La Fraternità San Pio X e Roma
Le tappe di una battaglia

Conferenza 

di S. Ecc. Mons. Marcel Lefebvre
Fondatore della Fraternità San Pio X

Pubblicata nel n° 55 di Fideliter, gennaio-febbraio 1987



Le tappe di una battaglia:
(dalla costituzione della Fraternità alla “giornata di Assisi”,
con un importane richiamo al pensiero del Cardinale Ratzinger)


- Ragion d’essere della Fraternità: formare dei sacerdoti secondo lo spirito della Chiesa
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La Fraternità approvata ufficialmente da Roma
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Perché siamo perseguitati?
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Noi abbiamo sempre rifiutato di collaborare alla distruzione della Chiesa
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La legge fondamentale della Chiesa è la salvezza delle anime
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Senza la Messa crolla tutto
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Gli errori fondamentali
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La verità evolverebbe col tempo! (Card. Ratzinger)
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Noi vogliamo continuare la Chiesa

La Fraternità Sacerdotale San Pio X è stata fondata ufficialmente nel 1970.

Per coloro che non ne conoscono bene la storia, è senz’altro utile ricordarne le tappe principali, nel momento in cui, nelle circostanze che conosciamo, noi ci sforziamo di continuare e sviluppare ciò che la Provvidenza ci ha dato di fare.

Se gli avvenimenti apportassero un cambiamento in favore di un ritorno alla Tradizione all’interno della Chiesa, evidentemente per noi la situazione risulterebbe semplificata. Saremmo certamente graditi alla gerarchia, come lo siamo stati agli inizi, e tutti questi problemi di relazioni con i vescovi, con Roma, non si porrebbero più.

Per ora, dobbiamo conservare l’autenticità della Fraternità che indubbiamente è stata fondata in circostanze molto particolari, ma questo avrebbe potuto verificarsi benissimo anche in tempi normali. Essa è stata suscitata, è vero, dal degrado dei seminari, ma ci sono state delle Società, come quella di San Vincenzo de’ Paoli o di San Giovanni Eudes, che sono state fondate con un obiettivo identico, che è e resta quello di dare una buona formazione sacerdotale ai futuri sacerdoti così da permettere loro di esercitare un ministero che sia occasione di rinnovamento nella Chiesa.
 
Ragion d’essere della Fraternità: formare dei sacerdoti secondo lo spirito della Chiesa

La Fraternità dunque è stata fondata innanzitutto per creare dei sacerdoti e di conseguenza per aprire dei seminari. Ciò è del tutto conforme alla Tradizione della Chiesa: continuare molto semplicemente la formazione sacerdotale tradizionale per la Chiesa.

Non cerchiamo nient’altro e non abbiamo mai voluto innovare, se non nel senso della Tradizione, recuperando alcuni elementi che forse mancavano un po’ nella formazione dei seminaristi specialmente sul piano spirituale. È per questo che abbiamo aggiunto agli studi filosofici e teologici un anno di spiritualità. Questo completa bene la preparazione dei seminaristi al Sacerdozio ponendoli in un’atmosfera veramente spirituale. Il che non è certo un’innovazione che va nel senso dei modernisti, ma al contrario in quello della Tradizione della Chiesa.

La nostra fondazione quindi ha avuto cura di aggiungere agli studi una formazione spirituale seria con un anno supplementare che costituisce una specie di noviziato e che porta alla grande conoscenza di cosa sia la spiritualità e alla pratica della vita interiore, della via purgativa e illuminativa, mistica, che richiede una riforma di sé.

La Fraternità non è stata fondata sul modello di una congregazione religiosa. Perché?
Perché nella pratica è molto frequente constatare le difficoltà provate dai religiosi che esercitano un apostolato nel mondo, di rispettare veramente la stretta povertà com’è richiesta nelle Congregazioni religiose in cui non si può avere nulla, utilizzare nulla, impiegare nulla, senza richiedere l’autorizzazione al Superiore. Tutto dipende dal Superiore. Era dunque preferibile non essere legati da un voto che rischiava di essere contraddetto continuamente. Era meglio fondare una società di vita comune senza voti, ma con delle promesse.

La Provvidenza ha dunque deciso che la nostra Società fosse fatta sul modello delle società di vita comune senza voto ed essa ha già dato prova di sé. Quindi non ci sono ragioni per non continuare.
 

La Fraternità approvata ufficialmente da Roma

È con questa forma che la Fraternità Sacerdotale San Pio X è stata approvata ed eretta nella sua diocesi da Mons. Charrière, vescovo di Friburgo, il 1° novembre 1970 (1). È con questa forma che è stata approvata anche da Roma.

Questo è molto importante e perfino fondamentale e non bisogna esitare a ricordarlo a quelli che non conoscono bene la storia della Fraternità.

