Lettera agli amici e benefattori, n° 80

di S. Ecc. Mons. Bernard Fellay 
Superiore Generale della Fraternità San Pio X

marzo 2013 - pubblicata su DICI il 15 aprile 2013


(Sottolineature e impaginazione sono nostre)

L'ultima Lettera agli Amici e Benefattori, n° 79, è del 21 dicembre 2011



Cari Amici e Benefattori,
questa lettera sarebbe dovuta giungervi da molto tempo, ed è con gioia, in questo tempo pasquale, che vorremmo fare il punto ed esporre alcune riflessioni sulla situazione della Chiesa.

Come sapete, la Fraternità si è trovata in una posizione delicata per gran parte dell’anno 2012, in seguito all’ultimo tentativo di Benedetto XVI per provare a normalizzare la nostra situazione. Le difficoltà sono venute, da una parte, dalle richieste che accompagnavano la proposta romana – che non potevamo e continuiamo a non poter sottoscrivere -, e dall’altra parte, da una mancanza di chiarezza da parte della Santa Sede che non permetteva di conoscere esattamente la volontà del Santo Padre, né ciò che era disposto a concederci.
La confusione causata da queste incertezze si è dissipata a partire dal 13 giugno 2012, con una conferma netta, il 30 dello stesso mese, sopraggiunta con una lettera dello stesso Benedetto XVI, che esprimeva chiaramente e senza ambiguità le condizioni che ci si imponevano per una normalizzazione canonica.
Queste condizioni sono di ordine dottrinale; esse riguardano l’accettazione totale del concilio Vaticano II e della Messa di Paolo VI. Così, come ha scritto Mons. Augustine di Noia, vice-presidente della Commissione Ecclesia Dei, in una lettera indirizzata ai membri della Fraternità San Pio X alla fine dell’anno scorso, sul piano dottrinale siamo sempre al punto di partenza, lo stesso che si poneva negli anni ’70. Sfortunatamente, noi possiamo solo sottoscrivere questa constatazione delle autorità romane e riconoscere l’attualità dell’analisi di Mons. Marcel Lefebvre, fondatore della nostra Fraternità, che non è cambiata nei decenni che hanno seguito il Concilio, fino alla sua morte. La sua percezione molto giusta, ad un tempo teologica e pratica, vale ancora oggi, cinquant’anni dopo l’inizio del Concilio.

Noi vorremmo ricordare questa analisi che la Fraternità San Pio X ha sempre fatta sua e che  rimane il filo conduttore della sua posizione dottrinale e della sua azione: pur riconoscendo che la crisi che scuote la Chiesa ha anche delle cause esterne, è il Concilio stesso l’agente principale della sua auto-distruzione.

Fin dalla fine del Concilio, Mons. Lefebvre espose, in una lettera al Card. Alfredo Ottaviani del 20 dicembre 1966, i danni causati dal Concilio in tutta Chiesa. Io l’ho già citata nella “Lettera agli amici e benefattori” n°68, del 29 settembre 2005.
È utile rileggerne oggi alcuni passi:

«Considerando che il Concilio si stava preparando ad essere una luce splendente nel mondo di oggi (se fossero stati accettati i documenti pre-conciliari in cui si trovava una solenne professione di dottrina certa, riguardo ai problemi odierni), ora purtroppo si può e si deve constatare che:
«- In modo più o meno generale, quando il Concilio ha introdotto delle innovazioni, ha sconvolto la certezza delle verità insegnate dal Magistero autentico della Chiesa, in quanto appartenenti autenticamente al tesoro della Tradizione.
«- Sulla trasmissione della giurisdizione dei vescovi, le due fonti della Rivelazione, l’ispirazione della Scrittura, la necessità della grazia per la giustificazione, la necessità del battesimo cattolico, la vita della grazia tra gli eretici, gli scismatici e i pagani, i fini del matrimonio, la libertà religiosa, i fini ultimi, ecc. … su tutti questi punti fondamentali la dottrina tradizionale era chiara ed era unanimemente insegnata nelle università cattoliche. Da ora in poi, numerosi testi del Concilio su queste verità, permetteranno di dubitare di esse.

«Le conseguenze di tutto questo sono state rapidamente elaborate e applicate nella vita della Chiesa:
«- dubbi sulla necessità della Chiesa e dei sacramenti, hanno portato alla scomparsa delle vocazioni sacerdotali;
«- dubbi sulla necessità e la natura della “conversione” delle anime, hanno portato alla scomparsa delle vocazioni religiose, alla distruzione della spiritualità tradizionale nei noviziati e all’inutilità delle missioni;
«- dubbi sulla legittimità dell’autorità e sulla necessità dell’obbedienza, hanno causato l’esaltazione della dignità umana, l’autonomia della coscienza e della libertà, che stanno sconvolgendo tutti gli ambiti fondati sulla Chiesa - congregazioni religiose, diocesi, società secolare, famiglia.

