SANTA MESSA TRADIZIONALE

Roma 24 maggio 2003

Basilica di S. Maria Maggiore
 

RASSEGNA STAMPA
 

Articoli e segnalazioni dopo la celebrazione

giugno 2003 - Jesus
Articolo

(Questo articolo va letto alla luce di quello del Messaggero del 20 aprile 2003
Se ne potranno capire così le imprecisioni e gli svarioni di forma, di linguaggio e di merito.
Gli errori sono del testo, le sottolineature sono nostre)



Le concessioni vaticane non smuovono i lefebvriani

di Vi. Pri.

Quindici anni fa sarebbe stata letta come una pericolosa marcia indietro. Una concessione eccessiva ai tradizionalisti. Oggi la messa secondo il cosiddetto rito di Pio V (quello in latino e preconciliare per intenderci), celebrata da un cardinale di santa romana Chiesa nella basilica di Santa Maria Maggiore il 24 maggio scorso, coinvolge nel dibattito pochi appassionati.

Il presule in questione è il cardinale Dario Castrillón Hoyos, presidente della Commissione “Ecclesia Dei”, l’organismo creato nell’88, dopo lo scisma di monsignor Lefebvre, per facilitare il rientro nella Chiesa cattolica di sacerdoti e fedeli legati alla Fraternità san Pio V, istituita dal vescovo scismatico. 
La messa del 24 maggio è l’ultimo di una serie di gesti riconciliatori promossi dal cardinale Castrillón, come quello eclatante del dicembre 2000, quando organizzò l’incontro tra il Pontefice e il superiore generale della Fraternità, il vescovo svizzero Bernard Fellay.
Si pensò allora che la riconciliazione fosse dietro l’angolo. E che, come già accaduto per altre comunità di tradizionalisti, per esempio quella brasiliana di Saint-Jean-Marie-Vianney, alla fine si sarebbe trovato un accordo di pacifica convivenza sotto la cattedra di Pietro. E invece in questi anni i lefebvriani non hanno mai rinunciato ai loro punti fermi: «Di fatto non riconoscono la validità del Concilio, il magistero post-conciliare dei Papi, né la riforma liturgica», sintetizza monsignor Camille Perl, segretario di “Ecclesia Dei”.

In vista del 24 maggio la stampa aveva parlato di un riavvicinamento, smentito però con toni polemici dagli stessi lefebvriani. Il vescovo francese Bernard Tissier de Mallerais “ha detto che fino a quando Roma non si converte alla vera fede cristiana, la loro, non si parla di rientro”, precisa Perl. “E monsignor Fellay, più diplomaticamente, ha aggiunto che si trattava di un’invenzione della stampa”.

La messa del 24 maggio, dunque, oltre a essere un ennesimo segnale di apertura lanciato alla Fraternità, va incontro alla richiesta di quanti, pur restando nella Chiesa cattolica, rimpiangono la liturgia tridentina. 
Il Vaticano in un comunicato ha spiegato che l’iniziativa è una risposta alle richieste provenienti da «numerosi fedeli che si avvalgono dell’indulto “Ecclesia Dei” per la celebrazione della S. messa secondo il rito di S. Pio V e che vogliono onorare il Pontefice nell’approssimarsi del Suo XXV anniversario di elevazione al Sommo pontificato».
Le richieste sono partite da associazioni di tradizionalisti cattolici con sede a Torino e Venezia, ma probabilmente neanche i diretti interessati pensavano di trovare una risposta così sollecita, con la concessione della basilica giubilare di santa Maria Maggiore, dove in migliaia si sono ritrovati il 24 maggio.

Questo gesto, chiediamo a monsignor Perl, non rischia di far sentire tutti i sacerdoti autorizzati a scegliere secondo quale rito celebrare? “No”, risponde, «Il fatto che il cardinale faccia una cosa, non significa che tutti possano ripeterla. Non fa legge un gesto di un cardinale, ci vorrebbe una dichiarazione del Papa».
 
 

(su)


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