Il documento romano, in effetti, è capitale, perché è del tutto ufficiale. Reca la data del 18 febbraio 1971 e il timbro della Sacra Congregazione per i Religiosi. È firmato dal suo Prefetto, il cardinale Wright e sottoscritto da Mons. Palazzini, che all’epoca era suo segretario e oggi è cardinale. Questo documento ufficiale, emanato da una Congregazione romana che approvava ed elogiava “la saggezza delle norme” degli statuti della Fraternità, non può essere visto diversamente che come un decreto di lode che, di conseguenza, autorizza la nostra Società ad essere considerata come di Diritto Pontificio che per ciò stesso può incardinare.

Alcuni atti ufficiali, compiuti dalla Congregazione per i Religiosi avente per Prefetto il cardinale Antoniutti, sono venuti a completare e a confermare questo riconoscimento ufficiale, poiché hanno permesso a Padre Snyder e ad un altro religioso americano di essere direttamente incardinati nella Fraternità. Si trattava dunque proprio di atti ufficiali di Roma.

Dunque, da questi documenti ufficiali si deve giocoforza constatare che la Congregazione per il Clero riteneva de facto che la nostra Società potesse regolarmente e validamente incardinare.

Tuttavia, personalmente, non ho creduto di dover usare di questa facoltà fino al momento in cui siamo stati ufficialmente, ma illegalmente, soppressi. Fino allora mi ero sempre sforzato di avere dei vescovi che dessero le incardinazioni. Ho fatto ricorso a Mons. de Castro Mayer in Brasile, a Mons. Castan Lacoma in Spagna e a Mons. Guibert a La Réunion. Questi tre vescovi hanno accettato di consegnare delle lettere dimissorie ai sacerdoti della nostra Società, che così si sono trovati incardinati nelle loro diocesi. L’abbé Aulagnier è stato incardinato nella sua diocesi di Clermont-Ferrand, da Mons. de la Chanoine. In quel momento, eravamo doppiamente in regola. Mons. Adam me l’ha detto esplicitamente: «Perché non incardina nella sua Società?» Ho risposto: « Mi sembra che sia solo diocesana». Quindi ero al di qua piuttosto che al di là delle regole canoniche.

In effetti, questi documenti della Congregazione per il Clero riguardanti l’incardinazione di questi due religiosi americani nella nostra Società, sono ancora più importanti della lettera firmata dal cardinale Wright. D’altronde è ciò che ho risposto alla Congregazione per la Dottrina della Fede quando sono stato interrogato sulle incardinazioni. Mi è stato detto: «Lei non ha il diritto d’incardinare nella sua Società.» – «Non ho il diritto? Allora bisogna dire alla Congregazione per il Clero che ha sbagliato ad incardinare nella nostra Società!».

Quest’atto del cardinale Wright, se lo si studia da vicino, non è solo una lettera ma un «decreto di elogio», poiché effettivamente elogia gli statuti della Fraternità.  È un atto del tutto ufficiale. Non si tratta affatto di una lettera privata. Così, per cinque anni, abbiamo avuto l’approvazione totale della Chiesa diocesana e di Roma. Quindi eravamo innestati nella Chiesa. Questo è fondamentale per l’azione provvidenziale compiuta dalla Fraternità, e ci rafforza nella nostra esistenza e nella nostra azione in generale. Essendo veramente della Chiesa, riconosciuti ufficialmente dalla Chiesa, noi siamo stati perseguitati.


Perché siamo perseguitati?

Siamo perseguitati unicamente perché conserviamo la Tradizione e in particolare la Tradizione liturgica.

Sempre ricollocando i fatti nell’ordine del loro susseguirsi storico, è del più grande interesse rileggere anche la lettera che Mons. Mamie mi ha indirizzato il 6 maggio 1975, per comprendere bene le vere ragioni che hanno spinto il vescovo di Losanna, Ginevra e Friburgo a ritirare ILLEGALMENTE gli atti compiuti dal suo predecessore e in particolare il decreto d’erezione della Fraternità del 1° novembre 1970. Si tratta di una testimonianza. Mons. Mamie riconosce, poiché lo scrive, che la Fraternità è stata oggetto di un decreto d’erezione firmato dal suo predecessore a titolo di Pia Unio con sede a Friburgo «che approva e conferma gli statuti di detta Fraternità.»

Egli non aveva il diritto di agire così e di ritirare di testa sua questo riconoscimento canonico. Ciò è esplicitamente contrario al Diritto Canonico. (Can. 493).

