantenere infatti la struttura della Chiesa così come il Signore l’ha costituita, e deve vegliare per conversare e trasmettere integre la fede e la morale ricevute dalla Tradizione apostolica

Non temiamo di insistere: quanti preti, religiosi devoti e di buona dottrina, sono stati colti alla sprovvista e messi nell’impossibilità psicologica di affrontare la sovversione instillata dall’alto, o peggio, hanno finito col collaborare a questa sovversione perché avevano ricevuto un’educazione un po’ falsata dalla disistima dei valori dell’intelligenza; educazione che alla fine ha portato al venir meno di ogni responsabilità di fronte al superiore, qualunque cosa egli comandasse.
In questo contesto, l’azione di salvataggio di Mons. Lefebvre appare davvero come un miracolo morale suscitato dalla Provvidenza.

Quanto a noi: dobbiamo cercare il vero, amarlo e servirlo senza cedimenti, a costo di perdere la nostra reputazione qui in terra, di essere considerati folli da coloro che hanno perduto il senso dell’obiettività e che le correnti muovono qua e là.
Mons. Lefebvre si è trovato di fronte ad una sorta di dilemma: «Se questo governo [della Chiesa ufficiale] abbandona la sua funzione e si volge contro la fede, che dobbiamo fare noi? Rimanere legati alla fede? Noi possiamo scegliere. Viene prima la fede? Viene prima il governo? Ci troviamo di fronte ad un dilemma e siamo obbligati a fare una scelta(8).
Allora, quale attitudine adottare di fronte ad un papa prevaricatore? «Noi non ricusiamo l’autorità del Papa, ma ciò che egli fa. Noi riconosciamo al Papa la sua autorità, ma quando egli se ne serve per fare il contrario di quello per il quale tale autorità gli è stata conferita, è evidente che non lo si può seguire.» (9).

Vivere della verità, nella fedeltà a Cristo e alla Chiesa che Lui ha fondata: in questo dominio, Mons. Lefebvre ci ha lasciato un esempio spinto fino all’eroismo. Con la grazia di Dio, mostriamoci degni di questo grande servitore della Chiesa.

NOTE

1
– Dicembre 2017 - n° 92
2 – Don Ricossa, La massoneria e il modernismo, in Rivarol n° 3305 del 15 novembre 2017.
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2223_Ricossa_Intervista_Rivarol_15.11.17.html
3 – Don Gleize, in Courrier de Rome de luglio-agosto 2008, p. 3.
4 – Cfr. Itinéraires n° 196, settembre/ottobre 1975. Louis Salleron in Solesmes et la Messe, p. 149: «Non si vuole utilizzare la propria intelligenza: si «crede». Il fideismo di una volta consisteva nel credere in Dio, in Gesù Cristo, alle verità rivelate, senza  preoccuparsi dei motivi di credibilità o considerandoli derisori, cioè inesistenti. Il nuovo fideismo consiste nel credere a Roma, al Papa, alla Santa Sede, senza altra cura, circa ciò che da esse emana, che giustificarne la forma e il fondamento. Il «fondamentalismo» passa dai testi della Sacra Scrittura a quelli del Vaticano… La stessa Chiesa si è preoccupata di definire ciò che è infallibile nel suo insegnamento… In seguito entriamo nella gerarchia estremamente sottile e delicata degli atti del Magistero… […] Ci troviamo nel dominio… in cui la coscienza e l’intelligenza hanno una libertà di esercizio che, pur essendo sottomessa a delle regole, non è meno reale, sotto pena di cadere nel fideismo… Il nuovo fideismo inclina all’integralismo idolatrico. Esso è temibile perché se oggi ha di che «rassicurare» gli spiriti, li lascerà senza aiuto il giorno in cui le forme esteriori della Chiesa venissero a sparire…»
5 – Citazione fornita da Gérard Bedel.
6 – Frate Michel de la Trinité, Toute la Vérité sur Fatima – Le troisième secret, tome 3, pp. 212 e 213.
7 – Cfr. il mensile Heri e Hodie (3 maggio 1983), ripreso nel 2000 in un opuscolo intitolato Cattolici Apostolici Romani – La nostra posizione nell’attuale situazione della Chiesa.
8 - Cfr. Sermone della Messa crismale del Giovedì Santo 1986 a Ecône.
9 – Cfr. Fideliter n° 66.





dicembre 2017
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