«L’orgoglio ha come conseguenza normale la concupiscenza degli occhi e della carne. E forse uno dei più terrificanti segni del nostro tempo è il vedere fino a che punto è giunta la decadenza morale della maggior parte delle pubblicazioni cattoliche. Esse parlano senza alcun ritegno di sessualità, di controllo delle nascite con ogni mezzo, di legittimità del divorzio, di educazione mista, di amoreggiamenti, di danze, come mezzi necessarii all’edificazione cristiana, al celibato del clero, ecc.

«I dubbi sulla necessità della grazia per essere salvati, fanno sì che il battesimo scada alla più bassa considerazione, così che in futuro esso sarà rimandato a più tardi, occasionando la negligenza del Sacramento della Penitenza, tanto più che si tratta di un atteggiamento del clero e non dei fedeli. Lo stesso dicasi per la Presenza Reale: è il clero che si comporta come se non vi credesse più, nascondendo il Santissimo Sacramento, sopprimendo tutti i segni di rispetto verso le Sacre Specie e tutte le cerimonie in suo onore.
«I dubbi sulla necessità della Chiesa come unica fonte di salvezza, sulla Chiesa cattolica come l’unica vera religione, che derivano dalle dichiarazioni sull’ecumenismo e sulla libertà religiosa, stanno distruggendo l’autorità del Magistero della Chiesa. Infatti, Roma non è più l’unica e necessaria Magistra Veritatis.

«Mosso quindi dai fatti, sono costretto a concludere che il Concilio ha incoraggiato in maniera inconcepibile la diffusione degli errori liberali. Fede, morale e disciplina ecclesiastica sono scosse dalle fondamenta, realizzando le previsioni di tutti i Papi.
«La distruzione della Chiesa sta avanzando ad un ritmo accelerato. Dando un’autorità esagerata alle Conferenze Episcopali, il Sommo Pontefice si è reso impotente. Quante dolorose lezioni in un solo anno! Eppure è il Successore di Pietro, e solo lui, che può salvare la Chiesa.

«Il Santo Padre si circondi di forti difensori della fede: li nomini nelle diocesi importanti. Proclami la verità con dei documenti dall’importanza straordinaria scartando l’errore senza il timore di contraddizioni, senza il timore di scismi, senza il timore di mettere in discussione le disposizioni pastorali del Concilio.
Che il Santo Padre si degni:
«- di incoraggiare i vescovi a correggere la fede e la morale, ciascuno nella rispettiva diocesi come si conviene ad ogni buon pastore;
«- di sostenere i vescovi coraggiosi, esortandoli a riformare i loro seminari e a ripristinare lo studio di San Tommaso;
«- di incoraggiare i Superiori Generali a mantenere nei noviziati e nelle «comunità i principi fondamentali dell’ascetismo cristiano e, soprattutto, l’obbedienza;
«- di incoraggiare lo sviluppo delle scuole cattoliche, di una stampa informata dalla sana dottrina, di associazioni di famiglie cristiane;
«- e, infine di redarguire gli istigatori di errori e ridurli al silenzio.
Le allocuzioni del mercoledì non possono sostituire le encicliche, i decreti e le lettere ai vescovi.

«Senza dubbio è temerario che io mi esprima in questo modo! Ma è con amore ardente che redigo queste righe, l’amore per la gloria di Dio, l’amore per Gesù, l’amore per Maria, per la Chiesa, per il Successore di Pietro, Vescovo di Roma, Vicario di Gesù Cristo.»

Il 21 novembre 1974, in seguito alla visita apostolica al seminario di Ecône, Mons. Lefebvre giudicò necessario riassumere la sua posizione nella celebre dichiarazione che, qualche mese più tardi, avrà come conseguenza l’ingiusta soppressione canonica della Fraternità San Pio X, che il nostro fondatore e i suoi successori hanno sempre considerato nulla. Questo testo capitale si apriva con questa professione di fede, che è quella di tutti i membri della Fraternità:
«Noi aderiamo con tutto il cuore e con tutta l'anima alla Roma cattolica custode della fede cattolica e delle tradizioni necessarie al mantenimento della stessa fede, alla Roma eterna, maestra di saggezza e di verità.
«Noi rifiutiamo, invece, e abbiamo sempre rifiutato di seguire la Roma di tendenza neo-modernista e neo-protestante che si è manifestata chiaramente nel concilio Vaticano II e dopo il Concilio, in tutte le riforme che ne sono scaturite.
«Tutte queste riforme, in effetti, hanno contribuito e contribuiscono ancora alla demolizione della Chiesa, alla rovina del Sacerdozio, all’annientamento del Sacrificio e dei Sacramenti, alla scomparsa della vita religiosa, a un insegnamento naturalista e teilhardiano nelle università, nei seminari, nella catechesi, insegnamento uscito dal liberalismo e dal protestantesimo più volte condannati dal magistero solenne della Chiesa.»

