VERITATEM DILEXISTI


Intervista con Dom Tomas de Aquino, OSB

Priore del monastero benedettino della Santa Cruz,
Nove Friburgo, Brasile


  6 marzo 2016

Dom Tomas de Aquino sarà consacrato vescovo cattolico il 19 marzo 2016, da Mons. Williamson e da Mons. Faure

L'intervista è stata rilasciata in esclusiva al sito sudamericano Non Possumus





Reverendo Padre, perché c’è bisogno di un altro vescovo per la Resistenza? Lo stato di necessità nella Chiesa perdura ancora? I vescovi della Fraternità non bastano alla Chiesa?

La Chiesa ha bisogno di vescovi, è così che l’ha voluta Nostro Signore. Poi, è la Tradizione che ha bisogno di vescovi. Il lavoro svolto da Mons. Williamson dal 1988 è enorme. L’aiuto che apporta Mons. Faure è indispensabile, ma un terzo vescovo non è di troppo… La Tradizione ha avuto fino a 7 vescovi, quando Mons. Lazo, delle Filippine, si unì alla Tradizione, prima della morte di Mons. Lefebvre e di Mons. de Castro Mayer. La Resistenza non è altro che la Tradizione che continua.

Certuni dicono che la sua consacrazione episcopale sarà un atto scismatico. Che può dirci a riguardo?

Come le consacrazioni del 1988 non furono un atto scismatico, così anche questa consacrazione non lo sarà. La ragione che motivò le prime è la stessa che motivò le altre, e cioè il fatto che Roma non vuol tornare alla Tradizione.
Evidentemente, tanto questa nuova consacrazione quanto quella di Mons. Faure potranno essere criticate, ma per chi consideri attentamente le ragioni, si tratta di consacrazioni motivate dallo stesso motivo di quelle del 1988: il fatto che la Cattedra di San Pietro è occupata da nemici di Nostro Signore. È un fatto doloroso, ma è un fatto. Il negarlo è una prova di irrealismo, accusa mossa da Mons. Fellay ai suoi tre fratelli nell’episcopato: Mons. Williamson, Mons. Tissier e Mons. de Galarreta.
Questa nuova consacrazione è basata sugli stessi motivi che indussero ad agire Mons. Lefebvre, né più né meno. L’unica differenza sta nelle speciali circostanze relative alle autorità della Fraternità, ma in relazione a Roma e alla crisi, le ragioni sono identiche in tutti i sensi.

Padre, l’anno scorso, in occasione della consacrazione di Mons. Faure, la FSSPX disse che Resistenza è sedevacantista e che questo è dimostrato dal fatto che consacra dei vescovi senza il permesso delle autorità romane. Qual è la sua risposta a quest’altra accusa?

Come non era sedevacantista Mons. Lefebvre, così non lo è la Resistenza, nonostante al suo interno vi siano dei simpatizzanti di questa tesi, come peraltro ce ne sono sempre stati nella FSSPX.

Padre, qual è la sua posizione rispetto al sedevacantismo?

Penso che la posizione di Mons. Lefebvre a riguardo sia la più sensata e la più prudente. Il Papa non può usare la sua autorità per distruggere la Chiesa. Di conseguenza noi non gli ubbidiremo in questa opera. Ci vietiamo di partecipare alla distruzione della Chiesa. Quanto a dire che il Papa abbia perso il suo pontificato a causa di ciò, si tratta di una questione disputata. Non ci sono le premesse per giungere ad una conclusione che escluda ogni dubbio. Quindi, nel dubbio, è meglio non affermare che la sede è vacante e considerare il Papa come tale.

L’anno scorso chiedemmo a Mons. Faure che cosa avrebbe fatto se fosse stato invitato da Papa Francesco in Vaticano. Oggi facciamo a Lei la stessa domanda. Andrebbe? E cosa direbbe a Francesco?

Andare a Roma? Solo per chiedere se le autorità romane accettano: Quanta Cura, Syllabus, Pascendi, ecc.; ma io credo che per il momento la risposta è già stata data ed è negativa.

Il professore Carlos Nougué ha pubblicato un breve articolo sulla sua vita, in cui parla dell’incidente delle pressioni da Lei ricevute da parte delle autorità della FSSPX per essersi rifiutato di cantare il Te Deum in ringraziamento per il motu proprio Summorum Pontificum (luglio 2007). Può dirci altro su questo episodio e su altri in cui ha subito le pressioni da parte dei capi della FSSPX?

