UN PARROCO DELLA DIOCESI DI SESSA AURUNCA HA DECISO
DI
NON CELEBRARE PIU' LA S. MESSA COL NOVUS ORDO
LETTERE DI UN PARROCO AI SUOI PARROCCHIANI
Presentiamo in questa pagina tre scritti del Rev. Padre
Louis Demornex,
Parroco di Fontanaradina di Sessa Aurunca, in provincia
di Caserta.
Dopo avere sperimentato per anni la pochezza del Novus Ordo Missæ
ed aver assistito alle miriadi di offese che tanti preti arrecano ogni
giorno a Nostro Signore nel corso della Messa (anche senza volerlo), egli
si è reso conto che la crisi che attraversa da anni la Santa Chiesa
è da ricondurre essenzialmente all’abbandono della sua millenaria
liturgia.
Dopo una profonda e sofferta riflessione, egli ha deciso di ritornare
all’uso dei libri liturgici in vigore fino al 1962,
avvalendosi dell’indulto perpetuo concesso da San Pio V con la Bolla
Quo primum tempore,
nella piena consapevolezza degli enormi e quasi insolubili problemi
a cui andava incontro:
per amore di Cristo, della Santa Chiesa e delle anime dei suoi parrocchiani.
Per far comprendere il vero significato della sua decisione, egli ha
indirizzato ai suoi parrocchiani le tre lettere che qui pubblichiamo, quasi
un compendio delle sue sofferte riflessioni.
Di queste ultime ha fatto partecipe il suo Vescovo, ricevendone in
cambio incomprensione e ritorsioni disciplinari;
ed allora ha pensato di sottoporre la sua decisione al vaglio del Prefetto
della Congregazione per la Dottrina della Fede,
il Card. Ratzinger, dal quale ha ricevuto comprensione e sostegno spirituale.
La sua vicenda è ancora in attesa di una soddisfacente soluzione,
ed egli, dopo un periodo di allontanamento,
è per adesso nuovamente nella sua parrocchia.
Il nostro augurio è che Padre Louis divenga d’esempio a molti
sacerdoti che, pur condividendo le sue riflessioni,
ritengono che sia impossibile assumere posizioni coraggiose.
Pensiamo di non esagerare affermando che è maturo il tempo
perché si operi una svolta,
e a Roma soprattutto si aspettano solo segnali che vengano dal basso,
come purtroppo è d’uso dopo trent’anni di post-concilio.
Invitiamo gli amici, e soprattutto i sacerdoti, a dimostrare in tutti
i modi il necessario sostegno a Padre Louis.
Rev. Padre Louis Demornex,
81037 Fontanaradina di Sessa Aurunca (CE)
tel. 0823/70.51.13
PRIMA LETTERA
Perché ritornare alla Messa di San Pio V ?
Il motivo determinante è la questione dei Frammenti consacrati
che vengono profanati in tanti modi:
1 - alla distribuzione della comunione:
- senza il piattino, i Frammenti cadono addosso
al comunicante o per terra e sono calpestati, spazzati, dispersi;
- data l’Ostia in mano, ne restano dei Frammenti
nelle mani del comunicante (perché fino al 1989 era un sacrilegio
toccare il
Santissimo, e oggi è
un atto di devozione? dov’è la verità?);
- non parliamo del modo con cui certi tengono
la Particola o la portano via per diversi scopi.
2 - Dopo la comunione, il Sacerdote:
- non si purifica piú le mani, oppure
se le lava, ma butta l’acqua;
- grande trascuratezza nel modo di purificare
la patena o la pisside con il purificatorio, per cui i Frammenti restano
attaccati
alla stoffa e dispersi.
Tutto ciò fa pensare a una donna che butta il suo concepimento
nelle immondizie.
Ora questi modi di fare erano una volta considerati sacrileghi. E perché
non piú?
- O non credono piú che ogni Frammento sia Gesú
Cristo intero, e sono quindi eretici…
- O ci credono, e sono quindi sacrileghi.
Noi cattolici crediamo nella “transustanziazione”, termine che significa
il passaggio da una sostanza ad un’altra. Per esempio, se il piombo diventasse
oro, cambierebbe la sua sostanza in quella dell’oro, da Pb diventerebbe
Au, chiaramente a livello dell’atomo, cioè, dell’infinitamente piccolo.
Tutti capiscono che un milligrammo d’oro o un quintale d’oro è sempre
oro.
Cosí avviene nella consacrazione della Messa: dalla sostanza
del pane, si passa alla sostanza del Corpo del Signore, e la scienza ci
aiuta appunto a capire che tale passaggio avviene a livello dell’infinitamente
piccolo.
Questa è la fede sempre tenuta dalla Chiesa Cattolica. Dogma
di fede che mai si potrà cambiare poiché il dogma è
l’eterna Verità rivelata.
E allora come si possono giustificare delle novità cosí
negative? Da dove è venuto un modo di fare cosí irriverente,
se non da un rito che porta a questo triste esito?
Ecco perché ho dovuto prendere le distanze da un rito che in
tanti modi profana il Santissimo (comunione sulla mano, tabernacoli spostati
e dimenticati, Eucaristia in mano a tutti i “ministri straordinari”, uomini
e donne, riti della Messa inventati, inculturati, ecc…).
È assolutamente impossibile seguire una tale anarchia e pretendere
rispecchiare la fede cattolica costante. Quindi s’impone una scelta, cioè
respingere tutte queste novità, per amore della Verità, dell’Eucaristia,
della Chiesa, delle vostre anime che hanno diritto alla salvezza per mezzo
della grazia.
Vi chiederete perché sono arrivato cosí tardi a queste
conclusioni. Ho cercato di comunicare la fede cattolica attraverso questi
nuovi riti, ho cercato di dire la Messa faccia al popolo per due anni nella
speranza di esprimere anche cosí la fede cattolica. Ma la Messa
faccia al popolo diviene per forza offerta al popolo, nella sua lingua,
con i suoi canti. Diviene un banchetto, un convivio di festa, di fratellanza,
un’adunanza calorosa, dinamica, partecipata, gioiosa, una cosa insomma
della terra. Ho assistito a certi riti cosí allegri e festosi che
veramente, anche se sono simpatici, è impossibile vedervi il Sacrificio
del Calvario rinnovato nella sua tremenda drammaticità.
Abbiamo quindi a che fare con due realtà totalmente diverse:
A - La Messa ufficiale attuale che assomiglia a un banchetto,
a una comunione fraterna tra i presenti per pregare insieme
facendo memoria dell’ultima cena di Gesú
con i suoi discepoli, per cui Gesú è presente spiritualmente
in mezzo ai fedeli
(cf. art. 7 del messale romano). Essendo questo
rito indirizzato ai fedeli, è logico che si dica il testo ad alta
voce, in una
lingua comprensibile, magari in dialetto,
spesso inventato o improvvisato, variabile secondo il luogo, l’ora, la
stagione,
l’età dei presenti, la loro qualità.
