Appunti di catechismo a cura di G. L. G.
 

9.  Fuori della Chiesa non c’è salvezza, 
     (Extra Ecclesia nulla salus, Denz. 802, 2865-2867, 3866-3872).
Come è necessario il Battesimo, “esplicito” (sacramentale) od “implicito” (di desiderio o di sangue) (34), cosí è necessario appartenere alla Chiesa cattolica “esplicitamente” (in re, di fatto) oppure “implicitamente” (in voto, col desiderio).
La necessità di appartenere alla Chiesa (in re oppure in voto) è espressa sinteticamente dal dogma “Fuori della Chiesa non vi è salvezza” (Extra Ecclesia nulla salus).
Tale dogma va però rettamente compreso, cioè nel senso con cui lo intende la Chiesa medesima, per evitare l’errore di ampliare o di restringere indebitamente l’appartenenza.
Sarà necessario uno studio di una certa ampiezza (35).
 

9.1   La legge naturale
Ogni creatura, animata o inanimata, ha in se stessa la legge della sua natura, scritta nella sua natura medesima, e questa legge naturale è quella di amare il suo Creatore al di sopra di ogni cosa.
L’Universo intero ama in modo naturale Dio al di sopra di ogni cosa, l’ama alla sua maniera e con la sua natura di minerale o di vegetale o di animale bruto.
Per l’uomo, dotato di ragione e di volontà, la sua legge naturale è di amare Dio al di sopra di ogni cosa con la sua ragione e la sua volontà, cioè di amarlo liberamente.
Poiché l’uomo è un essere libero, che ha la possibilità di seguire o di non seguire la propria natura, la sua legge naturale non è né una legge fisica (minerali) né una legge biologica (vegetali e animali bruti), ma è una legge morale.
La legge naturale, scritta nel cuore dell’uomo, può essere conosciuta ascoltando il proprio cuore e attraverso la ragione naturale.
« …Quando i Gentili [i pagani] che non hanno legge, fanno per natura le cose della Legge [mosaica], costoro non aventi legge sono legge a se stessi; essi mostrano l’opera della Legge scritta nei loro cuori, attestandolo la loro coscienza e i loro pensieri, che a vicenda or si accusano tra loro or si difendono… », (SAN PAOLO, Lettera ai Romani, II, 14-15).

Dopo il peccato originale Dio la ha nuovamente promulgata nel Decalogo, per soccorrere la nostra natura decaduta, (vedi paragrafo 8.2) (36).
Questa promulgazione è stata fatta, dice Sant’Agostino, non perché gli uomini non potevano piú leggere i comandamenti scolpiti nel loro cuore, ma perché non volevano piú leggerli.
 

9.1.1   Legge Naturale e Legge Morale
« …La legge naturale è partecipazione della legge eterna e impressione del lume divino nella creatura razionale grazie alla quale la creatura è indirizzata al debito atto e fine…» (SAN TOMMASO, Summa Theologica, I, II, q. 91, a. 2).
« …La norma morale, nei suoi principi costanti, quelli della legge naturale e anche quelli evangelici, non può subire cambiamento…» (Paolo VI, Osservatore Romano, 31 agosto 1972).
« …La legge naturale infatti è ingenita come Dio, e la tradizione teologica della Chiesa ha sempre escluso che essa sia una creazione: il mondo è creato, ma la legge morale è increata. …L’azione malvagia… [è] malvagia non pure in questo mondo creato, ma in qualsiasi mondo possibile. La legge naturale è dunque “impersonale”, non già nel senso che non riguardi la persona : la riguarda in sommo grado, ma appunto la “ri-guarda” e non è una emanazione di essa. … » 
(ROMANO AMERIO, IOTA UNUM, Riccardo Ricciardi Editore, Milano-Napoli, MCMLXXXVI, Capitolo XX, paragrafi 172-174, passim).
 

9.1.2 Rapporti fra la Legge divina e la volontà e l’amore della creatura razionale.
« …San Tommaso nel commento a Rom., 2, lect. III, insegna che il grado supremo della dignità umana consiste nel muoversi al bene per impulso proprio; il secondo grado sta nel muoversi al bene per impulso altrui ma non forzati, e l’infimo (ma ancor grado di dignità) nell’aver bisogno della coazione. In tutti i gradi tuttavia l’obbligazione della legge [di Dio] è la causa ultima della volontà, cioè dell’amore. 
«E si badi bene. 
«Non è la legge [di Dio] che si interna all’uomo e viene ricondotta all’uomo, bensì l’uomo alla legge [di Dio], penetrante e modellante la volontà. 
«Il “primum” è la legge [di Dio], non l’uomo. 
Come insegna sant’Agostino nel “De spiritu et littera”, lib. I, cap. XXX, 52 (P.L. , 44, 233), la legge non viene eliminata ma confermata dalla libertà…
« …Il giusto si appropria per amore la prescrizione della legge, e questa non gli rimane più estrinseca, ma è adottata interiormente. Allora la necessità che permane di osservarla si muta in libertà.
« …L’amore contiene l’obbedienza alla legge e modella la volontà sull’ordine della legge.
«Le parole di Nostro Signore Gesú Cristo sono irrefragabili: “ Si diligitis me, mandata mea servate”. (“ Se mi amate, osservate i miei comandamenti”) (Giovanni, XIV, 15).» 
(ROMANO AMERIO, IOTA UNUM, Riccardo Ricciardi Editore, Milano-Napoli, MCMLXXXVI, Capitolo XX, paragrafo 171, passim).
 

