Venticinque anni dopo:
San Paolo di fronte a San Pietro

di Don Régis de Cacqueray




Editoriale del n° 213 di Fideliter, pubblicato su La Porte Latine,

sito ufficiale del Distretto di Francia della Fraternità San Pio X.


Fideliter,
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Eccoci già a 25 anni dalle consacrazioni episcopali del 30 giugno 1988!
Questo quarto di secolo ci offre una prima retrospettiva per meglio comprendere la giustezza della decisione assunta allora dal fondatore della Fraternità San Pio X: Mons. Marcel Lefebvre.

È giocoforza constatare che i cattolici del mondo intero, nel corso di questo lungo lasso di tempo, non hanno visto emergere alcun altra figura notevole di grande vescovo cattolico. L’indebolimento e la deviazione della dottrina, hanno chiaramente provocato la stessa cosa nei caratteri e nelle personalità.
Tolti Mons. Lefebvre e Mons. de Castro Mayer, quale altro vescovo di questi ultimi decenni resterà nella storia della Chiesa di questo periodo?
Se non bisogna dimenticare di salutare il coraggioso ritorno alla Tradizione di Mons. Salvador Lazo, nel 1995, resta il fatto che questo vescovo filippino a riposo è stato, disperatamente, l’unica eccezione di questo quarto di secolo. Di contro, le macerie universali mostrano in tutta evidenza i frutti avvelenati dell’aggiornamento…

Certo, oggi come 25 anni fa, si parla facilmente di vescovi o di cardinali “conservatori”; ma che significa esattamente questo termine?
In generale, esso indica una certa fermezza nel dominio morale, un’opposizione agli eccessi che genera la Messa di Paolo VI, cioè una sensibilità a favore della Messa di San Pio V; ma non indica mai un’opposizione reale e pubblica alle innovazioni del Concilio.
È possibile citare il nome di un solo prelato, etichettato come “conservatore”, che abbia protestato pubblicamente contro gli innumerevoli scandali ecumenici o interreligiosi che continuano a prodursi a Roma?

Vero è che certuni ne sono rimasti scossi intimamente e hanno espresso delle riserve discrete a riguardo; che l’uno o l’altro ha scritto una lettera privata al Papa per esprimergli le sue lamentele e si è perfino arrischiato a fare la prefazione di un libro per criticare una devianza indubbiamente favorita dal Concilio [Mons. Mario Oliveri ha scritto la prefazione al libro di Mons. Brunero Gherardini: Concilio ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare]. Ma nessuno, in 25 anni, si è realmente sollevato, come San Paolo di fronte a San Pietro o come Mons. Lefebvre di fronte a Paolo VI.
Ora, è proprio questa incredibile promozione dell’uguaglianza delle religioni che ha la maggiore responsabilità della perdita della fede e dell’indebolimento del cattolicesimo.

E allora, se non ci fosse stata la Fraternità San Pio X e i suoi vescovi consacrati da Mons. Lefebvre, a contestare pubblicamente i discorsi e gli atti dei papi conciliari che si sono susseguiti sul trono di Pietro in questi 25 anni – discorsi e atti davvero rovinosi per le anime – non sarebbe stato possibile assicurare la confessione della fede cattolica, la cui principale istanza è la denuncia degli errori che si oppongono ad essa. Il relativismo religioso indotto dal Concilio, avrebbe trionfato dappertutto, senza che alcuna voce discordante si facesse sentire, ad eccezione di quella di alcuni sacerdoti, che ben presto sarebbero stati condannati a sparire, senza alcuna speranza di successione.

Sono dunque le consacrazioni episcopali del 1988, e solo esse, che hanno permesso, non solo la sopravvivenza della fede nei bastioni tradizionali, ma anche e soprattutto il mantenimento dell’energica protesta contro il dialogo e la fraternizzazione di tutte le religioni, chiamate a realizzare una fattiva unione in favore della pace nel mondo sotto la presidenza della Roma conciliare.

Adesso, noi entriamo nel secondo quarto di secolo successivo alle consacrazioni episcopali del 1988. Certo, noi speriamo con tutto il cuore che nel corso di questo secondo periodo si produrrà il ritorno dei vescovi e dei papi alla Tradizione e supplichiamo il Cielo perché così sia.
Ma chi sa che cosa ci riserva l’avvenire? Quanto tempo ancora durerà questa crisi?
Il dissolvimento del cattolicesimo e la crisi che esso attraversa non basteranno a distogliere gli odii che si nutrono contro di esso. È possibile che negli anni a venire sia proprio questo anticristianesimo, ogni anno più violento, ha costituire la nostra provvidenza, perché costringerà i cattolici che quantomeno avranno conservato la fede ad abbandonare le utopie conciliari per acquisire la forza d’animo per rimanere cattolici.

Per quanto ci riguarda, noi dobbiamo rimanere fermamente legati alla fede cattolica, sforzarci di trasmetterla alla generazione che ci segue e chiedere la grazia di essere trovati fedeli nell’ora della nostra morte.

«Ho trasmesso ciò che ho ricevuto», è questa la semplice frase che si trova scritta sulla tomba del nostro fondatore.
Noi non vogliamo fare altro che questo e ne chiediamo umilmente la grazia al Buon Dio.

Don Régis de Cacqueray †, Superiore del Distretto di Francia






giugno 2013

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