Cristianesimo ed esoterismo

di Don Curzio Nitoglia





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Introduzione

Alcuni occultisti, tra i quali spicca Edouard Schuré, hanno cercato di accreditare la stravagante teoria del “Cristianesimo esoterico”.

Secondo la loro ipotesi anche Gesù sarebbe un “grande iniziato”, un “maestro dell’Occultismo” e uno “gnostico” come ce ne sono stati relativamente pochi nel corso della storia umana.

Costoro, per sostenere la loro tesi, si basano su alcune frasi della Santa Scrittura, estrapolate dal loro contesto e spiegate in maniera difforme dall’interpretazione unanime dei Padri ecclesiastici, dei Dottori scolastici e degli Esegeti neo-scolastici approvati dalla Chiesa.


La dottrina che si ascolta in occulto o “all’orecchio”

Per esempio, essi citano il Discorso (Gv., XIII) fatto da Gesù agli Apostoli durante l’Ultima Cena, in cui - tra le altre cose -  Egli disse: “Ciò che ascoltate all’orecchio, predicatelo dai tetti” (Mt., X, 27); per cui ne concludono che Cristo ebbe un insegnamento esclusivamente nascosto o esoterico, che avrebbe riservato solo ai Dodici Apostoli e ai Suoi 72 Discepoli, ma non a tutti i fedeli; quindi, anche il Cristianesimo sarebbe sostanzialmente una religiosità elitaria e occultistica riservata a pochi iniziati, eletti o gnostici; mentre la massa dei Cristiani avrebbe ricevuto - da Gesù, dai Suoi Apostoli e Discepoli - solamente una dottrina secondaria, dozzinale, elementare e inferiore.

In realtà, la retta interpretazione del Vangelo di San Matteo (X, 27), secondo cui occorre “gridare dal tetto ciò che si è sentito nell’orecchio”, è quella che si trova nella Tradizione patristica.

Ora, la comune interpretazione patristica, nel caso particolare del presunto Esoterismo di Gesù Cristo, è stata data in maniera chiarissima - tanto per fare un esempio tra i molti Padri ecclesiastici, che hanno commentato questo passaggio evangelico - da Sant’Ilario di Poitiers (Super Matthaeum, X, 27), il quale spiega:

«Gesù non predicava di notte, tra le tenebre o di nascosto, come si può leggere nel Vangelo, ma l’Evangelista riporta quanto detto - di “gridare dai tetti ciò che si è sentito sussurrare nell’orecchio” - per significare semplicemente che il parlare del Signore era “tenebra” per gli uomini carnali e “notte” per gli increduli; mentre doveva essere annunziato pubblicamente e apertamente ai Pagani, con piena libertà di professione della Fede». 

Inoltre, il senso ovvio della frase succitata: “Gridate dai tetti ciò che avete udito nell’orecchio”, è chiaro ed è diametralmente opposto all’interpretazione esoterica. Infatti, Gesù ci raccomanda, in parole povere, di predicare a tutti, come se gridassimo da un balcone, la dottrina che avessimo ascoltato sussurrata dolcemente al nostro orecchio.

Dunque, la lettura esoterica di Cristo e del Suo Vangelo è non solo contraria all’interpretazione datane dalla Tradizione apostolica, ma pure al senso comune e ovvio della S. Scrittura sicut litterae sonant.


Parliamo di Sapienza solo tra “Perfetti”?

Per rafforzare questa loro tesi, costoro, si aggrappano a San Paolo, quando scrive: “Parliamo di Sapienza tra perfetti” (I Cor., II, 6), cercando di fargli dire che la dottrina sapienziale cristiana va esposta e discussa solo e soltanto ai e tra i “perfetti” e non assolutamente alla moltitudine, poco preparata, dei comuni fedeli.

Invece, gli Esegeti insegnano: «È solo accettando con totalità di Fede il Mistero di Cristo crocefisso che il Cristiano sarà avviato e introdotto nella vera “Sapienza”. Il Vangelo, infatti, è una “Sapienza”, ma una “Sapienza soprannaturalmente misteriosa e salvifica”, donata ai “Perfetti”.

