Lettera di S. S. Giovanni Paolo II
a
Mons. Marcel Lefebvre

  9 giugno
1988


A sua Eccellenza Mons. Marcel Lefebvre, arcivescovo-vescovo emerito di Tulle

È con viva e profonda afflizione che ho preso conoscenza della sua lettera datata 2 giugno.

Guidato unicamente dalla preoccupazione per l’unità della Chiesa nella fedeltà alla Verità rivelata – dovere imperioso imposto al Successore dell’Apostolo Pietro – avevo disposto l’anno scorso una visita apostolica alla Fraternità San Pio X e alle sue opere, che è stata effettuata dal cardinale Éduard Gagnon. Sono seguiti dei colloqui, prima con degli esperti della Congregazione per la Dottrina della Fede, poi tra lei e il cardinale Joseph Ratzinger.
Nel corso di questi incontri, erano state elaborate delle soluzioni, da lei accettate e firmate il 5 maggio 1988: esse permettevano alla Fraternità San Pio X di esistere e di operare nella Chiesa in piena comunione con il Sommo Pontefice, guardiano dell’unità nella Verità. Da parte sua, la Sede Apostolica perseguiva solo uno scopo nelle conversazioni con lei: favorire e salvaguardare questa unità nell’obbedienza alla Rivelazione divina, tradotta e interpretata dal Magistero della Chiesa, in particolare nei ventuno Concilii ecumenici, da Nicea al Vaticano II.

Nella lettera che mi ha indirizzata, lei sembra rigettare tutto quanto acquisito nei colloqui precedenti, poiché in essa lei manifesta chiaramente la sua intenzione di – darvi voi stessi i mezzi per proseguire la vostra opera – in particolare procedendo subito e senza mandato apostolico a una o più ordinazioni episcopali, e questo in flagrante contraddizione, non solo con le prescrizioni del Diritto Canonico, ma anche con il protocollo firmato il 5 maggio e le indicazioni relative a questo problema contenute nella lettera che il cardinale Ratzinger le ha scritto per mia richiesta il 30 maggio.

Con cuore paterno, ma con tutta la gravità richiesta dalle presenti circostanze, io la esorto, Venerabile Fratello, a rinunciare al suo progetto che, se realizzato, potrà solo apparire come un atto scismatico, le cui inevitabili conseguenze teologiche e canoniche le sono note. Io la invito ardentemente al ritorno, nell’umiltà, alla piena obbedienza al Vicario di Cristo.

Non solo la invito a questo, ma glielo chiedo per le piaghe di Cristo nostro Redentore, in nome di Cristo che alla vigilia della sua Passione ha pregato per i suoi discepoli, «affinché tutti siano uno».

A questa richiesta e a questo invito aggiungo la mia preghiera quotidiana a Maria, Madre di Cristo.

Caro Fratello, non permetta che l’Anno dedicato in maniera particolare alla Madre di Dio apporti una nuova ferita al suo cuore di Madre!
 



maggio 2012

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