Della qualificazione teologica estrinseca
del Vaticano II


di Arnaldo Xavier da Silveira


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“Il mondo gemette, sorpreso di trovarsi ariano” (San Girolamo)


29.06.2013 – Nella Festa degli Apostoli S. Pietro e S. Paolo


• Per questa valutazione globale del Vaticano II, si espongono i concetti
di qualificazione teologica “estrinseca” e di “eretizzante”.
• I fedeli sono tenuti a rifuggire non solo dall’eresia,
ma “pure da quegli errori che in maggiore o
minore  misura s’avvicinano all’eresia
(Pio XII, Humani generis).
• Nel documento conciliare che non soddisfi
le condizioni di infallibilità definite dal Vaticano I,
può esserci errore dottrinale.




1] Negli ultimi anni, per la commemorazione del cinquantesimo anniversario della sua apertura, si sono sviluppati studi approfonditi sul Vaticano II, ma diversi problemi ad esso relativi, anche di fondo, rimangono ancora aperti. Uno di questi è la qualificazione teologica dei suoi documenti, vale a dire la definizione dei concetti tecnici che indichino in che misura essi si avvicinano o si allontanano dalla Tradizione cattolica. Analizzando questa questione, in termini esclusivamente personali, affronterò anche altri aspetti del Concilio che oggi mi sembrano rilevanti.

2] Nei limiti del possibile, qui eviterò le referenze accademiche, perché sono sicuro che non necessita dimostrare ciò che è evidente agli occhi del lettore a cui specificamente mi rivolgo, vale a dire al cattolico di formazione tradizionale che segue i dibattiti sul Vaticano II. Ai fini molto limitati considerati adesso, entrare in particolarità tecniche e pretendere di provare con un impianto accademico ciò che è già provato, significherebbe distogliere l’attenzione su elementi marginali, aprendo il campo a dibattiti puramente speculativi e dalla superflua erudizione. In ogni caso, si devono tenere presenti le analisi dottrinali dell’eminente teologo Mons. Brunero Gherardini e la monumentale opera storica del professor Roberto de Mattei, specialmente il suo libro, divenuto ormai un classico e pubblicato nelle diverse lingue del mondo cattolico: Concilio Vaticano II – Una storia mai scritta, tutti studi certamente ben noti ai fedeli cattolici ai quali queste note soprattutto si rivolgono.

3] In questa ottica, nel primo capitolo si espongono le nozioni di qualificazione teologica “estrinseca” di un testo, e quelle di “eretizzante”, perché in merito qualunque imprecisione o fluttuazione concettuale potrebbe svilire le considerazioni che seguono. Nel secondo capitolo si commenta un recente articolo del Cardinale Kasper, importante per la comprensione dello stato attuale degli studi sul Vaticano II. Nel terzo capitolo si dimostra che, nonostante le manovre dei conduttori del Concilio per fronteggiare le valutazioni dottrinali dei tradizionalisti, a parere di buoni autori nei testi finali permangono gravi deviazioni, tutte convergenti verso una qualificazione teologica estrinseca del Vaticano II come “eretizzante”. Nella conclusione mi permetto di rivolgere a Papa Francesco un rispettoso e angosciato appello.



 
CAPITOLO I

Fissazione dei concetti di “estrinseco” e di “eretizzante”


4] Come anticipato al precedente punto 1, una proposizione o un testo si qualificano teologicamente applicando loro i concetti tecnici che indicano in che misura si approssimano o discostano dalle norme della fede. Le “note teologiche” definiscono positivamente la prossimità alla fede di un enunciato, così che può aversi una semplice opinione teologica, una tesi probabile o certa, una verità di fede, ecc. Le “censure teologiche” indicano il grado e il senso in cui una proposizione si discosta dalla buona dottrina, potendo essa essere, per esempio, scandalosa, temeraria, in odore di eresia, favorente l’eresia, al limite eretica.

5] La qualificazione teologica è “intrinseca” quando si riferisce ad una proposizione o ad un testo in se stesso, cioè quando si considerano strettamente i suoi termini e il suo senso letterale, assumendole come base di una determinata nota teologica o di una determinata censura.

6] La qualificazione teologica è “estrinseca” quando non considera una proposizione o un testo in se stessi, ma in funzione di altri elementi esterni alla sua lettera. Così, per esempio,  oggi non è necessario analizzare le parole con le quali Leone XIII dichiarò invalide le ordinazioni anglicane, per sapere se questa dichiarazione è di fede ecclesiastica e per qualificarla estrinsecamente come tale, per far questo basta verificare che si tratti dell’insegnamento moralmente unanime dei buoni dottori da oltre un secolo. Altro esempio: nonostante un teologo, basandosi su delle ragioni intrinseche, ritenga che i decreti delle Congregazioni Romane implichino in se stessi l’infallibilità, a questa tesi non si può attribuire maggior valore se non quello dei suoi argomenti e della sua opinione personale, perché i dottori che contano non la considerano teologicamente certa.

