Cina – Vaticano:

la strana volontà della Santa Sede di lasciarsi ingannare

Parte prima


Articolo della Fraternità San Pio X







Mons. Joseph Shin Ben con il cardinale Pietro Parolin



Il sito FSSPX.Actualités ha già parlato a grandi linee della conferenza tenuta alla Pontificia Università Urbaniana il 21 maggio 2024, sul centenario del primo Concilio cinese che ha permesso l’incontro tra alti responsabili della Santa Sede, in particolare il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, e degli inviati cinesi scelti per l’occasione.

La conferenza aveva un evidente scopo diplomatico: rafforzare i legami fra la Santa Sede e Pechino in vista del rinnovo dell’accordo Sino-Vaticano che avverrà in ottobre; rinnovo che, secondo il Padre Gianni Criveller, dovrebbe stabilire una struttura stabile, come un ufficio di collegamento fra Vaticano e Cina, cosa che ha lasciato intendere anche il cardinale Segretario di Stato.

Il giorno prima si era svolta a Milano un’altra conferenza all’Università Cattolica del Sacro Cuore, col titolo «La Chiesa in Cina tra impianto locale e universalità», che aveva un programma accademico molto più marcato.
Nel mese di giugno si volgerà un terza conferenza a Macao, regione autonoma che secondo Asianews è in territorio cinese.

Ciò che è più desolante in questa questione è il constatare l’accecamento della diplomazia vaticana che si traduce nella strana volontà di lasciarsi ingannare; sembra infatti difficile usare il termine ingenuità per la più antica diplomazia del mondo.

A leggere i resoconti più o meno ufficiali di questa conferenza, pubblicati sul sito Vatican News e se si conosce a sufficienza l’argomento, la sensazione dominate che emerge è quella di un accecamento più o meno volontario. Cosa che è facile dimostrare esaminando gli interventi cinesi, da un lato, e gli interventi del personale della Santa Sede dall’altro.

Anche se in modo più attenuato e in termini diversi, è più o meno la stessa cosa che dice Padre Criveller nel suo commento alle due conferenze pubblicato nella rubrica “Lanterna Rossa” del sito Asianews, egli afferma: «Oggi, il problema fondamentale della Chiesa in Cina è la sua libertà».


L’intervento del vescovo di Shangai

La ripetizione di una lezione imparata bene

A Roma era presente Mons. Joseph Shin Ben. Questo vescovo è stato designato alla diocesi di Shangai il 4 aprile 2023, senza consultazione con Roma, quindi in violazione dell’accordo Sino-Vaticano. La designazione è stata effettuata dalla Conferenza dei Vescovi Cinesi e dall’Associazione Patriottica dei Cattolici Cinesi (APCC), entrambi sotto il controllo del Partito Comunista Cinese (PCC).

Michael Haynes, sul suo blog Per Mariam, riporta che Mons. Shin Ben, in occasione della sua installazione, ha dichiarato che egli promuoveva «il principio di indipendenza e di autonomia» e che era impegnato nel processo di «sinizzazione» del cattolicesimo cinese. Roma ha finito col cedere ed ha ratificato la nomina.

La conferenza di Mons. Shin Ben, pubblicata dall’Agenzia Fides, è interessante per più di un aspetto.

Sul sito del Governo Cinese (1) è disponibile un testo intitolato «Panoramica delle religioni in Cina», redatto dall’Ufficio Affari Religiosi del PCC. Esso presenta un quadro delle religioni in Cina e della loro recente evoluzione – dalla seconda metà del XIX secolo fino ad oggi – e delinea il quadro giuridico entro il quale tali religioni possono operare nel paese.

E’ degno di nota il fatto che diverse idee di questo documento si ritrovano disseminate nell’intervento di Mons. Shin Ben. Il documento attacca con violenza le «forze imperialiste» e le religioni cristiane – cattolicesimo e protestantesimo – che hanno collaborato per imporre dei «trattati ineguali», che si rifanno al «colonialismo» e quindi interferiscono negli «affari» cinesi.

Non sorprende che il vescovo di Shangai riprenda i «trattati ineguali» per attaccare il comportamento dei missionari cattolici. Egli non evita di parlare né di interferenza negli affari cinesi e di «mentalità coloniale» dei missionari, né di «colonizzazione culturale».