9.1.3    Legge Naturale, Decalogo, Carità.
«…A chi gli chiedeva che cosa dovesse fare per entrare nella vita eterna Nostro Signore disse innanzitutto di osservare il Decalogo, (cfr. ad es. Matteo, XIX, 16-19)…
«…I precetti della carità sono il compimento e non l’abolizione dei dieci comandamenti della legge [in cui si compendia la Legge Naturale].
«Questi comandamenti hanno la carità sia come principio sia come fine (37), ossia, sotto un certo riguardo, sono i mezzi della carità, sono la sua espressione, espressione non sufficiente ma obbligatoria. Non ci si può conformare ai precetti della carità senza seguire i comandamenti del Decalogo.
«I precetti della carità non si limitano alla osservanza dei dieci comandamenti della Legge Naturale; però non può esservi vera carità, (può solo esservi una parvenza della carità), se è assente la giustizia, giustizia definita dal Decalogo.
«Insegnare i principi della carità disconoscendo o respingendo i dieci comandamenti della giustizia significa insegnare una falsa carità: “La carità non sarà mai vera carità se non terrà sempre conto della giustizia”, (PIO XI, “Divini Redemptoris Promissio”, paragrafo 49) (38).
«…Nostro Signore Gesú Cristo ha “cambiato il modo” di obbedire alla Legge Naturale, (per amore di Dio e non piú soltanto per timore di perdere beni temporali), ed ha “procurato il mezzo” per obbedirvi pienamente, (la Grazia)…»
(JEAN MADIRAN, L’eresia del XX secolo, Giovanni Volpe Editore, 1972, pagg. 169-172, passim).
 

9.1.4   Osservazioni sulla filosofia contemporanea che nega la legge naturale.
La filosofia contemporanea dominante è in rottura con la Fede, con la tradizione filosofica, e con l’esperienza comune; non è piú in grado di conoscere con certezza l’esistenza di Dio e la legge di Dio. Il filosofo che non riconosce nessuna legge, né quella naturale né quella sovrannaturale, diventa il piú pericoloso di tutti i criminali, il piú ignorante di tutti gli ignoranti, il piú disgraziato di tutti i disgraziati.
Della filosofia gli manca l’essenziale.
È tornato alla barbarie, che è per definizione assenza di legge. La barbarie intellettuale e morale è per definizione ignoranza o disconoscimento della legge naturale.

Certamente non è mai stato sufficiente conoscere il bene, per farlo, ma infrangere una legge che si riconosce deve essere obbedita non è la stessa cosa che pretendere che non esista nessuna legge universale che deve essere osservata.
Nemmeno i barbari dell’antichità avevano negata la legge naturale nella sua generalità.
L’uomo senza legge naturale diventa, come dice San Tommaso, il peggiore di tutti gli animali, (pessimum omnium animalium), il piú malvagio.
Della colpevolezza personale di questo “pessimo fra gli animali” nulla sappiamo, Dio solo la conosce e Lui solo ne è il giudice, ma, oggettivamente, è un pubblico malfattore (39). 
 

9.2   Amore dell’uomo verso Dio: quello naturale e quello soprannaturale.
Come è naturale per il figlio amare il padre e la madre, cosí è naturale per la creatura amare il suo Creatore. Occorre, tuttavia, distinguere tra l’amore verso Dio sgorgante dalla semplice natura dell’uomo e l’amore soprannaturale verso Dio di cui è capace l’uomo che ha la Grazia.
Il richiamo religioso delle nazioni non cristiane è un richiamo sgorgante dalla natura dell’uomo, ma al richiamo religioso del cristianesimo si può arrivare soltanto con un saltus e, questo saltus, è possibile soltanto nell’ordine della Grazia.
Quindi : il richiamo religioso del genere umano è rispettabile perché è un richiamo iscritto nella natura, come principio della reverenza al Nume, al Creatore. Ma, quando si passa al cristianesimo, si fa un salto, perché questo richiamo ha un carattere soprannaturale. Dalla natura alla sopranatura non c’è un passaggio continuo, ma c’è un abisso: un salto, appunto.

«…[non si deve fare] confusione tra l’ordine naturale, che è il sentimento religioso di tutto il genere umano, e l’ordine soprannaturale. L’anelito del genere umano verso la divinità non si deve prendere per l’anelito speciale del genere umano nella Rivelazione cristiana.
«Non si può passare dalla religione di tutti i popoli alla religione cristiana: qui c’è un salto.
«La religione cristiana è soprannaturale, è fondata sulla persuasione che Dio mette nell’intelletto, nella mente dell’uomo, in maniera speciale, la Grazia (40); e i popoli Gentili non hanno la Grazia: hanno la religione - la religione naturale - ma non hanno la Grazia.» 
(ROMANO AMERIO, STAT VERITAS, Chiosa 4 (I), Milano - Napoli, Riccardo Ricciardi Editore, MCMXCVII).
 