7] Per qualificare estrinsecamente una proposizione, un testo, un documento conciliare o il Vaticano II nel suo insieme, è necessario fissare con precisione qual è l’elemento “estrinseco” che è stato preso come base per la qualificazione. Tale elemento può essere ciò che dicono i grandi autori, e questo è il criterio qui adottato. Ma potrebbe essere anche un altro, come per esempio l’“evento” che attorniò il Concilio. Sia ben chiaro che nel presente articolo si considera solo la qualificazione teologica estrinseca del Vaticano II e dei suoi documenti, in tutto o in parte, in funzione di quello che hanno scritto gli autori antimodernisti, in maggioranza o nella quasi totalità.

8] Dato che l’oggetto di questo studio è la qualificazione estrinseca dei documenti del Vaticano II, eventuali osservazioni sulla qualificazione teologica intrinseca dei suoi testi, come quelli presenti al punto 34-h, devono essere intesi come esposti solo collateralmente all’argomento principale, valendo solo in questa ottica.

9] Come regola generale, non compete al teologo pretendere che altre persone siano obbligate ad abbracciare una tesi che egli ritenga intrinsecamente certa, ma che estrinsecamente non sia ritenuta tale. Questa regola vale per il sacerdote in relazione al penitente nel confessionale, come vale nei dibattiti dottrinali e nella pratica della vita cattolica. Tuttavia, è essenziale tenere presente che, per la valutazione del consenso estrinseco degli autori su un punto dottrinale, non si prenderanno in considerazione i teologi che notoriamente si discostano dall’ortodossia cattolica. Così, le dottrine della transustanziazione e della verginità biologica della Madonna non diventano estrinsecamente incerte perché le ha negate un teologo progressista in vista.

Dei concetti di eretico e di eretizzante

10] Interpretazione stretta dei testi eretici – La presentazione di un dogma ai fedeli dev’essere chiara ed esente da dubbi e imprecisioni, dev’essere certa e sicura, come spiega bene il teologo gesuita Padre Sisto Cartechini: “Perché si abbia una definizione infallibile, cioè un dogma, è necessario che la materia venga proposta in modo tale che dia certezza assoluta. Senza questa certezza, la definizione finisce con l’avere solo il carattere della probabilità; le menti rimarranno incerte e non potranno aderire con fede incondizionata, come si esige nel dogma.” (Dall’opinione al dogma, Roma, 1953). Simmetricamente, anche un’accusa di eresia deve poggiare su una base rigorosa e non debole, analogica o generica. Perché una proposizione possa dirsi formalmente eretica deve contrapporsi in modo preciso e speculare ad una verità di fede definita dal Magistero straordinario papale o conciliare, o dal Magistero ordinario infallibile. Se tale contrapposizione non è stretta, si ha un testo prossimo all’eresia o dal sapore di eresia o sospetto di eresia o favorente l’eresia o meritevole di altra censura teologica, ma non si ha un testo eretico nel senso proprio.

11] Neologismi col suffisso “zare” – Sono molte le parole col suffisso “zare” che, soprattutto nell’ultimo secolo, sono state introdotte nelle lingue occidentali. Oggi si dice che un computer viene inizializzato; si parla di politica sinistreggiante, socializzante, liberalizzante; un atto può essere protestantizzante o modernizzante; è possibile demonizzare qualcuno con delle critiche indebite, o eternizzare un problema, o semplicizzare una procedura o veicolarizzare un progetto. In tutte queste espressioni, il suffisso zare e i suoi derivati esprimono la nozione di tendenza verso un certo obiettivo, di uno svolgimento delle cose o delle idee verso una determinata direzione, di un muoversi in un senso definito, quantunque non molto esplicito. Basti un esempio: una misura sinistreggiante non porta in sé  una carica di sinistra espressa ed evidente, non è propriamente di sinistra, ma conduce a sinistra direttamente o indirettamente, anche se in forma poco percepita, talvolta perfino subliminale.

12] Il concetto di eretizzante implica tutte le censure teologiche inferiori all’eresia. Gli autori ne indicano molte secondo una visione ampia, che ammette cioè la possibilità di casi non enumerati nei manuali. Così, una proposizione può essere qualificata come prossima all’eresia, favorente l’eresia, sospetta di eresia, dal sapore di eresia, scandalosa, temeraria, offensiva per le orecchie pie, ecc. Come già indicato, nelle presenti considerazioni non cercherò di applicare ad ogni passo del Concilio questa o quella censura teologica classica, ma concentrerò la mia analisi sulla nozione generica di eretizzante.