Ora, per due volte nella sua lettera Mons. Mamie parla della liturgia. «… Le ricordavo il suo rifiuto per ciò che concerne la celebrazione della Santa Messa secondo il rito stabilito da S.S. Paolo VI… » e «Quanto a noi, continuiamo a chiedere ai fedeli così come ai sacerdoti cattolici di accettare ed applicare tutti gli orientamenti o le decisioni del Concilio Vaticano II, tutti gli insegnamenti di Giovanni XXIII e di Paolo VI, tutte le direttive dei segretariati istituiti dal Concilio compreso nella nuova liturgia. Questo lo abbiamo fatto, lo faremo ancora anche nei giorni più difficili, con la grazia di Dio, perché è l’unica strada per edificare la Chiesa.»

Ecco ciò che scriveva Mons. Mamie a quel tempo.

Per due volte in questa lettera ricorda la liturgia. «Perché lei si oppone alla liturgia.» Dunque è proprio questo il motivo principale, essenziale, che ci ha valso queste misure inqualificabili ed illegali. Bisogna proprio che ce lo ricordiamo. La questione dell’ordinazione dei sacerdoti è venuta dopo. In realtà, il vero motivo per cui siamo stati e siamo perseguitati – ancora una volta illegalmente - da Mons. Mamie, dai cardinali di Roma e dai vescovi di Francia, è il nostro attaccamento alla Santa Messa di sempre. «Poiché continuate con questa liturgia, siete contro il Concilio del Vaticano. Poiché siete contro il Concilio, siete contro il Papa. È inammissibile. Quindi vi sopprimiamo.» Il ragionamento è semplice.

Allora hanno esibito l’Ordo di Mons. Bugnini e hanno inventato quello che non esisteva: l’obbligo della nuova messa, che è stato imposto dai servizi del Vaticano e dai vescovi in Francia. È così che, sfortunatamente, la Messa antica è stata abbandonata da comunità come quella dell’abbazia di Fontgombault, col pretesto che bisognava obbedire ai vescovi. Tutto questo è stato imposto con la forza, con la costrizione. Si voleva assolutamente costringere anche noi ad abbandonare questa liturgia e per ciò stesso chiudere il nostro seminario.

Davanti a questa impostura e all’illegalità con cui tutto ciò è stato fatto, e soprattutto davanti allo spirito con cui questa persecuzione è stata orchestrata, uno spirito modernista, progressista e massonico, noi abbiamo creduto di dovere continuare. Non si può ammettere qualcosa che è stato fatto illegalmente, con uno spirito malvagio, contro la Tradizione e contro la Chiesa, per distruggerla.


Noi abbiamo sempre rifiutato di collaborare alla distruzione della Chiesa.

Questo, lo abbiamo sempre rifiutato. Dal momento in cui l’abbiamo rifiutato, è evidente che ci siamo messi contro quelli che sembrano essere la Chiesa legale: noi eravamo fuori dalla legge della Chiesa e loro la rispettavano. Noi crediamo inesatta questa valutazione, perché in effetti sono loro che si allontanano dalla legalità della Chiesa e siamo noi, invece, a restare nella legalità e nella validità. Considerando obbiettivamente che compiono degli atti con uno spirito che distrugge la Chiesa, in pratica ci siamo trovati nell’obbligo di agire in un modo che sembra contrario alla legalità della Chiesa. Questo è vero. Ed è una situazione ben strana quella di apparire nell’arbitrario continuando semplicemente a celebrare la Messa di sempre e a ordinare dei sacerdoti secondo quella che era la legalità fino al Concilio. E tuttavia è questo che ha valso a me,  di essere colpito dalla sospensione, e ai sacerdoti che hanno accettato di essere ordinati, di essere interdetti.

Ma non ci siamo fermati a questo nell’esercizio dell’illegalità nei dettagli della legge, sia riguardo alle confessioni sia ai matrimoni sia alla nostra istallazione nelle diocesi. Molte delle cose che abbiamo compiuto sono in sé e in senso stretto fuori dalla legge, ma perché le abbiamo fatte? Molto semplicemente perché pensiamo che ciò che è stato intrapreso nei nostri confronti fosse illegale e non si avesse il diritto di sopprimerci.

La legge fondamentale della Chiesa è la salvezza delle anime

Da allora, abbiamo agito secondo le leggi fondamentali della Chiesa per salvare le anime, salvare il sacerdozio, continuare la Chiesa. Effettivamente sono proprio queste cose ad essere in causa. Noi ci opponiamo a certe leggi particolari della Chiesa per osservare le leggi fondamentali. Tirando in causa le leggi particolari contro di noi, sono le leggi fondamentali ad essere distrutte: il che significa andare contro il bene delle anime, contro i fini della Chiesa.

Il nuovo Diritto Canonico comporta degli articoli che sono contro i fini della Chiesa. Quando si permette che si dia la comunione a un protestante, non si può dire che ciò non vada contro i fini della Chiesa. Quando si afferma: ci sono due poteri supremi nella Chiesa, non si può dire che ciò non vada contro i fini della Chiesa. È contraria al dogma questa definizione della Chiesa come Popolo di Dio, nel quale si trovano fondamentalmente tutti i ministeri, non si fa più distinzione tra clero e laici. Tutto ciò va contro i fini della Chiesa. Si distruggono i principi fondamentali del Diritto e si vorrebbe che noi ci sottomettessimo.