NOTE
34 - Vedi paragrafi 8.4.4 (Necessità del Battesimo Sacramentale), 8.4.4.1 (I Succedanei del Battesimo Sacramentale), 
       8.4.4.1.1 (Il Battesimo di Desiderio), 8.4.4.1.2 (Il Battesimo di Sangue), 8.4.4.2 (Sorte di chi muore senza battesimo 
       sacramentale), 8.4.4.2.1 (Caso degli adulti con uso di ragione), 8.4.4.2.2 (Caso dei bambini), 8.4.8 (Effetti del 
       Battesimo), 8.4.8.1 (Effetti del Battesimo dal punto di vista ontologico).
35 - Per introdurre il nuovo argomento è utile una breve ricapitolazione di quanto trattato fino ad ora. Ci è infatti necessario 
       fare risaltare come la Religione Cattolica dipenda tutta direttamente dall’unico vero Dio, e come essa superi ogni capacità 
       umana.
       Abbiamo visto che la Fede consiste nel credere le verità che ci sono state rivelate da Dio stesso, perché Egli, in quanto 
       tale, non può né ingannare né ingannarsi. (Paragrafo 4).
       Dio ha manifestato agli uomini delle verità che la ragione umana da sola non può trovare, perché esse riguardano il fine 
       soprannaturale dell’uomo. Tali verità costituiscono la Rivelazione.
       Essa, manifestata gradualmente, è culminata con Nostro Signore Gesù Cristo, attraverso il quale Dio stesso rivela Se 
       Stesso.
       Con Nostro Signore Gesù Cristo, (e la morte dell’ultimo degli Apostoli che portano testimonianza degli insegnamenti 
       ricevuti da Nostro Signore e dallo Spirito Santo), la Rivelazione è completa, immutabile e definitiva fino alla fine del 
       mondo. (Paragrafo 5).
       La Rivelazione è contenuta nella Tradizione e nella Sacra Scrittura, (Paragrafo 6).
       Sulla base della Rivelazione abbiamo studiato Dio Creatore e, in particolare, quale posto e quale fine competano nella 
       creazione alle creature libere.
       Il fine principale, sempre raggiunto, è la gloria di Dio.
       Il fine subordinato è la felicità delle creature.
       Per infinita bontà e miracolosa generosità Dio ci chiama ad una felicità superiore a quella propria e proporzionata alla 
       nostra natura.
       Tale felicità soprannaturale, la massima possibile ad una creatura, è la visione beatifica di Dio che ci rende simili a Lui e 
       partecipi della sua stessa felicità. (Paragrafo 7).
       Successivamente abbiamo esaminata la posizione specifica dell’uomo prima e dopo il peccato originale, il peccato 
       originale stesso, e il sacramento del Battesimo che lo toglie.
       Ci siamo soffermati sul Battesimo, (e sui suoi due succedanei detti “Battesimo di desiderio” e “Battesimo di sangue”), 
       perché con esso si crea una creatura ontologicamente nuova.
       Anche se in forma incipiente e non ancora piena,qualcosa di divino, la Grazia, si inserisce realmente nell’anima creata, nel 
       nostro essere, nella nostra struttura metafisica. (Paragrafo 8)
36 - Questa parte del paragrafo è tratta da: JEAN MADIRAN, “Court précis de la loi naturelle”, in Itinéraires, Troisième 
       série, Numéro 7, Hiver 1994-1995.
37 - San Tommaso: “I comandamenti del Decalogo hanno per fine la carità”, Summa Theologica, II-III, qu. 122, 
       art. 1, ad 4.
38 - S. S. Pio XI, Enciclica Divini Redemptoris Promissio, § 49:
       «Ma la carità non sarà mai vera carità se non terrà sempre conto della giustizia.
       «L’Apostolo insegna che “chi ama il prossimo, ha adempiuto la legge”; e ne dà la ragione: “ poiché il Non fornicare, Non 
       uccidere, Non rubare… e qualsiasi altro precetto, si riassume in questa formula: Amerai il tuo prossimo come te stesso…” 
       (Rom. XIII, 8-9). Se dunque, secondo l’Apostolo, tutti i doveri si riducono al solo precetto della vera carità, [allora vi si 
       riducono] anche quelli che sono di stretta giustizia, come il non uccidere e il non rubare.…»
39 - Questo paragrafo è tratto liberamente da JEAN MADIRAN, “Court précis de la loi naturelle”, in Itinéraires
       Troisième série, Numéro 7, Hiver 1994-1995.
40 - Vedi paragrafo 8.4.8.1 Effetti del Battesimo dal punto di vista ontologico.
 



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