Tuttavia, chi sono questi “Perfetti” per San Paolo? Non si pensi a qualcosa come gli “iniziati” dei misteri occulti del Paganesimo, quasi che il Cristianesimo sia una dottrina esoterica riservata ai soli iniziati. No! I “Perfetti” per l’Apostolo sono tutti quei Cristiani, anche i più semplici e i meno colti, che sono arrivati, mediante una Fede infrangibile e un Amore operante, a un’assimilazione feconda dei princìpi del Cristianesimo, al pieno sviluppo della vita e del pensiero cristiano. Per cui, non solo non vi è diversità d’iniziazione, ma - al contrario - la “Sapienza”, che è il settimo Dono dello Spirito Santo, è aperta a tutti, e tutti, pure se in modi diversi, ne sono capaci e devono essere condotti a riceverla» (SETTIMIO CIPRIANI, Le Lettere di Sam Paolo, Assisi, Cittadella Editrice, V edizione, 1971, Prima Epistola ai Corinzi, cap. II, verso 6, nota n. 6/7).

Per gli esoteristi, invece, la “Sapienza” sarebbe una conoscenza (o Gnosi) iniziatico/esoterica, auto-salvifica e addirittura auto-divinizzante, cui l’uomo arriverebbe con le sue sole forze naturali e soprattutto mediante la scienza occulta.

Ora per quanto riguarda il passo, appena citato, di San Paolo (I Cor., II, 6), al contrario di quanto insegna l’Esoterismo, il significato autentico, datoci dalla Tradizione, è il seguente: «Il Signore Gesù, non solo non rivelò tutta la profondità della Sua Sapienza, che è infinita, alle turbe; ma neppure agli Apostoli, ai quali - essendo creature finite -  disse esplicitamente: “Debbo dirvi ancora molte altre cose, ma per il momento non potete capirne il significato(Gv., XVI, 12). Tuttavia, Egli annunziò apertamente e mai occultamente tutto ciò che considerava opportuno comunicare agli altri della Sua infinita Saggezza; benché non tutto potesse essere compreso - essendo infinitamente vasto e profondo - e non tutti gli uomini volessero essere disposti a comprenderlo a causa della loro cattiva volontà» (S. AGOSTINO, Tractatus CXIII in Johannem, XVIII, 13).


Gesù ha parlato esclusivamente in Parabole?

Perciò, questi esoteristi, citano Gesù medesimo, che “parlava solo in parabole” (Mt., XIII, 34); per cui concludono che il Redentore nascondesse per principio, esplicitamente e sistematicamente la Verità sublime, superiore e sapienziale alle masse, presentandola o meglio velandola con parole oscure e difficili da capire; il che equivale a nasconderla con il silenzio. Dunque, Cristo sarebbe stato un esoterista e il Vangelo conterrebbe una dottrina segreta per principio.

San Giovanni Crisostomo (In Matthaeum XIII, omelia 47) spiega bene che “Gesù, innanzitutto, parlava in Parabole alle folle dei Giudei poiché esse non erano capaci né degne di ricevere la pura verità, che Egli, poi, esponeva ai Discepoli e che questi, infine, dovevano trasmettere e spiegare a tutti i fedeli”.

Inoltre, l’espressione “parlava solo in Parabole”, sempre secondo S. Giovanni Crisostomo (In Matthaeum XIII, omelia 47), va applicata e riferita non a tutto il Vangelo cristiano, ma soltanto a quel particolare discorso tenuto da Gesù - nel secondo anno del Suo Ministero pubblico - in cui narra della donna che nasconde un po’ di lievito nella massa della farina, sino a che non la faccia fermentare tutta quanta; discorso che è riportato nel Vangelo di Matteo (XIII, 34), poco prima della decapitazione di San Giovanni Battista (Mt., XIV, 1-11); poiché in diverse altre occasioni il Signore aveva parlato alle folle senza utilizzare nessuna Parabola.

Dal canto suo Sant’Agostino aggiunge e conferma quanto spiegato da san Giovanni Crisostomo che “Gesù parlò alcune volte in senso proprio, ossia non figurato e senza utilizzare le Parabole; ma, molto spesso si servì di qualche Parabola o figura, benché nel corso del suo discorso dicesse anche cose in senso proprio” (Quaestio XV in Matthaeum, XIII, 34). Perciò, non è assolutamente esatto dire che Gesù abbia insegnato solo tramite Parabole e in maniera figurativa.

Infatti, i Padri, i Dottori e gli Esegeti hanno sempre spiegato il contrario, citando la Scrittura in senso conforme alla Tradizione apostolica, di cui essi sono - se unanimi moralmente - la voce genuina, l’interprete ufficiale e l’eco fedele, la quale - in ultima istanza - può venire interpretata in maniera autentica soltanto dal Magistero pubblico della Chiesa.

