A volte l’età produce dei vuoti di memoria

Eppure Mons. Fellay non è tanto avanti con gli anni
  
di Giovanni Servodio







Siamo a luglio, e tra l’11 e il 21 si svolgerà a Ecône il quarto Capitolo Generale della Fraternità San Pio X.

Lo scorso 28 giugno, l’attuale Superiore Generale, Mons. Bernard Fellay, ha rilasciato un’intervista al giornale tedesco Tagespost (intervista riportata sul sito di informazioni della Fraternità), e sembra proprio che essa debba collocarsi nel quadro dei preparativi per lo svolgimento del Capitolo; in esso, infatti, si dovrà eleggere il nuovo Superiore Generale e non è azzardato pensare che Mons. Fellay miri alla rielezione: è il Superiore della Fraterntà dal 1994.
In questi 24 anni di incarico, la Fraternità, sotto la sua direzione, ha mirato a raggiungere una ricomposizione con Roma e in questo contesto ha conosciuto varie vicissitudini: dallo scacco del 2012, quando ad accordo quasi concluso arrivò l’aut aut di Papa Ratzinger – o Concilio o niente -, alla cacciata di decine di sacerdoti in disaccordo con la politica di ricongiungimento con Roma, nonostante la conduzione modernista della Chiesa non avesse dato il minimo segno di ravvedimento.
Mons. Fellay non esitò a cacciare perfino il suo confratello nell’episcopato, Mons. Richard Williamson, perché, a suo dire, era sedizioso e disobbediente.

Adesso, con Papa Francesco, che Mons. Fellay stesso ha accusato di propagare l’eresia nella Chiesa (ha firmato la Correzione filiale che accusa Francesco di questo grave peccato), egli spera di riuscire a raggiungere il suo scopo di diventare il “Prelato” della Fraternità riconciliata con la Roma ancora modernista.

Ma abbiamo parlato di vuoti di memoria, e ci riferiamo a questa intervista, dove Mons. Fellay ricorda che Mons. Lefebvre ritirò la firma dall’accordo del 5 maggio 1988 perché non trovò la comprensione e la disponibilità dell’allora Cardinale Ratzinger sul nome del candidato vescovo e sulla data della sua consacrazione. Mons. Fellay non ricorda minimamente che si trattò non di una reazione quasi emotiva di Mons. Lefebvre (dice nell’intervista che Mons. Lefebvre si senti preso in giro), quanto piuttosto della sofferta consapevolezza che Roma non voleva il bene della Fraternità, ma la sua morte, e questo in forza del fatto che vi era – e vi è ancora – una totale incompatibilità tra la Tradizione cattolica, che la Fraternità ha sempre voluto difendere e mantenere, e la nuova Chiesa sorta dal Vaticano II, che ha voluto  - e vuole ancora – distruggere questa stessa Tradizione.
La portata di questo “vuoto di memoria” è cruciale per intendere in che è consistita - e in che consista e in che consisterà se verrà rieletto,  la politica di Mons. Fellay nei rapporti con Roma.

E per meglio far comprendere ciò che intendiamo dire, riportiamo da questa intervista il passo in cui Mons. Fellay, per spiegare che ha fiducia in Papa Francesco, dichiara: «Egli ci aiuta ad un livello più basso. Per esempio, ci ha detto: “Ho dei problemi quando faccio qualcosa di buono per voi. Io aiuto i protestanti e gli anglicani, perché non posso aiutare dei cattolici?” Certuni vogliono impedire un accordo, perché noi saremmo un elemento perturbante per la Chiesa. Il papa si trova tra due fuochi.»