13] Non è solo l’eresia che si oppone alla sana dottrina. Sia qui ben chiaro che il fedele cattolico non deve rigettare unicamente la proposizione eretica, ma tutte quelle che meritano una qualche censura teologica, foss’anche la più mite. Tutti i gradi delle censure teologiche riguardano, in maniera maggiore o minore, una certa opposizione alla dottrina cattolica e quindi una certa eterodossia. Dal momento che eterodosso è ciò che si allontana dalla sana dottrina, questo termine si applica a tutta una gamma di deviazioni in materia di fede. È chiaro che, quanto più grave è la censura teologica che colpisce un testo, tanto maggiore è il grado di rifiuto con cui bisogna considerarlo. Per esempio, perfino una proposizione offensiva per le orecchie pie non può essere accolta in coscienza, né sottoscritta, da un fedele. Così, anche i testi  meritevoli di tutta una vasta gamma di censure inferiori all’eresia, non appena siano in qualche modo eterodossi, non possono essere accettati. Come dichiara Pio XII: “viene alle volte ignorato, come se non esistesse, il dovere che hanno i fedeli di rifuggire pure da quegli errori che in maggiore o minore misura s’avvicinano all’eresia” (Humani Generis, 12-8-1950, § 18).


CAPITOLO II

Un recente articolo del Cardinale Kasper

14] Tra gli studi e i pronunciamenti recenti sul Vaticano II, segnaliamo qui un articolo del Cardinale Walter Kasper. In esso si sottolineano i passi che rivestono importanza per la qualificazione teologica estrinseca dei documenti del Vaticano II. Questo articolo presenta anche altre preziose rivelazioni riguardo al Concilio, sulle quali però non mi soffermerò, dal momento che non intendo presentare una disamina di esso, ma solo evidenziarne alcuni punti rilevanti relativi alla specifica questione di cui qui mi sto occupando.

Articolo storico sul Vaticano II

15] L’Osservatore Romano del 12 aprile scorso ha pubblicato un articolo del Cardinale Walter Kasper, intitolato “Un concilio ancora in cammino”, sull’interpretazione e la ricezione del Vaticano II. L’autore è nato in Germania nel 1933, dove ha studiato filosofia e teologia. È stato assistente di Hans Küng. Segretario speciale del sinodo straordinario dei Vescovi del 1985. Membro del Commissione Teologica Internazionale. Giovanni Paolo II lo nominò vescovo di Rottenburg-Stuttgart nel 1989, Cardinale nel 2001, e poi Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, incarico confermatogli da Benedetto XVI, di cui fu collega come professore di teologia. Nel 2010 sono state accettate le sue dimissioni per limiti d’età.

16] Questo articolo del Cardinale Kasper afferma che la grande maggioranza dei Padri conciliari abbracciò l’ottimismo dell’aggiornamento di Giovanni XXIII e “volle cogliere le richieste dei movimenti di rinnovamento biblico, liturgico, patristico, pastorale ed ecumenico, sorti tra le due guerre mondiali; cominciare una nuova pagina della storia con l’ebraismo, carica di gravami, ed entrare in dialogo con la cultura moderna.» E aggiunge: “Fu il progetto di una modernizzazione che non voleva e neanche poteva essere modernismo”. Osserviamo subito che, estrinsecamente, secondo gli studi a cui ci siamo riferiti, si tratta proprio di modernismo. Notiamo anche che questi movimenti tra le due guerre sono la nouvelle théologie, condannata da Pio XII per la pretesa di voler riformare “completamente la teologia” e “ridurre al massimo il significato dei dogmi”, tale che “facilmente passano dal disprezzo della teologia scolastica allo spregio verso lo stesso Magistero della Chiesa” (Humani Generis, §§ 11, 14 e 18).

17] Tuttavia, prosegue l’articolo: “Una minoranza influente oppose resistenza pervicace a questo tentativo della maggioranza. Il successore di Giovanni XXIII, Papa Paolo VI, era fondamentalmente dalla parte della maggioranza, ma cercò di coinvolgere la minoranza e, in linea con l’antica tradizione conciliare, di raggiungere un’approvazione, per quanto possibile all’unanimità, dei documenti
conciliari (…) Ci riuscì; ma si pagò un prezzo. In molti punti, si dovettero trovare formule di compromesso, in cui, spesso, le posizioni della maggioranza si trovano immediatamente accanto a quelle della minoranza, pensate per delimitarle. Così, i testi conciliari hanno in sé un enorme potenziale conflittuale; aprono la porta a una ricezione selettiva nell’una o nell’altra direzione”.
Si nota subito la straordinaria importanza di questa dichiarazione dell’“enorme potenziale conflittuale” dei testi conciliari, che contengono le posizioni della detta maggioranza a fianco di quelle della minoranza. Al seguente punto 32 presentiamo alcune osservazioni sui concetti di maggioranza e di minoranza secondo il Cardinale Kasper.

