«Guai a voi, sepolcri imbiancati!»

“SULLA CATTEDRA DI MOSÈ SI SON SEDUTI SCRIBI E FARISEI”

Terza parte

di Don Curzio Nitoglia



Gli articoli dell'Autore sono reperibili sul suo sito
https://doncurzionitoglia.wordpress.com/





Le decime e la carità

Al versetto 23°, del capitolo XXIII del Vangelo secondo Matteo, Gesù dice:
Guai a voi, Scribi e Farisei ipocriti, perché pagate le decime […] e poi tralasciate le cose più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà”.


Il precetto di Mosè sulle decime da pagare (Lev., XXVII, 30-33; Deut., XII, 2-27) riguardava gli animali domestici e alcuni degli alimenti più comuni prodotti dalla terra (il grano, i frutti degli alberi, il vino, l’olio …); ma i Farisei per mostrare vanitosamente a tutti il loro zelo e la loro santità esteriore si spingevano a pagare e soprattutto a far pagare le decime anche per i prodotti meno significanti della terra e delle erbe più piccole (la menta, l’aneto (1)  e il comino (2)). Tuttavia, ciò non impediva loro di trascurare, se non visti, i precetti più gravi della Legge mosaica, ad esempio l’amministrazione della giustizia, (la quale rende al prossimo ciò che gli è dovuto) e la misericordia (che comprende le opere di carità e dona più dello strettamente dovuto) o la fedeltà ai patti sia verso Dio che verso il prossimo.

San Tommaso d’Aquino (Commento al Vangelo secondo Matteo, n. 1869) spiega: “L’intenzione principale dei Farisei nel fare opere buone era la simulazione. Molti Sacerdoti erano diligentissimi nell’esigere sino al minimo le decime che erano dovute loro, come quelle che si pagavano sul cumino e sulla menta; mentre ciò che i fedeli dovevano a Dio, come la giustizia e la misericordia, era trascurato dai Sacerdoti, che badavano soprattutto ai loro interessi e non a quelli di Dio”.

Tuttavia non bisogna credere che Gesù vietasse di pagare le decime, poiché ha anche detto: “Queste cose [le decime] bisognava fare e non omettere quelle [misericordia e giustizia]”, dicendo ciò Gesù non condanna come malvagio di per sé il pagamento delle decime; infatti, dice che bisognerebbe fare ciò, ossia pagare le decime, però senza omettere i doveri di carità fraterna, come invece facevano ipocritamente i Farisei.

San Girolamo osserva:
“I Farisei - poiché il Signore aveva ordinato di offrire al Tempio la decima parte di ogni loro avere, affinché servisse a mantenere i Sacerdoti ei Leviti - si preoccupavano soltanto di adempiere questo precetto; mentre delle altre e più importanti prescrizioni, non si curavano per nulla. Pertanto il Signore con queste parole rimprovera la loro avarizia, poiché essi esigono strettamente le decime anche dei più vili prodotti della terra, mentre trascurano la giustizia nei loro affari, la misericordia verso i deboli e la fedeltà verso Dio; tutte cose ben più grandi delle decime” (Commento a Matteo, XXIII, 23, libro IV).


Il moscerino e il cammello

Inoltre Gesù chiama gli Scribi e i Farisei “guide cieche, che col filtro togliete via il moscerino e poi ingoiate il cammello!” (v. 24); infatti, essi per non ingoiare qualche animaletto considerato immondo (come il moscerino) filtravano le loro bevande; però non temevano di ingoiare (metaforicamente parlando) un animale molto più grande come un intero cammello, che per di più era anch’esso considerato immondo (Lev., XI, 4), ossia Gesù li rimprovera di osservare esteriormente per vanagloria le minuzie della Legge (il moscerino), per nulla difficili da osservare; senza preoccuparsi minimamente di trasgredire i precetti essenziali (il cammello) di essa, come la carità fraterna, che invece era gravosa da mettere in pratica. Gesù fa tutto il possibile ed impiega tutte le immagini che può per mostrare la loro ipocrisia, la quale si fa scrupolo di non osservare le cose più piccole, ma solo per timore di essere vista dagli uomini ledere l’immondezza legale, però poi vìola i precetti più grandi e non ha nessun timore del peccato purché passi inosservato dagli uomini.

S. Girolamo da parte sua scrive: “Andando contro i comandamenti di Dio, dimentichiamo le cose più importanti; mentre dimostriamo tutto il nostro zelo in cose che ci procurano profitto materiale” (Commento a Matteo, XXIII, 24, libro IV).

