A CHE PUNTO SIAMO?

di Luciano Pranzetti
Parte seconda (a)








Giovanni XXIII in confidenza con Mons. Montini, futuro Paolo VI



Premessa: poiché il pontificato di Papa Montini si estenderà per ben 15 anni - tempo completamente impegnato a dar fondo alla mutazione della Chiesa, da realtà divina e trascendente/verticale in realtà umana e immanente/orizzontale - facciamo nota la necessità di trattare il tema in due interventi proprio per la vastità dell’opera demolitrice programmata e condotta personalmente da Paolo VI. 

Giovanni XXIII muore il 3 giugno 1963. Il conclave elegge, il 21 giugno, l’arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Enrico Antonio Maria Montini che, col nome di Paolo VI sarà il 262° successore di Pietro. Se Papa Roncalli aveva dato il via alla maratona-staffetta della demolizione ecclesiale – dogma, morale, liturgia – Papa Montini non solo ne raccoglie il testimone ma, con una impennata mai vista, mette in azione una serie di “riforme” (?) con cui sconvolge, ab imis, l’architettura dottrinaria, il complesso liturgico, l’intera struttura gerarchica, l’organizzazione della Chiesa Cattolica.
Sono atti eversivi che costituiranno il modello con cui i Papi successivi misureranno ulteriori attacchi corrosivi alla Tradizione, esempio recentissimo essendo, il motu proprio Traditionis custodes di Papa Bergoglio. Atti eversivi che hanno il loro codice genetico nel nefasto CVII i cui documenti trasudano, ad ogni riga, errori, eresie, forzature, mascheramenti della Verità che si presentano come le chiavi con cui la novella Gerarchia conciliare apre le porte alla cultura modernista.

Al fine di rendere chiaro il legame tra il pensiero vaticansecondista e le picconate inferte alla Chiesa, Corpo e Anima di Cristo, riteniamo necessario illustrare, in misura assai sintetica ma congrua, i tre documenti più impregnati di tossicità.
  
Vediamo:

1) LUMEN GENTIUM: costituzione “dogmatica” in cui si afferma che “l’unica Chiesa di Cristo, costituita e organizzata come società sussiste nella Chiesa cattolica”, intendendo, con siffatto verbo, il riconoscimento delle altre confessioni eretiche dei “fratelli separati” come facenti parte – seppure in maniera non intera – di una generica Chiesa di Cristo. Con siffatta gherminella lessicale, i Padri conciliari, abbandonato l’est = è che, in termini di predicato nominale, dichiarava la Chiesa Santa, Cattolica, Apostolica, Romana quale essenza stessa di Cristo, e assunto il subsistit in = sussiste in, che in termini di complemento di stato in luogo indica una posizione ma non l’essere, i Padri conciliari, dicevamo, inaugurano il nuovo corso storico dell’ecumenismo.
Un tradimento compiuto con determinazione luciferina, un vero colpo al cuore del Cattolicesimo. Non c’è, pertanto, motivo, di meraviglia e di sorpresa se, nei documenti successivi e nei successivi anni, il sincretismo diverrà lo strumento con cui si compirà la normalizzazione della Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana quale “società” inserita nel calderone gnostico del CMC – Consiglio Mondiale delle Chiese – organo dell’ONU.    

2) NOSTRA AETATE: documento responsabile dell’attuale stagnazione della dottrina cattolica, immersa nel relativismo teologico ed etico, con cui i nuovi teologi, i così detti “periti conciliari”, spacciano confessioni filosofiche di contenuto luciferino, e perciò false religioni, quali realtà inserite nel disegno unificante di Dio nonché riconoscendo confessioni “monoteiste” non trinitarie come consanguinee della Chiesa Cattolica. Sicché:

a) ecco l’Induismo e il Buddhismo, elevati su un piano di trascendenza perché, in queste culture “gli uomini scrutano il mistero divino con l’inesauribile fecondità dei miti e con i penetranti tentativi della filosofia cercando la liberazione fisica attraverso forme di vita ascetica, sia nella meditazione profonda, sia nel rifugio in Dio con amore e confidenza”.
Non preoccupano, i periti, i veri contenuti di queste due false religioni che esprimono, nella pratica, violenza, magìa, erotismo orgiastico, abiezione igienica, annullamento ontologico, agnosticismo. No, non sono preoccupati i Padri conciliari così come non sarà preoccupata Madre Teresa da Calcutta tanto da pregare nelle pagode, tanto da non battezzare i moribondi – bambini e adulti – ritenendo giusto che ognuno muoia nella sua fede, alla faccia del perentorio comando, impartito da Gesù agli apostoli, e a tutti i cristiani, di andare per il mondo, annunciare il Vangelo e battezzare nel nome della Santissima Trinità, perché soltanto il battezzato si salverà. (Mc. 16, 16).