18] Nel prosieguo, l’articolo riferisce le tensioni, i contrasti e le diversità di interpretazione nate da queste “formule di compromesso” dei documenti conciliari. Allude alle reazioni di Mons. Lefebvre e di altri, che si opposero ai nuovi orientamenti “in parte per ragioni teologiche e, in parte, anche perché alcuni avevano nostalgia della sacralità e dell’estetica del rito in uso fino ad allora” (si veda il seguente punto 34-d). Parla del fatto che “alcuni critici considerano il Vaticano II, nel contesto della storia della Chiesa, come una sciagura e come la maggiore calamità in tempi recenti”. Mostra come i Papi abbiamo cercato di ampliare i nuovi orientamenti fissati dai documenti conciliari: “Neanche la ricezione ufficiale è rimasta ferma. In parte, è passata dal concilio nelle riforme liturgiche”; “Il primo passo ufficiale della ricezione fu la riforma liturgica; soprattutto, fu l’introduzione del nuovo Messale”. Afferma che “tutto questo ha trasformato positivamente, sotto molti aspetti, il volto della Chiesa tanto all’interno quanto all’esterno”. Sottolinea che “di fatto, nei primi due decenni dopo il concilio, si ebbe un esodo di molti sacerdoti e religiosi; in molti ambiti si ebbero uno scadimento della prassi ecclesiastica e movimenti di protesta di sacerdoti, religiosi e laici. Papa Paolo VI parlò di «fumo di Satana», entrato da qualche fessura nel tempio di Dio”.

19] Da notare, poi, che il Cardinale Kasper ammette espressamente che nel Concilio prevalse un orientamento in direzione “dei movimenti di rinnovamento (…) sorti tra le due guerre mondiali”, e quindi della nouvelle théologie; e lo fa con alcuni dettagli che impressionano. Con una visione obiettiva e spassionata, questo articolo, di per sé, permette già di intravedere che il Vaticano II merita una censura teologica grave, per il fatto che costituisce un amalgama dall’“enorme potenziale conflittuale” fra la dottrina tradizionale e le novità già condannate.

Alcune affermazioni del Cardinale non sono nuove

20] Non si deve esagerare la novità di ciò che dice il Cardinale Kasper in questo articolo de L’Osservatore Romano del 12-04-2013. L’importanza di questo testo è segnata dalla persona dell’autore, dalla densità storica e dottrinale del contenuto, dall’organo di stampa che l’ha pubblicato. Ma non sono pochi gli altri lavori che hanno rivelato e commentato fatti che si inseriscono nella stessa linea di  questo articolo. Ne riportiamo di seguito alcuni.

21] Autore di studi approfonditi sul Vaticano II, il professore Roberto de Mattei, il più autorevole storico cattolico del nostro tempo, ha dichiarato: “Le rivendicazioni dell’ala ‘giacobina’ (per usare i termini della Rivoluzione Francese) furono rigettate dall’opposizione della minoranza conservatrice che a poco a poco si stava organizzando. I documenti non hanno corrisposto alle aspettative dei progressisti più spinti e fu grazie ai compromessi raggiunti in extremis che oggi al Papa è possibile dire che i documenti devono essere letti alla luce della Tradizione” (Catolicismo, marzo 2011, p. 31)

22] Il gesuita Padre João Batista Libanio è nato nel 1932 a Belo Horizonte, ed ha studiato in Brasile, Germania e Roma. Legato alla teologia della liberazione, ha pubblicato numerosi libri e articoli. Nel 2005 scriveva: “Paolo VI optò perché i testi conciliari fossero approvati a larga maggioranza. Non voleva in alcun modo dare ad intendere che vi fossero opposte fazioni e che i documenti manifestassero la vittoria dell’una sull’altra. Essi dovevano apparire alla Chiesa e al mondo come nati da una comunione dei cuori e delle menti. Questa opzione è alla base dei compromessi lessicali e permette, e ha permesso dopo il Concilio che ci fossero delle differenti interpretazioni, fondate sulla lettera del testo” (Contextualização do Concílio Vaticano II e seu desenvolvimento, Unisinos 2005,
http://www.jblibanio.com.br/modules/mastop_publish/?tac=102, § “Paulo VI optara ...”).

23] Padre René Laurentin è nato in Francia nel 1917. Mariologo di fama, professore e conferenziere ospitato in varie università europee e americane, fu perito al Concilio, su cui ha pubblicato diversi lavori. Nel 1966 ha scritto che nel Vaticano II “qui e là si coltivava l’ambiguità come una scappatoia per le opposizioni inestricabili. Si potrebbe fare una lunga lista di termini che includono le tendenze opposte, perché potessero essere visti da ambo i lati, come nei giuochi fotografici nei quali si vedono due diversi personaggi nella stessa immagine, a seconda dall’angolo di visuale. Per questo motivo, il Vaticano II ha suscitato, e continua a suscitare, molte controversie” (“L’enjeu et le bilan du Concile – Bilan de la quatrième session”, Seuil, Paris, 1966, p. 357).