Quello che è accaduto al Santa Cruz quando Mons. de Galarreta venne qui a suggerirmi di lasciare il monastero, è cosa assai complessa, in cui entrano in giuoco diversi fattori. Solo Mons. de Galarreta potrebbe dire esattamente quali fossero tutte le ragioni che lo spinsero a darmi quel suggerimento. La questione dottrinale ha potuto avere il suo peso, ma non ne sono certo, dato che Mons. de Galarreta all’inizio era contrario agli accordi. Comunque, la libertà e la giusta indipendenza del monastero inquietavano Mons. Fellay. Mons. de Galarreta avanzò come motivo le vocazioni per il monastero: fintanto che ci sarei stato io, i Padri in Brasile non avrebbero mandato delle vocazioni.

Reverendo Padre, la sua esperienza nell’abbazia di Le Barroux le è servita per rafforzare la sua opposizione alla deriva accordista della FSSPX?

Sì, vi è una somiglianza tra l’ammirazione di Dom Gérard per l’allora Cardinale Ratzinger e l’ammirazione, o per lo meno la considerazione che Mons. Fellay ha per Benedetto XVI.
Dom Gérard diceva che Mons. Lefebvre si rinchiudeva nel suo angolo vietandosi di entrare in contatto con i rappresentanti di Roma e che il Cardinale Ratzinger era un uomo col quale era possibile trattare. Dom Gérard non conosceva il Cardinale e non intendeva approfittare dell’esperienza di Mons. Lefebvre. Penso che Mons. Fellay abbia commesso lo stesso errore. I consigli e i pareri degli anziani sono fondamentali nella vita. San Tommaso, parlando della docilità, indica questa disposizione d’animo come quella che dobbiamo avere nei confronti degli anziani. Vale la pena leggere l’articolo 3 della questione 49 della IIa IIae. È molto istruttiva. Dom Gérard non teneva conto dei pareri e delle avvertenze di Mons. Lefebvre. Mons. Fellay si comporrebbe ben diversamente se li meditasse anche lui, io penso. Questa questione meriterebbe tutto uno studio sull’attitudine di Roma nei confronti di Dom Gérard e di Mons. Fellay. Penso che ad entrambi sia mancata la prudenza di Mons. Lefebvre.

Può dirci come si giunse alla rottura tra il suo monastero e la FSSPX, nel 2012?

La separazione tra il nostro monastero e la Fraternità è stata graduale, dovuta a più di un incidente. Ma fu nel 2012 che la rottura ebbe luogo, quando io e il Fratello Arsenio scrivemmo sugli accordi, e soprattutto quando Mons. Williamson venne nel nostro monastero e ricevette tutto il nostro appoggio.
Ciò nonostante, noi manteniamo buone relazioni con alcuni membri della Fraternità San Pio X che vedono il problema, quantunque essi pensino che sia meglio rimanere nella Fraternità, per adesso.

Padre, Lei ha conosciuto Mons. Lefebvre. Può dirci qualcosa su di lui?

Mons. Lefebvre aveva la forza e la tranquillità di quelli che sono sicuri della giustezza di ciò che stanno facendo, e questo unito ad una grande disponibilità ad accudire le anime. La sua tranquillità derivava dalla solidità della sua fede e del suo buon senso. La certezza genera la tranquillità. Senza dubbio, la certezza della Fede è superiore a tutte le altre. Da qui la grande tranquillità che Mons. Lefebvre manteneva in ogni occasione. Egli era un vero Vescovo, come lo descrive San paolo, che agiva in modo da salvare la sua anima e quella di coloro che ascoltavano le sue parole e i suoi consigli. La sua divisa riassumeva bene la sua persona e il suo agire: Credidimus Caritati.

Come spiega il cambio che si è operato nella FSSPX rispetto alla possibilità di un accordo pratico con Roma, e che pensa che succederà con la Fraternità?

