Risposta del

Superiore Generale Mons. Bernard Fellay
e del Consiglio Generale della Fraternità San Pio X


alla lettera inviata loro dai tre Vescovi
Mons. Alfonso de Galarreta
Mons. Bernard Tissier de Mallerais
Mons. Richard Williamson

14 aprile 2012


in calce alla lettera si trova la copia dell'originale



FRATERNITA' SACERDOTALE
SAN PIO X



Menzingen, 14 aprile 2012

A NN. SS. Tissier de Mallerais, Williamson et de Galarreta.

Eccellenze,

La vostra lettera collettiva indirizzata ai membri del Consiglio generale ha ricevuto tutta la nostra attenzione. Vi ringraziamo per la vostra sollecitudine e la vostra carità.
Permetteteci a nostra volta con la stessa cura della carità e della giustizia di rivolgervi le seguenti osservazioni.

Innanzi tutto la lettera indica esattamente la gravità della crisi che scuote la Chiesa e analizza con precisione la natura degli errori complessivi che abbondano. Tuttavia, la descrizione è macchiata da due difetti relativi alla realtà della Chiesa; manca del soprannaturale e nel contempo di realismo.

Essa manca del soprannaturale. Nel leggervi, ci si chiede seriamente se voi credete ancora che questa Chiesa visibile la cui sede è a Roma sia proprio la Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo, una Chiesa certo orribilmente sfigurata a planta pedis usque ad verticem capitis, ma una Chiesa che quanto meno e ancora ha per capo Nostro Signore Gesù Cristo. Si ha l’impressione che voi siate talmente scandalizzati da non accettare più che questo possa essere ancora vero. Per voi Benedetto XVI è ancora il papa legittimo? Se lo è, Gesù Cristo può ancora parlare con la sua bocca? Se il papa esprime una volontà legittima nei nostri confronti, che è buona, che non comporta un ordine contrario ai comandamenti di Dio, si ha il diritto di trascurare, di respingere con un gesto della mano questa volontà? E se no, su quale principio vi basate per agire così? Non credete che se Nostro Signore ci comanda, Egli ci darà anche i mezzi per continuare la nostra opera? Ora, il papa ci ha fatto sapere che la preoccupazione di regolare la nostra questione per il bene della Chiesa era al cuore stesso del suo pontificato, e anche che sapeva bene che sarebbe stato più facile per lui e per noi lasciare la situazione nello stato delle cose. Dunque è una volontà ferma e giusta che egli esprime.

Con l’attitudine che voi auspicate, non v’è più posto né per i Gedeone né per i Davide, né per quelli che contano nell’aiuto del Signore. Voi ci rimproverate di essere ingenui o di avere paura, ma è la vostra visione della Chiesa ad essere troppo umana e perfino fatalista; voi vedete i pericoli, i complotti, le difficoltà, ma non vedete l’assistenza della grazia e dello Spirito Santo. Se si accetta che la divina Provvidenza conduce le questioni degli uomini, pur lasciando la loro libertà, allora bisogna accettare anche che i gesti di questi ultimi anni in nostro favore sono sotto la sua direzione. Ora, essi indicano una linea – non tutta diritta – ma chiaramente a favore della Tradizione. Perché improvvisamente essa si troncherebbe, mentre invece noi facciamo di tutto per conservare la nostra fedeltà e accompagniamo i nostri sforzi con una preghiera poco comune? Il Buon Dio ci lascerebbe andare nel momento più cruciale? Questo non ha molto senso. Soprattutto quando noi non cerchiamo di imporgli una qualche volontà personale, ma cerchiamo di scrutare attraverso gli avvenimenti ciò che Dio vuole, a tutto disposti, come a Lui piacerà.

Al tempo stesso, essa manca di realismo, a riguardo dell’intensità degli errori e della loro ampiezza.
Intensità: nella Fraternità si è in procinto di fare degli errori del Concilio delle super eresie, questo diventa come il male assoluto, peggiore di tutto, allo stesso modo in cui i liberali hanno dogmatizzato questo concilio pastorale. I mali sono già sufficientemente drammatici perché li si esageri ulteriormente (Cfr. Roberto de Mattei, Una storia mai scritta, p. 22; Mons. Gherardini, Un discorso da fare, p. 53, etc.,). Non vi è più alcuna distinzione. Quando invece Monsignor Lefebvre ha fatto più di una volta le distinzioni necessarie a proposito dei liberali (1). Questa mancanza di distinzione conduce l’uno o l’altro di voi ad un irrigidimento «assoluto». Questo è grave, perché questa caricatura è fuori dalla realtà e nel futuro sfocerà logicamente in un vero scisma. E questo fatto è uno degli argomenti che mi spinge a non più tardare a rispondere alle istanze romane.

Ampiezza: da una parte si addossano alle attuali autorità romane tutti gli errori e tutti i mali che si trovano nella Chiesa, tralasciando il fatto che esse cercano almeno in parte di liberarsi dai più gravi di essi (la condanna dell’«ermeneutica della rottura» denuncia degli errori ben reali). Dall’altra si pretende che TUTTI siano ancorati a questa pertinacia («tutti modernisti», «tutti marci»). Ora, questo è chiaramente falso. Una gran maggioranza è sempre implicata nel movimento, ma non tutti.
Al punto che sulla questione cruciale tra tutte, quella della possibilità di sopravvivere nelle condizioni di un riconoscimento della Fraternità da parte di Roma, noi non arriviamo alla vostra stessa conclusione.