CAPITOLO III

I testi controversi e il carattere eretizzante dell’insieme


24] Ci sono deviazioni dottrinali nei documenti del Vaticano II? Poco dopo il Concilio, gli antimodernisti si divisero su questa domanda. Alcuni vi videro degli errori letterali, altri non arrivarono a tanto o esitarono o sfuggirono alla domanda, e non pochi accettarono pienamente i testi conciliari. E, come si spiegherà meglio al seguente punto 40, vi furono di quelli che si attennero al principio falso, ma accettato da una certa scuola teologica tradizionale, che i Papi e i Concilii non possano sbagliare nel loro magistero, anche quando non soddisfino le condizioni di infallibilità fissate dal Vaticano I; e su questa base ritengono, a priori e per una supposta ragione di fede, che nel Vaticano II non vi possa essere niente di censurabile. E oggi la stessa divisione di posizioni contrassegna la metà degli antimodernisti.

25] Il significato oggettivo dei testi – A chi esamini oggettivamente le dichiarazioni negli ultimi cinquant’anni degli autori antimodernisti sui documenti conciliari, appare chiaro che la segnalata varietà di comprensione non deriva dalla semplice diversità delle regole dell’ermeneutica, ma dal fatto che numerosi passi del Vaticano II si prestano a interpretazioni differenti e perfino opposte tra loro. È quello che si deduce anche dall’articolo del Cardinale Kasper. A tal punto che gli stessi modernisti ne traggono ciò che vogliono.

I quodammodo dei testi conciliari

26] Per anni, prima, durante e dopo il Vaticano II, ho frequentato Mons. Antonio de Castro Mayer (1904-1991), che fu Vescovo di Campos, nello Stato di Rio de Janeiro, dal 1948 al 1981. Passati più di vent’anni dalla sua morte, testimonio qui, per la Storia, su alcune delle sue posizioni a fronte del Concilio e della sua perplessità ad assumere, di fronte al modernismo dominante, una condotta ispirata a Sant’Atanasio. Non è il caso qui di analizzare le attitudini estreme che alla fine furono adottate da Sua Ecc., perché in questo articolo cerco solo di esporre alcuni aspetti del Vaticano II.

27] I “quodammodo – Mons. Antonio de Castro Mayer richiamava l’attenzione sulle espressioni restrittive che accompagnavano sempre le novità dottrinali dei testi conciliari. In tutti i passi che contengono o insinuano idee estranee alla dottrina cattolica, egli faceva notare che si trovava una parola o un’espressione che ne attenuava il senso letterale. Poteva trattarsi dell’avverbio latino quodammodo, in portoghese [e in italiano] “in qualche modo”, o di un sinonimo, o di una perifrasi equivalente, o di un modo di dire che conferiva ugualmente al testo censurabile un che di impreciso, di indefinito o di confuso, che permetteva di dire che in quel passo non c’era, letteralmente e formalmente, un errore o un’eresia. Poteva trattarsi invece di un’espressione ambigua o sospetta che restringeva il senso di una proposizione ortodossa. In questo modo, ciò che caratterizza sempre questi “quodammodo”, come li denomino qui, è il rendere confusa la dottrina esposta, mischiando la verità con l’errore.

28] Tre semplici esempi mostrano in che consistesse, secondo l’allora Vescovo di Campos, tale manovra semantica:
a. Al n° 22 di Gaudium et Spes, si legge che “Con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo [quodammodo] ad ogni uomo”, dove l’espressione “in certo modo” introduce una nota di imprecisione e di indeterminatezza che rende difficile l’accusa di panteismo modernista, secondo il quale Nostro Signore si sarebbe unito ipostaticamente a ogni uomo.
b. Al n° 8 di Lumen Gentium si dice che la Chiesa di Cristo “sussiste nella” Chiesa Cattolica, passo, questo, dove il “sussistere nel” fa le veci del quodammodo, rendendo confuso e ambiguo il dogma che la Chiesa Cattolica è l’unica Chiesa di Cristo, perché “subsistit in”, “sussiste nel”, potrebbe essere interpretato come “quodammodo est”, “in qualche modo è”, oppure come “è”, senza nient’altro.
c. La Lumen Gentium, con i suoi passi inaccettabili sulla collegialità episcopale, venne pubblicata con una “nota previa” ufficiale, che restringeva in maniera insufficiente il senso eterodosso del testo, esercitando così la funzione del quodammodo.

29] In pratica, l’operazione dei quodammodo era già stata denunciata in passato da alcuni antimodernisti. Viste le parole del Cardinale Kasper, diventa chiaro che questa operazione fu pianificata, come una manovra per aggirare la “resistenza pervicace” della “minoranza influente”, cioè dei difensori della sana dottrina. Non si trattava, in alcun modo, di soddisfare le istanze dei tradizionalisti, come si chiamavano allora, ma di lusingarli surrettiziamente, offrendo loro l’esca dei quodammodo. Qui non si pretende di indagare sulle intenzioni di chi condusse il Concilio, poiché solo Dio può giudicare di esse, ma non si può evitare di constatare, semplicemente e oggettivamente, che questo espediente venne applicato in maniera sistematica e programmata.