Inoltre “il male giunge al colmo, quando l’uomo cattivo crede di essere in grado d’insegnare e di guidare gli altri. Estrema sciagura è quando un cieco ritiene di non aver bisogno di una guida; ma immaginate verso quale burrone conduce un cieco che pretende di guidare gli altri. Questa è la pazza ambizione dei Farisei e la loro piaga sulla quale Gesù pone il Suo dito. Essi, infatti, compiono ogni cosa per ostentazione. Quest’orgoglio ha impedito loro di abbracciare la fede e di accogliere il Messia, ha fatto trascurare loro la vera virtù e li ha spinti a porre tutto il loro impegno nelle purificazioni corporali, senza darsi la minima pena della purificazione dell’anima” (S. GIOVANNI CRISOSTOMO, Commento al Vangelo di San Matteo, Discorso LXXIII, n. 2).


Lavano l’esterno del piatto ma dentro son pieni di rapina e d’immondezza

Al versetto 25° Gesù dice:
Guai a voi, Scribi e Farisei ipocriti: perché lavate il di fuori del bicchiere e del piatto, mentre al di dentro siete pieni di rapina e d’immondezza”.

Nel Vecchio Testamento la purificazione delle stoviglie era regolata da prescrizioni dettagliate e minuziose (Num., VII, 4). Ora era necessario prima della morte di Cristo osservare queste cerimonie, ma ciò che Gesù rimprovera ai Farisei non è la loro osservanza, quanto il fatto che poi non si preoccupavano per nulla, se dentro le stoviglie vi fosse il ricavato della rapina e dell’immondezza o dell’avarizia, ossia di un desiderio insaziabile di arricchire.

Anche qui il Redentore condanna la religiosità delle pure apparenze propria dei Farisei, che non pensavano per niente al loro miglioramento interiore, ma solo ad apparire puliti agli occhi degli uomini. Ciò che Gesù vuole insegnare non è il disprezzo delle cerimonie, ma cerca soprattutto di far capire che la bontà degli atti procede innanzitutto dalla purezza interiore della buona volontà, senza la quale, la purezza esteriore o legale non vale a nulla. Anche qui Egli sottintende che occorre avere innanzitutto la purezza dell’animo e poi anche quella esteriore.

Infatti, per farsi capire meglio il Redentore aggiunge: “Fariseo cieco, purifica prima l’interno del bicchiere, affinché poi anche l’esterno risulti puro” (v. 26); come si vede non proibisce la purità legale ed esteriore, ma la subordina a quella interna e spirituale; anzi Egli vuole che il cibo e la bevanda dei Farisei non siano più il frutto dell’ingiustizia, per cui essi debbono innanzitutto togliere dal loro cuore ogni immondezza o avarizia, così poi nulla di esteriore potrà macchiare il loro spirito.

San Giovanni Crisostomo spiega:
“Il Signore voleva dimostrare che non si corre alcun rischio trascurando le purificazioni corporali. Invece, ci si procura un grandissimo supplizio nel trascurare la purificazione dell’anima in cui consiste la virtù. Perciò, paragona la prima cosa a un moscerino, essendo insignificante e di poco conto, e la seconda a un cammello per la sua grande importanza. In realtà, tutte quelle minuscole osservanze legali e cerimoniali erano state stabilite in rapporto a quelle, essenziali e più importanti; ossia, in relazione alla misericordia e alla giustizia. In verità anche prima della Venuta di Cristo, le osservanze legali non costituivano l’essenziale della Legge e non bisognava porre in esse tutto l’impegno, mentre altri erano i precetti di cui si esigeva l’osservanza” (Commento al Vangelo di San Matteo, Discorso LXXIII, 2).

S. Girolamo osserva: “La superstizione dei Farisei consiste soprattutto nel mostrare esternamente agli uomini santità negli abiti, nelle parole, nei filatteri, nelle frange; mentre nel loro intimo sono ricolmi di vizi e di sozzura” (Commento a Matteo, XXIII, 25-26, libro IV).