E questa dichiarazione si chiudeva con queste frasi:
«L’unico atteggiamento di fedeltà alla Chiesa e alla dottrina cattolica, per la nostra salvezza, è il rifiuto categorico di accettazione della riforma.
«Per questo, senza alcuna ribellione, alcuna amarezza, alcun risentimento, proseguiamo l’opera di formazione sacerdotale sotto la stella del magistero di sempre, persuasi come siamo di non poter rendere servizio più grande alla Santa Chiesa Cattolica, al Sommo Pontefice e alle generazioni future.»

Nel 1983, ricordando il senso della battaglia per la Tradizione, Mons. Lefebvre indirizzò un manifesto episcopale a Giovanni Paolo II, firmato anche da Mons. de Castro Mayer, nel quale denunciava, ancora una volta, le devastazioni causate dalle riforme post-conciliari e lo spirito nefasto che si era diffuso dappertutto. In particolare, egli sottolineava i seguenti punti relativi al falso ecumenismo, alla collegialità, alla libertà religiosa, al potere del Papa e alla nuova Messa:

Il falso ecumenismo:
«Questo ecumenismo è anche contrario agli insegnamenti di Pio XI nell’enciclica Mortalium animos: su questo punto è opportuno esporre e rigettare una certa falsa opinione che è alla radice di questo problema e di quel complesso movimento per mezzo del quale i non-cattolici si sforzano di realizzare un’unione delle chiese cristiane. Coloro che aderiscono a questa opinione citano costantemente queste parole di Cristo: “Perché tutti siano una sola cosa… e diventeranno un solo gregge e un solo Pastore” (Gv. 17, 21 e 10, 16) e pretendono che per mezzo di queste parole Gesù esprimesse un desiderio o una preghiera che non è stata mai realizzata. In effetti, essi pretendono che l’unità di fede e di governo, che è uno dei segni della vera Chiesa di Cristo, praticamente fino ad oggi non sarebbe mai esistita e oggi non esisterebbe.
«Questo ecumenismo, condannato dalla morale e dal diritto cattolici, arriva fino a permettere di ricevere i sacramenti della confessione, dell’eucaristia e dell’estrema unzione da “ministri non-cattolici” (Canone 844 N. C.) e favorisce “l’ospitalità ecumenica” autorizzando i ministri cattolici ad amministrare il sacramento dell’eucaristia a dei non-cattolici.»
 
La collegialità:
«La dottrina, già suggerita dal documento Lumen Gentium del concilio Vaticano II, sarà ripresa esplicitamente dal nuovo Diritto Canonico (Can. 336); dottrina secondo la quale il collegio dei vescovi unito al Papa gode anch’esso del potere supremo nella Chiesa e in maniera abituale e costante.
«Questa dottrina del doppio potere supremo è contraria all’insegnamento e alla pratica del magistero della Chiesa, specialmente del concilio Vaticano I (Dz. 3055), e dell’enciclica di Leone XIII Satis cognitum. Solo il Papa ha questo potere supremo, che comunica nella misura in cui lo ritiene opportuno e in circostanze straordinarie.
«A questo grave errore si collega l’orientamento democratico della Chiesa, i poteri che risiederebbero nel “popolo di Dio”, così com’è definito nel nuovo Codice. Questo errore giansenista è condannato dalla Bolla Auctorem Fidei di Pio VI (Dz. 2602).»
 