30] In un apprezzamento estrinseco della materia, non si può dire che quelle manovre redazionali conferissero a quei passi un senso ortodosso. Non si tratta di questo, i modo alcuno. La posizione dominante degli autori antimodernisti indica che queste manovre si limitarono ad attenuare o a confondere il senso dei testi modernizzanti, in modo da ostacolare la loro qualificazione come letteralmente e formalmente eretica. Il Cardinale Kasper afferma adesso che Paolo VI intese “coinvolgere” la minoranza tradizionalista, ma per questo “si pagò un prezzo”, con delle “formule di compromesso”, nelle quali “le posizioni della maggioranza si trovano immediatamente accanto a quelle della minoranza, pensate per delimitarle”. Appare qui manifesto che, sempre secondo una valutazione estrinseca, tale delimitazione non rendeva ortodossi i testi controversi, ma ne indeboliva il senso, allontanando o rendendo difficili le censure teologiche più gravi, e bloccando le reazioni salutari che potessero sorgere.

31] Pratica disonesta e astuta – Nel libro “O Reno se lança no Tibre” (Ed. Permanência, Rio de Janeiro, 2011, pp. 244-245) [Il Reno si getta nel Tevere], il Padre Ralph Wiltgen S.V.D., narra che già durante la seconda sessione del Concilio, il Padre Schillebeeckx disse ad uno specialista della Commissione di Teologia che si sentiva irritato nel vedere che quel determinato schema avesse adottato il punto di vista liberal-moderato, mentre lui era personalmente favorevole al punto di vista liberale estremo. Lo specialista gli avrebbe risposto: “Ci esprimiamo in modo diplomatico, ma dopo il Concilio trarremo dal testo le conclusioni che sono implicite in esso”, e il Padre Schillebeeckx avrebbe qualificato questa tattica come “sleale”. Parafrasando il detto di Corneille  (Polyeucte,  att. 1, scena 1), “ce qu’il ne peut de force, il l’entreprend de ruse” (ciò che non può con la forza, egli lo persegue con l’astuzia), si direbbe: ciò che non ottennero con la forza dell’argomentazione teologica, i modernisti riuscirono ad ottenerlo, in parte, con l’inganno.

32] Nell’articolo del Cardinale Kasper si legge che la maggioranza abbracciò “l’ottimismo dell’aggiornamento”. Questa idea non esprime l’intera realtà. Gran parte di questa maggioranza aveva profonde radici tradizionali, cosa che risulta ben chiara dalle manifestazioni anteriori all’apertura del Concilio e dalla prima sessione, per esempio con le petizioni per la definizione dei dogmi mariani e per la condanna del comunismo. Fu notevole la costituzione del Coetus Internationalis Patrum, i cui Vescovi, unitamente ad altri, si ersero durante il Concilio contro le deviazioni dottrinali che venivano proposte, provocando il sopraggiungere della ricordata operazione quodammodo, come conferma il Cardinale Kasper. Se la reazione antiprogressista, allora nascente, non si fosse raffreddata e invece i suddetti tradizionalisti avessero capito che nei nuovi testi proposti persistevano gravi deviazioni dottrinali, avrebbe potuto formarsi una corrente conservatrice con il numero e il prestigio sufficienti per sbarrare la strada al modernismo trionfante. Consapevoli di questo, i progressisti, anche se indubbiamente preoccupati per l’opposizione della minoranza tradizionalista, si preoccupavano di più per impedire che si svegliassero, con uno zelo per la fede che avrebbe potuto sorprendere, i Vescovi conservatori che rimanevano silenziosi, attoniti in verità, in maggioranza amorfi.

33] Considerando quanto detto fin qui, dico:
Che numerosi e solidi studi antimodernisti dell’ultimo mezzo secolo, ben noti al mondo intero, specialmente ai cattolici zelanti nella fede, provano che nei passi del Vaticano II vi sono gravi deviazioni dottrinali;
Che queste deviazioni sono qualificate da pochi studii come eresie formali, ma sono indicate praticamente da tutti questi studii come offensivi per la fede cattolica;
Che sono ugualmente indicate come convergenti tutte nel vortice modernista;
Che, stando così le cose, ritengo corretto e propongo, in sede dottrinale, che il Vaticano II sia estrinsecamente qualificato come “eretizzante”.

