Qualche considerazione sulle
pressioni esercitate
dalla Curia romana e da alcuni
giornalisti
nei confronti della Fraternità
San Pio X
Stranamente, in vista della data delle annuali ordinazioni
sacerdotali che compie la Fraternità San Pio X a Ecône, in
questi ultimi giorni si è visto un polverone alzarsi, soprattutto
in Italia, per l'agitazione di qualche prelato e di qualche giornalista.
Il sospetto che ci possa essere una sorta di tentativo
di accerchiamento della Fraternità San Pio X è più
che legittimo. Resta ancora oscuro il vero, serio motivo di tutto questo.
Ovviamente a voler trascurare il fatto che, in maniera cadenzata, sono
sempre sorti i tentativi di creare confusione e divisione tra i fedeli
della Fraternità: come se qualcuno si dilettasse a rimestare nel
torbito non appena le acque sembrano calmarsi.
Questo nostro è un mondo che predilige la confusione
e il chiasso, e le brutte abitudini sono le prime a contagiare tutti, anche
nelle fila dei cattolici attenti.
È stato detto che il Papa si sia sentito offeso
per le dichiarazioni di alcuni esponenti della Fraternità a riguardo
della sua persona. Chi conosce Papa Ratzinger sa bene che non soffre di
queste pruderie narcisiste. Tanto più che sarebbe strano che il
Papa si adombrasse adesso, dopo che le stesse dichiarazioni sono state
fatte più volte in questi ultimi 3 anni. Piuttosto è più
probabile che per motivi fin troppo umani cerchino di farsi avanti chierici
e laici che vogliono apparire come i primi della classe nella difesa del
Papa.
È stato detto poi che era giunto il momento per
la Fraternità di tirare le somme e di decidersi a rientrare nella
Chiesa, tanto ormai il Papa ha fatto tutto quello che c'era da fare. Davvero
singolari questi suggeritori, soprattutto se si pensa che, sia chierici
sia laici, dovrebbero conoscere molto bene la vicenda in questione. Dovrebbero
conoscere a menadito il pensiero della Fraternità, dovrebbero conoscere
nei particolari le questioni che da otto anni sono sul tappeto.
Come mai tanta superficialità e tanta apparente
ingenuità?
Solo gli ingenui e i distratti possono parlare della
Fraternità come di chi sta fuori dalla Chiesa. Ed è strano
che proprio adesso che sembra essersi abbastanza ridimensionata la strumentalizzazione
della vessata questio della scomunica, si trovi chi è disposto a
rimetterla in auge.
È davvero sospetta una tale manovra, proprio adesso
che la Santa Sede potrebbe decidersi a ritirare il decreto di scomunica,
dopo aver liberalizzato la S. Messa tradizionale. Ed è ancor più
sospetta ove si pensi che è possibile che la Santa Sede si decida
a dare un giro di vite contro l'aperta e sfacciata opposizione dei vescovi
proprio nei confronti della S. Messa tradizionale.
Fatte queste considerazioni, pensiamo sia il caso di soffermarsi
su una contraddizione che è emersa in questa vicenda giuocata tutta
sul piano dei giornali
Si tratta del rincorrersi delle notizie sulla ultimativa
richiesta della Santa Sede perché la Fraternità dichiarasse
di accettare il Concilio Vaticano II: condizione irrinunciabile per la
sua regolarizzazione canonica.
La verità è che la Fraternità non
ha chiesto alcuna regolarizzazione canonica, ed è da anni che ripete
che la cosa non ha senso se prima non si definiscono le questioni dottrinali.
Per ciò che attiene al Concilio, sembra che certuni
dimentichino che Mons. Lefebvre ha firmato tutti i documenti del Concilio,
ma questo non gli ha impedito di rifiutare il Novus Ordo, la libertà
religiosa, l'ecumenismo, la collegialità, la nuova ecclesiologia,
la revisione della storia della Chiesa, i congressi delle religioni, la
pastorale socio-sanitaria, e via dicendo. E questo non per mancanza di
coerenza, ma per il semplice fatto che i documenti del Concilio, per quanto
equivoci, volendo avrebbero potuto essere interpretati e soprattutto applicati
alla luce della Tradizione, così da produrre effetti diametralmente
opposti a quelli che si sono prodotti in questi ultimi quarant'anni.