La libertà religiosa:
«La dichiarazione Dignitatis Humanae del concilio Vaticano II afferma l’esistenza di un falso diritto naturale dell’uomo in materia religiosa, contrariamente agli insegnamenti pontifici, che negano formalmente una simile blasfemia.
«Così, Pio IX nella sua enciclica Quanta cura e nel Sillabo, Leone XIII nelle sue encicliche Libertas praestantissimum Immortale Dei, Pio XII nella sua allocuzione Ci riesce ai giuristi cattolici italiani, negano che la ragione e la rivelazione fondino un diritto simile.
«Il Vaticano II crede e professa, in maniera universale, che “la Verità può imporsi solo in forza della Verità stessa”, ciò si oppone formalmente agli insegnamenti di Pio VI contro i giansenisti del concilio di Pistoia (Dz. 2604). Il Concilio arriva fino all’assurdità di affermare il diritto di non aderire e di non seguire la Verità, di obbligare i governi civili a non fare più discriminazioni per motivi religiosi, stabilendo l’uguaglianza giuridica tra le false e la vera religione. (…)
«Le conseguenze del riconoscimento da parte del Concilio di questo falso diritto dell’uomo distruggono le fondamenta del regno sociale di Nostro Signore, scuotono l’autorità e il potere della Chiesa nella sua missione di far regnare Nostro Signore nelle menti e nei cuori, conducendo la battaglia contro le forze sataniche che soggiogano le anime. Lo spirito missionario sarà accusato di proselitismo esagerato.
«La neutralità degli Stati in materia religiosa è ingiuriosa per Nostro Signore e la Sua Chiesa, quando si tratti di Stati a maggioranza cattolica.»
 
Il potere del Papa:
«Certo il potere del Papa nella Chiesa è un potere supremo, ma  non può essere assoluto e senza limiti, dato che è subordinato al potere divino, che si esprime nella Tradizione, nella Sacra Scrittura e nelle definizioni già promulgate dal magistero ecclesiastico (Dz. 3116).
«Il potere del Papa è subordinato e limitato dal fine per il quale è stato conferito. Questo fine è chiaramente definito da Papa Pio IX nella Costituzione Pastor aeternus del concilio Vaticano I (Dz. 3070). Sarebbe un abuso di potere intollerabile modificare la costituzione della Chiesa e pretendere di appellarsi al diritto umano contro il diritto divino, come nella libertà religiosa, nell’ospitalità eucaristica autorizzata dal nuovo Codice, come nell’affermazione di due poteri supremi nella Chiesa.
«È chiaro che in questi casi e in altri simili, è dovere di ogni chierico e di ogni fedele cattolico resistere e rifiutare l’obbedienza. L’obbedienza cieca è un controsenso e nessuno è esente dalla responsabilità per avere obbedito agli uomini piuttosto che a Dio (Dz. 3115); e questa resistenza deve essere pubblica se il male è pubblico ed è oggetto di scandalo per le anime (Somma teologica, II, II, 33, 4).
«Questi sono principi elementari di morale, che regolano i rapporti dei soggetti con tutte le legittime autorità.
«Peraltro, questa resistenza trova una conferma nel fatto che ormai coloro che si attengono fermamente alla Tradizione e alla fede cattolica, sono penalizzati, mentre quelli che professano delle dottrine eterodosse o compiono dei veri sacrilegi non sono minimamente disturbati. È la logica dell’abuso di potere.»
 
La nuova Messa:
«Contrariamente agli insegnamenti del Concilio di Trento nella sua sessione XXII, contrariamente all’enciclica Mediator Dei di Pio XII, si è esagerato il ruolo dei fedeli nella partecipazione alla Messa e diminuito il ruolo del sacerdote, divenuto semplice presidente. Si è esagerato il ruolo della liturgia della parola e diminuito quello del sacrificio propiziatorio. Si è esaltato il pasto comunitario e lo si è laicizzato, a spese del rispetto e della fede nella Presenza Reale con la transustanziazione.
«Sopprimendo la lingua sacra, sono stati pluralizzati all’infinito i riti, profanandoli con degli apporti mondani o pagani, e si sono diffuse delle false traduzioni, a spese della vera fede e della vera pietà dei fedeli.»

Nel 1986, a proposito dell’incontro interreligioso di Assisi, che costituì uno scandalo inaudito nella Chiesa cattolica e soprattutto una violazione del primo di tutti i comandamenti - «adorerai un solo Dio» -, in cui si vide il Vicario di Cristo invitare i rappresentanti di tutte le religioni a invocare i loro falsi dei, Mons. Lefebvre protestò con veemenza. Egli disse anche di aver visto in questo evento insopportabile per ogni cuore cattolico, uno dei segni che aveva chiesto al Cielo prima di poter procedere ad una consacrazione episcopale.

