Mons. Galantino,
il buono che racconta frottole


di Un cattolico indignato

Nell’edizione del 20 luglio, l’agenzia Zenit ha pubblicato il resoconto di una intervista rilasciata da Mons. Galantino al mensile “Sempre”, in occasione della sua partecipazione alla “tre giorni” della Comunità Giovanni XXIII tenutasi a Forlì ai primi di giugno.
Il resoconto è servito a rendere nota la precisazione di Mons. Galantino circa l’intervista da lui rilasciata a Giovanni Panettiere, per il Quotidiano Nazionale del 12 maggio 2014, intervista che ha provocato diverse critiche dalle quali il presule si è sentito maltrattato.
Al fine di meglio inquadrare questa storia, riportiamo il brano dell’intervista di cui si tratta, mentre rimandiamo ai due articoli che noi stessi abbiamo pubblicato: Facta nigro signanda lapillo e I marziani? Sono tra noi da un pezzo!.

Ecco il brano interessato:
Domanda: Negli anni scorsi la Cei ha investito molto sui valori non negoziabili (vita, famiglia, educazione). Il Papa non ha a cuore questa espressione, anche lei?
Risposta: «Pensiamo alla sacralità della vita. In passato ci siamo concentrati esclusivamente sul no all’aborto e all’eutanasia. Non può essere così, in mezzo c’è l’esistenza che si sviluppa. Io non mi identifico con i visi inespressivi di chi recita il rosario fuori dalle cliniche, che praticano l’interruzione della gravidanza, ma con quei giovani che sono contrari a questa pratica e lottano per la qualità delle persone, per il loro diritto alla salute, al lavoro».

Ed ecco il resoconto di Zenit:
“L’intervista in questione - spiega - è nata in un contesto specifico: l’influenza che hanno i mezzi della comunicazione sociale. In quell’occasione dichiaravo che dobbiamo stare attenti soprattutto alla televisione nella quale si utilizzano solo le immagini che aiutano a sostenere la propria tesi personale. Citavo l’esempio di chi inquadra i volti più inespressivi di coloro che recitano il rosario davanti alle cliniche contro l’aborto”.
Un metodo mediatico che “intende depotenziare non solo il rosario recitato davanti alla clinica, ma anche il movimento, grande e straordinario, che c’è dietro”, afferma mons. Galantino. Per cui, il suo era piuttosto un monito a stare in guardia da simili strumentalizzazioni. La dichiarazione decontestualizzata dall’intervista è stata dunque la fonte dell’equivoco. “A volte - riflette il presule - gli esponenti di certi nostri movimenti non leggono l’intervista per intero, ma solo il titolo del giornale, che evidentemente ha tutto l’interesse a scegliere unicamente l’espressione che fa scandalo e crea problemi. Così partono 10.000 tweet o 15.000 post su Facebook contro il vescovo Galantino… “.
In questo contesto di critiche che gli sono state rivolte contro, il segretario della Cei afferma di essere rimasto “impressionato”  dalla “cattiveria sommaria di certe persone che dicono di recitare il rosario. È preoccupante sapere che chi recita il rosario poi è capace di esprimersi con questi toni, con questa violenza verbale”.

Ora, Mons. Galantino è padrone di fare marcia indietro e di ritrattare quel “io non mi identifico ecc.”, ma ha il dovere morale e l’obbligo pastorale di dire che si è sbagliato, che è stata una frase infelice, che non era sua intenzione dire quello che ha detto. Se non lo fa, aggiunge legna al fuoco della critica e, per di più, richiama su di sé gli strali di una più forte reprimenda, perché mentire è cosa grave per uno che, non solo fa il vescovo, ma si permette pure di rimproverare gli altri e di richiamarli per la loro supposta violenza verbale.

Ma quale violenza verbale, monsignor vescovo! Per la sua beffarda dichiarazione del 12 maggio Lei avrebbe meritato ben altro che i rimproveri che gli sono stati mossi, perché non si possono offendere pesantemente i cattolici e poi aspettarsi che gli mandino a casa un mazzo di fiori. E se poi uno come Lei, dopo dichiarazioni così, continua a fare i Segretario della CEI, è logico che le critiche diventano ancora più pesanti, come la presente, perché, come cattolici, è nostro diritto  pretendere che i nostri Pastori si comportino come di dovere e dicano cose cattoliche e non strafalcioni, come il 12 maggio, o frottole, come adesso.

Ma quale contesto, monsignor vescovo! Le è stata fatta una domanda precisa a cui Lei ha risposto in modo preciso: non mi piacciono quelli che recitano il rosario, ma solo quei giovani che sono contrari a questa pratica e lottano per la qualità delle persone, per il loro diritto alla salute, al lavoro.
Qui Lei è chiaro, chiarissimo, e non v’è modo di fraintenderlo: a Lei non piacciono quelli che recitano il rosario pubblicamente contro l’aborto, a Lei piacciono quelli che si interessano di tutt’altro: “la qualità delle persone”, “il diritto alla salute e al lavoro” e che semplicemente “sono contrari a questa pratica” [dell’aborto]. Insomma, a Lei piacciono tutti gli altri, tranne i cattolici che si comportano da cattolici.
Qui non si tratta di “cattiveria sommaria” o di “violenza verbale”, qui siamo di fronte alla necessità di dire le cose come sono: e Lei, caro monsignor vescovo, non solo manca di rispetto ai cattolici, beffeggiandoli, ma offende pesantemente ogni persona di buon senso cercando di far credere che il falso  sia vero.
La verità è che Lei ha un modo di vedere le cose che, come si evince da ciò che dice e da come lo dice, non è cattolico; e forse è per questo che papa Bergoglio lo ha voluto alla CEI, perché Lei rappresenta quella punta di lancia che servirà ad aprire la strada alle iniziative non cattoliche caldeggiate da papa Bergoglio e auspicate da vescovi e cardinali.
E questo lo si capisce facilmente, senza bisogno di contesti e precisazioni, dall’altra sua studiata risposta alla domanda generale sulla Chiesa (intervista del 12 maggio):

Domanda: Qual è il suo augurio per la Chiesa italiana?
Risposta: «Che si possa parlare di qualsiasi argomento, di preti sposati, di eucarestia ai divorziati, di omosessualità, senza tabù, partendo dal Vangelo e dando ragioni delle proprie posizioni».

Ecco chi è Lei, caro monsignor vescovo, un sovversivo. Uno che facendo finta di partire dal Vangelo, che ha già condannato preti sposati, adulteri e omosessuali, vuole dare ragione delle “posizioni” di costoro, “posizioni” che in termini cattolici si chiamano semplicemente peccati. Ma evidentemente Lei non sa cos’è il peccato, perché dimostra di sconoscere il peccato che continua a commettere contro i fedeli a Lei affidati, raccontando frottole, esprimendo strafalcioni e propugnando la diffusione e la difesa del vizio e della corruzione.

Caro monsignor vescovo, noi pregheremo per Lei, perché si ravveda e abbandoni la via del male.




luglio 2014

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