Ancora un giannizzero
della guardia bergogliana



di Giovanni Servodio






Ci è stato segnalato un altro intervento a favore di papa Bergoglio in relazione alla richiesta di dimissioni avanzata da Mons. Viganò nella sua “Testimonianza”, basata sulla denuncia di connivenza dello stesso Bergoglio con i prelati omosessuali e abusatori di seminaristi.

Questo intervento è stato approntato dal Dott. Massimo Gandolfini, neurochirurgo e portavoce del Family Day, cresciuto tra i neocatecumenali.
La notorietà del professore ci porta a rinviare il lettore ad una sua lunga intervista che delinea il suo pensiero, ottimamente commentata da Elisabetta Frezza e da Roberto Dal Bosco.

Il titolo dell’intervento – Il coraggio di Francesco – esprime chiaramente da che parte sta il suo autore.

Egli parte riferendosi al «“dossier” di Mons. Viganò, ex Nunzio Apostolico in Usa», e subito elogia quanto ebbe a scrivere papa Bergoglio nella sua “Lettera al popolo di Dio” (qui il testo - qui il nostro commento), nella quale parla ampiamente degli abusi sessuali commessi da certi prelati cattolici.
Qui, la cosa curiosa è che Gandolfini si premura di segnalare la “Lettera” di Bergoglio, del 22 agosto 2018, tralasciando di dire una parola sulla denuncia di Mons. Viganò che è stata resa pubblica il 26 agosto. Una sorta di giustificazione anteriore alla chiamata in correità di papa Bergoglio.
Vero è che papa Bergoglio, nel viaggio di ritorno dall’Irlanda, lo stesso 26 agosto, ha dichiarato: “Io non dirò una parola su questo”, ed ha invitato i giornalisti – e ovviamente tutti gli altri – a parlare al posto suo: “leggete voi, attentamente, il comunicato e fate voi il vostro giudizio”; ma questo non esime coloro che decidono di difendere papa Bergoglio dal tacere sulle accuse mosse da Mons. Viganò.

Nel suo intervento, Gandolfini fa solo un breve cenno alla richiesta delle dimissioni di papa Bergoglio avanzata Mons. Viganò: «trovo che non vi sia nulla di più inaccettabile ed assurdo che chiedere le dimissioni del Papa»; un papa che, secondo lui, avrebbe espresso: «la lucida condanna dell’orrore della pedofilia/pederastia/pornografia e di ogni disordine sessuale, praticata da chiunque e a maggior ragione da persona consacrata a servire il Vangelo e la Verità rivelata, accompagnata da una rinnovata azione, dentro e fuori la Chiesa, che ponga in atto ogni misura preventiva culturale, pastorale e sociale perché si taglino le radici stesse di quegli atti orribili
E si rimane stupiti a leggere un simile ditirambo quando si sa che papa Bergoglio è da cinque anni che si rifiuta di giudicare la pedofilia/pederastia mentre riceve, abbraccia e bacia ogni sorta di omosessuale.
Vabbé difendere il Papa, ma farlo in modo così maldestro è indice di sottile malizia e perfino di connivenza con l’errore.

Ma al Nostro si accende una lampadina che lo porta ad affermare «Credo la Provvidenza stessa ci doni oggi una grande opportunità per individuare quella radice velenosa e reciderla, perché succede spesso proprio così: in mezzo alle tenebre più pesanti, compare il fulgore di una luce, magari dimenticata, che ravviva la speranza».
Come se, dopo decenni di “sporcizia” che è penetrata nella Chiesa e si è diffusa a macchia d’olio fin nei gradi più alti della gerarchia, ecco arrivato papa Bergoglio a permettere di “individuare quella radice velenosa e reciderla”.
E anche qui, vabbé difendere il Papa, ma farne addirittura l’“uomo della provvidenza”, puzza lontano un miglio di cicisbeismo. 
In questo modo non si difende il Papa, ci si offre come sostenitori dell’uomo Bergoglio, a prescindere da ogni seria considerazione; e questo non fa onore a chi fa tale professione di fede nell’uomo.