Per salvare le leggi fondamentali della Chiesa, siamo costretti ad andare contro le leggi particolari.
In tutto ciò, chi ha torto e chi ha ragione? Evidentemente hanno ragione coloro che salvano i fini della Chiesa. Le leggi particolari sono fatte per le leggi fondamentali, cioè per la salvezza delle anime, per la gloria di Dio, per la continuazione della Chiesa. Questo è perfettamente chiaro.

E in ogni occasione si ricorda: Mons. Lefebvre è sospeso e i suoi sacerdoti sono sospesi, non hanno il diritto di svolgere il loro ministero. In questo caso ricordano delle leggi particolari. Ma farebbero altrettanto bene a ricordare che, con questo nuovo Diritto Canonico che è totalmente ispirato da quel cattivo spirito modernista che si è espresso nel Concilio e dopo il Concilio, stanno distruggendo la Chiesa, non le leggi particolari, ma le leggi fondamentali.
 
Certo, quello che auspichiamo è che tutto sia normale, che non ci veniamo più a trovare in questa situazione apparentemente illegale. Ma non possono rimproverarci di aver voluto cambiare qualcosa nella Chiesa. Noi dobbiamo sempre riflettere e porci nell’ordine d’idee che noi siamo di Chiesa e che continuiamo la Chiesa.  E perché continuiamo? Perché perseguiamo i fini della Chiesa. Se ci si può rimproverare di mancare a certe leggi pratiche, nessuno può dire che la Fraternità non agisca secondo i fini della Chiesa. Nessuno può affermare il contrario!

Ora, anche nelle leggi particolari, la Chiesa ha avuto la saggezza di lasciare sempre una porta aperta per la salvezza delle anime. Essa ha previsto dei casi che potevano essere straordinari. È così per la giurisdizione per le confessioni. Praticamente, sono le persone che vanno a cercare il sacerdote per ricevere il sacramento della Penitenza, che gliene danno la giurisdizione tramite il Diritto Canonico. Anche se una persona va a cercare un sacerdote scomunicato per chiedergli di ascoltarlo in confessione, costui ne riceve la giurisdizione.

Per il matrimonio: per quelli che non riescono a trovare un sacerdote che li sposi secondo lo spirito della Chiesa, come sono stati sposati i loro genitori (è del tutto elementare che dei giovani desiderino sposarsi secondo il rito con cui sono stati sposati i loro genitori e non con un rito che non solo è spesso ridicolo, ma talvolta odioso, in un’atmosfera che è lungi dall’essere pia  e favorevole a quell’atto importante e sacro che è il matrimonio), il Diritto Canonico ha previsto un’eccezione. Se i fidanzati non trovano un sacerdote nel corso di un mese, possono sposarsi. Sono infatti loro a conferirsi il sacramento. Essi ne sono i ministri e in quel caso sono esenti dalla forma canonica. Dunque possono sposarsi davanti a testimoni. Se c’è un sacerdote, dev’essere presente. Il sacerdote non sarà delegato, ma sarà presente al loro matrimonio, come richiede il Diritto Canonico, e darà loro la sua benedizione nuziale.

Per la Cresima, vi è anche qui un’eccezione. Il sacerdote in certi casi ha il diritto di conferire la Cresima. Anche questo è nel Diritto Canonico. Il sacerdote deve dare questo Sacramento a qualcuno che non l’avesse ricevuto e che si trovi in pericolo di morte.
Un sacerdote può conferire la Cresima in altri casi eccezionali. Nelle Missioni, questa possibilità è stata estesa ai matrimoni. I sacerdoti avevano il diritto di dare la Cresima prima del matrimonio, se i fidanzati non l’avevano ricevuta.

