![]() |
![]() |
Sulla norma vincolante per cui nessuno può impedire che un prete celebri secondo il rito moderno, anche se appartenente ad un Istituto che celebra solo col rito tradizionale [avvertenza: non avendo a disposizione il testo italiano, né quello latino, ci siamo serviti di un testo francese: ciò spiegherà le eventuali differenze lessicali]
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti Prot. 1411/99 Risposte ufficiali Dopo il rinnovamento (nel testo latino: restaurazione) liturgico richiesto dal Concilio Vaticano II, sono sorti certi gruppi di fedeli che si sentono fortemente legati a certe (nel testo latino: manca) forme della tradizione liturgica romana anteriore. Questi gruppi - ci riferiamo a quelli che sono in piena comunione con la Chiesa cattolica e il suo magistero - hanno manifestato il desiderio di poter continuare ad utilizzare il Messale Romano detto di San Pio V. Il Sovrano Pontefice Giovanni Paolo II, mosso dal paterno desiderio (nel testo latino: dalla carità paterna) di venire incontro (nel testo latino: di soddisfare) alla sensibilità (nel testo latino: il sentire) liturgico e religioso di questi gruppi, ha concesso loro di poter utilizzare, con l’autorizzazione del Vescovo del luogo, il “Messale Romano” edito nel 1962. Lo stesso Sovrano Pontefice ha anche chiesto ai Vescovi di accogliere con benevolenza e generosità queste persone (nel testo latino: fedeli) che si sentono profondamente legate al rito pre-conciliare e, al tempo stesso, professano una sincera adesione al Magistero della Chiesa e l’obbedienza ai loro legittimi Pastori. Il desiderio del Papa (nel testo latino: Pontefice Romano) è stato espresso col Motu Proprio Ecclesia Dei adflicta (2 luglio 1988, AAS 80 [1988], 1495-1498). In seguito ai problemi (nel testo latino: agli interrogativi) prospettati a questo Dicastero, circa la possibilità e gli impedimenti connessi all’indulto concesso dalla legittima autorità, di utilizzare il Messale edito nel 1962, dopo aver consultato e ricevuto l’approvazione del Pontificio Consiglio per l’interpretazione dei Testi Legislativi e della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, comunichiamo quanto segue, sotto forma di risposte a delle domande (nel testo latino: alle domande poste). 1. Un prete membro di un Istituto che gode della facoltà di celebrare secondo il rito in vigore prima del rinnovamento (nel testo latino: restaurazione) liturgico richiesto (nel testo latino: manca) dal Vaticano II, può utilizzare liberamente il Messale Romano promulgato dal Sovrano Pontefice Paolo VI, quando celebra la Santa Eucarestia a servizio (nel testo latino: per il bene) di una comunità nella quale la Messa è celebrata secondo quest’ultimo Messale, e questo anche se occasionalmente? Risposta: Affermativo e “ad mentem”.
Risposta: Negativo, perché l’uso del Messale Romano del 1962 è un indulto concesso a favore delle persone che si sentono legate (nel testo latino: per l’utilità dei fedeli che sono particolarmente) al rito romano pre-conciliare, e la sua utilizzazione non può essere imposta a delle comunità che celebrano la Santa Eucarestia secondo il Messale rinnovato per ordine del Concilio Vaticano II, [comunità] su cui i Superiori di tali Istituti non hanno peraltro alcuna autorità.
Risposta: Affermativo, poiché l’indulto non toglie ai preti il diritto comune del rito romano di celebrare secondo il Messale Romano attualmente in vigore, per questo motivo né il suo Superiore né l’ordinario locale possono proibirgli la concelebrazione, né devono farlo. In effetti è lodevole che i preti in questione celebrino liberamente, specialmente la Messa del Giovedí Santo presieduta dal Vescovo diocesano. Benché resti ad “ogni sacerdote la facoltà di celebrare la Messa individualmente, non però nel medesimo tempo e nella medesima chiesa, e neppure il Giovedí Santo” (cf. Vaticano II, Sacrosanctum Concilium, 57, § 2, 2), il significato di comunione espresso dalla concelebrazione (nel testo latino: il segno di comunione inerente alla concelebrazione) è cosí importante che esso non dev’essere omesso nella Messa crismale, salvo per gravi motivi (Sacrosanctum Concilium, 57, § 1, 1a).
Cardinale Jorge Medina Estevez, Prefetto.
Torna a DocumentiTorna a Dossier San Pietro |