Le blasfemie di Francesco
gridano vendetta al Cielo

di Alejandro Sosa Laprida






Francesco riceve il crocifisso marxista dalle mani del Presidente boliviano Evo Morales


Questi ultimi tempi sono stati prolifici di avvenimenti in Vaticano. Talmente abbondanti che è impossibile dar conto di tutti, anche a volersi limitare ai più eclatanti. È per questo che prederemo in considerazione un numero molto ristretto di essi, ma sufficientemente eloquenti circa la linea sovversiva adottata da Francesco fin dal suo arrivo alla Casa Santa Marta.

Cominceremo col suo giro nell’America del Sud: 24000 km e 22 discorsi in otto giorni del mese di luglio 2015.

Il grido dei rivoluzionarii, eco del «grido di Gesù» all’Ultima Cena

Nella sua omelia del 7 luglio a Quito (1), in Ecuador, Francesco ha tracciato uno strano parallelo fra l’Ultima Cena e l’indipendenza dei paesi americani nei confronti della Spagna:

«Immagino quel sussurro di Gesù nell’ultima cena come un grido, in questa Messa che celebriamo nella Piazza del Bicentenario. Immaginiamoli insieme. il Bicentenario di quel grido di indipendenza dell’America Ispanofona. Quello è stato un grido nato dalla coscienza della mancanza di libertà, di essere spremuti e saccheggiati, “soggetti alle convenienze contingenti dei potenti di turno”. Vorrei che oggi queste due grida concordassero nel segno della bella sfida dell’evangelizzazione. […] E l’evangelizzazione può essere veicolo di unità di aspirazioni, di sensibilità, di sogni e persino di certe utopie. Certamente lo può essere e questo noi crediamo e gridiamo

Porre le sante parole pronunciate da Nostro Signore, il Giovedì Santo nel Cenacolo in compagnia dei suoi Apostoli al momento dell’istituzione dell’Eucarestia e del sacerdozio della Nuova Alleanza, a fianco delle grida di rivolta degli ammutinati sudamericani contro la corona spagnola, ispirati dagli ideali rivoluzionarii del 1789, può essere qualificato solo come blasfemo: perché è come mettere Cristo al servizio della Rivoluzione, come collocare la redenzione dal peccato e la salvezza eterna al livello di una falsa emancipazione politica di ispirazione massonica e anticristiana.

Alla vigilia, nella sua omelia del 6 luglio a Guayaquil (2), Francesco aveva evocato il Sinodo per la famiglia che si terrà il prossimo ottobre, preparando gli spiriti a quanto dovrà accadere: l’integrazione nella vita sacramentale degli adulteri e dei sodomiti:

«Poco prima di cominciare l’Anno Giubilare della Misericordia, la Chiesa celebrerà il Sinodo Ordinario dedicato alle famiglie, per maturare un vero discernimento spirituale e trovare soluzioni e aiuti concreti alle molte difficoltà e importanti sfide che la famiglia oggi deve affrontare. Vi invito ad intensificare le vostre preghiere per questa intenzione, perché persino quello che a noi sembra impuro – come l’acqua delle giare –, che ci scandalizza o ci spaventa, Dio – facendolo passare attraverso la sua “ora” – lo possa trasformare in miracolo. La famiglia oggi ha bisogno di questo miracolo. […] abbiate pazienza, abbiate speranza, fate come Maria, pregate, agite, aprite il cuore, perché il migliore dei vini sta per venire. Dio si avvicina sempre alle periferie di coloro che sono rimasti senza vino, di quelli che hanno da bere solo lo scoraggiamento; Gesù ha una preferenza per versare il migliore dei vini a quelli che per una ragione o per l’altra ormai sentono di avere rotto tutte le anfore

Si coglie la blasfemia che consiste nell’invocare Nostro Signore per legittimare il proprio progetto sacrilego, spingendo l’insolenza fino al punto che, per ottenere il suo abominevole “miracolo”, Francesco fa l’esempio dell’attitudine fiduciosa avuta dalla Santissima Vergine Maria a Cana, dove su sua richiesta Gesù compì il suo primo miracolo e diede inizio alla sua vita pubblica.