34] Spiego in modo più circostanziato i diversi elementi della dichiarazione del punto precedente:
a. Considerato quanto detto fin qui – Ciò che in forma sintetica è detto al punto 33, dev’essere inteso secondo il senso di tutto quanto esposto nel presente articolo.
b. Dico – Ribadisco che ciò che qui enuncio lo faccio in nome strettamente personale, ma sia chiaro che lo faccio in termini decisi, non come mera impressione soggettiva, e mi assumo la piena responsabilità di ciò che dico.
c. Numerosi e solidi studi antimodernisti dell’ultimo mezzo secolo provano che nei passi del Vaticano II vi sono gravi deviazioni dottrinali – Per il fine che qui si ha in vista, non sono considerati i lavori modernisti, che non possono essere detti veramente cattolici.
d. Tali studii sono ben noti al mondo intero, specialmente ai cattolici zelanti nella fede – È inutile ricordare questi numerosi e brillanti studii, conosciuti a iosa, specialmente dai fedeli legati alla Tradizione cattolica. Un’analisi intrinseca dei testi conciliari che oggi potrei redigere, sarebbe solo una di più, che non direbbe nulla, per esempio, all’alta autorità romana che ha recentemente esortato i lefebvriani a deporre le armi, invocando solo la carità che unisce, come se la materia non implicasse gravi questioni di fede. Si noti che questo atteggiamento assomiglia alla “nostalgia” (precedente punto 18) nella quale il Cardinale Kasper sembra scorgere una ragione meramente sentimentale che avrebbe portato molti a non accettare il Concilio.
e. Queste deviazioni sono qualificate da pochi studii come eresie formali, ma sono indicate praticamente da tutti questi studii come offensivi per la fede cattolica - Negli scritti antimodernisti serii non è frequente incontrare un’accusa letterale di eresia nei confronti dei documenti conciliari. Quello che in generale si legge in essi è un’accusa di incompatibilità del testo conciliare con la dottrina cattolica, cosa che si adatta anche alle proposizioni prossime all’eresia, a quelle favorenti l’eresia e perfino a quelle passibili di censure meno gravi, caratterizzando così una censura generica di eretizzante.
f. Queste menzionate deviazioni sono ugualmente indicate come convergenti tutte nel vortice modernista – Anche questo risulta chiaro, espressamente, nei richiamati studii sul Concilio e qui si fa a meno di qualsiasi riferimento accademico relativo.
g. Stando così le cose, ritengo corretto e propongo, in sede dottrinale – È indispensabile e urgente che il Vaticano II sia marcato con la censura teologica estrinseca che merita, tenendo presente per questo, il procedimento descritto dal Cardinale Kasper, che costituì una manovra sleale e inducente alla confusione, che dev’essere smascherata.
h. Che il Vaticano II sia estrinsecamente qualificato come “eretizzante” – Nonostante qui si tratti, ex professo, della qualificazione teologica estrinseca del Concilio, non posso evitare di dire, per inciso, che in termini di analisi intrinseca, ritengo che i quodammodo abbiano a tal punto reso viscidi i testi censurabili, che nessuno di essi risulta eretico con la chiarezza necessaria per essere formalmente qualificato così, aspetto sul quale forse scriverò a breve.

35] “Abyssus abyssum invocat” – Nei passi eretizzanti del Vaticano II, gli autori antimodernisti vedono abissi che richiamano altri abissi. Essi rilevano che l’uomo moderno, come la maggior parte dei cattolici, è attratto dalla modernità, col suo materialismo, col suo laicismo, con la sua desacralizzazione di ogni cosa, con la sua perdita della nozione del peccato, dell’inferno, ecc. In campo teorico, le nuove dottrine conciliari invitano lo studioso ad abbracciare il pensiero moderno, ad inserirsi nel mondo relativista dell’intellettualità dei nostri giorni. In campo pratico, gli atteggiamenti conciliari, il cosiddetto “spirito del Concilio”, il modo come i media lo presentano, senza effettiva opposizione da parte delle autorità ecclesiastiche, tutto cospira in direzione di una nuova concezione del mondo e di una nuova morale libertaria, incompatibili con la Rivelazione. In linea con quanto affermano i detti autori, basti un solo esempio: se tutte le religioni sono buone e salvano, perché si devono accettare i principi cattolici in materia sessuale, che diverse religioni non cristiane o cosiddette cristiane giudicano superati e negano?

36] Ciò che c’è di buono e giusto – Com’è evidente, secondo gli stessi autori antimodernisti, non tutti i passi del Vaticano II sono meritevoli di censura teologica, tanto più quando in essi sono riaffermati dogmi definiti anteriormente e un gran numero di principi di dottrina cattolica. Tuttavia, si verifica che, in generale, anche queste verità della Tradizione sono segnalate come essendo formulate nei documenti conciliari non in termini scolastici, bensì con linguaggi e contesti modernizzanti. È particolarmente importante sottolineare che questi autori indicano come inaccettabili tutte le novità dottrinali specifiche del cosiddetto aggiornamento del Vaticano II.