Sepolcri imbiancati

Al versetto 27° Gesù rincara la dose, paragonando gli Scribi e i Farisei a “sepolcri imbiancati, che all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni sozzura”; infatti, a Gerusalemme era costume imbiancare, ogni anno nella prossimità della Pasqua ebraica, i sepolcri allo scopo di renderli esteriormente belli per i pellegrini, che venivano numerosi alla Città Santa per festeggiare la Pasqua e soprattutto ben visibili e riconoscibili, di modo che i pellegrini non si contaminassero, procurandosi un’impurità legale per tutta un’intera settimana (Num., IX, 16), toccandoli col loro corpo. Tuttavia anche se bianchi e splendenti come la neve, le tombe erano all’interno ripiene di putridume; così i Farisei e gli Scribi erano bianchi esteriormente, ma interiormente erano sporchi e lontani da Dio.

Per questo motivo Gesù aggiunge: “Allo stesso modo anche voi all’esterno sembrate giusti agli uomini, ma interiormente siete pieni d’ipocrisia e d’iniquità” (v. 28).

S. Girolamo (Commento a Matteo, XXIII, 27-28, libro IV) scrive:
“Gesù, a questo punto, conferma con l’esempio dei sepolcri ciò che aveva dimostrato sopra con l’esempio del bicchiere e del piatto. Infatti; mentre essi appaiono lindi all’esterno, sono sordidi all’interno”.

Ora Gesù cita un po’ di storia d’Israele per dimostrare quanto ha detto sopra. Infatti, aggiunge un nuovo “Guai a voi, Scribi e Farisei ipocriti, che costruite i sepolcri dei profeti, ornate le tombe di giusti e dite: Se fossimo vissuti ai tempi dei nostri padri [che uccisero i profeti], non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti” (vv. 29-30). Infatti, la storia del popolo ebraico dimostra che esso fu assai spesso ribelle nei confronti di Dio e dei Suoi profeti, la maggior parte dei quali, vennero da esso perseguitati e persino uccisi. Tuttavia i loro discendenti, i Giudei del tempo di Gesù, faranno ancora di più. Infatti, uccideranno addirittura il Messia.


Assassini dei profeti e di Cristo

I discendenti degli assassini dei profeti, ossia i Farisei e gli Scribi dei tempi di Gesù, restauravano, costruivano di nuovo e soprattutto veneravano i loro sepolcri, vantandosi di non essere partecipi delle colpe degli avi loro. Invece Gesù, pur non condannando in sé il rispetto che mostravano (anche se solo esteriormente) per i profeti, mostra che il loro atteggiamento verso  di Lui, il Messia annunciato dai profeti, è lo stesso di quello che ebbero i loro antenati verso i profeti, poiché essi tramano contro di Lui ed hanno già deciso in cuor loro di denunciarlo ai Romani e di farlo uccidere, nonostante la Sua dottrina inoppugnabile i Suoi miracoli strepitosi. Perciò, la loro intenzione è perversa nonostante che a parole condannino la condotta dei loro padri e ostentino venerazione per i profeti che furono uccisi da essi. Perciò il loro interiore è sporco, ossia è perversamente ostinato nell’intenzione di uccidere il Messia e gli Apostoli che Egli invierà a continuare la Sua opera di Redenzione, per cui essi sono persino peggiori dei loro avi.

Gesù dice loro: “Guai a voi, Scribi e Farisei ipocriti, che edificate i sepolcri dei profeti, ornate le tombe di giusti e dite: Se fossimo vissuti ai tempi dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti. In tal modo, voi testimoniate contro voi stessi che siete figli di coloro che, uccisero i profeti e allo stesso modo colmate la misura dei vostri padri” (v. 29).

I Farisei “fingevano uno zelo apparente per far finta di onorare i martiri, ma in realtà e in cuor loro approvavano coloro che li avevano uccisi” (M. SALES, Commento al Vangelo secondo San Matteo, II ed., Proceno – Viterbo, Effedieffe, 2015, p. 123, nota n. 29).

Gesù li rimprovera perché “la loro intenzione era cattiva; infatti, erigevano i sepolcri solo per mostrare esteriormente le apparenze della pietà, mentre avevano nell’animo l’intima intenzione di uccidere Cristo e i Suoi Apostoli” (SAN TOMMASO D’AQUINO, Commento al Vangelo secondo Matteo, nn. 1882-1883).