Non ho mai detto che tutte le cresime fossero invalide, ma ci si può interrogare quanto alla formula che viene impiegata e certamente quanto all’olio che viene utilizzato. È comunque importante. Ho ricevuto molte testimonianze di persone che, formalmente, mi hanno riferito l’espressione usata dal vescovo…sono delle espressioni invalide. «Ricevi lo Spirito Santo» così, semplicemente. «Ti mando in missione». Forse non è frequente, ma capita ed è invalido. In ogni caso, sono numerosi i vescovi che ritengono che la Cresima sia un Sacramento inutile, che lo Spirito Santo sia già stato dato nel Battesimo, che si tratti di una cerimonia supplementare per ricordare ciò che è stato fatto nel Battesimo. È quello che scriveva esplicitamente il vecchio arcivescovo di Chambéry nella sua rivista diocesana: «La Cresima non dà lo Spirito Santo che è stato ricevuto nel Battesimo.» Ho mostrato questa rivista al cardinale Ratzinger dicendogli: «Lei mi rimprovera di dare le cresime, guardi quello che pensano i vescovi della Cresima». Un arcivescovo, che adesso si è ritirato, ma che in quel momento aveva 72-73 anni e che quindi era stato formato col metodo antico. Egli aveva conosciuto il Sacramento della Cresima come era stato insegnato un tempo. Senza dubbio la fede del vescovo è ininfluente sulla Cresima, ma si può trattare così questo Sacramento? Così ragionano i protestanti e ci si può chiedere se l’intenzione di quei vescovi sia di fare ciò che la Chiesa vuole fare. Se noi vogliamo sopravvivere e vogliamo che le benedizioni del Buon Dio continuino a scendere sulla Fraternità, dobbiamo rimanere fedeli a queste leggi fondamentali della Chiesa.

Senza la Messa crolla tutto

Se i nostri sacerdoti dovessero abbandonare la vera liturgia, il vero Santo Sacrificio della Messa, i veri Sacramenti, allora non varrebbe più la pena di continuare. Ci suicideremmo!

Quando Roma chiede: «Ma insomma voi potete adottare benissimo la nuova liturgia e mandare avanti i vostri seminari, non è questo che li farà sparire», io ho risposto: «Sì, questo farà sparire i nostri seminari. Essi non potrebbero accettare la nuova liturgia, sarebbe come introdurre il veleno dello spirito conciliare nella comunità. Se gli altri non hanno tenuto è perché hanno adottato questa nuova liturgia, tutte queste riforme e questo spirito nuovo. Se anche noi accettassimo le stesse cose, avremmo gli stessi risultati.»

È per questo che dobbiamo mantenere assolutamente la nostra linea tradizionale, nonostante l’apparenza di una disobbedienza e le persecuzioni da parte di quelli che usano della loro autorità in modo ingiusto e spesso illegale.

Siamo sempre più costretti dalle circostanze che si aggravano senza sosta. Se solo le cose sembrassero sistemarsi, se si scorgessero dei segni tangibili di un ritorno alla Tradizione, allora tutto sarebbe diverso. Ma, sfortunatamente, è sempre peggio. I vescovi che sostituiscono quelli che se ne vanno o che muoiono, hanno ricevuto meno formazione teologica. Sono imbevuti di questo spirito del Concilio, di questo spirito protestante, modernista, e la cosa è sempre più grave. Di fronte a questo degrado continuo, siamo costretti a prendere delle misure che evidentemente sono straordinarie. Tutto ciò che succede giustifica il nostro comportamento. Perché in definitiva, i preti progressisti quando possono ci sbattono in faccia: voi non avete giurisdizione, voi non avete il diritto di ascoltare le confessioni. Ben presto tutto ciò che faremo sarà invalido. Sarà tanto se la nostra Messa non sarà invalida. Tale è quanto meno lo spirito che regna tra i progressisti accaniti che si oppongono a noi e che ci insultano. Non bisogna esitare a rispondere che è necessario approfittare delle leggi della Chiesa, cioè di ciò che essa permette in circostanze eccezionali e di estrema gravità.

Dio solo sa se ci troviamo a questo punto!

Gli errori fondamentali

Dolorosamente colpito dalla prospettiva della riunione dei rappresentanti di tutte le religioni invitati dal Papa a riunirsi ad Assisi, il 27 ottobre, avevo indirizzato una lettera a molti cardinali chiedendo loro di supplicare il Sommo Pontefice di rinunciare a questa vera impostura.

Non si potrà dire che non abbiamo fatto di tutto per tentare di far prendere coscienza della gravità della situazione in cui ci troviamo.

In una predica fatta in Svizzera, avevo evocato i punti principali sui quali la Fede si trova in pericolo ed è contraddetta dal Papa, dai cardinali e dai vescovi in modo generale.

Ormai esistono tre errori fondamentali che, d’origine massonica, sono professati pubblicamente dai modernisti che occupano la Chiesa.
   
    - La sostituzione del Decalogo con i Diritti dell’Uomo. Ormai è il leitmotiv per ricordare la morale: sono i Diritti dell’Uomo che praticamente sono stati sostituiti al Decalogo. Perché l’articolo principale dei Diritti dell’Uomo è soprattutto la libertà religiosa, che è stata voluta in modo particolare dai massoni. Fino ad allora era la religione cattolica ad essere LA religione, le altre religioni erano false. I massoni non volevano più questa esclusività. Bisognava sopprimerla. Allora si è decretata la libertà religiosa.
   