In realtà, Gesù stesso disse chiaramente: “Io ho parlato a tutti in pubblico: Io ho sempre insegnato nelle sinagoghe e nel Tempio, dove si riuniscono tutti i Giudei, e non ho mai detto nulla di nascosto” (Gv., XVIII, 20). Inoltre, il Messia disse pure: “Non si porta la lampada per metterla sotto il moggio o sotto il divano, ma la si mette sopra il candeliere” (Mc., IV, 21), ove la lucerna o lampada rappresenta la dottrina teoreticamente vera e moralmente onesta.


I tre modi di predicare occultamente una dottrina

San Tommaso d’Aquino spiega magistralmente che una dottrina può restare occulta o segreta in tre modi:

1°) per volere esplicito del Maestro

«Quando il Maestro, in maniera esplicita, non intende manifestare la sua dottrina a tutti, ma al contrario preferisce nasconderla. Ora, ciò può avvenire in due maniere:

a) Per la gelosia del Maestro

«poiché egli - ex invidia - non vuole trasmettere agli altri la propria dottrina e sapienza, ma la vuol mantenere per se stesso, per amor proprio e per eccellere solo lui in essa. Tuttavia, ciò non conviene assolutamente alla Santità infinita di Cristo, del quale la S. Scrittura aveva annunziato nel Vecchio Testamento: “Io comunico la Sapienza senza invidia e comunico a tutti il suo splendore” (Sap., VII, 13); oppure ciò potrebbe anche accadere:

b) Per la disonestà di ciò che viene insegnato

«Ma, ciò contrasta con la Natura divina del Verbo Incarnato, la cui dottrina e insegnamento non si fonda né sull’errore dottrinale né sull’immondezza morale.


«Inoltre, una dottrina è occulta:

2°) se è proposta volutamente solo a pochi

«ma, Gesù non insegnò nulla di nascosto in questo modo volutamente segreto, ossia riservato per principio solo a pochi iniziati. Infatti, Egli propose la Sua dottrina o a tutta la folla o a tutti i suoi discepoli riuniti assieme. Ora, “colui che parla davanti a tanti uomini, non parla di nascosto o in occulto. Inoltre, Egli quando ha parlato solo ai discepoli, ha pure ordinato loro di trasmettere e di spiegare a tutti gli altri ciò che aveva detto solo ad essi. Quindi, Gesù non ha mai insegnato - per principio - in maniera esplicitamente e scientemente esoterica o occulta, riservando volutamente la Sua dottrina solamente a pochi eletti” (SANT’AGOSTINO, Tracatus CXIII in Iohannem, XVIII, 13).

«Infine, una dottrina può essere occulta:

3°) per il modo in cui è trasmessa

«Ora, Gesù in questo terzo modo di trasmettere la Sua dottrina, ha voluto velare qualcosa alle folle, utilizzando le Parabole; ma solo per annunziare Misteri spirituali che le turbe del Vecchio Testamento non erano, in quel momento, ancora capaci di afferrare (1).  Tuttavia, esse (ossia le moltitudini dei Giudei del Vecchio Testamento) ricevevano pur sempre un insegnamento su questi temi riguardanti i Misteri soprannaturali di Dio, sotto il velo delle Parabole evangeliche e ciò è senz’altro meglio di non ricevere nulla. Infatti, Gesù, successivamente, spiegava il significato delle Parabole ai Discepoli, incaricandoli - a loro volta - di trasmetterlo, di predicarlo e di spiegarlo alle folle, divenute pian piano idonee a capirlo, essendo passate dalla “infanzia” del Vecchio Testamento alla “maturità” della Nuova Alleanza (cfr. S. PAOLO, II Tim. II, 2)» (S. TOMMASO D’AQUINO, S. Th., III, q. 42, a. 3).


L’esoterismo nasce dall’orgoglio e porta alla perdizione

Ora, questa tendenza dell’Esoterismo, porta l’uomo alla sua rovina e nasce dall’orgoglio che è la radice di tutti i mali.

S. Tommaso, giustamente, insegna che «l’infedeltà nasce dalla superbia» (S. Th. II-II, q. 10, a. 1, ad 3um). Ed essa è il più grave dei peccati dopo l’odio di Dio. Dunque, la vera ragione di una scelta erronea riguardo al fine ultimo, va ricercata nelle opere cattive; ossia, nella vita, nell’atto della volontà, che può essere anche soltanto interno, ad esempio l’orgoglio intellettuale.

Le opere cattive non sono soltanto l’immondezza grossolana, ma anche l’immoralità sottile: l’esaltazione del proprio “Io”, la ricerca della gloria umana e dell’onore del mondo.

