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Agenzia I.MEDIA ? 4 luglio 2007 Il Motu Proprio “Summorum
pontificum”
La notizia è stata diffusa
dall'agenzia I.MEDIA,
I.MEDIA ha appreso da fonti vaticane
che la lettera apostolica sotto forma di Motu Proprio che Benedetto XVI
si appresta a pubblicare allo scopo di liberalizzare l’uso della Messa
e dei libri liturgici secondo il rito preconciliare del 1962, porterà
il nome di “Summorum pontificum”.
“Summorum pontificum cura”
(Cura dei Sommi Pontefici) è l’incipit del Motu Proprio di Benedetto
XVI che liberalizzerà l’uso della Messa detta di San Pio V. Le due
prime parole di questa lettera apostolica danno il nome al documento pontificio,
che sarà reso pubblico dal Vaticano il 7 luglio prossimo.
Con questo testo, il Papa intende estendere alla Chiesa intera la possibilità di celebrare la Messa secondo i libri liturgici promulgati il 23 giugno del 1962, durante il pontificato di Giovanni XXIII, appena prima del Concilio Vaticano II e della riforma che ne seguì, nel 1969 e nel 1970. Questo rito preconciliare costituirà una forma straordinaria dell’unico rito romano, quello postconciliare di Paolo VI. Oltre al rituale della Messa, il
documento dovrebbe riguardare anche i Sacramenti del Battesimo, del Matrimonio,
della Cresima e dell’Estrema Unzione, nonché la celebrazione delle
esequie.
Il nuovo documento porrà
fine alla necessità di chiedere una dispensa (detta “indulto”) al
vescovo diocesano per poter celebrare la Messa secondo il rito del 1962.
Egli autorizzerà la celebrazione nelle parrocchie diocesane di una
sola Messa domenicale e festiva, eccetto durante il Triduo Pasquale.
Il vescovo locale potrà intervenire solo in caso di contrasti tra uno dei suoi preti e un gruppo di fedeli. Se necessario potrà rivolgersi alla Pontificia Commissione Ecclesia Dei, incaricata di decidere in ultima istanza. Di conseguenza, il nuovo Motu Proprio abrogherà quello promulgato da Giovanni Paolo II nel luglio del 1988 , Ecclesia Dei adflicta, nonché il documento della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti dell’ottobre 1984, Quattuor abhinc annos, approvato dal Papa e che concedeva ai vescovi diocesani la possibilità di usufruire di un indulto per la celebrazione della Messa in rito tridentino. Peraltro, il Papa dovrebbe precisare che non si tratta di un ritorno al passato, ma di un gesto generoso atto a mettere a disposizione dell’insieme dei fedeli gli immensi tesori spirituali, culturali ed estetici legati all’antica liturgia. Così facendo, Benedetto XVI dimostra di accordare la priorità a questa questione che egli conosce a menadito. Nel suo libro La mia Vita (ed. San Paolo, 1° ediz 1997), infatti, il cardinale Joseph Ratzinger riconosceva di essere rimasto “costernato dall’interdizione dell’antico messale”. Nel libro Il Sale della terra (ed. San Paolo, 1° ediz 1997), egli confessava che “si dovrebbe accordare molto più generosamente a tutti coloro che lo desiderano il diritto di conservare l’antico rito”. Nel 1986, una commissione
di cardinali, di cui faceva parte il cardinale Ratzinger, aveva auspicato
la facilitazione della
celebrazione della Messa secondo il rito del 1962.
All’inizio del suo pontificato, nell’agosto del 2005, Benedetto XVI aveva voluto incontrare Mons. Bernard Fellay, Superiore della Fraternità San Pio X fondata da Mons. Lefebvre. Successivamente, nel febbraio 2006, il Papa aveva convocato in Vaticano i capi dei Dicasteri della Curia Romana per una riunione a porte chiuse essenzialmente dedicata alle sorti di questa Fraternità e dei fedeli tradizionalisti. Fu nella primavera del 2006 che apparve chiaramente la possibilità che il Papa pubblicasse un decreto atto a facilitare il ritorno nella Chiesa cattolica dei fedeli integralisti seguaci di Mons. Marcel Lefebvre. L’8 settembre dello stesso anno, il Papa autorizzava la creazione dell’Istituto del Buon Pastore, per raccogliere cinque preti usciti dalla Fraternità San Pio X e alcuni seminaristi. Dopo l’ampliata autorizzazione della celebrazione col rito di San Pio V, rimane l’altra esigenza degli integralisti: la remissione delle scomuniche del 1988. In un secondo tempo si porrà avviare un dialogo teologico su un altro fossato che separa da Roma questa frangia tradizionalista, costituito da certi “frutti” del Concilio aticano II, come l’ecumenismo, il dialogo interreligioso e la libertà religiosa. Ma da parte di Roma questi “frutti” non sono negoziabili. Tuttavia, questo documento intende andare ben al di là dei soli fedeli della Fraternità San Pio X. Esso riguarda i fedeli tradizionalisti in senso largo, coloro cioè che non hanno rigettato il Concilio Vaticano II e tuttavia rimangono legati alla liturgia tradizionale. (5.7.07)
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