Non parliamo poi della musica!
Ma siete sicuri che in tutte queste variazioni, capricci, evoluzioni,
improvvisazioni, fantasie sia sempre espresso integralmente il dogma, la
Verità cattolica?
Siete sicuri che vi arrivi la pienezza di grazia che proviene del rito
perfetto definito dalla Chiesa all’occasione del Concilio di Trento?
Da questa anarchia, disordine, creatività, confusione liturgica
scaturisce per forza la confusione spirituale del popolo cristiano che
si è creato una religione di comodo: entrare in chiesa in veste
indecente, chiacchierare senza vergogna davanti al Santissimo senza neppure
una genuflessione, un saluto, come se non esistesse. E soprattutto prendere
l’Ostia in mano come se fosse un pezzo di pane, senza curarsi di raccogliere
i Frammenti, senza essersi confessato prima, fare tutti quanti la comunione
senza piú nessuna disciplina morale e spirituale, spesso in stato
di peccato mortale, il quale d’altronde si dice che non esista piú.
Quante sorprese davanti al tribunale di Dio! C’è da tremare.
Il fatto poi che il rito di questa Messa sia praticato anche dai protestanti
soprattutto di tendenza anglicano-calvinista (altare faccia al popolo),
dimostra che non esprime piú il dogma cattolico.
Sentite Lutero cosa dice della Messa cattolica: «Affermo che
tutti gli omicidi, i furti, gli adulterii sono meno cattivi che questa
abominevole Messa… (Sermone della 1° domenica d’Avvento). Quando
la Messa sarà rovesciata, io penso che avremo rovesciato l’intero
papato. (Trattato contro Henricum)».
Nella sua lettera al Santo Padre Paolo VI, il cardinale Ottaviani, Prefetto
del Sant’ Uffizio (non un analfabeta quindi, se posto a questa responsabilità!)
disse a proposito della nuova Messa: «Il Novus Ordo Missæ
rappresenta, sia nel suo insieme come nei particolari, un impressionante
allontanamento dalla teologia della Santa Messa, quale fu formulata nella
sessione XXII del Concilio Tridentino…», e fece seguire un breve
esame critico al quale non è stata data una risposta.
B - La Messa cattolica, che è rinnovamento non
cruento dell’unico sacrificio del Calvario, dove Gesú, per mano
di se stesso nel Sacerdote, si offre a Dio Padre per ottenere il perdono
dei peccati dei vivi e dei morti, è il mistero terribile di questa
Vittima divina ed eterna che rinnova l’espressione della sua compassione
verso l’umanità rovinata, corrotta, attratta dal male piú
che dal bene, esclusa dal Paradiso, in preda alla malizia propria e a quella
del demonio.
La Messa cattolica è quindi la supplica, l’offerta del Redentore
a pro degli uomini, del Redentore che si fa peccato per lavare nel suo
Sangue i nostri peccati.
Questa Messa va seguita con rispetto, profondo silenzio, contemplazione
devota, partecipazione commossa del cuore che guarda e si unisce all’azione
del suo Redentore che si presenta, fatto peccato, al giusto Giudice che
su tutto fa un esame esatto, e intercede a nostro favore perché
siamo perdonati. Gesú dice al Padre: «Padre, guarda a questa
perfetta adorazione, a questa perfetta riparazione che ti offro col mio
Sangue purissimo tratto da una Vergine perché fosse purificazione
dei peccati di tutto il mondo. Guardando al mio Sangue, al mio amore, al
mio dolore, alla mia preghiera, perdona loro, dimentica i loro peccati,
guarda me solo che ti amo d’amore eterno, perfetto, infinito, che li amo
piú della mia stessa vita, che te li ho resi preziosi perché
comprati col mio Sangue divino.»
E noi spettatori adoranti di questa supplica, dobbiamo unire i nostri
cuori al Cuore di Gesú che parla per noi, a nostro favore. Lasciamolo
parlare con le parole e i gesti che la Chiesa ha definiti e canonizzati
nei secoli.
Ecco qualche documento della Chiesa, riguardo alla Messa:
- Concilio di Trento: decreto e canoni sulla Messa:
Cap. 4:
«E poiché le cose sante devono essere amministrate santamente
e, di tutte, questo è il sacrificio pìú santo: la
Chiesa cattolica, perché potesse essere offerto e ricevuto degnamente
e con rispetto, ha stabilito da molti secoli il sacro canone, talmente
puro da ogni errore, da non contenere niente che non profumi di grande
santità e di pietà, e non innalzi a Dio la mente di quelli
che lo offrono. Esso è composto infatti sia dalle parole stesse
del Signore, sia dalle Tradizioni apostoliche e anche da quanto hanno piamente
stabilito i santi Pontefici.» (n° 1745).
Il culto dell’adorazione, l’offerta del sacrificio è dunque
cosa definita dalla Chiesa, da sempre; non può essere modificato,
alterato, proibito.
- Dalla Bolla Quo primum tempore di san Pio
V, del 14 luglio 1570:
«Sommamente conviene che uno solo sia il rito per celebrare
la Messa… Abbiamo giudicato di dover affidare questa difficile incombenza
a uomini di eletta dottrina… Hanno restituito il Messale stesso nella
sua antica forma secondo la norma e il rito dei santi Padri…
«La Messa non potrà essere cantata o recitata in altro
modo da quello prescritto dall’ordinamento del Messale da Noi pubblicato…
«Con la presente Nostra Costituzione, da valere in perpetuo…
stabiliamo e comandiamo, sotto pena della nostra indignazione, che a
questo Nostro Messale, recentemente pubblicato, nulla mai possa venire
aggiunto, detratto, cambiato…
«In virtú dell’Autorità Apostolica, Noi concediamo
a tutti i sacerdoti, a tenore della presente, l’Indulto perpetuo di poter
seguire, in modo generale, in qualunque chiesa, senza scrupolo veruno di
coscienza o pericolo di incorrere in alcuna pena, giudizio o censura, questo
Messale, di cui avranno la piena facoltà di servirsi liberamente
e lecitamente, cosí che, Prelati, Amministratori, Canonici, Cappellani
e tutti gli altri Sacerdoti secolari, qualunque sia il loro grado, o i
Regolari, a qualunque Ordine appartengano, non siano tenuti a celebrare
la Messa in maniera differente da quella che noi abbiamo prescritto, né
d’altra parte, possano venire costretti e spinti da alcuno a cambiare questo
Messale…
«Similmente decretiamo e dichiariamo che le presenti Lettere
in nessun tempo potranno venir revocate o diminuite, ma stabili sempre
e valide dovranno perseverare nel loro vigore…
«Nessuno dunque, e in nessun modo, si permetta con temerario
ardimento di violare e trasgredire questo Nostro documento: facoltà,
statuto, ordinamento, mandato, precetto, concessione, indulto, dichiarazione,
volontà, decreto e inibizione. Che se qualcuno avrà l’audacia
di attentarvi, sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio Onnipotente
e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo.»