Come il ladro fugge la luce e ama le tenebre per, potere agire indisturbato; così l’orgoglioso odia la luce, la dottrina pubblica e ama le tenebre, la dottrina e la pratica esoterica, sia per la gelosia personale, volendo essere l’unico depositario della Sapienza; sia per l’erroneità o disonestà di ciò che insegna, non volendo essere scoperto e contraddetto.

Le tenebre servono, perciò, a coprire la sua dottrina infera e la sua condotta perversa; dunque, l’esoterista odia la luce perché smaschererebbe la sua perversità interna e nascosta.

Si può, quindi, concludere che la vita cattiva è la causa di ogni incredulità e soprattutto di quella degli eresiarchi e dei “grandi iniziati”.

Come il diavolo è diventato un angelo decaduto per la sua cattiva volontà (con la quale ha preferito affermare - per gelosia - se stesso, pur dannandosi, che sottomettersi alla Volontà di Dio, il quale gli domandava un atto di obbedienza e di umiltà); così il “grande iniziato” preferisce rifiutare la dottrina pubblica di Gesù, per potersi compiacere gelosamente nella sua oscura e confusa “Tradizione”, che tanto gratifica il suo orgoglio di poter essere chiamato: “Maestro!”. Mentre, Gesù ci ha ammonito: “Non vogliate essere chiamati Maestri. Uno solo è Maestro, il Padre vostro che è nei Cieli”.


Conclusione


“Et Verbum caro factum est!”

Sant’Agostino risponderebbe oggi ai teorici del “Cristianesimo esoterico”,
1°) portando il buon esempio del Verbo Incarnato, che da Dio si è fatto uomo; 2°) mettendolo in contrapposizione al cattivo esempio dello gnostico transumanista (o del modernista), che pur essendo solo una semplice creatura, aspira scioccamente a prendere il posto dell’Altissimo (o ad arrivare, per evoluzione auto-creatrice, al “Punto Omega”), andando invece così incontro alla propria rovina;
3°) usando, dunque, per gli esoteristi (e modernisti) contemporanei, le medesime parole di 1600 anni orsono, ossia:

«Tu hai voluto, o presuntuosa creatura, benché fossi uomo farti Dio per poi perire; ma, il Verbo, essendo Dio, volle farsi uomo per ritrovare ciò che s’era perso” (S. AGOSTINO, Sermo CLXXXVIII, cap. 3, in PL, tomo XXXVIII, col. 1004).

In breve, tirando le somme, come il Cristianesimo esoterico è esattamente la scimmiottatura del Cristianesimo reale.

Infatti, l’Esoterismo vuole che l’uomo si faccia “Dio” da se stesso tramite la conoscenza iniziatica o Gnosi; il Modernismo pretende che la Grazia sia dovuta alla natura e non sia un dono gratuito di Dio; mentre il Cristianesimo insegna che Dio s’è incarnato per salvare l’uomo dal peccato originale, facendolo partecipare alla Sua Natura divina, in maniera limitata e finita, tramite la Grazia santificante.

Il comune denominatore dell’Esoterismo e del Modernismo è senz’altro l’Antropocentrismo o il Transumanesimo, che è visto in chiave di evoluzionismo cosmico, ossia come il continuo divenire della “Divinità”, che dal nulla tramite la materia giunge allo spirito o al Cristo esotericamente cosmico (cfr. G. AMBROSINI, Occultismo e Modernismo, Bologna, Tipografia Arcivescovile, 1907 (2)).

 



NOTE

1 - I Padri ecclesiastici (fondandosi su SAN PAOLO I Cor., XIII, 11; Ebr., V, 3) paragonano i fedeli dell’Antico Testamento ai fanciulli, che vanno nutriti con cibi più delicati e leggeri; mentre quelli del Nuovo Testamento li paragonano agli adulti, che si nutrono di cibi più sostanziosi e ricchi. Perciò, Gesù parlava in Parabole ai suoi ascoltatori, che - non essendo ancora entrati nella Nuova ed Eterna Alleanza - erano simili ai bambini, non potendo, dunque, già ricevere il cibo più solido che si dà agli adulti; ossia, la dottrina del Nuovo Testamento in maniera esplicita e aperta. 
2 - Cfr. M. SCHOOYANS, Nuovo Disordine Mondiale, Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 2000; ID., Il volto nascosto dell’Onu. Verso il governo Mondiale, Roma, Il Minotauro, 2004; ID., Conversazioni sugli idoli della Modernità, Bologna, ESD, 2010; ID., Evoluzioni demografiche, Bologna, ESD, 2013.









 
ottobre 2023
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