    - Il falso ecumenismo che di fatto stabilisce l’uguaglianza delle religioni. È quello che manifesta concretamente il Papa in ogni occasione. Lui stesso ha detto che l’ecumenismo era uno degli obiettivi principali del suo pontificato, agendo così contro il primo articolo del Credo e contro il primo comandamento della Chiesa. È di una gravità eccezionale.
   
    - Infine, il terzo fatto che oggi è abituale è la negazione della regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo per mezzo della laicizzazione degli Stati. Il Papa ha voluto ed è riuscito praticamente a laicizzare le Società, dunque a sopprimere il regno di Nostro Signore sulle Nazioni.

Se si mettono insieme questi tre cambiamenti fondamentali, che in verità ne fanno uno solo, è davvero la negazione dell’unicità della religione di Nostro Signore Gesù Cristo e di conseguenza del suo regno. E questo perché? A favore di che? Probabilmente di un sentimento religioso universale, di una sorta di sincretismo che mira a riunire tutte le religioni.

La situazione quindi è estremamente grave, perché pare proprio che la realizzazione dell’ideale massonico sia compiuta da Roma stessa, dal Papa e dai cardinali. I massoni lo hanno sempre desiderato e vi pervengono non più da sé, ma grazie agli stessi uomini di Chiesa.

Basta leggere gli articoli scritti da alcuni di loro, o che sono loro vicini, per vedere con che soddisfazione salutano tutta questa trasformazione della Chiesa, questo cambiamento radicale che la Chiesa ha operato a partire dal Concilio e che, anche per loro, era difficilmente concepibile.

La verità evolverebbe col tempo!

Non è solo il Papa ad essere in questione. Il cardinale Ratzinger, che la stampa considera più o meno tradizionale, in effetti è un modernista. Per convincersene basta leggere il suo libro “I principi della teologia cattolica” per conoscere il suo pensiero, quando prova una certa stima per la teoria di Hegel quando scrive: «A partire da lui, essere e tempo si compenetrano sempre più nel pensiero filosofico. L’essere stesso risponde ormai alla nozione di tempo…la verità diventa funzione del tempo; il vero non è puramente e semplicemente, e lo è per un tempo, perché appartiene al divenire della verità, la quale è in quanto diviene».

Che cosa volete che facciamo? Come discutere con chi sostiene un simile ragionamento?

Così la sua reazione non è sorprendente quando gli ho chiesto: «Ma infine, Eminenza, vi è nondimeno contraddizione tra la libertà religiosa e ciò che dice il Sillabo.» «Ma Monsignore, - mi ha risposto - non siamo più ai tempi del Sillabo!» Ogni discussione diventa impossibile.

Ecco ciò che scrive il cardinale Ratzinger nel suo libro, a proposito del testo della Chiesa nel mondo (Gaudium et spes), col titolo: “Il Vangelo e il mondo riguardo alla questione della ricezione del secondo Concilio del Vaticano.” Egli sviluppa le sue argomentazioni su più pagine e precisa: «Se si cerca una diagnosi globale del testo, si potrebbe dire che esso è (in connessione con i testi sulla libertà religiosa e sulle religioni nel mondo) una revisione del Sillabo di Pio IX, una sorta di contro-Sillabo (Dignitatis Humanæ)».

Quindi, egli riconosce che il testo della Chiesa nel mondo, quello della libertà religiosa e quello sui non-cristiani (Nostra Ætate) costituiscono una specie di “contro-Sillabo”. È quello che gli abbiamo detto noi, ma adesso, senza che la cosa sembri disturbarlo, è lui che lo scrive esplicitamente.
 
E il cardinale prosegue: «Harnack, si sa, ha interpretato il Sillabo come una sfida al suo secolo; la verità è che esso ha tracciato una linea di separazione davanti alle forze determinati del XIX secolo
Quali sono “le forze determinanti del XIX secolo”? Di sicuro la rivoluzione francese con tutta la sua opera di distruzione. Queste “forze determinanti”, il cardinale stesso le definisce come “le concezioni scientifiche e politiche del liberalismo”. E prosegue: «Nella controversia modernista, questa doppia frontiera è stata ancora una volta rinforzata e fortificata».
«Da allora, senza dubbio, sono cambiate molte cose. La nuova politica ecclesiastica di Pio XI instaurò una certa apertura riguardo alla concezione liberale dello Stato. L’esegesi e la storia della Chiesa, con una lotta silenziosa e perseverante, hanno adottato sempre più i postulati della scienza liberale, e dall’altra parte il liberalismo, nel corso dei grandi sconvolgimenti politici del XX secolo, si è trovato nella necessità di accettare delle correzioni notevoli.
«Perciò, dapprima nell’Europa centrale, l’attaccamento unilaterale, condizionato dalla situazione, alle posizioni assunte dalla Chiesa ad iniziativa di Pio IX e di Pio X contro il nuovo periodo della storia aperto dalla rivoluzione francese, era stato in larga misura corretto via facti, ma una nuova determinazione fondamentale dei rapporti con il mondo come si presentava dopo il 1789 mancava ancora.»

