IL MAGISTERO E L’AUTORITA’ DELLA CHIESA E DEL PAPA

parte terza


di Frà Leone da Bagnoregio


Premessa

Mentre scorrevo gli articoli ultimamente pubblicati, ho individuato alcuni spropositi sostenuti anche da brillanti scrittori in ambito tradizionalista come Arnaldo Vidigal Xavier da Silveira e altri al suo seguito in merito alla corretta interpretazione del magistero ecclesiastico e petrino, ultimamente anche Mons. Richard Williamson ha sostenuto tesi non teologicamente fondate, riguardo alle canonizzazioni di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II.
A seguito della convocazione del Vaticano II, sono stati emanati gli atti del concilio e tutta una serie di documenti pontifici e di encicliche che più o meno contengono elementi che si allontanano dalla costante dottrina cattolica esposta dal magistero precedente al concilio.
Al fine di non addivenire a conclusioni logiche sull’autorità emanante gli atti, si sta cercando di sminuire il valore degli atti stessi, consegnandoli ad una specie di limbo “magisteriale” in cui l’ortodossia degli stessi è vagliata dai fedeli cioè dalla “chiesa discente”, quando per sua essenza dovrebbe essere l’atto emanato dalla “chiesa docente” ad essere recepito dai fedeli con religioso assenso! Si stanno in breve invertendo i ruoli.
Se si è nella condizione che deve essere la “chiesa discente” a valutare il magistero ecclesiastico è perché in quel magistero si riscontrano gravi errori se non eresie, pertanto, non deve essere considerato magistero insistono sia da Silveira sia Mons. Richard Williamson. Particolarmente quest’ultimo insiste sul fatto che essendo modernisti o affetti dal modernismo, i documenti del Vaticano II, e tutti i documenti promulgati dai “papi conciliari” non hanno un valore dottrinale.
A parte l’inversione dei ruoli che è già di per sé svilente l’autorità e per di più un grave errore, questo denota una scarsa conoscenza del diritto e un deprezzamento della stessa autorità, tendenza tipicamente scismatica e in questo hanno ragione, ovviamente con i dovuti distinguo, sia Mons. Bernard Fellay che il criticato don Michele Simoulin.
Questi ultimi spingerebbero, pertanto, verso l’unione con la “chiesa conciliare” per sfuggire tendenze scismatiche, buttandosi ovviamente in braccio e in pasto agli eretici modernisti, gli altri, invece,  criticando sistematicamente tutti gli atti e i documenti emanati da Roma a partire dal Vaticano II finiscono o finirebbero per acquisire una concezione scismatica della Chiesa.
Ad ogni buon conto la tesi che accomuna, al momento, un po’ tutti, il dott. De Silveira, Mons. Fellay  e Mons. Williamson è la seguente: essendo i papi conciliari affetti più o meno da modernismo non si deve e non si può prestare loro obbedienza e non si possono recepire come autentici atti di magistero i loro atti, a cominciare da alcuni documenti del Vaticano II e poi seguendo quasi tutte le encicliche promulgate da questi, ma vi sarebbe di più, questi “papi conciliari” non avendo l’intenzione di definire alcunché, perché la loro mentalità modernista è estranea a ogni dogmatismo, non possono essere seguiti anche nei loro atti più importanti.
E’ quindi, palese secondo scritti o interviste rilasciate che:
1° si debba prestare obbedienza soltanto ai documenti infallibili della Chiesa e il Vaticano II non sarebbe infallibile;
2° che non si debba prestare obbedienza ai papi conciliari con alcuni distinguo da parte di Mons. B.  Fellay e da parte di Mons. R. Williamson.