È stata questa la logica giustificativa che ha
mosso i fondatori della Fraternità San Pietro e ultimamente i sacerdoti
di Campos. Senza contare la recentissima costituzione dell'Istituto del
Buon Pastore, in Francia, i cui rappresentanti asseriscono di poter vantare
anche una prerogativa esclusiva, rispetto agli altri Istituti dell'Ecclesia
Dei, la libertà di poter esercitare la critica positiva del Concilio.
Ecco, diranno subito certuni, ed allora perché
la Fraternità non vuole fare lo stesso?
Per il semplice motivo che tra il dire e il fare c'è
di mezzo il mare.
Eppure dovrebbe essere chiaro a tutti che nella Chiesa
di oggi, dopo 40 anni di postconcilio, non basta mettere nero su bianco
per riportare le cose alla normalità. Non basta un documento papale
che liberalizza la S. Messa perché questa divenga realmente libera.
D'altronde, in questo come in tutti gli altri campi,
le cose stanno così perché in seno alla Chiesa conciliare
ormai vige una forma mentis che non è più cattolica.
Della lettura del Concilio alla luce della Tradizione,
che ne è stato nella Fraternità San Pietro? E cosa ha partorito
la lettura critica positiva di Campos dei documenti conciliari, semmai
è stata fatta? E quella ultima dell'Istituto del Buon Pastore?
Un vecchio e noto combattente francese per la Tradizione,
Jean Madiran, proprio l'altro giorno ricordava che, per definizione, ogni
critica che non sia negativa, di per sé, è inevitabile che
diventi un'apologia o un'agiografia. E l'esperienza di questi anni ci conferma
in pieno la bontà di questa riflessione.
In ogni caso, resta il fatto che, nonostante le voci,
quando siamo riusciti a leggere la famosa lettera del Card. Castrillon
a Mons, Fellay, dei primi del mese, ci siamo accorti che si trattava di
luoghi comuni e di provocazioni: in quella lettera non si parla affatto
di riconoscimento del Concilio.
Eccola: basta leggerla
Conditions qui résultent de l'entretien du 4
juin 2008 entre le Cardinal Dario
Castrillón Hoyos et l'Evêque Bernard
Fellay
1. L'engagement d'une réponse proportionnée
à la generosité du Pape.
2. L'engagemente d'éviter toute intervention publique
qui ne respecte pas la personne du Saint-Père et qui serait négative
pour la charité ecclésiale.
3. L'engagement d'éviter la prétention d'un
magistère supérieur au Saint-Père et ne pas proposer
la Fraternité en contraposition à l'Eglise.
4. L'engagement à démontrer la volonté
d'agir honnêtement en toute charité ecclésiale et dans
le respect de l'autorité du Vicaire du Christ.
5. L'engagement de respecter la date - fixé a la
fin du mois de juin - pour répondre positivement. Cela sera une
condition requise et nécessaire comme préparation inmédiate
a l'adhésion pour accomplir la pleine communion.
Darío Card. Castrillón Hoyos
Rome, le 4 juin 2008.
Condizioni risultanti dall'incontro del 4 giugno
2008 tra il Cardinale Darìo
Castrillon Hoyos e il Vescovo Bernard Fellay
1. L'impegno di una risposta proporzionata alla
generosità del Papa.
2. L'impegno a evitare ogni intervento pubblico che non
rispetti la persona del Santo Padre e che sarebbe negativo per la carità
ecclesiale.
3. L'impegno a evitare la pretesa di un magistero superiore
al Santo Padre e a non presentare la Fraternità in contrapposizione
alla Chiesa.
4. L'impegno a dimostrare la volontà di agire onestamente
in piena carità ecclesiale e nel rispetto dell'autorità del
Vicario di Cristo.
5. L'impegno a rispettare la data - fissata alla fine
del mese di giugno - per rispondere positivamente. Questa sarà una
condizione richiesta e necessaria come preparazione immediata all’adesione
per ottenere la piena comunione.
Si capisce subito che si tratta di una sorta di appunto di
lavoro, per di più vertente su questioni di mera diplomazia mediatica.
Qui non si parla di impegni importanti. Solo il punto cinque contiene una
sorta di ultimatum: rispondere positivamente entro la fine del mese. Ma
sembra più una data legata alle prossime vacanze estive che a problematiche
importanti.
Eppure su questo è stata tessuta un'atmosfera da
fine del mondo. O adesso, o mai più!
giugno 2008
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