Questa determinazione fondamentale sarà quella del Concilio.

«In realtà, - continua il cardinale - nei paesi a forte maggioranza cattolica, regnava ancora largamente l’ottica di prima della rivoluzione: quasi nessuno oggi contesta più che i concordati spagnolo e italiano cercassero di conservare fin troppe cose di una concezione del mondo che da molto tempo non corrispondeva più ai dati reali. Allo stesso modo quasi più nessuno può contestare che a questo attaccamento ad una concezione scaduta dei rapporti tra la Chiesa e lo Stato corrispondessero degli anacronismi simili nel campo dell’educazione e nell’atteggiamento da assumere riguardo al metodo storico critico moderno.»

Si precisa così il vero spirito del cardinale Ratzinger che aggiunge: «Solo una ricerca minuziosa dei diversi modi in cui le varie parti della Chiesa hanno compiuto la loro accettazione  del mondo moderno poteva districare la rete complessa delle cause che hanno contribuito a dare la sua forma alla costituzione pastorale, ed è solo in questo modo che si potrebbe far luce sul dramma della storia della sua influenza.
«Qui ci accontentiamo di constatare che il testo svolge il compito di un contro-Sillabo nella misura in cui rappresenta un tentativo per la riconciliazione ufficiale della Chiesa con il mondo come era diventato dopo il 1789».

Tutto ciò è chiaro e corrisponde a quello che non abbiamo smesso di affermare. Noi ci rifiutiamo, noi non vogliamo essere gli eredi del 1789!

«Da un lato, solo questa visione chiarisce il complesso del ghetto di cui abbiamo parlato all’inizio; [la Chiesa… un ghetto!] e dall’altro, solo essa permette di capire il senso di questo strano faccia a faccia della Chiesa con il mondo: per “mondo” s’intende, in fondo, lo spirito dei tempi moderni, di fronte al quale la coscienza di gruppo nella Chiesa percepiva se stessa come un soggetto separato che, dopo una guerra ora calda ora fredda, ricercava il dialogo e la cooperazione.»

Siamo costretti a constatare che il cardinale ha perso completamente di vista l’idea dell’Apocalisse sulla lotta fra il vero e l’errore, fra il bene ed il male. Oramai, si cerca il dialogo tra il vero e l’errore. Non si può comprendere la stranezza di questo faccia a faccia tra la Chiesa ed il mondo.

Più avanti, il cardinale definisce così il suo pensiero: «La Chiesa e il mondo, è come il corpo e l’anima.» – «Beninteso, bisogna aggiungere che il clima di tutto il processo era contrassegnato in modo decisivo dalla “Gaudium et spes”. Il sentimento che veramente non doveva più esistere un muro tra la Chiesa e il mondo, che ogni “dualismo”: corpo-anima, Chiesa-mondo, grazia-natura e anche, in fin dei conti, Dio-mondo, fosse nocivo: questo sentimento divenne sempre più una forza distruttiva per l’insieme».
 
Il cardinale Ratzinger è a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede, l’ex Sant’Uffizio. Con una simile espressione di pensiero che cosa possiamo sperare per la Chiesa da colui che ciò nonostante ha il compito di difendere la Fede?

Quanto al Papa, in un modo diverso, egli ha lo stesso spirito. Senza dubbio è polacco, ma il fondamento delle idee è il medesimo. Sono gli stessi principi, la stessa formazione ad animarlo. Ed è questa la ragione per cui non provano né vergogna , né orrore facendo quello che fanno, mentre noi, noi ne siamo spaventati. La religione, come l’abbiamo vista nel liberalismo, nel modernismo, sarebbe un sentimento interiore.

Così, fin dal giorno in cui, a dispetto del diritto, siamo stati colpiti da Mons. Mamie, sostenuto da Roma, noi non ne abbiamo tenuto conto e apparentemente abbiamo disobbedito. Ma, era nostro dovere disobbedire, perché ci si voleva collocare nello spirito del 1789, lo spirito del liberalismo, lo spirito del contro-Sillabo. Noi ci siamo rifiutati e continuiamo a rifiutarci. Sono questi uomini, come il cardinale Villot imbevuto di questo liberalismo, è questa Roma liberale che ci hanno condannato. Ma agendo così essi hanno condannato la Tradizione, la Verità.

Noi abbiamo rifiutato questa condanna perché la consideriamo nulla e ispirata dallo spirito modernista. Ciò che facciamo e che continuiamo a fare non è altro che operare alla salvaguardia della Tradizione. Quindi ci siamo trovati in una situazione di apparente disobbedienza legale, ma abbiamo continuato a ordinare sacerdoti, a dare sacerdoti ai fedeli per la salvezza delle loro anime. Questi hanno esercitato ed esercitano il loro ministero sempre sotto una parvenza di disobbedienza alla lettera della legge. E continueremo finché il Buon Dio lo riterrà utile.