Sia chiaro per inciso che NOI NON ABBIAMO CERCATO un accordo pratico. Questo è falso. Noi non abbiamo rifiutato a priori, come fate voi, di considerare l’offerta del papa. Per il bene comune della Fraternità noi preferiremmo di gran lunga la soluzione attuale di status quo intermedio, ma chiaramente Roma non lo tollera più.

In sé, la soluzione della Prelatura personale proposta non è una trappola. Questo lo si evince innanzi tutto dal fatto che la presente situazione dell’aprile 2012 è molto diversa da quella del 1988. Pretendere che niente sia cambiato è un errore storico. Gli stessi mali fanno soffrire la Chiesa, le conseguenze sono ancora pi gravi e manifeste che allora; ma al tempo stesso si può constatare un cambiamento di attitudine nella Chiesa, aiutata dai gesti e dagli atti di Benedetto XVI nei confronti della Tradizione. Questo movimento nuovo, nato almeno da una dozzina d’anni, si va rafforzando. Esso tocca un buon numero di giovani sacerdoti (ancora una minoranza), di seminaristi e perfino un piccolo numero di giovani vescovi, che si distinguono nettamente dai loro predecessori, che ci dichiarano la loro simpatia e il loro sostegno, ma che sono ancora passabilmente immersi nella corrente dominante nella gerarchia a favore del Vaticano II. Questa gerarchia sta perdendo slancio. Ciò è oggettivo e dimostra che non è più illusorio considerare una battaglia «intra muros», di cui siamo ben coscienti della durata e delle difficoltà. Io ho potuto ascoltare a Roma molti discorsi sulle glorie del Vaticano II che ci vengono riproposti, se esso è ancora nella bocca di molti, tuttavia non è più in tutte le teste. Sono sempre di meno quelli che vi credono.

Questa situazione concreta, con la soluzione canonica proposta, è molto diversa da quella del 1988. E quando paragoniamo gli argomenti offerti all’epoca da Mons. Lefebvre, ne concludiamo che egli non avrebbe esitato ad accettare ciò che ci viene proposto. Non perdiamo il senso della Chiesa, che era così forte nel nostro venerato fondatore.

La storia della Chiesa dimostra che la guarigione dei mali che la colpiscono si realizza abitualmente con gradualità, lentamente. E quando è risolto un problema ecco che ne inizia un altro… oportet haerese esse. Pretendere di aspettare che tutto sia regolato per giungere a quello che voi chiamate un accordo pratico, non è realista. A guardare come si svolgono le cose, è ben probabile che la fine di questa crisi prenderà ancora una dozzina d’anni. Ma rifiutare di lavorare in questo campo perché vi si trova ancora della mala erba, che rischia di soffocare, di intralciare l’erba buona, trova una curiosa lezione biblica; è Nostro Signore stesso che ci fa comprendere con la sua parabola della zizzania, che vi sarà sempre, sotto una forma o un’altra, dell’erba cattiva da estirpare e da combattere nella sua Chiesa…

Voi non potete sapere quanto in questi ultimi mesi la vostra attitudine – molto diversa per ciascuno di voi – sia stata dura per noi. Essa ha impedito al Superiore generale di comunicarvi e di farvi partecipi di queste grandi preoccupazioni, alle quali vi avrebbe molto volentieri associato, se non si fosse trovato davanti ad una incomprensione così forte e così passionale. Quanto avrebbe amato poter contare su di voi, sui vostri consigli per sostenere questo passo così delicato della nostra storia. È una grande prova, forse la più grande del suo superiorato. Il nostro venerato fondatore ha assegnato ai vescovi della Fraternità un compito e dei doveri precisi. Egli ha mostrato che il principio che fa l’unità della nostra società è il Superiore Generale. Ma già da un certo tempo voi cercate – ciascuno in maniera diversa – di imporgli il vostro punto di vista, anche sotto forma di minacce, e perfino pubblicamente. Questa dialettica tra verità/fede e autorità è contraria allo spirito sacerdotale. Egli avrebbe almeno sperato che voi cercaste di comprendere gli argomenti che lo spingono ad agire come ha agito in questi ultimi anni, secondo la volontà della divina Provvidenza.

Noi preghiamo per ciascuno di voi, perché in questa battaglia che è lungi dall’essere terminata ci si ritrovi tutti insieme, per la maggior gloria di Dio e per l’amore della nostra cara Fraternità.

Si degni Nostro Signore resuscitato e la Madonna di proteggervi e di benedirvi.

+Bernard Fellay
Niklaus Pfluger+
Alain-Marc Nély+

1 - «Non è perché un papa è liberale che non esiste più. (…) Dobbiamo rimanere su una linea ferma e non fuorviarci, nel corso di queste difficoltà nelle quali viviamo. Si sarebbe tentati, giustamente, da delle soluzioni estreme, e dire: “No, no, il papa non è solo liberale, il papa è eretico! Probabilmente il papa è forse più che eretico, dunque non vi è un papa!” Questo non è esatto. Non è perché qualcuno è liberale che necessariamente è eretico e quindi necessariamente fuori dalla Chiesa. Bisogna saper fare le necessarie distinzioni. Questo è molto importante per rimanere su una via sicura, per rimanere nella Chiesa. Se no, dove andremo? Non vi è più papa, non vi sono più cardinali, perché se il papa non era papa quando ha nominato i cardinali, questi cardinali non possono più nominare dei papi perché non sono cardinali. E allora? Sarà un angelo del cielo che ci porterà un papa? Questo è assurdo! E non solo assurdo, pericoloso! Perché allora noi saremmo portati, forse, a delle soluzioni che sono veramente scismatiche» (Conferenza ad Angers, 1980). Sulla misura da conservare si veda anche Fideliter n° 57, p. 17.


Copia dell'originale della lettera










maggio 2012

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