Il testo del Governo parla anche di «subordinazione» della Chiesa cinese alle missioni occidentali e di «impotenza» del clero cinese, del personale pastorale e dei fedeli. Esso fornisce perfino delle cifre sul piccolo numero di vescovi e di arcivescovi cinesi rispetto al clero straniero all’epoca della rivoluzione popolare.

Da allievo diligente, Mons. Shin Ben parla di «discriminazione del clero indigeno» e ripete, quasi identiche, le cifre del documento del PCC; e sul punto conclude dicendo: «La Chiesa cattolica in Cina non si è veramente affrancata dalle potenze straniere, per diventare un’opera gestita dai cristiani cinesi, e non è ancora riuscita a sbarazzarsi dell’etichetta di “religione straniera”».

Più avanti, egli precisa: «In particolare, dopo la guerra dell’oppio, certi missionari avevano un forte sentimento di superiorità culturale europea ed avevano anche l’intenzione di usare la religione cattolica per cambiare la società e la cultura cinesi, cosa a cui numerosi Cinesi si sono inevitabilmente opposti e perfino detestavano».
Quest’ultimo elemento spiegherebbe perché «la comunità cattolica ha creato la sua organizzazione patriottica».

Il PCC avrebbe poi specificato che i contatti dei cattolici cinesi con Roma erano autorizzati a condizione che non contrastassero gli interessi del popolo cinese, non violassero la sovranità della Cina e che il Vaticano modificasse la sua politica ostile nei confronti della Cina.

Questa storia della fondazione dell’APCC non fa che riprendere la favola inventata e diffusa dal Governo cinese, che il documento in questione descrive così: sono stati i cattolici cinesi a prendere l’iniziativa e il PCC non ha fatto che sostenerli ed aiutarli.
Un articolo pubblicato sul sito Missioni Straniere di Parigi (MEP) nel 2010 confuta questa pretesa.
Nella sua conclusione, l’articolo del MEP afferma: «Le associazioni patriottiche non sono delle organizzazioni spontanee, come vuol far credere il Libro Bianco (2). Esse sono degli strumenti del Partito e fanno parte del Fronte Unito (3). L’associazione patriottica è del tutto indipendente da Roma, ma non dal Partito».
Il sito del MEP ha pubblicato degli articoli su questa fondazione per dimostrare questa menzogna.


L’avvenire nella sinizzazione


Mons. Shin Ben, che è vicepresidente dell’APCC – una struttura dipendente dal Partito, bisogna ricordarlo – insiste sulla «sinizzazione». Nella terza parte della sua conferenza egli spiega che: «Il popolo cinese sta portando avanti la grande rinascita della nazione cinese con una modernizzazione alla cinese, e la Chiesa in Cina deve andare nella stessa direzione, seguendo un cammino di sinizzazione in accordo con l’odierna società e cultura cinesi».

Per far questo, occorre utilizzare «l’eccellente cultura tradizionale cinese» - una parola d’ordine governativa.

E il monsignore specifica nella quarta parte: occorre incoraggiare la Chiesa di Cina «ad usare la cultura tradizionale cinese nella espressione della fede cattolica; (…) a promuovere la sinizzazione dell’arte della Chiesa; ad integrare degli elementi della cultura cinese tradizionale nella liturgia».

Il giornale La Croix cita le reazioni degli uditori che «non nascondono il loro scetticismo dopo aver ascoltato un discorso che sembra loro molto vicino alla linea del Partito.
«Il vescovo avrebbe dovuto mostrarsi un po’ più aperto di così», spiega un eccellente conoscitore della questione».

Questi uditori si mantengono educati, anche se in realtà hanno ascoltato, proprio in Vaticano, un discorso di propaganda pro-PCC.


NOTE

1 - https:// »www.gov.cn/guoqing/2005-06/22/content_2582714.htm

2 - Libro bianco sulla libertà religiosa: la libertà di religione garantita, i diritti religiosi protetti, pubblicato dall’Ufficio Informazioni del Consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese, il 16 ottobre 1977.

3 - Il Fronte Unito è un organo del Partito composto da persone di tendenze molto diverse e convinti di sostenere la modernizzazione socialista. Il suo slogan è: “Ricercare l’unità mantenendo le differenze









 
maggio 2024
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