Mons. Bernard Fellay ricevuto a Radio-France
dall’Association des Journalistes d'Information Religieuse (AJIR)
(13 gennaio 2006)

La conclusione del conflitto sotto il pontificato di Benedetto XVI



Il testo di questa conversazione, diffuso dall'Agenzia Apic-JNC, è stato ripreso dal sito francese della Fraternistà San Pio X: La Porte Latine
http://www.laportelatine.org/pourvous/debatquestions/apic20060113/apic20060113.php

I neretti sono nostri



Resoconto di Jean-Claude Noyé, corrispondente dell'Apic a Parigi

Parigi, 13 gennaio 2006 (Apic) ? Il superiore generale della Fraternità San Pio X ha voluto minimizzare i contrasti tra la Fraternità e il Vaticano. Mons. Bernard Fellay ha espresso la sua certezza che la conclusione del conflitto nato nel 1988 tra Giovanni Paolo II e mons. Lefebvre avrà luogo sotto il nuovo papato.
Per quanto riguarda, invece, la libertà religiosa o i dialoghi ecumenico e interreligioso ha lasciato intendere che le due parti sono su posizioni molto distanti.
Il 13 gennaio, a Parigi, il vescovo integralista ha risposto alle domande dei giornalisti membri dell’AJIR (Association des journalistes de l'information religieuse).



Domanda: A che punto è il vostro dialogo con Roma dopo l’incontro del 29 agosto con Benedetto XVI?

Mons. Bernard Fellay:  Continua lentamente. In effetti, occorre del tempo per rimuovere la sfiducia reciproca. Ma, per quanto mi riguarda, io sono convinto che arriveremo ad una conclusione. Abbiamo avuto una lunga discussione, la più fruttuosa di tutte, ed abbiamo affrontato le questioni di fondo. Roma vuole regolare rapidamente il problema, e l’udienza papale, da noi sollecitata nel maggio scorso, ci è stata accordata subito. Il Magistero privilegia un approccio pragmatico. Noi preferiamo temporeggiare perché non vogliamo una soluzione esteriore. Il papa ha incaricato il cardinale Castrillon Hoyos di parlare con noi. Egli, in una intervista ad una televisione italiana, ha spiegato che noi non siamo eretici e che insieme dobbiamo ricercare una più perfetta unione. Questo è un linguaggio nuovo.
Domanda: Quali sono le questioni di fondo che saranno discusse?
Mons. Fellay: La questione sulla Messa antica e quella nuova, che è quella a cui si guarda in maniera primaria, in fondo ha una importanza derivata, poiché la liturgia è in realtà espressione della fede. Ciò che ha rilevanza primaria è la visione della fede. Con Benedetto XVI la discussione finisce col concentrarsi sulla questione dell’accettazione del Concilio. Noi partiamo dalla formula proposta nel 1988 da mons. Lefebvre: “accettiamo il Concilio esaminato alla luce della Tradizione”.
Domanda: Uno dei temi avanzati di questo Concilio è il riconoscimento della libertà religiosa. Qual è la vostra posizione su questo argomento?
Mons. Fellay: Innanzi tutto noi non contestiamo il concetto che non si possa imporre la fede cattolica con la forza. Ciò che è in giuoco, dietro l’espressione ambigua “libertà religiosa”, è la relazione tra la Chiesa cattolica e lo Stato. I Padri conciliari hanno ritenuto che la Chiesa dovesse adattarsi ai cambiamenti di mentalità e agli sconvolgimenti demografici per giustificare la fine dello Stato cattolico. Sull’aspetto di base noi concordiamo, ma siamo in disaccordo sul principio esplicativo. La Tradizione della Chiesa ha sempre invocato il principio di tolleranza per ammettere (come per difetto) che delle persone con credi diversi possano vivere fianco a fianco. È questo principio che il cardinale Ottaviani ha fatto valere nel corso del Concilio. Ma ecco che il cardinale Bea l’ha stravolto, facendo introdurre nel decreto “Dignitatis humanae”, come fosse un vero principio, il riconoscimento della laicità dello Stato, vale a dire la sua neutralità nei confronti di tutte le religioni. Questo ha indebolito ancora di più la Chiesa cattolica. Senza contare che gli stessi uomini politici dovranno rendere anch’essi conto a Dio, così che è impossibile separare lo spirituale dal temporale.
Domanda: Diversamente da come fa Lei, Benedetto XVI, nel suo discorso alla Curia del 22 dicembre 2005, ha affermato che la Chiesa non ha cambiato posizione su questa questione…
Mons. Fellay: Niente affatto, poiché egli ha introdotto un distinguo tra la rottura nella forma e la continuità sul principio. Quanto meno il papa ha la volontà di rileggere il Concilio, di presentarlo in maniera diversa.
Domanda: Questo discorso del papa vi ha rincuorato?
Mons. Fellay: Si, per la sua chiarezza, la sua precisione e la volontà di porre sul tappeto diverse questioni. Ma, a mio avviso, oggi esso non andrà molto lontano.
Domanda: Lei pensa che occorrerebbe rivedere in Francia la legge del 1905 sulla separazione tra la Chiesa e lo Stato?
Mons. Fellay: Certamente. Ma come farlo? Rivederla non è sufficiente. Forse occorrerebbe una sorta di Concordato. Questa legge è ingiusta: ha espulso la Chiesa dalla sfera pubblica.
Domanda: Tuttavia, tutti i vescovi ne sono contenti, perché ha dato alla Chiesa una libertà senza precedenti . Si ricorderà che prima della sua adozione era lo Stato che nominava i vescovi!
Mons. Fellay: La Chiesa cattolica ha forse guadagnato un po’ di libertà, ma ha perduta molta della sua influenza!
Domanda: Non la turba la prospettiva di creare uno stato cattolico?
Mons. Fellay: Certo.
Domanda: Rivendicate uno statuto particolare in seno alla Chiesa cattolica?
Mons. Fellay: Probabilmente Roma ce lo concederà. Ma, giustamente, non ci auguriamo di essere messi in un canto e giuocare il ruolo degli ultimi dinosauri. Nei nostri confronti, Roma fa riferimento al “rispetto di un carisma particolare”, ma quello che noi ci auguriamo è che questo carisma ritorni ad essere la norma per tutti.