Parte terza

A questo punto è necessario tirare le conclusioni, è evidente che non è concepibile, pur prendendo in considerazione tutti gli argomenti “ad hominem” addotti come scusanti, che venga a mancare l’assistenza dello Spirito Santo alla Suprema Autorità della Chiesa negli atti in cui deve essere garantita in maniera certa. Non si tratta di un singolo e sporadico episodio (si veda come esempio il caso di Onorio I) su un determinato oggetto che potrebbe essere suscettibile di discussione tra teologi.
Atteso che ci sono
- riti approvati ed accettati da tutta la Chiesa che sono perlomeno pericolosi per la fede.
- Un codice di diritto canonico che in più parti risulta pericoloso per la fede ed in altre perlomeno equivoco.
- Delle canonizzazioni di Santi le cui persone oggetto della canonizzazione non hanno i requisiti necessari per la santità. - Un Concilio ecumenico in cui sono stati approvati documenti in contrasto palese con altri documenti del magistero infallibile precedente.

Considerato che se al momento dell’elezione l’eletto alla domanda dei cardinali deputati: “acceptasne electionem de te canonice factam in Summum Pontificem?” dà la risposta positiva “accepto”, riceve con la suprema giurisdizione sulla Chiesa, anche l’assistenza dello Spirito Santo affinché non possa errare nella fede e nella morale almeno nei documenti siglati come Romano Pontefice e non come dottore privato.
Dopo il Vaticano II abbiamo avuto papi eletti dai conclavi che sistematicamente non solo non hanno adempiuto il loro incarico, ma hanno distrutto ogni cosa di sacro ed inviolabile che c’era nella Chiesa, con i loro atti che dovevano invece essere garantiti dallo Spirito Santo, mettendo a rischio la salvezza delle anime.

E’ assurdo, d’altro canto, pensare che
per quasi cinquantanni lo Spirito Santo non possa aver assistito la Chiesa e il Romano Pontefice negli atti più importanti in cui vi è un’assistenza abituale;
che un numero enorme di encicliche e atti pontifici, ancorché non fruenti del privilegio dell’infallibilità debbano essere considerati come carta straccia, dalla Chiesa discente, in quanto non conducono i fedeli alla salvezza;
che si debba prestare un’obbedienza ala Papa soltanto apparente, in quanto nella realtà il cattolico deve allontanarsi da quanto lui insegna e governa, in aperta opposizione a quanto sancito da Bonifacio VIII nella Bolla “Unam sanctam” poco sopra menzionata, e dall’unanime insegnamento di tutti i romani pontefici, recepito dai dottori e dai teologi.
Il Padre Cartechini più volte menzionato, sostiene che sostenere che un santo dopo la canonizzazione non è in paradiso è una proposizione prossima all’eresia (26).
Non è una “visione romantica e mistica” dell’infallibilità come ha affermato qualcuno di recente ma, reale e logica come impone la filosofia e la teologia scolastica.

Si continua ad insistere che l’eresia non fa perdere la giurisdizione questo è assurdo, l’eresia per sua stessa natura pone l’individuo che la professa fuori dalla Chiesa, il processo canonico serve soltanto come atto giuridico e sancisce ciò che in realtà è già avvenuto.
Non vogliamo dilungarci, gli argomenti sono stati trattati in altri scritti, basti citare quanto riguarda l’elezione papale:
«Può essere eletto non importa quale uomo maschio che abbia l’uso di ragione e che sia membro della Chiesa. Sono, perciò, eletti invalidamente le donne, i bambini, i dementi, i non battezzati, gli eretici e gli scismatici»  (27)
e quanto dichiarato da Leone XIII nell’enciclica “Satis Cognitum”:
«E’ assurdo pensare, che chi è  fuori dalla Chiesa possa avere autorità nella Chiesa» (28).

La logica conclusione che si impone è che gli eletti da questi conclavi non godevano  dell’assistenza dello Spirito Santo e conseguentemente della giurisdizione sulla Chiesa universale.
A questa conclusione sarebbero giunti tutti i teologi classici, in alternativa si dovrebbero accogliere con sottomissione tali atti perché garantiti dall’assistenza dello Spirito Santo come hanno già fatto molteplici comunità religiose che prima si ponevano in contrasto con l’autorità romana.
Pensare che l’infallibilità della Chiesa e del papa siano vincolate all’atto di esercizio dell’autorità medesima, e che l’habitus liberale e modernista dei soggetti faccia in modo che la volontà viziata di questa autorità determini che l’infallibilità non sia esercitata correttamente e quindi che gli atti emanati non siano oggetto di infallibilità pur rimanendo l’autorità emanante nella sua pienezza del potere, è un sofisma che la ragione correttamente esercitata individua immediatamente.