D’altronde, come avete letto, il rito celebrato è un rito
antico confermato da immemorabile consuetudine, canonizzato dal Concilio
di Trento e da S. Pio V, che molti di voi ricordano ancora.
- Dal Diritto Canonico:
Vecchio codice:
Titulus XII, De delictis contra religionem
Can. 2320 - Qui species consecratas abiecerit vel ad malum finem
abduxerit aut retinuerit, est suspectus de hæresi; incurrit in excommunicationem
latæ sententiæ specialissimo modo Sedi Apostolicæ reservatam;
est ipso facto infamis, et clericus præterea est deponendus.
(Chi avrà profanato le specie consacrate o le avrà trafugate
o trattenute per fini cattivi, è sospetto d’eresia; incorre nella
scomunica latæ sententiæ riservata in specialissimo modo alla
Sede Apostolica; il reo è ipso facto infame e inoltre, se è
un ecclesiastico, deve essere deposto).
Nuovo codice:
Can 1367 - Qui species consecratas abicit aut in sacrilegum
finem abducit vel retinet, in excommunicationem latæ sententiæ
Sedi Apostolicæ reser-vatam incurrit; clericus præterea alia
pœna non exclusa dimissione e statu clericali, puniri potest.
(Chi profana le specie consacrate, oppure le asporta o le conserva
a scopo sacri-lego, incorre nella scomunica latæ sententiæ
riservata alla Sede Apostolica; il chierico inoltre può essere punito
con altra pena, non esclusa la dismissione dallo stato clericale).
Chi mai crederà che a questa prassi attuale della comunione
in mano, si possa applicare questo canone?
Vuol dire che molti sacerdoti e vescovi si trovano scomunicati dalla
Chiesa Cattolica!
I fatti sono fatti, e contro i fatti non valgono gli argomenti!
È vero che non gettano i Frammenti con scopo maligno, però
sanno che i Frammenti cadono, sanno che ognuno di essi è Dio Sacramentato.
Che direste di una mamma che butta il bambino per la finestra senza
cattiveria, senza volerlo fare? Se non è criminale, è pazza!
L’orrore, l’odio, la detestazione assoluta verso la Messa Tridentina
ha qualcosa che oltrepassa la logica, il ragionamento e anche i motivi
pastorali.
Questa Messa moderna è un incubo, un peccato mortale che fa
pensare alle battute altamente teologiche di Lutero: «Quando la
messa sarà stata rovesciata, io sono convinto che avremo rovesciato
con essa tutto il papismo. Il papismo, infatti, poggia sulla messa come
su di una roccia, tutto intero, con i suoi monasteri, vescovadi, collegi,
altari, ministeri e dottrine, in una parola, con tutta la sua pancia. Tutto
ciò crollerà necessariamente quando sarà crollata
la loro messa sacrilega e abominevole. Io dichiaro che tutti i bordelli,
gli omicidi, i furti, gli assassinii e gli adulterii sono meno malvagi
di quella abominazione che è la messa papista.» (Per chi
ha l’ossessione di rivalutare Lutero!).
Come spiegare questo fanatismo contro la S. Messa?
La chiamano “nostalgia del passato”:
può mai un rito
- fatto secondo “la norma e il rito dei Santi Padri”, cioè
dei primissimi secoli della Chiesa,
- che ha santificato la Chiesa per secoli, ed è stato celebrato
dai piú grandi santi,
- che riflette l’eterno presente di Dio, cioè senza passato
né futuro, sempre identico a se stesso,
- regolato da norma consuetudinaria e alla quale si aggiunge una legge
scritta, il tutto approvato da atti
infallibili,
- universalmente celebrato nella sua lingua sacra e “stabilito da molti
secoli”,
può mai questo rito andare soggetto ad un gusto (nostalgia) o disgusto
personale?
Questi sentimentalismi e preferenze sono la caratteristica del protestantesimo,
religione creata dai gusti e dalla superbia dell’uomo, non rivelata dall’Alto.
L’accusano di “fissismo liturgico”.
In verità, si dovrebbe ammirare la sua “stabilità” lungo
i secoli, cosa non umana, ma divina, prova della sua perfezione.
Non hanno certamente il senso dell’umorismo questi “instabili” i quali,
con il pretesto della partecipazione, della comprensione da parte del popolo,
usando termini scientifici quale l’aggiornamento continuo, l’inculturazione,
l’approfondimento, la formazione permanente, ecc… danno retta a tutte le
loro fregole personali di novità, prendendo per legge ciò
che è solo capriccio del momento.
Poiché quando una comunità condanna il proprio passato
e chiama nostalgici quelli che ancora lo amano, sicuramente, un domani,
questa comunità rinnegherà il suo presente.
Cosí fanno gli instabili: per nascondere la loro fragilità,
sono sempre in ricerca, scrivono libri competenti, fanno ragionamenti dotti,
ma ciò non toglie che il movente è sempre il bisogno, ormai,
di una continua fuga in avanti, effetto di una instabilità caratteriale,
di una volontà di protagonismo, di una ambizione di scrivere e riscrivere
la storia, con continue correzioni, al punto che alla fine agiscono etsi
Deus non daretur, “come se nella Messa non importasse piú se
Dio c’è e se ci parla e ci ascolta” (CARD. RATZINGER, La
mia vita).
E alla fine ecco il “patatrac”!, l’ultima trovata: la comunione
in mano.
Però questa volta la cosa si fa grave. Sono profanazioni belle
e buone. Lo dice la Fede, la pietà cristiana, il Diritto Canonico.
Si scopre che non sanno piú chi è Dio.
Celebrano con convinzione e qualche volta con dignità, ma un
rito personale, dove la “comunità celebra se stessa, senza che
ne valga la pena” (CARD. RATZINGER, La mia vita).
“Siate dei buoni attori”, disse ultimamente il vescovo di B. ai suoi
sacerdoti.
È vero, nel teatro, gli attori cercano di coinvolgere emotivamente
gli spettatori, se no, che attori sono?
Si crea quindi comunione, trasmissione di un messaggio. In effetti,
nella ricerca della comunicazione tra uomo e uomo (sumpaqeia)
si è tanto indaffarati che ci si dimentica, per distrazione, la
dimensione verticale del Sacro.
Il Sacerdote va in cerca del popolo con affanno, deve piacere al popolo,
ha bisogno del popolo, non può celebrare senza il popolo.
D’altra parte, il Sacerdote si è messo al posto dove una volta
si trovava Dio, manifestando cosí la sua sete di potere, di fare
la comparsa, di presiedere, di comandare, di essere rivalutato.
E la gente porta dei giudizi: “come celebra bene…”, “non la finisce
mai!…”, “almeno questo fa subito!…”, “pare che la Messa non m’è
valsa…” Ne sentiamo di tutti i colori, per quanti sono i riti e le fantasie
del celebrante.
