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Intervista a S. Ecc. Rev. Mons. Bernard Fellay
sul documento sull'ecumenismo presentato dalla Fraternità
Intervista esclusiva di DICI
(Documentation Information Catholiques Internationales) 7 febbraio
2004
DICI: Monsignore, indirizzando questo documento sull’ecumenismo a tutti i cardinali, qual è la vostra intenzione? Mons. Fellay: La battaglia per la Tradizione che
noi portiamo avanti, seguendo Mons. Lefebvre, da piú di trent’anni,
comporta necessariamente la critica degli errori che sono alla base della
crisi attuale. Il lavoro di critica teologica era stato iniziato dal nostro
stesso fondatore, e non è mai venuto meno; forse oggi è ancora
piú necessario per il fatto che questi errori continuano a produrre
sempre piú dei frutti avvelenati. È in quest’ottica che abbiamo
svolto i lavori del secondo Simposio teologico di Parigi, nell’ottobre
del 2003, del sesto Congresso teologico di SI SI NO NO, nel gennaio
scorso a Roma, nonché lo studio su Il problema della riforma
liturgica e tanti altri articoli apparsi nelle nostre riviste e nei
nostri bollettini.
DICI: Era opportuno pubblicare questo documento dal momento che si parla di possibili accordi tra Roma e Econe? Mons. Fellay: Vero è che a partire dal 2000,
sotto la spinta del cardinale Hoyos, si è manifestato un cambio
di attitudine da parte di Roma nei confronti della Tradizione; ma, parliamo
francamente: si tratta di un cambio di attitudine a carattere pratico,
come si è visto dagli incontri e dagli scambi di corrispondenza;
ma occorre constatare che questo non ha modificato in niente il proliferare
degli errori post-conciliari. In effetti, le discussioni con Roma sono
ad un punto morto, dopo il rifiuto puro e semplice opposto alla nostra
richiesta di liberalizzazione della Messa tradizionale, liberalizzazione
che noi consideriamo come presupposto indispensabile per ogni discussione.
DICI: Non pensate che, in ogni caso, vi sia l’urgenza di provare ad intendervi con questo Papa, visto che non sapete ciò che accadrà col suo successore? Mons. Fellay: Vero è che per il Santo Padre
si avvicina il giorno del giudizio, e che dovrà presentare il bilancio
del suo pontificato. Ma provare ad aiutarlo a valutare questi 25 anni alla
luce dello sguardo di Dio, significa fare opera di carità. Poiché
le cose sono chiare, evidenti: Giovanni Paolo II, alla fine del suo
pontificato, constata da sé lo stato di apostasia silenziosa in
cui si trova l’Europa, e noi ci sforziamo di dimostrare, sulla base della
dottrina tradizionale, che questa situazione è stata causata da
25 anni di ecumenismo.
DICI: Malgrado tutto, non si tratta di un segno di irrigidimento da parte della Fraternità? Forse anche della volontà di interrompere ogni discussione con Roma? Mons. Fellay: Al contrario. Noi auspichiamo questa
discussione, ma sempre sul piano dottrinale. È impossibile avere
in vista un dibattito serio trascurando le questioni di fondo. Non foss’altro
che per chiarire i termini che impieghiamo ed essere certi che ci intendiamo,
al di là delle parole, sulle stesse realtà.
DICI: Il tono di questo documento può sembrare severo. Mons. Fellay: Certo è austero, poiché
i problemi teologici posti dall’ecumenismo necessitano di una esposizione
molto rigorosa, senza approssimazioni. Ma la lettera che accompagna questo
documento indica con esattezza il senso della nostra iniziativa: un appello
rispettoso al Papa e ai Cardinali perché rendano alla chiesa la
sua Tradizione, contestata e combattuta a partire dal Vaticano II.
DICI: Pensate veramente che la soluzione della crisi attuale sia puramente dottrinale? Escludete a priori un approccio piú diplomatico, piú pragmatico? Mons. Fellay : A mio modo di vedere, essere pragmatici,
e comunque realisti ed efficaci, significa fondare una discussione su delle
basi solide, e queste basi, lo si voglia o no, sono dottrinali. Pragmatismo
non è sinonimo di “politica dello struzzo”, questa cecità
volontaria sulle questioni di fondo può solo condurre ad un “dialogo
fra sordi”, ad un “contratto per ingenui”.
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