Talmente è evidente questo sofisma che chi lo sostiene, cioè la F.S.S.P.X. che inserisce l’opzione riconciliazione con la “chiesa conciliare” e la lettera di risposta di Mons. Bernard Fellay e del Consiglio Generale alla nota dei tre vescovi contrari all’accordo (29) , evidenzia chiaramente l’illogicità del predetto sofisma, infatti, tale nota sostiene che la rottura di più lustri con l’autorità romana, la critica severa e costante a tutti gli atti emanati da questa autorità porta allo scisma e al sedevacantismo, se non dichiarato almeno, di fatto; questo è lo stesso argomento sviluppato da don Michele Simoulin nell’articolo criticato da alcuni (30).
D’altro canto quando ci fosse un eventuale ritorno della ‘chiesa conciliare’ allo stato abituale della Chiesa, come potranno essere considerati e qualificati: un Concilio Ecumenico e una molteplicità di atti che sono stati emanati nel corso di più di cinquantanni? Si dirà forse: ‘scusate cari fedeli abbiamo scherzato’!

Lo stesso Mons. Marcel Lefebvre più volte fu sfiorato dalla tesi della sede vacante, perché: «sembra a prima vista che sia impossibile che un papa sia pubblicamente e formalmente eretico» (31). E quasi sicuramente avesse visto gli ultimi atti posti in essere dai “papi conciliari” avrebbe preso una posizione pubblica sull’argomento. Già ai suoi tempi non la prese più per tutelare l’unità della F.S.S.P.X. che per vere ragioni teologiche. Dopo la sua dura omelia di Pasqua del 1986 alcuni sacerdoti, seminaristi e personalità di spicco nell’ambito tradizionalista come Jean Madiran per esempio, si recarono nel suo studio pregandolo di non assumere tale posizione dottrinale.

Ci sono poi due obiezioni che ultimamente sono state mosse e che vogliamo affrontare nell’ultima parte.
La prima di queste è che la Costituzione Apostolica “Cum ex Apostolatus” è semplicemente una “lex inhabilitans” che rende incapace di giurisdizione (anche retroattivamente) e di elettorato attivo o passivo chiunque sia stato condannato in vita per eresia, in quanto nella Bolla sono usati termini giuridici tipici di un processo; pertanto coloro che non hanno subito la condanna per eresia, sarebbero idonei ad assumere gli incarichi di autorità, ancorché eretici pubblici e notori. A suffragare questa tesi si porta a supporto lo storico Ludovico von Pastor. La questione è di facile risoluzione. Per suggellare tale ipotesi dovrebbe tuttavia comparire nel testo della Bolla annoverati tra i termini processuali anche il termine “condemnatur” oltre a quelli citati (deprehendatur, confitebuntur e convincentur) tale verbo che si tradurrebbe in lingua italica in “fosse condannato” la qual espressione però non compare, come proprio non compare il verbo “condemnare”. Anche perché chi fosse stato condannato per eresia da un tribunale ecclesiastico del XVI secolo non avrebbe avuto sicuramente accesso al cardinalato e nel caso gli fosse stato già prima conferito, gli sarebbe poi sicuramente tolto.
A conferma che questa ipotesi è infondata, sta un altro episodio, citato proprio dallo stesso von Pastor in altro luogo, vale a dire, quello del conclave del 1566 in cui il cardinal Ghislieri, cardinale alessandrino (futuro Pio V) che quando vide che i voti dei cardinali elettori si stavano spostando e concentrando sul cardinal Morone (incarcerato da Paolo IV per sospetto di eresia, ma mai condannato e liberato poi da Pio IV) esibì in conclave la documentazione afferente il caso Morone per sospetto di eresia e citando la Costituzione Apostolica, rese quindi, edotti i cardinali elettori della gravità di tale atto e la candidatura di Morone decadde immediatamente (32).
Va inoltre notato che non solo l’eresia ma la semplice devianza dalla fede sarebbe stato motivo di invalidità dell’elezione papale: «oppure lo stesso Romano Pontefice, che prima della sua promozione a cardinale od alla sua elevazione a Romano Pontefice, avesse deviato dalla fede cattolica o fosse caduto in qualche eresia …» Se Paolo IV avesse voluto intendere la condanna per eresia, lo avrebbe sicuramente citato e formulato espressamente nel testo della Bolla, considerati i suoi trascorsi da inquisitore generale, particolarmente in un contesto così importante e delicato come l’elezione del papa.