“Se il sale perde il suo sapore… non è piú buono a nulla,
se non ad essere gettato via e calpestato dalla gente.” (Mt., 5, 13). Il
Sacerdozio è calpestato insieme alla Santissima Eucaristia, poiché
adesso sono i laici che comandano al Sacerdote: “Dammi l’Ostia in mano
perché ne ho il diritto”. Il Sacerdote cioè è costretto
dal laico a fare una profanazione.
Mi direte che sono tutti d’accordo. Certo, ma nell’anarchia.
Mi direte che sono tutti insieme. Certo, ma la maggioranza non fa la
Verità.
C’è chi corre avanti, chi rimane indietro, chi spinge e chi frena,
chi segue spensierato la trovata del momento, il suggerimento accettabile.
Dal rito locale della messa al repertorio dei canti, locale anch’esso,
si assiste ad una babele di funzioni, tutte piú ricercate le une
delle altre, una vera confusione. Ogni parrocchia diventa un ghetto con
i suoi riti, canti, usanze…
Come nell’ecumenismo: unità nella diversità: sono tutti
fratelli infatti, nella confusione.
La Chiesa Cattolica invece dice: unità nella Verità. La
stabilità liturgica, l’uniformità dei riti plasma ogni sacerdote
come in uno stampo unico, uniforme, fabbricato nell’antichità, conservato
e tramandato integro dall’Autorità.
Il Sacerdote si annienta nel rito perché in lui è la
Chiesa che celebra. E allora si è sicuri che il dogma è trasmesso,
vissuto, la grazia resa presente ed efficace.
In tutti i luoghi della Terra, il sacrificio è unico, unica
la lingua, unico il canto, e quindi unica la casa dove si ritrovano tutti
i cattolici, fratelli nella Verità, nella vera adorazione, nella
celebrazione di un rito puro, santo, completo, ispirato da Dio, gradito
a Dio, anima della Chiesa, luce dei cuori. Rito che non ha niente di umano,
totalmente spoglio di elementi o tonalità terrestri.
“Fissismo” significa stabilità, solidità, eternità,
verità, sicurezza.
Quando al “Russicum” (Roma), fu proposto dal Rettore di cantare in italiano
l’epistola e il Vangelo, i romani si incaricarono di stampare i testi in
italiano per i fedeli, purché i testi fossero cantanti in slavone.
Non mi risulta che negli altri riti esista un movimento liturgico di
tipo latino, cioè ecumenico-evoluzionista manipolato dalla base
e imposto all’Autorità.
È comunque chiaro che questa mentalità attuale non ha
niente a che fare con quella cattolica. È evidente la rottura, prima
nella mentalità, poi nei fatti. «La promulgazione del divieto
del messale che si era sviluppato nei secoli, fin dal tempo dei sacramentali
dell’antica Chiesa, ha comportato una rottura nella storia della liturgia,
le cui conseguenze potevano solo essere tragiche…». «Sono
convinto che la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende in gran
parte dal crollo della liturgia». «La riforma liturgica, …,
ha prodotto danni estremamente gravi per la fede». (CARD. RATZINGER,
La
mia vita, ed. San Paolo, 1997).
È probabile anche che la crisi mondiale dipenda dall’abolizione
del sacrificio perpetuo. Infatti nello stesso periodo (anni 70):
- circa centomila sacerdoti e vescovi hanno abbandonato il sacerdozio;
- abbiamo avuto le leggi sul divorzio e sull’aborto (nell’aprile 1997
abbiamo superato il miliardo di morti per aborto, piú
vittime che in tutte le guerre della storia umana, e poi
si pretende che la pena di morte sia stata abolita!);
- le Brigate rosse e il terrorismo;
- la droga;
- il satanismo.
“Già è in azione il mistero dell’iniquità; solamente
vi è colui che lo trattiene ora e lo tratterrà fino a che
sia tolto di mezzo. Allora l’iniquo si manifesterà.” (II Tess.,
2, 7-8).
Che sia questa riforma la causa di questa apostasia?
Che sia il sacrificio della Messa l’ostacolo che tratteneva l’avversario?
«Cari figli e care figlie, Noi vogliamo una volta ancora invitarvi
a riflettere su questa novità che costituisce il nuovo rito della
messa, che sarà utilizzato nella celebrazione del santo sacrificio,
a partire da domenica prossima 30 novembre, prima domenica di Avvento.
Nuovo rito della messa! È un cambiamento che tocca una venerabile
tradizione multisecolare (…). Questo cambiamento porta sullo svolgimento
delle cerimonie della messa. Constateremo forse un certo rimpianto, che
all’altare, le parole e i gesti non sono piú identici a quelli a
cui eravamo talmente abituati che quasi non ci facevamo piú attenzione…
Ci dobbiamo preparare a questi molteplici incomodi; sono inerenti a tutte
le novità che cambiano le nostre abitudini…
«I sacerdoti che celebrano in latino, in privato (…) possono,
fino al 28 novembre 1971, utilizzare sia il Messale Romano, sia il nuovo
rito. Se prendono il Messale Romano, possono (…). Se usano il nuovo
rito, devono seguire il testo ufficiale…» (PAOLO VI, Allocuzione
all’udienza generale del 26 novembre 1969).
Rito moderno quindi opposto al rito romano antico.
SECONDA LETTERA
Riflessioni e paragoni tra le due Messe
La Messa cattolica
(dal Catechismo di san Pio X)
La santa Messa è il sacrificio del Corpo e del Sangue di Gesú
Cristo che, sotto le specie del pane e del vino, si offre dal sacerdote
a Dio sull’altare, memoria e rinnovazione del sacrificio della Croce.
- Si tratta di un vero sacrificio o immolazione del Corpo e del Sangue
del Signore Gesú.
- Il sacerdote è il sacrificatore della vittima offerta per i
peccati del mondo. È Cristo che nella persona del sacerdote, si
offre a Dio Padre per espiare i nostri peccati e redimerci dal male.
- La presenza del Signore è reale, sostanziale e fisica sotto
le specie eucaristiche, a prescindere dalla presenza del popolo.
Praticamente:
- Affermazione della presenza del Corpo, Sangue, Anima e Divinità
di nostro Signore Gesú Cristo sotto le apparenze del pane e del
vino, cioè, la sostanza del pane e del vino viene trasformata nella
sostanza del Corpo e del Sangue del Signore.
- Affermazione del sacerdozio ministeriale, cioè, il sacerdote
è consacrato con un carattere indelebile per essere in eterno un
altro Cristo, per permettere a Cristo nella sua persona e attraverso la
sua persona, di benedire, assolvere i peccati e consacrare il pane e il
vino.