Non siamo noi che creiamo questa situazione della Chiesa, la quale si aggrava sempre più in condizioni stupefacenti. Nessuno avrebbe potuto immaginare dieci anni fa, prima dell’avvento di Papa Giovanni Paolo II, che un Sommo Pontefice un giorno avrebbe fatto questa cerimonia di Assisi. L’idea stessa non sarebbe mai venuta. Nessuno avrebbe pensato che egli sarebbe andato alla Sinagoga e vi avrebbe tenuto quel discorso abominevole. Nessuno l’avrebbe immaginato. Così come non si sarebbe mai potuto concepire ciò che ha fatto in India. Tutto ciò sarebbe parso inconcepibile.
 
Noi vogliamo continuare la Chiesa

Allora, noi che siamo innestati nella Chiesa, che abbiamo ricevuto le approvazioni ufficiali dalla Chiesa, noi vogliamo continuare la Chiesa, continuare il Sacerdozio, salvare le anime.

Che mi si intenda bene, io non affermo che la Fraternità sia la Chiesa, ma noi siamo della Chiesa, come lo sono stati i Sulpiziani, i Lazzaristi, le Missioni straniere e tanti altri. Siamo stati riconosciuti come tali e lo restiamo. Non vogliamo cambiare.

Vi è solo una Chiesa, di cui siamo un ramo potente, pieno di linfa, approvato assolutamente dalla Chiesa, come un tempo lo sono state le altre Società che adesso – ahimè - stanno in gran parte morendo di morte naturale.

La Fraternità Sacerdotale San Pio X è stata suscitata, crediamo,  provvidenzialmente dal Buon Dio per essere un faro, una luce nel mondo intero allo scopo di salvare il vero Sacerdozio  il vero Sacrificio della Messa, la Dottrina, la Tradizione della Chiesa e la Verità per portare la salvezza alle anime. Viviamo in un tempo veramente eccezionale e, pensiamo, apocalittico, e dobbiamo supplicare il Buon Dio, pregare San Pio X nostro patrono, per ricevere le grazie che ci fortifichino.

Il Buon Dio mi ha quasi costretto a fondare la Fraternità, a realizzare quest’opera, che nel suo sviluppo sembra proprio aver ricevuto la Sua benedizione. Negare questo, sarebbe negare l’evidenza. Tutti possono constatarlo.

Molti dei nostri sacerdoti ora hanno più di otto, dieci anni di sacerdozio e il numero di cattolici che gravitano intorno a loro e sono felici di averli è notevole. Quante volte ricevo delle lettere o dei complimenti quando passo nei priorati: «Ah, Monsignore, i suoi sacerdoti! Per fortuna che abbiamo i suoi sacerdoti! Quanto bene ci fanno. Ci aiutano noi, e aiutano le nostre famiglie, a rimanere cattolici. Quanto ve ne siamo grati!»

Come non constatare l’azione della Provvidenza quando si vedono queste vocazioni che vengono da ogni parte, e questo malgrado gli attacchi e le azioni sovversive per tentare di demolirci. Non v’è dubbio, il diavolo fa tutto ciò che è in suo potere per dividerci, per disgregarci, è chiaro. Sfortunatamente, in una certa misura, ci è riuscito: sono troppi quelli che ci hanno abbandonato. In quindici anni io ho ordinato trecentosei sacerdoti, di cui cinquantasei per le comunità o i monasteri amici. Naturalmente nei primi anni, non ci sono state molte ordinazioni. Le prime ordinazioni importanti sono cominciate nel 1975. In undici anni, si tratta comunque di una cifra considerevole, e questo malgrado tutte le opposizioni, le persecuzioni contro i nostri seminari, malgrado anche lo scoraggiamento provocato nei seminaristi e che alcuni sono riusciti a distogliere dalla propria vocazione.

Siamo uniti, coraggiosi, siamo saldi, continuiamo. Il Buon Dio ci benedirà certamente. Non dobbiamo temere e tremare, ma rimanere risoluti nel difendere e trasmettere la nostra Fede.

Louis Veuillot diceva: «Due potenze vivono e sono in lotta nel mondo: la Rivelazione e la Rivoluzione».

Noi abbiamo scelto di conservare la Rivelazione, mentre la nuova Chiesa conciliare ha scelto la Rivoluzione.

La ragione dei nostri venti anni di lotta sta in questa scelta.

Preghiamo, domandiamo alla Santissima Vergine, alla nostra Regina, cui la nostra Fraternità è consacrata, di aiutarci.




gennaio  2010

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