Va notato come afferma Pio XII nell’enciclica “Mystici Corporis” che l’eresia, lo scisma e l’apostasia per loro stessa natura allontanano l’uomo dalla Chiesa (33),   chi è fuori della Chiesa non può avere autorità in essa.

L’ultima obiezione sicuramente più complessa è quella sollevata dal fatto che se la perdita di autorità rileva non solo il Romano Pontefice, ma anche i vescovi residenziali, ci si troverebbe, pertanto, in una situazione di non ritorno, perché verrebbero a mancare tutti gli elementi fondanti della Chiesa.
La risposta non può che essere che questa: la Chiesa è una “societas perfecta” e ha tutti i mezzi dentro di se, affinché possa perpetuarsi fino alla fine del mondo, sicuramente la soluzione non può venire da mezzi umani e neppure da rimescolamenti giuridici più o meno infelici, ormai sorpassati dall’attuale situazione, nessun teologo classico, infatti, avrebbe mai potuto prevedere un’apostasia generale della gerarchia, nessun teologo avrebbe mai potuto prevedere che degli “anticristi” sedessero sul trono di Pietro e sulle sedi episcopali.

Una nuova via dovrà essere trovata dalla speculazione teologica, per sanare l’infelice situazione, sicuramente la soluzione non potrà venire da “elettori abituali” la cui fede come minimo è deviata, le aspettative poggiate su di loro, sono state deluse ormai da ben quattro conclavi. Anche la convocazione del Concilio di Costanza apparve ai più, una soluzione nuova ed insolita per risolvere il Grande Scisma d’Occidente! Nonostante le derive conciliariste fu la soluzione per quel periodo.
Va poi considerato infine, che l’elezione fatta di un soggetto cattolico “materia apta” al sommo pontificato da elettori illegittimi, è sanata dall’accettazione universale della Chiesa.
Al momento un fatto è certo: che “percusso pastore dispergentur oves gregis”.


Festa dell’Ascensione di N.S. Gesù Cristo, 2014

(fine)