San Giovanni Crisostomo osserva: «Gesù maledice qui i Farisei non perché costruiscono i sepolcri o denunziano la malvagità dei loro avi, ma poiché così facendo e fingendo di condannare l’empietà dei loro antenati, essi commettono crimini ancora più grandi. Anche San Luca (XI, 47) afferma che l’accusa lanciata dai Farisei contro i loro padri è una pura finzione, rilevando che proprio poiché costruiscono le tombe per i profeti, dimostrano di avere gli stessi sentimenti di quelli che li hanno assassinati: “Voi approvate le opere dei vostri padri perché essi uccisero i profeti e voi costruite i sepolcri per loro”. Qui il Signore denuncia l’intenzione che i Farisei hanno nel costruire questi sepolcri: non li erigono per onorare i profeti martirizzati, ma anzi quasi per magnificare i loro assassini e temendo che possa scomparire la prova e la memoria di quei crimini, se il tempo distruggesse quelle tombe. […]. Siccome, però, non c’è nessuna colpa nell’essere figlio carnale di un assassino, se non si condivide l’intenzione cattiva del genitore; è evidente che Gesù li accusa di parentela o connivenza spirituale nella malvagità dell’intenzione. Infatti, sùbito dopo dice: “Serpenti, razza di vipere”, poiché come le vipere sono simili ai loro genitori per l’effetto mortifero del loro veleno; così i Farisei somigliano ai loro avi per la loro intenzione e indole assassina e sanguinaria. […]. Cristo dimostra che non vi è nulla di strano, se Lui stesso sarà sacrificato dai figli di coloro, che uccisero i profeti, figli crudeli e perfidi, i cui delitti superano persino quelli dei loro padri; essi sono spinti soltanto da orgoglio, filosofano a parole, facendo il contrario con le opere. Inoltre chiamandoli “serpenti”, Gesù intende dire che essi sono figli malvagi e mortalmente velenosi di padri malvagi e mortalmente velenosi. Inoltre essi sono peggiori dei loro padri poiché ne colmano la misura; infatti, questi ultimi avevano ucciso i profeti, essi invece stanno per uccidere il Figlio di Dio. Perciò il Signore li esclude dalla parentela spirituale di Abramo e dimostra che essa è puramente carnale e non servirà a nulla per loro, poiché non imitano la fede e le opere di Abramo» (Commento al Vangelo di San Matteo, Discorso LXXIV, 1).

S. Girolamo scrive: il Redentore afferma che ciò che è mancato ai loro padri lo compiono i loro figli. Infatti, “quelli uccisero i servi; invece voi crocifiggerete il Signore; essi uccisero i profeti, mentre voi Colui, che i profeti hanno annunziato” (Commento a Matteo, XXIII, 29-31, libro IV).

Insomma, il Salvatore li accusa esplicitamente di avere la stessa indole, mentalità e perversa volontà dei loro padri carnali; anzi addirittura di essere peggiori di loro poiché essi hanno disprezzato il Precursore e hanno perseguitato costantemente anche il Messia in persona.


Castigo dei Farisei e di Gerusalemme

Al colmo della sua indignazione Gesù, riprendendo l’invettiva già usata da Giovanni Battista contro i Giudei (Mt., III, 7; XII, 34), esclama: “Serpenti, razza di vipere, come potete sfuggire alla condanna della geenna? Ecco, io vi mando profeti, sapienti e scribi (3), ma voi ne ucciderete e crocifiggerete alcuni, ne flagellerete altri nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città. […]. Sicché ricadrà su di voi tutto il sangue innocente versato sulla terra […]. In verità vi dico: tutte queste cose ricadranno su questa generazione” (vv. 32-33).

Infatti, i Farisei coevi a Lui sarebbero arrivati sino a uccidere lo stesso Messia, sorpassando la malizia dei loro padri, che avevano ucciso solo i profeti i quali Lo annunziavano da lontano; facendo ciò essi porteranno al colmo la misura del misfatto dei loro avi e la misura della collera divina, la quale li castigherà con la distruzione di Gerusalemme e con la rottura della Vecchia Alleanza stabilita con Abramo e i suoi discendenti sino a che essi non si convertiranno poco prima della fine del mondo a Gesù Cristo (cfr. Rom., XI, 25-33).

San Tommaso d’Aquino spiega che “il serpente è un animale velenoso e uccide col suo veleno, così costoro sono detti serpenti poiché uccisero i profeti” (Commento al Vangelo secondo Matteo, n. 1889) e poi uccideranno anche Cristo e i Suoi Apostoli.

S. Girolamo conclude: “Come dalle vipere nascono della altre vipere, così voi siete nati assassini dai vostri padri assassini” (Commento a Matteo, XXIII, 33, libro IV).

La “condanna” o il “giudizio della geenna” è un’espressione tipicamente orientale che significa la condanna alla pena eterna meritata per i propri peccati.