b) ecco la sperticata lode riservata all’Islam: “La Chiesa guarda con stima anche i musulmani che adorano l’unico Dio. . . che ha parlato agli uomini. . . essi hanno in stima la vita morale e rendono culto a Dio soprattutto con la preghiera, le elemosine e il digiuno”. Non importa che l’islam non riconosca il Signore Dio uno e trino, che non riconosca Gesù quale figlio di Dio morto per la salvezza dell’uomo, che ritenga i cristiani infedeli degni di morte. Un elogio dettato soltanto dal timore, una “captatio benevolentiae” che sa tanto di ipocrisia.
La Gerarchia, tremebonda e balbettante, darà, in futuro, ampia e biasimevole dimostrazione di simile viltà, spacciata per sincero apprezzamento, in numerosi momenti come quando i Papi baceranno il Corano, si inginocchieranno nella Moschea Azzurra, e quando invieranno fraterni auguri in occasione del ramadan.
Quanto al dio islamico, esso è un simulacro preso e trasferito dal V. T. e collocato in una dimensione di estrema distanza, inaccessibile e inconoscibile. Monoteismo di sola accezione etimologica, con elementi accessorii, di sapore pagano, quali un paradiso, gradevole soggiorno delle “Uri”, giovani vergini come premio ai martiri di Allah.

c) ed ecco la riabilitazione di Israele. E, tanto per conferire nobiltà e veridicità a tale operazione, il documento parla con le parole dell’Apostolo secondo il quale “gli Ebrei, in grazia dei padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui vocazione sono senza pentimento (Rom. 11, 28/29)”.
Certamente, ma qui si cita la fedeltà del Signore Dio e non quella di Israele il quale, dopo aver deliberata la morte di Cristo si è totalmente sciolto dall’antica Scrittura per indossare i panni del Talmud, l’accolta dei più velenosi e offensivi epiteti contro Gesù, la Vergine Maria, la Chiesa Cattolica di cui è sufficiente dare alcuni esempi:
Gesù, simile a una bestia, fu appeso al patibolo, sepolto come una carogna, su un mucchio di sporcizie e, infine, gettato all’inferno” (Zohar III, 282); “Gesù, figlio di Stada (Prostituta) Pandira” (Sanhedrin, 67°); la Vergine Maria, Madre di Dio  è detta “Sciria (escremento)” (Zohar III, 282); la santa Messa cattolica è sconciamente definita: “stercorazione, come è detto dei pagani che aprono l’ano e defecano davanti al loro dio” (Zohar III, 282).
Questi sarebbero i nostri “prediletti fratelli maggiori” secondo il parere di GPII (13 aprile 1986 – visita alla sinagoga di Roma). 

3) – DIGNITATIS HUMANAE : dichiarazione con cui si riconosce il diritto individuale alla libertà religiosa. Tutto ovvio, perché, chi non potrebbe sottoscrivere tale affermazione? Ma come l’esca nasconde l’amo così questa dichiarazione, con la difesa della coscienza legittimata a scegliere, porta al paradossale esito di riconoscere alle confessioni gnostiche, atee, financo alle sétte sataniche paritetica dignità e diritto di esercitare un qual che sia magistero. Insomma: un cattolico dovrebbe rimanere inerte, diciamo rispettoso, davanti a chi, per palese mala condotta, sarebbe da riprendere e ricondurre sulla via della Verità. 
Questo documento sarà la giustificazione per le tante avventurose iniziative con cui la Gerarchìa svenderà il proprio patrimonio sul mercato mondiale dell’apostasìa. Vale ricordare i futuri incontri di GPII con gli sciamani del Benin e la presenza ai loro riti, così come la sua partecipazione alle pagane liturgie induiste, di cui le cronache laiciste celebrarono, a suo tempo, l’apertura ecumenica alla diversità religiosa. E sull’onda di tale corrente modernista, avremo, più tardi, sacrileghe celebrazioni eucaristiche officiate nei luoghi e nei modi più irriverenti e scandalosi.

Nel prosieguo, elencheremo e chioseremo a dovere, le così dette riforme che Paolo VI condusse contro una Chiesa “non reformanda quia numquam deformata”- da non essere riformata perché mai deformata. Sì, ma fino all'11 ottobre 1962, giorno di apertura del CVII.








luglio 2021
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