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NOTE

26 - Sisto Cartechini S.J. - op. cit. p. 165.
27 -  S. Sipos, Enchiridion iuris canonici, Pecs, 1940 p.187.
28 -  Leone XIII Enciclica “Satis Cognitum” del 29 giugno 1896 “Cum absurdum sit opinari, qui extra Ecclesiam est, eum in Ecclesia praeesse”.
29 -  Risposta del Consiglio Generale della Fraternità San Pio X alla lettera dei tre vescovi del 7 aprile 2012: «Nel leggervi, ci si chiede seriamente se voi credete ancora che questa Chiesa visibile la cui sede è a Roma sia proprio la Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo, una Chiesa certo orribilmente sfigurata a planta pedis usque ad verticem capitis, ma una Chiesa che quanto meno e ancora ha per capo Nostro Signore Gesù Cristo. Si ha l’impressione che voi siate talmente scandalizzati da non accettare più che questo possa essere ancora vero. Per voi Benedetto XVI è ancora il papa legittimo? …Questo è grave, perché questa caricatura è fuori dalla realtà e nel futuro sfocerà logicamente in un vero scisma. E questo fatto è uno degli argomenti che mi spinge a non più tardare a rispondere alle istanze romane.» (maggio 2012)
30  - «Che questa perdita della fede sia una conseguenza delle dottrine conciliari professate da 50 anni, è cosa evidente, ma possiamo dire che fosse questa e resti questa l’intenzione dei promotori? Se fosse così, queste autorità non avrebbero più la fede e non sarebbero più formalmente cattoliche, e credo che questo significhi essere implicitamente sedevacantisti?» articolo che Don Michele Simoulin ha scritto per il n° di aprile anno 2014 de Le Seignadou, il bollettino della Scuola Saint-Joseph-des-Carmes.
31 - «Quale deve essere il nostro atteggiamento nei confronti di papa Paolo VI? Quest’atteggiamento sarà differente secondo il modo in cui si definisce il papa Paolo VI, perché il nostro atteggiamento verso il papa, come papa e successore di Pietro, non può cambiare. La questione, pertanto, in definitiva è questa: papa Paolo VI è egli stato o è ancora il successore di Pietro ? Se la risposta è negativa: Paolo VI non è stato mai papa o non lo è più, il nostro atteggiamento sarà quello dei periodi sede vacante, ciò semplificherebbe il problema. Certi teologi l’affermano, appoggiandosi sulle affermazioni di teologi del tempo passato, accettati dalla Chiesa e che hanno studiato il problema del papa eretico, scismatico o che abbandona praticamente il suo ufficio di Pastore supremo. Non è impossibile che questa ipotesi sia, un giorno, confermata dalla Chiesa. Perché ha a suo favore degli argomenti seri. Numerosi sono, infatti, gli atti di Paolo VI che, compiuti da un vescovo o da un teologo, vent’anni fa sarebbero stati condannati come sospetti di eresia, favorevoli all’eresia. Davanti al fatto che è colui che siede sul trono di Pietro che compie questi atti, il mondo ancora cattolico o ciò che né resta, rimane stupefatto, interdetto, preferisce tacere piuttosto che condannare, preferisce assistere alla distruzione della Chiesa, piuttosto che opporsi, aspettando giorni i migliori». Il colpo da maestro di Satana (Ecône, 1977). - «... D’altra parte, ci appare molto più certo della fede insegnata dalla Chiesa durante venti secoli non può contenere degli errori, che non è d’assoluta certezza che il papa sia proprio papa. L’eresia, lo scisma, la scomunica ipso facto, l’invalidità dell’elezione sono altrettante cause che, eventualmente, possono far sì che un papa non lo sia stato mai o non lo sia più. In questo caso evidentemente molto eccezionale, la Chiesa si troverebbe in una situazione simile a quella che accade dopo il decesso di un sommo pontefice» Brano della dichiarazione di Mons. M. Lefebvre del 2 agosto 1976 - «(…) Ci troviamo veramente davanti ad un grave dilemma, ed è eccessivamente grave che credo, non sia mai esistito nella Chiesa: che colui che si è assiso sulla Sede di Pietro partecipi a dei culti di falsi dei. Penso che questo non sia mai capitato nella Chiesa. Quale conclusione dovremo forse trarre tra alcuni mesi, di fronte a questi reiterati atti di comunione con dei falsi culti? Non so... Me lo chiedo. Ma è possibile che saremo nella condizione di credere che questo papa non è più papa. Perché sembra a prima vista (non vorrei ancora dirlo di un modo solenne e formale), ma sembra a prima vista che sia impossibile che un papa sia pubblicamente e formalmente eretico.
Nostro Signore gli ha promesso di essere con lui, di custodire la sua Fede, di custodirlo nella Fede. Com’è possibile che colui al quale Nostro Signore ha promesso di custodirlo definitivamente nella Fede, possa errare nella Fede, possa, allo stesso tempo, essere pubblicamente eretico, e quasi apostatare...? Ecco il problema che ci riguarda tutti, che non riguarda solamente me». Omelia di Pasqua anno 1986.
32 -   L. VON PASTOR, Storia dei Papi,  Roma 1910-1939, Vol. VIII.
33 -  PIO XII, Enc. Mystici Corporis, in: Acta Apostolicae Sedis, Roma 29.06.1943, Vol. 35 “Si quidem non omne admissum, etsi grave scelus, eiusmodi est, ut - sicut schisma, vel haeresis, vel apostasia faciunt - suapte natura hominem ab Ecclesiae corpore separent”.





giugno 2014

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