Padre Severiano Dal Paramo scrive:
“Parole tanto dure sulla bocca di Gesù, che aveva insegnato l’amore per il nemico non devono sorprendere. Una cosa, è desiderare il male spirituale del nemico; un’altra cosa, è svelare la sua ipocrisia, onde evitare che il suo esempio nuoccia al prossimo” (Commento al Vangelo secondo Matteo, Roma, Città Nuova, 1970, p. 343, nota n. 33).

A partire da tutto ciò, San Luca negli Atti degli Apostoli e i primi Padri apostolici, seguiti dai Padri apologisti ed ecclesiastici, insegnano concordemente che le prime persecuzioni contro i Cristiani furo progettate nelle sinagoghe dei Giudei: “Synagogae Judaeorum, fontes persecutionum” (Tertulliano). Infatti, i patimenti annunziati qui da Gesù furono poi inflitti ai Suoi diretti discepoli e agli Apostoli, basti pensare al martirio di S. Stefano, di S. Giacomo il Maggiore e il Minore e di S. Simeone (il secondo Vescovo di Gerusalemme), nonché le persecuzioni di cui furono oggetto sùbito dopo la Pentecoste San Pietro e San Giovanni a Gerusalemme, poi anche San Paolo in quasi tutti i luoghi in cui si recò trovò dei Giudei che complottavano contro di lui e che tentarono persino di ucciderlo. Non furono i Romani, i primi persecutori di Gesù e dei Cristiani, ma i Giudei.

Padre Severiano dal Paramo specifica: “È chiaro che Gesù considera il popolo ebreo come un’unità morale dal principio della sua esistenza sino al presente. Le uccisioni dei profeti perpetrate nel corso di tutta la sua storia sono presentate di conseguenza come crimini nazionali.   L’uccisione di Gesù il Signore di tutti i profeti, fece traboccare la misura della sopportazione divina. Il castigo provocato dal deicidio colpì, per la ragione suddetta tutta la nazione”.

“In altri termini, gli Ebrei, mettendo a morte Gesù, superarono ogni limite e provocarono la vendetta divina, che pure non si era abbattuta su di loro per tutto il sangue innocente che avevano già versato: Gerusalemme fu distrutta, e con essa anche il Tempio, e gli Ebrei cessarono di esistere come nazione” (cit., p. 344, nota n. 38), persero il Sacerdozio e il Sacrificio.

Siccome i Farisei del tempo di Gesù faranno ciò che i loro padri non osarono fare, cioè mettere a morte il Figlio di Dio, essi colmeranno così la misura della collera di Dio, che ricadrà su di loro, su tutto il popolo e sui loro figli.

Inoltre Gesù mostra chiaramente lo spirito criminale che animava anche i Farisei del suo tempo oltre che i loro avi, profetizzando il trattamento che essi avrebbero riservato a Lui e agli Apostoli. Infatti, Gesù ha predetto ciò che essi faranno di lì a poco e pure ciò che farà Lui soprattutto nel 70 con la distruzione di Gerusalemme e del suo Tempio. Egli sarà ucciso di lì a tre giorni, poi manderà loro i Suoi Apostoli, ma essi li perseguiteranno e li uccideranno, dopodiché il Signore si servirà dell’esercito romano per distruggere la loro Città Santa (70 d. C.) e poi tutta la Palestina (135 d. C.), poiché con il deicidio e il perseverare in tale misfatto, continuando a martirizzare anche gli Apostoli di Cristo (Stefano, Giacomo il Maggiore e il Minore), i Giudei diretti dai Farisei, dagli Scribi e dai Sadducei commisero un delitto infinitamente più grave di quelli commessi dai loro avi nell’uccidere i profeti dell’Antico Testamento, è per questo motivo che essi saranno castigati così severamente.


NOTE

1 - L’aneto è una pianta profumata e odorifera dei semi della quale, gli Ebrei si servivano come di condimento.
2 - Il comino è anch’essa una pianta odorifera il cui frutto era usato per dar sapore aromatico ai cibi e al vino.
3 - I termini “profeti, sapienti, scribi”, in linguaggio semitico, indicano gli evangelizzatori cristiani, ossia gli Apostoli del Nuovo Testamento, i quali, andranno a predicare il Vangelo prima in Palestina e poi in tutto il mondo allora conosciuto, annunziando a tutti, Ebrei e Gentili, il messaggio cristiano. Il Vangelo di San Luca li chiama “ministri della parola” (I, 2).






 
giugno 2023
AL SOMMARIO ARTICOLI DIVERSI