- La Messa è valida e giustificata anche detta dal solo sacerdote,
perché Cristo nel sacerdote consacra se stesso nelle Specie Eucaristiche
e si offre al Padre vittima per i nostri peccati rinnovando il sacrificio
del Calvario, dove solo e abbandonato si immolava per noi. |
La nuova Messa
(Istituzione Generale del Messale Romano, n° 7)
La cena del Signore, o Messa, è la santa assemblea o riunione
del popolo di Dio che si raduna insieme sotto la presidenza del sacerdote
per celebrare il memoriale del Signore. Perciò, per quanto riguarda
la riunione locale della santa Chiesa, vale in modo eminente la promessa
di Cristo: “Là dove si trovano due o tre radunati nel mio nome,
io mi trovo in mezzo a loro” (Mt., 18, 20).
- Si tratta di una riunione del popolo.
- Il sacerdote è il presidente di una assemblea per dirigere
l’adunanza. Egli è in tutto uguale ai fedeli (atto penitenziale
iniziale e rito della comunione comune al sacerdote e ai fedeli).
- La presenza del Signore è puramente spirituale, resa possibile
dalla riunione del popolo, quindi inesistente senza il popolo.
Praticamente:
- Negazione implicita della presenza reale del Signore nelle specie
eucaristiche. Affermazione di una sua mera presenza spirituale nel popolo.
- Negazione del sacerdozio ministeriale, a pro di una funzione di presidenza
per dirigere un’assemblea (nel nuovo linguaggio il sacerdote presiede la
Messa, non celebra la Messa).
- Non ha senso una Messa in assenza del popolo, il quale è necessario
per assicurare la presenza (spirituale) del Signore.
|
Se le parole hanno un senso, non si può non constatare a prima
vista queste differenze.
Se poi non era intenzione del Redattore dare questo significato alla
sue parole, cioè modificare totalmente la dottrina cattolica sulla
santa Messa, se ne torni alle elementari per imparare ad esprimersi.
Ma siccome il redattore era intelligente, è chiaro che ha voluto
esprimere il suo pensiero e la sua fede in termini inequivocabili.
Dopo, è stata redatta un’altra definizione della Messa, meno
eretica, ma non è stata cambiata la realtà del nuovo rito.
Come se un architetto facesse la pianta di una casa, e dopo la costruzione
della casa si accorgesse che la casa non regge in piedi, e allora si accontenta
di cambiare la pianta senza modificare la casa.
Sentiamo la voce dei protestanti, in questo caso piú illuminati
dei cattolici.
Lutero, a proposito del rito cattolico:
“Io dichiaro che tutti i bordelli, gli omicidi, gli assassinii
e gli adulterii sono meno malvagi di questa abominazione che è la
Messa dei Papi”.
I protestanti odierni a proposito del nuovo rito:
Max Thurian (della comunità di Taizé, uno dei
sei pastori che parteciparono alla redazione del nuovo rito - La Croix,
30.5.1969): “Uno dei frutti del nuovo Ordo sarà forse che le comunità
non cattoliche potranno celebrare la
santa cena con le stesse preghiere della Chiesa cattolica. Teologicamente
è possibile.”
Siegevalt (professore nella Facoltà protestante di Strasburgo
- Le Monde, 22.11.1969): “Adesso, nella messa rinnovata, non
c’è niente che possa veramente turbare il cristiano evangelico.”
S. A. Teinone (teologo luterano - La Croix, 5.5.1972): “La maggior
parte delle riforme desiderate da Lutero esistono d’ora
innanzi nell’interno stesso della Chiesa cattolica… Perché non riunirsi?”
A questo punto chi non vuole vedere e capire è disonesto.
Non interessa ciò che piace o non piace, l’importante è
la Verità, cioè la comunione con Dio.
Crearci un rito che piace, ma che è falso e eretico, significa
battere l’aria con l’illusione di impastare il pane.
È anche ingiurioso verso Dio e tradimento verso i fedeli cattolici.
Si parla di ubbidienza.
Ma se uno mi presenta un sasso e mi dice che per ubbidienza devo credere
che è un pane, posso crederlo per ignoranza, per paura, per menefreghismo,
ma ciò non toglie che è un sasso.
L’ubbidienza nella Chiesa è un’arma micidiale se male interpretata,
perché tutta la vita della Chiesa è basata sull’ubbidienza,
essendo la Chiesa una società monolitica, costruita su Pietro.
Il primo ubbidiente deve essere il Papa, che non deve discostarsi dalla
verità.
“Ai successori di Pietro, lo Spirito Santo non è
stato promesso perché manifestassero, per sua rivelazione, una nuova
dottrina , ma perché con la sua assistenza custodissero santamente
ed esponessero fedelmente la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè
il deposito della Fede.” (Concilio Vaticano I).
Se per ipotesi il Papa si allontanasse dalla verità, data la mentalità
cattolica si porterebbe dietro con tanta facilità tutta la Chiesa,
fuori dalla verità.
Ora, dalle due diverse definizioni della Messa e dal commento logico
e quello susseguente dei protestanti, risulta chiaro che il nuovo rito
si è allontanato dalla dottrina cattolica della Messa.
Non si giudicano le intenzioni, si guardano i fatti, e contro i fatti
gli argomenti e le intenzioni non valgono. Non interessano le giustificazioni
dei novatori su di una presunta maggiore ricchezza di contenuti nei nuovi
libri liturgici.
Per ubbidienza, si è passati da una realtà della Messa,
cattolica, dogmatica, canonizzata, ad una realtà protestante.
Posso mai chiamare pane un sasso, per ubbidienza?
Posso mai seguire un rito riformato solo perché lo ha comandato
l’Autorità? Troppo comodo! Chiediamo allora ai protestanti di ridiventare
cattolici in nome dell’ubbidienza.
Posso mai chiamare Messa cattolica una nuova Messa tanto lontana dalla
definizione del Concilio dogmatico di Trento e tanto approvata dai protestanti,
con il pretesto che è stata imposta dall’Alto?
La regola prima dell’ubbidienza è la volontà divina,
dice san Tommaso d’Aquino, e la regola seconda è la volontà
dei superiori nella misura in cui aderiscono a Cristo. Per cui è
un dovere riprendere i superiori se fosse in gioco un pericolo per la fede.
In questo caso i superiori dovrebbero essere ripresi dai loro inferiori
anche pubblicamente. Ciò si evince dal modo di agire di san Paolo
nei confronti di san Pietro. (Summa Theologiae, II-II, q. 33, a. 4, ad
2m).
Si dice che basta pregare con devozione.
Ma molti protestanti, musulmani o buddisti pregano con sincera devozione,
e ciò non vuol dire che il loro culto è vero.
“Gli dei dei pagani sono demoni” (Salmo 95).
Si dice che tutti fanno cosí.
Gesú, per aver affermato la verità, si è trovato
solo davanti a Pilato e ciò non toglie che Lui da solo avesse ragione.
Insomma, quando si dice che il nuovo rito della Messa rappresenta, sia
nel suo insieme come nei particolari, un impressionante allontanamento
dalla teologia cattolica della Santa Messa, quale fu formulata nella sessione
XXII del Concilio Tridentino, non si tratta dell’opinione personale di
qualche cardinale tradizionalista arretrato, bensí della fede di
tutta la Chiesa espressa in quel Concilio dogmatico. Se poi qualcuno se
ne volesse allontanare, è pure libero, ma non si chiami piú
cattolico, per non confondere i figli della Chiesa.
