IL NEOLINGUAGGIO CLERICALE


di Luciano Pranzetti





 

In principio. Eh sì, perché c’è sempre un principio negli eventi di serie, così come nelle grandi creazioni e come qualmente nelle mode di qual che sia argomento.
In principio: “Bereshit” è il biblico termine con cui il sacro scriba annuncia l’opera divina della creazione; “En arché”, in principio, è la flessione greca del prologo evangelico di san Giovanni; “Am Anfang”, in principio, è l’equivalente tedesco con cui W. Goethe correda il suo Faust. Ma ne circolano altri innumeri esempi, non così celebri, tuttavia sottilmente accattivanti da determinare cambi di rotta sia nel bene che nel male.

Nostro intendimento, con il presente articolo, è quello di continuare la critica - stroncatura ad un fenomeno apparentemente trascurabile e che nessun organo d’informazione “tradizionista” s’è data premura di segnalare, eccezion fatta per www.unavox.it e per il quindicinale antimodernista www.sisinono.org. I due organi che, a viso aperto, combattono la buona battaglia contro il dominus delle tenebre.
Detto ciò per debito di gratitudine e per onore al merito, riprendiamo l’argomento parlando del neolinguaggio clericale con il quale disinvolti, spediti, quanto bischeri, sacerdoti espongono il proprio parere riguardo ai misteri del Cristianesimo. Linguaggio il cui climax ascendente va dal banale, allo sciocco, al restrittivo, all’offensivo, al sacrilego e il cui scopo è quello di ridurre il sacro ad argomento da pianerottolo condominiale.

Il principio” di questa moda si può considerare quel banalissimo libro di don Tonino Bello “Maria – donna dei nostri giorni Ed. San Paolo 2011” nel quale figurano delle ricognizioni mariane di gusto dolciastro - tipico delle chiacchiere da pie comari - in cui si parla, ad esempio, di Lei che, incompresa dai suoi cari – Gesù e Giuseppe - trascorre le notti in lacrime. Il successo editoriale di tal libello ha autorizzato legioni di epigoni a maneggiare temi di delicata materia con la disinvoltura dello zotico rimpannucciato, convinti di rendere alla comunità dei fedeli chissà quale servigio non preoccupandosi, invece, dell’offensivo trattamento riservato al santo soggetto di turno.

Noi iniziammo ad interessarci, attivamente, di siffatto linguaggio introdottosi nella Chiesa Cattolica, quando su questo sito, il 26 febbraio A. D. 2018, pubblicammo un intervento critico sul cambio terminologico del verbo INDURRE – riferito al Padre nostro – con ABBANDONARE e, via via, focalizzando gli argomenti, sino al 17 di aprile 2023, quando intervenimmo per smentire una sottile falsità riferita alla B. V. Maria la quale, a detta del conduttore di turno, nel programma tv2000 del “Rosario da Lourdes” del 12 aprile 2023, h.18,00 “non avendo conosciuto il peccato, concepita immacolata, fu, per questo, scelta dal Dio come madre del Figlio

Non sfugge, a un intelletto sveglio, la sesquipedale cappellata che si annida in questa riflessione laddove, implicitamente, si dice che, tra le tante donne ve n’è una, nata senza macchia di peccato e che, per tale fortunata contingenza, sarà scelta ecc. Si tace del fatto che è DIO colui che l’ha creata Immacolata predestinandola al ruolo che conosciamo. Pertanto non trattasi di “scelta” – operazione che esprime una dinamica con la quale “scegliere” vuol dire: individuare tra più cose quella che, in base a un confronto fondato su valutazioni oggettive e/o soggettive, appaia più rispondente allo scopo o più adatta alle circostanze, ma di articolato disegno ab aeterno disposto dalla Provvidenza divina per realizzare il piano della Redenzione.

Bene, dopo si fatto prologo, entriamo nell’argomento che ci spinge, oggi, ad intervenire – ancora una volta nell’ambito del “Rosario di Lourdes” – per sottolineare le sciocchezze che, in modo spigliato quasi, fossero delle perle, si rivelano per essere delle blasfeme espressioni.
L’altro giorno, venerdì 21 luglio 2023, h. 18,15, il conduttore del Rosario, giunto al terzo mistero doloroso – Gesù coronato di spine – se ne esce, e non per la prima volta, col definire l’incoronazione una PRESA IN GIRO.

Ora, tutti sappiamo che cosa voglia dire siffatta locuzione i cui verbali sinonimi – ridere, sfottere, turlupinare, deridere, canzonare, burlare, berteggiare, sbertucciare – son tutti connotati da un che di goliardico che, alla fin fine termina in una risata con il soggetto, preso di mira, venir consolato ed invitato, anch’egli, ad associarsi alla generale ilarità. E quale la ragione di una presa in giro? Le ragioni, più che la ragione, sono e possono essere infinite, tutte riconducibili a un difetto fisico o a un insuccesso di qualsivoglia specie.

Vi pare che calcare una corona di spine sul sacro capo di N.S.G.C. possa essere definita una presa in giro? Innanzi tutto v’è da considerare il soggetto su cui si vuole imbastire la ridanciana messinscena ché, se per i soldati è un folle che si crede re, per noi credenti cristiani è il Figlio di Dio. E, poi, dispiegarsi in tirate offensive e blasfeme quando la sofferenza, provocata dalle spine sul cuoio capelluto, è di un parossismo indicibile dovuto alla presenza attiva di 230 recettori del dolore per ogni cmq, è indizio di un pensiero superficiale o di vanità parolaia che induce al desiderio di distinguersi dalla truppa ossequiosa della tradizionale, storica e collaudata formalità di un contesto.

Nella comune presa in giro, ci può stare una parola di più, qualche gesto pesantino ma, poi, tutto viene ricondotto in un misurato teatrino. Ma vi sembra, cari lettori, che possa definirsi presa in giro un vero e proprio sabba in cui volano schiaffi, pugni, colpi di canna sulla testa già martoriata dalle spine, sputi, calci?
È lo stesso sacerdote che definì l’agonia nel Getsemani come “l’inizio dell’avventura della Passione di Gesù” e la salita al Calvario come “il viaggio verso il Golgota”. Abbiamo constatato, e ne siamo felici, come costui non ripeta più le due bischere sue invenzioni neoteriche. Speriamo, parimenti, che si renda conto anche di questa ulteriore banalità, sconfinata nella derisione sacrilega – “la presa in giro” – e la seppellisca nella damnatio memoriae, cioè in un profondo oblìo.







luglio 2023

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