Eleison Comments CDLXV

ARCHBISHOP'S  AIM

Commenti settimanali di

di S. Ecc. Mons. Richard Williamson
Vescovo della Fraternità Sacerdotale San Pio X


  11 giugno 2016

Pubblichiamo il commento di S. Ecc. Mons. Richard Willamson. Relativo al vero scopo di Mons. Lefebvre nei suoi contatti con Roma.

Questi commenti sono reperibili tramite il seguente accesso controllato:
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Chi mette sotto questa Roma l’opera di Monsignore
Di lui, della Fede e dei cattolici è un traditore.
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Lo scopo di Monsignore

In questo mese fatidico per la Fraternità San Pio X, giugno 2016, quando si sente dire che quasi 30 superiori si incontreranno per decidere se accettare l’ultima offerta di riconoscimento ufficiale da parte di Roma, è sicuramente un buon momento per correggere dei malintesi sulle intenzioni del suo Fondatore, Mons. Lefebvre (1905-1991).
Alcuni sostengono che il suo procedere fosse instabile, che egli “zig-zagasse” passando da una posizione all’altra. Altri pretendono che egli desiderasse soprattutto il riconoscimento di Roma per la sua Fraternità.
Senza voler affermare che egli fosse infallibile, è necessario ricordare alla Fraternità smemorata di cosa si trattasse per lui: entrambe queste erronee vedute sono corrette dalla stessa osservazione, e cioè che la sua motivazione di base era di glorificare Dio e salvare le anime, servendo la vera Chiesa di Dio con la difesa della Fede, e difendendo la Fede con la fondazione della Fraternità San Pio X, per formare sacerdoti che salvaguardassero la dottrina, i sacramenti e la Messa della Tradizione Cattolica.

Ora il grande ostacolo sulla strada di Monsignore furono gli uomini di Chiesa del Vaticano II, la cui prevalente priorità era (e rimane) piacere non a Dio, ma all’uomo moderno, che si è allontanato da Dio. Infatti, ora come allora, essi hanno girato le spalle a Dio (almeno oggettivamente, soggettivamente solo Dio lo sa), e con un “rinnovamento” umanista hanno cercato di cambiare la Chiesa di Dio e la sua Fede, la sua dottrina, i sacramenti e la Messa.

Per disgusto o per disperazione, Monsignore avrebbe potuto mettersi in un angolo con la sua Fraternità, lasciando che questi uomini di Chiesa perissero con la loro rivoluzione conciliare. Ma, in primo luogo, a partire dalla visita romana di Ecône nel 1974, essi contrastarono la sua opera, perché non potevano lasciare che essa dimostrasse la loro perversità. Non potevano permettersi di lasciarlo in pace. E in secondo luogo, se egli avesse potuto fare qualcosa per portare la Tradizione ai Romani e i Romani alla Tradizione, di questo avrebbe beneficiato la Chiesa in tutto il mondo e non solo la sua piccola Fraternità.
In effetti, quantunque fossero in errore, essi occupavano ancora “la sede di Mosè” (cfr Mt XXIII, 2), e così dal 1975 in poi Monsignore andò avanti e indietro a Roma, fino alla loro prevaricazione del 1988 sulla concessione di un altro vescovo per la Fraternità, che dimostrò una volta per tutte che con loro non si poteva più parlare con le parole ma solo con i fatti.

Ma “Stat Crux dum Volvitur Orbis”, che significa che la Croce è ferma mentre il mondo intero è in rivoluzione. Ancorato alla Tradizione, Monsignore era essenzialmente fermo, ma aveva a che fare con degli uomini di Chiesa e con una situazione della Chiesa che avevano mollato quell’ancoraggio, ed erano ormai alla deriva. Così, di fronte alla deriva a sinistra, fu necessario che egli virasse a destra, mentre quando sembrava che essi virassero di nuovo a destra (come alla fine del 1987 e all’inizio del 1988) egli virò a sinistra (ad esempio, col protocollo del 5 maggio 1988), ma fu sempre l’andamento di costoro o l’evolversi della situazione (ad esempio il deterioramento del Novus Ordo Missae) che determinò il suo “zig-zagare”, e non il contrario. Il suo unico scopo era fermo – la difesa della Fede.

Fu per questo stesso motivo che, una volta che la prevaricazione degli uomini di Chiesa, quello stesso 5 maggio del 1988, fu chiara al di là di ogni ragionevole dubbio, egli, dopo una notte di riflessione, il 6 maggio ricusò quel protocollo che avrebbe potuto ottenere il riconoscimento ufficiale della Fraternità da parte di Roma, e troncò tutti i rapporti meramente diplomatici con Roma, non per salvare primariamente la sua Fraternità, ma per proteggere la Tradizione Cattolica per tutta la Chiesa.
La dottrina doveva prevalere sulla diplomazia, e da allora fino alla sua morte, due anni e mezzo dopo, mentre si comportava con rispetto verso i funzionari della Chiesa che tuttavia aveva stigmatizzato come “anticristi”, dichiarò che la Fede doveva venire prima, nella forma delle encicliche dottrinali anti-liberali e anti-moderne dei Papi pre-conciliari. Con la sua fedeltà alla dottrina della Chiesa egli si trovava al posto di guida, e i Romani lo sapevano. Quale contrasto con i suoi successori alla guida della Fraternità, servili con i traditori della dottrina e della Tradizione della Chiesa, eppure umiliati da  loro!
Che questi successori di Monsignore vadano a rileggersi quello che fu come il suo discorso di addio a loro rivolto il 6 settembre 1990.

Kyrie eleison.
                                                                                  



giugno 2016

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