Non interessa chi ha scritto quella definizione, interessa la verità
sulla Messa.
Qualcuno dice che i due riti sono equivalenti. Come se mi dicesse
che sono uguali un violino e una chitarra.
Chiedete al grande Paganini di suonare il IV concerto brandeburghese
con l’archetto su una chitarra e mi darete notizie del capolavoro.
Chiedete a un sacerdote serio di celebrare il sacrificio del Calvario
con questo strumento protestante che è il nuovo rito (anglicano-calvinista),
forgiato a ricordare unicamente la cena del Signore, e ne avrete forse
una Messa, ma veramente stiracchiata.
Se poi fossero equivalenti (e lo nega la teologia sia cattolica che
protestante), perché inventare un rito nuovo quando ne abbiamo già
uno bell’e fatto a prova della storia e della teologia?
Seguendo la nuova definizione della Messa - ed anche i teologi protestanti
confermano che il contenuto corrisponde alla definizione -, non si fa piú
ciò che faceva la Chiesa cattolica, e allora dobbiamo concludere
che il sacrificio perpetuo è stato abolito?
Insomma:
- se per la validità della Messa bisogna fare ciò che
fa la Chiesa,
- e se la Chiesa di oggi non fa piú ciò che faceva la
Chiesa di ieri e di sempre,
bisogna concludere che nella Messa di oggi non c’è validità?
La validità della Messa dipende allora dalla fede personale
del “presidente, e molti “presidenti”, secondo i su elencati difetti, dimostrano
una diminuzione della loro fede e alcuni non ci credono piú (40%
in Francia), soprattutto il giovane clero cresciuto nella nuova mentalità.
Che poi ci sia una diminuzione della fede è un fatto evidente:
- il Santissimo Sacramento, nel tabernacolo, era al centro delle nostre
chiese, sull’altare maggiore dove troneggiava, oggetto
immediato di adorazione per chi
entrava. Oggi è stato spostato, e a volte non si sa dove lo hanno
messo, oppure è
sistemato in modo veramente indecoroso!
(l’ho visto in mezzo a scope e stracci in una scatola di cartone, in uno
sgabuzzino). Il posto centrale
è riservato alla mensa;
- la quale mensa non è piú un altare con le reliquie
dei martiri, ma una semplice tavola;
- si dice la Messa faccia al popolo alla maniera dei calvinisti e anglicani,
e non piú rivolti ad oriente (dove sorge il sole,
simbolo di Gesú risorto),
o al tabernacolo;
- al Santissimo si rivolge l’incenso come alle statue o al popolo:
3x2 invece che 3x3, come prima;
- non si incensa piú alla Consacrazione della Messa, mentre
lo si fa alla mensa, alle statue e al popolo;
- non si fa piú la genuflessione dopo le parole della Consacrazione,
prima dell’elevazione; si dubita forse che le parole dette dal
sacerdote siano efficaci? si presenta
l’Ostia al popolo e il popolo consacra insieme al sacerdote (sacerdozio
comune del
“presidente” e dei battezzati?);
- c’è la tendenza a voler diminuire il numero delle Messe infrasettimanali,
per sostituirle magari con la lettura della Bibbia,
mentre prima la Messa era obbligatoria
ogni giorno, in ogni parrocchia;
- la comunione si dà sulla mano, mentre fino al 1989 era un
sacrilegio toccare il Santissimo;
- la si riceve in piedi o seduti, mentre prima si faceva in ginocchio
con la genuflessione prima e dopo;
- tutti, uomini e donne, possono toccare il Santissimo o distribuirLo,
mentre prima spettava ai soli sacerdoti o diaconi;
- non si usa piú il piattino, per cui Frammenti vengono dispersi
per terra e cosí calpestati (Lucifero deve invidiare questo
peccato che non ha mai potuto
commettere);
- si getta l’acqua delle abluzioni dopo la comunione (se si fanno ancora
le abluzioni!), mentre prima il sacerdote, dopo essersi
lavato le dita col vino e l’acqua,
sul calice, beveva il tutto;
- soppressione pressoché generale della benedizione eucaristica;
su questi punti i sacerdoti devoti si trovano a lottare
continuamente contro le perversioni insite in queste novità, o si
debbono adeguare anche contro coscienza.
Altri fenomeni concomitanti:
- negli anni 70, circa centomila preti hanno abbandonato il sacerdozio,
e non per motivi futili o volgari, ma per crisi religiosa e
di identità. Scusa, ma
se una dottrina (sul sacerdozio e sulla Messa) che ti è stata insegnata
come vera, ti viene d’un colpo
dichiarata sbagliata, è
chiaro che butti tutto per aria;
- c’è una proibizione astiosa verso il rito cattolico, come
se ci fosse un terrore sacro, una antipatia viscerale inspiegabile, un
odio soprannaturale solo a pensarlo
(Lutero non è lontano!);
- per la prima volta nella storia, le riforme degli ordini religiosi
non sono state un ritorno al rigore dei fondatori, ma un
adattamento ed una apertura maggiore
alla mentalità del mondo dal quale i religiosi si erano distaccati;
il tutto stranamente
organizzato dai Superiori Maggiori,
mentre serpeggia il sospetto, il disprezzo, l’emarginazione per quei religiosi
che
hanno voluto mantenere la loro
fedeltà all’abito, ai voti e alle loro regole religiose;
- i sacerdoti e molti religiosi si sono laicizzati (abito, stile di
vita);
- i laici entrano a far parte del clero, con i diaconi permanenti ammogliati;
- i seminari e i noviziati si chiudono o si adeguano al mondo;
- sempre di piú, i “cattolici” si affidano alle cosiddette comunità
ecclesiali, fondate da maestri dubbii, specie di guru, formando
cosí dei ghetti di separati,
superiori al comune dei fedeli, con i loro riti fioriti e multicolori e
la loro gerarchia;
- variazioni infinite per quanto riguarda il dogma, la morale, la Sacra
Scrittura, la liturgia…;
- tra i fedeli, sempre di piú, si fa strada l’idea che tutte
le religioni sono buone, purché l’uomo sia buono.
Le piaghe sono innumerevoli, la confusione è totale,
la Chiesa è una Babele.
E allora è necessario ritornare all’anima della Chiesa:
la santa Messa autentica, non riformata, in attesa di tempi migliori.
Poiché, dice l’adagio latino: “Lex orandi, lex credenti” (la
legge della preghiera stabilisce la legge della fede), cioè: come
si prega cosí si crede; dalla S. Messa cattolica scaturisce la vera
fede cattolica necessaria alla salvezza.