Si arriva quindi inevitabilmente a diventare più realisti del re, leggendo addirittura le intenzioni semi-recondite di papa Bergoglio:
«Il Santo Padre Francesco, successore di quel Pietro di Galilea cui il Signore stesso conferì il mandato di confermare nella fede tutti i fratelli, si è assunto la grande responsabilità della denuncia, della inequivocabile condanna, e della “ricostruzione”, spero non soltanto del mondo ecclesiale
Ora, dato che di “sporcizia nella Chiesa” aveva già parlato il cardinale Ratzinger il 25 marzo 2005, durante la Via Crucis, 25 giorni prima della sua elezione al Papato avvenuta il 19 aprile 2005; e dato che Ratzinger ha fatto il Papa per quasi 8 anni, rinunciandovi poi per far posto a Bergoglio: e dato che Bergoglio è da cinque anni che fa il Papa, come evitare di chiedersi: ma cos’hanno fatto i due in questi 13 anni?
C’era proprio bisogno di aspettare quest’agosto del 2018 per sentire che papa Bergoglio “si è assunto la grande responsabilità della denuncia, della inequivocabile condanna, e della “ricostruzione”, come afferma imperterrito il Gandolfini?
Con tutta la buona volontà, qui c’è qualcosa che non quadra e non quadra non per poco, ma per molto, anzi per parecchio! Vuoi vedere che alla fine dei conti ha ragione da vendere Mons. Viganò che chiama in causa entrambi questi pontefici?

Qui non si tratta di lanciarsi lancia in resta in una «missione certamente gravosa e difficile, … che riguarda ogni cristiano e che esige la comunione con Pietro. “Cum Petro et sub Petrum”, con la santa determinazione di ‘tornare alla fonte e recuperare la freschezza originale del Vangelo’», come declama il Nostro.
Prima di buttarsi “cum Petro et sub Petro”, il buon fedele di Nostro Signore deve essere certo che l’attuale prelato sedente sul Soglio di Pietro non sia minimamente coinvolto nella “sporcizia” che oggi denuncia e condanna, perché se non fosse così, l’attuale successore nominale di Pietro non potrebbe minimamente “ricostruire” alcunché; e il dovere del buon fedele di Nostro Signore sarebbe primariamente quello di obbedire a Dio piuttosto che agli uomini. Diversamente non si andrebbe in “missione” per “ricostruire”, ma per demolire ulteriormente.

Per finire, segnaliamo che, quasi a riprova di quanto abbiamo affermato prima, papa Bergoglio ha appena promulgato la Costituzione Apostolica Episcopalis Communio, con la quale intende sostituire l’assetto gerarchico della Chiesa, come voluto da Nostro Signore, con un assetto “democratico” come voluto da Bergoglio stesso, dove i vescovi saranno chiamati a concorrere al governo della Chiesa al fianco del Papa, e dove la mutevole percezione del senso della fede prenderà il posto della trasmissione e la conservazione del depositum fidei.

«Confido altresì che, proprio incoraggiando una “conversione del papato […] che lo renda più fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli e alle necessità attuali dell’evangelizzazione, l’attività del Sinodo dei Vescovi potrà a suo modo contribuire al ristabilimento dell’unità fra tutti i cristiani, secondo la volontà del Signore. Così facendo esso aiuterà la Chiesa cattolica, secondo l’auspicio formulato anni or sono da Giovanni Paolo II, a “trovare una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova”»
(Costituzione Apostolica Episcopalis Communio, del 18 settembre 2018, n° 10).

E addio alla tanta strombazzata “comunione con Pietro”, e allo stesso Pietro, che con Bergoglio vedrà annichilita la sua funzione di “confermare nella fede tutti i fratelli”, sostituita con la funzione di presidente dell’assemblea dei vescovi e di amministratore delegato del congresso delle religioni mondiali.
“Cum Petro e sub Petro” dovrà allora essere sostituito con “cum Mario e sub Mario”, magari con la profonda gioia dei tanti Gandolfini che affollano la corte del signore argentino che da cinque anni continua e demolire il Papato e a stravolgere gli insegnamenti di Nostro Signore.

 


settembre 2018
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