Parallelo con quanto accade con la nuova Messa
 
37] Della non accettazione dell’Ordo del 1969 – In Considerações sobre o “Ordo Missae de Paulo VI, [Novus Ordo Missae, Studio critico] pubblicato nel 1970, mi sono astenuto dall’indicare la censura teologica che attribuirei ad ogni passo. Indicare una censura specifica per ogni passo del testo chiarirebbe poco, potendo invece suscitare dubbi e dibattiti senza fine, forse accademicamente validi, ma in pratica estenuanti e inutili. Per questo mi limitai ad affermare, in forma generica, che l’Ordo di Paolo VI non poteva essere accettato dal fedele cattolico, come oggi ribadisco.

38] Del senso di questa non accettazione – in effetti, scrivevo allora che “in vista delle considerazioni esposte si impone la conclusione che non si può accettare la nuova Messa. (…) È importante chiarire che le restrizioni che apportiamo alle diverse tematiche della nuova Messa non sono tutte di uguale importanza. Lungo tutto il lavoro provvediamo sempre ad esprimere qual è il senso e la portata esatte di ogni osservazione che facciamo sull’‘Ordo’ del 1969. Ma, prese nel loro insieme, queste osservazioni convergono verso un’unica direzione, il che fa sì che il tutto meriti restrizioni ancora maggiori di ogni singola parte passibile di riserve. (…) Ci chiediamo (…) in che modo il (…) principio di autorità ci obbliga ad accettare o a rigettare, secondo la più pura dottrina cattolica, la nuova liturgia della Messa. Ed è sulla base di questi presupposti che ci vediamo costretti a concludere che, per amore della Chiesa e della fede ricevuta dai nostri antenati, è necessario dire non possumus” (Considerações…, p. 168).

39] Oggi, a somiglianza di ciò che scrivevo sulla nuova Messa, e limitandomi ad un apprezzamento estrinseco, dico che il Vaticano II non può essere accettato dal fedele cattolico. E aggiungo che ai documenti conciliari, e quindi allo stesso Concilio, spetta la qualificazione teologica estrinseca di “eretizzante”.

40] Della possibilità di errore nei documenti conciliari – Durante il Vaticano II e appena dopo, molti antimodernisti, anche Padri conciliari e dottori dei più quotati, si sono visti costretti a chiedersi se dovevano accettare incondizionatamente i documenti promulgati dal Concilio. Questa questione di coscienza si pose in modo angosciante, soprattutto in ragione di una concezione inflazionata dell’infallibilità della Chiesa, difesa da una certa scuola teologica, secondo la quale un insegnamento papale o conciliare non potesse mai contenere errori, anche quando non soddisfacesse le condizioni dell’infallibilità fissate dal Vaticano I. Ancora oggi vi è chi difende questa tesi erronea, che ho qualificato come “infallibilità monolitica” (si veda l’articolo “Infalibilidade monolítica e divergências entre antimodernistas”  [“Infallibilità monolitica e divergenze tra gli antimodernisti”]. Tuttavia, tra i teologi fedeli alla Tradizione si va affermando sempre di più la dottrina contraria, sulla base della resistenza di San Paolo nei confronti di San Pietro e di argomenti storici e teologici di valore.


Conclusione

Appello finale al Sommo Pontefice


41] Qui parlo in sede strettamente dottrinale, proponendo e sottomettendo agli studiosi della materia, e soprattutto alle autorità della Santa Chiesa, idee che oggi giudico necessario proclamare in difesa della Fede. E ribadisco che parlo a titolo strettamente personale, perché per far questo non ho il mandato di alcuna entità e di alcun fedele. Le considerazioni che esprimo si basano solo sulla forza dei fatti, sui presupposti dai quali parto e sugli argomenti che espongo.

42] In considerazione di quanto esposto, avanzo un rispettoso e filiale appello a Papa Francesco, perché comprenda che i veri antimodernisti sono suoi seguaci molto fedeli, desiderosi di seguire in tutto i suoi insegnamenti e i suoi comandi; ma non permetta che sia loro ordinato, come è accaduto da tempo, ciò che la coscienza cattolica non può accettare per il suo opporsi alla Verità, alla Tradizione, alla dottrina di sempre. Che non si dica loro, senza le distinzioni elaborate dalla scolastica, che fuori dalla Chiesa può esserci salvezza. Che non si insegni loro che il protestantesimo è un modo diverso e accettabile di vivere il Cristianesimo. Che non siano equiparati ai fondamentalisti musulmani. Che non si tolleri che il Cardinale Arcivescovo de L’Avana continui ad essere un collaborazionista del regime comunista che schiavizza Cuba.

Prostrato ai piedi di Maria, Auxilium Christianorum, prego il Successore di San Pietro di porre fine alla manovra tracciata dal Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede per etichettare come eretici gli antimodernisti che hanno fondate e gravi riserve su un Concilio estrinsecamente qualificabile come eretizzante.






luglio 2013

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