La S. Messa non è un’invenzione del Papa san Pio V, ma il ripristino
della Messa romana antica alla quale vennero tolte alcune aggiunte apportate
durante i secoli: insomma, essa è il rito romano antico riportato
alla sua antica semplicità e reso obbligatorio, dopo solo sei mesi,
in tutto l’orbe cattolico, sino alla fine del mondo, con minacce a chi
osasse ritoccarlo.
Non come la nuova Messa, che dopo trent’anni è ancora in fase
di ricerca e di modifiche, soggetta al capriccio del “presidente” o degli
esperti di turno; i quali non sanno cosa vogliono né dove vanno,
però si ritengono infallibili e investiti di poteri assoluti, di
autorità drastica. Pieni di scienza, di competenza, sanno tutto
loro!
“Orgoglio è senza dubbio quella fiducia in sé per cui
si erigono a regola universale. Orgoglio è quella vanagloria che
li rappresenta a far loro dire, altezzosi e gonfi di se stessi: noi non
siamo come il resto dell’umanità! E che per non venire infatti a
confronto con gli altri li spinge alle piú assurde novità…”
(San Pio X).
“Vi sarà un tempo che non sopporteranno piú la sana
dottrina, ma secondo le proprie passioni, per prurito di novità,
faran sí che si affollino i maestri; ma dalla verità ritrarranno
l’orecchio per voltarsi alle favole” (2 Tim., 4, 3-4).
“Se il sale diventa insipido… non è piú buono ad altro
che ad essere buttato via e calpestato dalla gente” (Mt, 5, 13).
“VOS AUTEM RESISTITE FORTES IN FIDE”
(I Petr., 5, 9).
TERZA LETTERA
Hoc est Corpus meum
Hic est Calix sanguinis mei
Queste parole della consacrazione sono l’apice di un itinerario in salita
che parte dall’offerta della vittima (Vittima immacolata, Calice della
salvezza) e dalla sua preparazione, per approdare alla sua immolazione
per i peccati del mondo.
Questo itinerario, composto di testi e di riti, è stato stabilito
dalla Chiesa durante i secoli fino alla sua ultima e perfetta redazione
voluta dal Concilio di Trento.
Il risultato di questi secoli di ricerca e di aggiustamento è
quindi un testo preciso, cesellato, atto ad esprimere il dogma cattolico
e la realtà della Santa Messa. A tal punto che, il 14 luglio 1570,
san Pio V poté promulgare il Messale in modo definitivo con una
bolla dogmatica (Quo primum tempore) che ne stabilizzava
per sempre il contenuto:
«Perciò… ordiniamo che nelle chiese di tutte le
province dell’Orbe cristiano… in avvenire e senza limiti di tempo,
la Messa… non potrà essere cantata o recitata in altro modo da quello
prescritto dall’ordinamento del Messale da Noi pubblicato.
«Decretiamo e dichiariamo che le presenti lettere in nessun
tempo potranno venir revocate o diminuite, ma stabili sempre e valide
dovranno perseverare nel loro vigore.
«Nessuno dunque, e in nessun modo, si permetta con temerario
ardimento di violare e trasgredire questo Nostro documento: facoltà,
statuto, ordinamento, mandato, precetto, concessione, indulto, dichiarazione,
volontà, decreto e inibizione. Che se qualcuno avrà l’audacia
di attentarvi, sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio Onnipotente
e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo.»
Testi e rubriche obbligavano sub gravi, vale a dire che non
era concesso al sacerdote il minimo stampo personale per delle variazioni,
e questo per sempre. Si era trovata la formula perfetta e definitiva con
la quale, attraverso la preghiera ufficiale della Chiesa, si esprimeva
la fede della Chiesa.
La Chiesa prudentemente diffidava della fragilità umana e quindi
imponeva un percorso sicuro per arrivare al compimento valido ed efficace
del rito. All’infuori di questo percorso il rito non era valido.
Per esempio, le parole della consacrazione, pronunciate da sole, non
possono essere valide, perché esse non sono parole magiche campate
per aria, ma sono valide solo se il sacerdote ha percorso l’itinerario
voluto dalla Chiesa, con l’intenzione di arrivare all’immolazione della
Vittima secondo la volontà della Chiesa.
E tutte le generazioni umane dovevano passare attraverso questo rito
perfetto del sacrificio della Croce per essere purificate dai peccati e
promosse all’eternità beata.
Con la riforma, cambiando la preghiera, si è per forza cambiata
la fede, e lo dimostrano due fatti:
- la nuova Messa è stata composta con il concorso effettivo
di sei teologi protestanti (dott. Georges, canonico Jasper, dott.
Sephard, dott. Konneth, dott. Smith, il fratello Max Thurian);
- essi hanno espresso la loro piena soddisfazione per questo
rito ammissibile anche dalle comunità protestanti, quindi non
piú cattolico. Mentre prima la Messa era
la peggiore “abominazione”, oggi per i protestanti (luterani, anglicani,
calvinisti) la
Messa non presenta piú nessun ostacolo alla comunione,
non perché essi abbiano accettato la nostra fede, bensí perché
si è
alterata la fede cattolica.
È il colmo, in assoluto, che noi cattolici si sia chiesta questa
“grazia” a degli eretici, fuorusciti dalla Chiesa quattro secoli fa; proprio
a dei negatori del Sacrificio propiziatorio, ignoranti della nostra fede;
a delle chiese morte perché senza sacramenti, specie l’Eucaristia,
Pane di vita eterna, senza verità, senza dottrina: a costoro abbiamo
chiesto di comporci una Messa cattolica!
Assurdo in assoluto, tanto è lampante la loro incapacità
e la loro incompetenza nel creare un culto giusto, gradito a Dio.
Abbiamo chiesto di comporre la nostra Messa a gente che
non ci crede.
Sarebbe come chiedere a un cieco di guidarci su un impervio sentiero di
montagna, o di guidare una macchina su un’arteria molto trafficata; oppure
a un analfabeta di insegnarci il greco; oppure smontare una impalcatura
perfetta per farla rimontare a gente che ne usa solo alcuni elementi a
caso.
Vi immaginate i musulmani chiedere agli ebrei di comporre le cerimonie
della moschea?
Ora, come possiamo noi fidarci di persone senza dottrina, senza regole
morali precise, abbandonate al loro libero esame; degli estranei, odiatori
della Chiesa, groviglio inestricabile di confusione spirituale, spergiuri
alla fede dei loro antenati antecedenti alla riforma?
Non affermo nulla di gratuito: per esperienza di ecumenismo (tre anni
molto impegnativi), posso affermare che il protestantesimo è un’impresa
di demolizione. Con esso nessun dialogo è possibile perché
gli mancano le basi dottrinali sulle quali fondare un punto di partenza
al dialogo. Di che possiamo discutere quando essi stessi non sanno cosa
credono? Ho constatato il loro astio quando, Bibbia alla mano, si dimostrava
la giustezza delle posizioni cattoliche. Con gli ortodossi era tutto diverso:
amore, sincerità e serietà nella ricerca della verità.