Domanda: In cosa consisterebbe questo statuto che Roma potrebbe accordarvi?

Mons. Fellay: Quello dell’Amministrazione Apostolica. Relativamente all’autorità dei vescovi, avremmo un regime di esenzione, come accade nella diocesi di Campos, in Brasile. Roma permetterebbe ai fedeli della Fraternità San Pio X di beneficiare di una autorità parallela a quella del vescovo locale, senza tuttavia sottrarsi a quest’ultimo.
Domanda: Lei ha usato delle parole molto dure nei confronti del cardinale Kasper, a proposito dell’ecumenismo. Ora, Benedetto XVI vuol fare di questo argomento un elemento prioritario del suo pontificato. È questo che vi disturba?
Mons. Fellay: Che bisogna lavorare per l’unità dei cristiani: è una cosa evidente. Ma non secondo la linea attuale. Il 17 maggio del 2005, davanti a degli anglicani, il cardinale Kasper ha detto che per rilanciare l’ecumenismo occorre promuovere l’unità nella pluriformità. La varietà nell’unità, d’accordo, ma fino a che punto? Lo stesso cardinale, in quello stesso giorno, ha detto che si può avere la stessa fede senza avere la stessa formula di fede [NdR: lo stesso Credo]. Qui noi diciamo: no! Poiché si piomba nell’eresia. Noi non accettiamo nemmeno la Dichiarazione sulla giustificazione della fede, firmata dalla Chiesa cattolica e dalla Federazione mondiale luterana. Basta ricordare che il Vaticano, in un primo momento ha ritenuto che non fosse possibile ratificare questo documento, mentre un anno più tardi, senza che di esso fosse stata cambiata una sola riga, lo ha firmato. Perché?
Domanda: Il papa vuole anche praticare il dialogo interreligioso, in continuità col suo predecessore…
Mons. Fellay: Non dimentichiamo che quand’era ancora il cardinale Ratzinger, non fu favorevole all’incontro interreligioso di Assisi. Dialogare con le altre religioni, perché no, ma questo dipende della posizione della Chiesa.
Domanda: Benedetto XVI si è recato nella sinagoga di Colonia. Che ne pensa?
Mons. Fellay: Mi interrogo sul perché di questo gesto. Potrei comprenderlo a condizione che il papa lo spiegasse.
Domanda: Nel dialogo che la Chiesa cattolica ha iniziato col giudaismo, vi è un percorso penitenziale: riconoscere che la Chiesa ha la sua parte di responsabilità nelle sofferenze inflitte ai giudei. Lei è d’accordo?
Mons. Fellay: Non credo che si possa dire che la Chiesa sia responsabile della Shoah! Per quanto riguarda il giudaismo, noi riconosciamo pienamente la validità del Vecchio Testamento. Ma non possiamo creare confusione sul fatto che i giudei non abbiano riconosciuto Nostro Signore come Figlio di Dio.
Apic-JNC


Ritorna a Documenti