Invero, l’unica cosa seria che si può dire è che Papa Francesco si trova su un fuoco solo: quello del ribaltamento e della demolizione della Chiesa cattolica; ed è sulla base di questo solo fuoco che egli si dà da fare per aiutare i protestanti e gli anglicani e si industria per aiutare anche la Fraternità, associata volutamente ai primi, come fosse una qualunque sètta moderna.
Ma Mons. Fellay sembra non far caso a questo vezzo di Papa Bergoglio, anzi dimostra di apprezzarlo e di poterlo ascrivere alla benevolenza di Bergoglio per la Tradizione.
Abbiamo l’impressione che Mons. Fellay non abbia piena coscienza di ciò che dice e delle conseguenze che questo comporti.
Fatto è che, contrariamente a quanto continua a sostenere, i suoi apprezzamenti e la sua conseguente politica non corrispondono affatto alla linea di condotta tenuta da Mons. Lefebvre, salvo strumentalizzare alcuni momenti e alcuni accadimenti della vita di Monsignore, quando questi possono essere utilizzati ai suoi fini.

Non staremo qui a ricordare i moniti di Mons. Lefebvre circa il necessario ritorno di Roma alla Tradizione, che tutti ormai conoscono; né ricorderemo il disposto del Capitolo del 2006 che parlava anch’esso di un “impossibile accordo pratico” e del “giorno in cui la Tradizione ritroverà tutti i suoi diritti” nella Chiesa; ci limitiamo a far notare che ai giorni nostri la Roma modernista dei “due papi” continua a perseguire lo scopo di edificare una neo-chiesa mondialista amalgamata con tutte le altre false religioni per l’affermazione di un’unica religione mondiale, propedeutica all’avvento dell’Anticristo.

E’ nel cuore di questa contraffazione della Chiesa cattolica che Mons. Fellay vuole condurre la Fraternità di Mons. Lefebvre, proponendosi perfino come “prelato” di quella che inevitabilmente potrà essere solo la contraffazione della Fraternità San Pio X.

Ed è per questo che troviamo davvero singolare che Mons. Fellay ritenga che un eventuale accordo in queste condizioni non susciterebbe la sfiducia dei sacerdoti e dei fedeli e non comporterebbe dimissioni in massa: «Se arriveremo ad un accordo ragionevole con delle condizioni normali, molto pochi resteranno in disparte. Se si troverà con Roma una buona soluzione, io non temo affatto una nuova divisione nella Tradizione»; e a suo dire, un tale accordo permetterebbe di realizzare quanto egli asserisce gli viene chiesto: «Oggi, dei membri della Curia ci dicono: dovreste aprire un seminario a Roma, una Università per la difesa della Tradizione… - Non è più tutto nero o bianco».

Davvero singolare che Mons. Fellay mostri di essere convinto che mischiarsi a Roma con le tante Pontificie Università che ormai insegnano solo riletture moderniste dei Vangeli, possa rappresentare un vantaggio per la Tradizione. Egli dimentica che la Fraternità San Pio X è nata per preservare e perpetuare il sacerdozio cattolico al fine di mantenere integra la fede cattolica e non per farla convivere con l’eresia modernista imperante a Roma da cinquant’anni.

Ci piace poco dover ricorrere alle citazioni di Mons. Lefebvre, ma forse è proprio il caso di ricordare che nel suo “testamento spirituale”, che Monsignore rese pubblico prima di morire col titolo di Itinerario spirituale, scrisse testualmente: «E’ dunque uno stretto dovere per ogni prete che voglia rimanere cattolico separasi dalla Chiesa conciliare, fino a quando essa non ritroverà la tradizione del Magistero della Chiesa e della fede cattolica» (Ed. Ichthys, Albano, 2000, p. 34).

Mons. Fellay questo lo sa benissimo, ma evidentemente, delle due l’una: o Roma ha ritrovato “la tradizione del Magistero della Chiesa e della fede cattolica” senza che nessuno se ne sia finora accorto, o Mons. Fellay è un vescovo che non vuole rimanere cattolico e in questa sua acattolica determinazione vuole coinvolgere i sacerdoti e i fedeli della Fraternità San Pio X.

L’augurio è che all’imminente Capitolo Generale non venga rieletto né lui né un altro sacerdote che la pensa come lui.

I membri e i fedeli della Fraternità si ritengono cattolicamente vincolati all’ingiunzione che Mons. Lefebvre lasciò in eredità, per il bene della stessa Fraternità e della Chiesa tutta.




luglio 2018

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