Un esempio: una conferenza dei ministri del monoteismo. Ognuno
ha parlato con chiarezza della propria religione, eccetto il protestante
al quale alla fine, come professione di fede fondamentale, ho chiesto se
credeva nella divinità di Cristo. Ci credeva. Ho chiesto allora
se per lui i riformati che la negano fossero dei fratelli separati. “No
- mi rispose - vado ugualmente da loro a celebrare il culto, siamo tutti
fratelli riformati”. Dissi io: “Allora credere o non credere nella Santissima
Trinità è per voi indifferente, quindi essere protestanti
significa credere qualsiasi cosa”. Mi fece solo un’alzata di spalle e se
ne andò.
Era il presidente del Concistoro Calvinista francese.
Bonum ex integra causa, malum ex uno defectu. Figuriamoci
a che punto stanno questi negatori del dato rivelato. E nella Messa, una
sola virgola accettata su suggerimento dei protestanti era già lesione
al rito, quel malum ex uno defectu.
Questo costituisce la massima disonestà verso Dio, verso la
Verità e verso le anime.
Si è cercato un compromesso nella confusione per promuovere
delle simpatie terrene. Si è chiamata carità ecumenica ciò
che è tradimento della Chiesa cattolica. Si è soffocata la
Verità nella melma dei compromessi.
I protestanti, abituati a credere a ciò che loro piace, si sono
trovati a guazzare allegramente nei testi neo-cattolici. Vissuti nella
confusione da tanti secoli, sono stati certamente soddisfatti di portare
la Chiesa cattolica nella loro mentalità, seppure con quattro secoli
di ritardo, dopo tanti conflitti di parole e di sangue (dico mentalità
perché, per quanto li riguarda, essendo in loro assente la fede
e l’ubbidienza alla Verità rivelata, non si può certamente
parlare di religione, ma solamente di un pensiero vago, fluttuante, incerto,
unicamente mora-lizzante, che va dal rigorismo all’indifferentismo, il
tutto comunque solo e soltanto creazione umana).
“Nessuno viene a me se non lo chiama il Padre”, vale a dire:
la conoscenza della verità non dipende dalla capacità umana,
ma da una rivelazione gratuita dall’alto: “non la carne e il sangue te
lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli”. Vuol dire,
quindi, che chi nega la verità rivelata non è chiamato dal
Padre, ed è per forza condannato a inventare e a errare senza fine
e senza meta fino a esaurirsi nell’ateismo.
Il Concilio Ecumenico delle Chiese (CEC) era stato creato appunto per
arrestare il frazionamento infinito delle teorie riformate, nel tentativo
disperato di stabilire un accordo su alcuni elementi comuni da ritenere,
per conservare ancora un’apparenza cristiana. A questo marasma drammatico
era proibito alla Chiesa cattolica di partecipare, perché Essa,
invece, luminosa e rigogliosa, era poggiata su tre colonne: la Dottrina
rivelata, i santi Sacramenti e il Vicario; quest’ultimo incaricato di sorvegliare
con occhio accorto e competente (infallibilità) che il deposito
della fede fosse conservato e trasmesso integralmente, essendo cosa celestiale.
Per quanto riguarda i protestanti, si auspicava per loro un felice ritorno
all’ovile, cosí divinamente alimentato dai pascoli eucaristici.
Si guardava con profonda pietà a queste anime erranti e ammalate,
da secoli prive del Cibo di vita eterna.
Mai si sarebbe sognato di raggiungerle nella loro morte, pensando di
far loro del bene e di voler loro bene. Eppure, ecco lo spettacolo cosí
doloroso: a lo-ro, i negatori del dogma, i bestemmiatori del Sacrificio
perpetuo (“Io dichiaro che tutti i postriboli, gli omicidi, gli assassini
e gli adulteri sono meno malvagi di quella abominazione che è la
Messa dei Papi”), i disprezzatori della Chiesa cattolica (Lutero la
chiamava “puttana”), gli odiatori del Papa (“Chi non si oppone con tutto
il cuore al papato non può raggiungere l’eterna felicità”),
a costoro è stato affidato il compito di creare un rito liturgico
da loro accettabile, sia nell’insieme sia nei dettagli, come fu scritto
dai responsabili cattolici; un rito reso obbligatorio per la Chiesa cattolica
e che io, sacerdote cattolico, sarei tenuto a celebrare.
Ecco l’origine dell’anarchia liturgica e degli abusi segnalati sopra:
siamo diventati anche noi protestanti, cioè inventori dei nostri
riti senza piú certezze.
Però, a questo punto, essendo cosí cambiato il percorso
canonizzato per sempre dalla Chiesa, è ancora valida la Messa? Arriviamo
ancora all’apice dell’itinerario con quest’altra via traversa che è
il testo riformato dai Riformati?
Con quanta gioia i protestanti hanno cosí potuto prendere per
mano questi “bambini cattolici” ritardati di quattro secoli, per farli
infine approdare alla libertà di pensiero, alla libertà religiosa,
all’età adulta di chi si scopre autonomo e in grado di gestire la
propria vita senza piú nessun riferimento ad una Autorità
superiore! Ecco l’anarchia liturgica, dogmatica, morale: il protestantesimo
nella Chiesa.
Per quanto riguarda gli autori del nuovo rito, credo che la sentenza
della Chiesa sia piú che una scomunica: infatti, la scomunica può
essere abusiva e quindi invalida. In passato, Papi e Patriarchi se le davano
senza risparmio.
L’ultimo e unico caso nella Chiesa attuale, che ha tolto le scomuniche
a ogni specie di cristiani eretici e scismatici, è quello della
scomunica di Mons. Lefèbvre, scomunica smentita poi in una famosa
tesi di dottorato in Diritto Canonico, sostenuta e approvata summa cum
laude all’Università Gregoriana nel 1995.
È quindi chiaro che la Chiesa non è infallibile nell’applicare
le sanzioni canoniche, e la prova ne è l’annullamento delle scomuniche
comminate in passato contro ortodossi e protestanti (l’ecumenismo può
tutto).
Invece, nella Bolla “Quo primum tempore”, sembra che san Pio V abbia
impegnato anche il giudizio di Dio e della gerarchia trionfante: “Nessuno
dunque, e in nessun modo, si permetta con temerario ardimento di violare
e trasgredire questo nostro documento… Che se qualcuno avrà l’audacia
di attentarvi, sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio onnipotente
e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo.”
Quindi la Bolla è piú di una canonizzazione del rito,
e piú di una scomunica per i trasgressori: mentre la scomunica non
impegna il giudizio di Dio, ma solo la società ecclesiale terrena,
questi termini impegnano anche i decreti divini eterni.
La riforma liturgica, quella voluta da Paolo VI e realizzata
con il contributo e la soddisfazione di teologi protestanti, “ha prodotto
- come dice il Card. Ratzinger - dei danni estremamente gravi per la
fede!” (JOSEPH RATZINGER, La mia vita, p. 112).
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