Nella Lettera agli Amici e Benefattori n° 40 del 2 febbraio 1991, Don Franz Schmidberger, secondo Superiore generale della Fraternità San Pio X, riprese l’insieme della questione e ribadì la posizione cattolica in un piccolo compendio degli errori contemporanei opposti alla fede. E noi abbiamo chiesto ad alcuni confratelli di riassumere in una sorta di agenda l’insieme di questi punti pubblicati in diverse opere da allora, da qui il notevole Catechismo della crisi della Chiesa di Don Matthias Gaudron (Edizioni Rex Regum).
Oggi, nella stessa linea, non possiamo che ripetere ciò che Mons. Lefebvre e Don Schmidberger dopo di lui hanno affermato.
Tutti gli errori che essi hanno denunciato, noi li denunciamo.
Supplichiamo il Cielo e le autorità della Chiesa, in particolare il nuovo Sommo Pontefice, Papa Francesco, Vicario di Cristo, successore di Pietro, di non lasciare che le anime si perdano perché non ricevono più la sana dottrina, il deposito rivelato, la fede, senza la quale nessuno può essere salvato, nessuno può piacere a Dio.
A che serve dedicarsi agli uomini se si nasconde loro l’essenziale, lo scopo e il senso della loro vita, e la gravità del peccato che li allontana da tutto questo? La carità per i poveri, gli indigenti, gli infermi, i malati, è sempre stata una cura vera della Chiesa, e non bisogna dispensarsene, ma se questo si riduce a pura filantropia e all’antropocentrismo, allora la Chiesa non compie più la sua missione, non conduce più le anime a Dio, cosa che si può fare realmente solo con i mezzi soprannaturali: la fede, la speranza, la carità, la grazia; e quindi con la denuncia di tutto ciò che vi si oppone: gli errori contro la fede e contro la morale. Poiché se, in mancanza di questa denuncia, gli uomini peccano, essi si dannano per l'eternità.
La ragion d’essere della Chiesa è di salvarli e di evitare la disgrazia della loro perdita eterna.
Ovviamente, ciò non sarà gradito al mondo, che allora si rivolta contro la Chiesa, spesso con violenza, come ci dimostra la storia.

Eccoci dunque a Pasqua 2013, e la situazione della Chiesa resta quasi invariata. Le parole di Mons. Lefebvre assumono un accento profetico. Tutto si è realizzato e tutto continua con la più grande sventura per le anime, che non ascoltano più dai loro pastori il messaggio di salvezza.

Senza lasciarci distogliere, sia dalla durata di questa crisi terribile, sia dal numero di prelati, di vescovi, che proseguono nell’auto-distruzione della Chiesa, come riconobbe Paolo VI, noi continuiamo, a misura dei nostri mezzi, a proclamare che la Chiesa non può cambiare né i suoi dogmi, né la sua morale. Poiché non si toccano le sue venerabili istituzioni senza provocare un vero disastro. Se certe modifiche accidentali relative alla forma esteriore devono essere fatte – come si verifica in tutte le istituzioni umane - esse non possono in alcun caso essere fatte in opposizione ai principi che hanno guidato la Chiesa in tutti i secoli precedenti.

La consacrazione a San Giuseppe, decisa dal Capitolo generale del luglio 2012, interviene proprio in questo momento decisivo.
Perché San Giuseppe? Perché è il Patrono della Chiesa cattolica. Egli continua ad avere per il Corpo Mistico il ruolo che Dio Padre gli aveva affidato a fianco del Suo Divino Figlio. Essendo Cristo il capo della Chiesa, capo del Corpo Mistico, ne deriva che colui che aveva l’incaricato di proteggere il Messia, Figlio di Dio fatto uomo, vede la sua missione estendersi a tutto il Corpo Mistico.
Come il suo ruolo fu molto discreto e in gran parte nascosto – pur essendo pienamente efficace - così questo ruolo di protettore – del tutto efficace anche per la Chiesa - si effettua oggi con una gran discrezione.
È solo nel corso dei secoli che si è manifestata in modo sempre più chiaro la devozione a San Giuseppe, uno dei santi più grandi, uno dei più discreti.

Seguendo Pio IX, che lo dichiarò Patrono di tutta la Chiesa, e seguendo Leone XIII che confermò questo ruolo e introdusse la magnifica Preghiera a San Giuseppe, Patrono della Chiesa universale – che noi recitiamo tutti i giorni nella Fraternità -, seguendo San Pio X, che aveva una devozione tutta speciale per San Giuseppe, di cui portava il nome, noi vogliamo fare nostre, in questo momento drammatico della storia della Chiesa, questa devozione e questo patrocinio.

Cari Amici e Benefattori della Fraternità San Pio X, vi benedico di tutto cuore, esprimendovi la mia gratitudine per le vostre preghiere e per la vostra generosità a favore dell’opera di restaurazione della Chiesa intrapresa da Mons. Lefebvre. E più ancora, chiedo a San Giuseppe di ottenervi le grazie divine di cui le vostre famiglie hanno bisogno per rimanere fedeli alla Tradizione cattolica.

+ Bernard Fellay
 Marzo 2013



aprile  2013

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