Penso che ci sono membri della Fraternità San Pio X che chiedono un accordo e che stanno lavorando in questo senso da molti anni.
Probabilmente, fu per evitare alla Fraternità una spaccatura interna che Mons. Tissier e Mons. de Galarreta accettarono il cambio di quanto era stato stabilito nel Capitolo generale del 2006.
Ciò che succederà con la Fraternità, solo Dio lo sa. Io prego perché essa ritorni al suo primo fervore, ma un indietreggiamento sarà difficile.
Non convivendo con i membri della Fraternità, ho difficoltà ad esprimere un’opinione fondata. Per quello che sento e che riesco a leggere, credo che la Fraternità tenterà un equilibrio un po’ instabile, composto di legalità e di fedeltà. Ma si batteranno sul terreno scelto dal nemico. Tatticamente non è cosa molto intelligente. La libertà di predicare contro gli errori della Santa Sede rimarrà (già lo è) paralizzata. Oltre a questo, Mons. Fellay sembra pensare diversamente da Mons. Lefebvre, nonostante egli lo neghi. E questo è mortale per la Fraternità San Pio X.

Reverendo Padre, si può parlare di vero e proprio liberalismo nella FSSPX, o è un’esagerazione?

Avvicinandosi a Roma non c’è modo di evitare un certo liberalismo.

Padre, come definirebbe la Resistenza e come vede il suo futuro?

Io definirei la Resistenza come la fedeltà a Mons. Lefebvre e a Mons. de Castro Mayer. La Resistenza è la Tradizione, o è la parte sana della Tradizione o quanto meno la parte della Tradizione che respinge chiaramente l’idea di un accordo pratico fintanto che Roma non sia tornata alla Tradizione.
Il futuro della Resistenza sta nella fedeltà agli insegnamenti di Mons. Lefebvre e di Mons. de Castro Mayer, e cioè agli insegnamenti del Magistero infallibile della Chiesa. Grazie a Dio, abbiamo con noi Mons. Williamson e Mons. Faure, entrambi scelti da Mons. Lefebvre e da sempre discepoli fedeli del fondatore della Fraternità San Pio X.

Quali saranno le sue priorità come Vescovo?

Dare i sacramenti e assicurare la predicazione della Fede.

Quale sarà la divisa del suo blasone e la spiegazione dello stesso?

La divisa sarà: “Veritatem dilexisti” (Amasti la Verità) tratto dal Salmo 50. Il blasone sarà il rovescio della Medaglia Miracolosa, con le dodici stelle (i dodici articoli del Credo e i dodici Apostoli), la croce, la “M” di Maria Santissima e i Sacri Cuori.
Il Brasile, all’inizio, si chiamava “Terra della Santa Croce”, e questo è anche il nome del nostro monastero.
Nel XIX secolo, la nostra congregazione fu dedicata dal nostro fondatore, il Rev. Padre Jean Baptiste Muard, ai Sacratissimi Cuori di Gesù e Maria.



Per finire, Reverendo Padre, vuole inviare un messaggio ai tradizionalisti e in particolare alla Resistenza?


Un messaggio? Che studiino le opere di Mons. Lefebvre e prendano esempio da lui. Mons. Lefebvre è il Padre Le Floch e il Padre Le Floch è il Magistero: è l’amore per il magistero della Chiesa. Solo così si vincerà il liberalismo e il modernismo.
Oltre a questo, leggano e cerchino di comprendere i grandi autori antiliberali, soprattutto quelli che capirono meglio gli errori del mondo moderno, come Mons. Antonio de Castro Mayer, Mons. Williamson e anche Mons. Tissier, che ha esposto con precisione la strana teologia di Benedetto XVI e che ci ha dato la biografia di Mons. Lefebvre; senza dimenticare gli autori antichi la cui lista sarebbe troppo lunga. Ricordo solo Mons. Vidal, il grande Vescovo brasiliano amico di Mons. Ségur che combatté vigorosamente la massoneria e a causa di questo fu imprigionato e avvelenato e che morì poco dopo essere uscito di prigione, per gravi problemi digestivi. Ricordo anche Mons. Pie e, tra i brasiliani, Gustavo Corção, il cui libro, El Siglo de la Nada, venne conosciuto da tutti. Corção capì bene il male del secolo: la menzogna, così che diceva che il secolo XX potrebbe essere chiamato il secolo della menzogna. Il rimedio a questo male sta nel suo contrario: “Veritatem dilexisti”.

Caro Padre, ringraziamo profondamente Dio, la sua Santissima Madre, San Giuseppe Protettore della Chiesa e San Benedetto, per la benedizione che sarà per la Resistenza la sua consacrazione. Chiediamo a Dio che le conceda un episcopato sommamente fruttifero. E ringraziamo Lei per aver accettato un così grave compito, e Mons. Williamson e Mons. Faure perché lo consacreranno come successore degli Apostoli. Deo gratias!

                                                                                  



marzo 2016

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