La Bibbia al servizio della rivoluzione dei «popoli originarii»

Francesco ha pronunciato poi, il 9 luglio a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, un discorso (3) rivolto ai più che marxisti Movimenti Popolari, ai quali ha trasmesso un messaggio chiaramente rivoluzionario, appellandosi ai “sacri diritti del popolo”, alle preoccupazioni ecologiche e all’instaurazione di un governo mondiale in grado di operare il tanto desiderato cambiamento delle “strutture”:

«La Bibbia ci ricorda che Dio ascolta il grido del suo popolo e anch’io desidero unire la mia voce alla vostra: le famose “tre t”: terra, casa e lavoro per tutti i nostri fratelli e sorelle. L’ho detto e lo ripeto: sono diritti sacri. Vale la pena, vale la pena di lottare per essi. Che il grido degli esclusi si oda in America Latina e in tutta la terra. […] diciamolo senza timore: noi vogliamo un cambiamento, un vero cambiamento, un cambiamento delle strutture. Questo sistema non regge più, non lo sopportano i contadini, i lavoratori, le comunità, i villaggi .... E non lo sopporta più la Terra, la sorella Madre Terra, come diceva san Francesco. Vogliamo un cambiamento nella nostra vita, nei nostri quartieri, nel salario minimo, nella nostra realtà più vicina; e pure un cambiamento che tocchi tutto il mondo perché oggi l'interdipendenza planetaria richiede risposte globali ai problemi locali. La globalizzazione della speranza, che nasce dai Popoli e cresce tra i poveri, deve sostituire questa globalizzazione dell’esclusione e dell’indifferenza!»

Parole degne di un oratore trotskysta che arringa la folla in vista di un’insurrezione civile:

«Cosa posso fare io, raccoglitore di cartoni, frugatrice tra le cose, raccattatore, riciclatrice, di fronte a problemi così grandi, se appena guadagno quel tanto per mangiare? Cosa posso fare io artigiano, venditore ambulante, trasportatore, lavoratore escluso se non ho nemmeno i diritti dei lavoratori? Cosa posso fare io, contadina, indigeno, pescatore che appena appena posso resistere all’asservimento delle grandi imprese? Che cosa posso fare io dalla mia borgata, dalla mia baracca, dal mio quartiere, dalla mia fattoria quando sono quotidianamente discriminato ed emarginato? Che cosa può fare questo studente, questo giovane, questo militante, questo missionario che calca quartieri e luoghi con un cuore pieno di sogni, ma quasi nessuna soluzione ai suoi problemi? Potete fare molto. Potete fare molto! Voi, i più umili, gli sfruttati, i poveri e gli esclusi, potete fare e fate molto. Oserei dire che il futuro dell’umanità è in gran parte nelle vostre mani, nella vostra capacità di organizzare e promuovere alternative creative nella ricerca quotidiana delle “tre t”, d’accordo? - lavoro, casa, terra - e anche nella vostra partecipazione attiva ai grandi processi di cambiamento, cambiamenti nazionali, cambiamenti regionali e cambiamenti globali. Non sminuitevi!»

Avendo così spiegato che l’avvenire dell’umanità è nelle mani dei lavoratori, cosa sulla quale Marx ed Engels non avrebbero sicuramente niente da ridire, Francesco ha poi cercato di coinvolgere la Chiesa in questo processo rivoluzionario e, come sua abitudine, ha messo avanti la figura di Maria come archetipo ed esempio che deve seguire il popolo in marcia verso l’emancipazione: «umile ragazza» delle periferie, segno di speranza per i popoli che «soffrono i dolori del parto» nell’attesa del Gran Giorno in cui regnerà la «giustizia».
È duro credere a quello che si legge e tuttavia sono state queste le parole del «Santo Padre»:

«non perdete mai il vostro attaccamento alla prossimità, perché il padre della menzogna sa usurpare nobili parole, promuovere mode intellettuali e adottare pose ideologiche, ma se voi costruite su basi solide, sulle esigenze reali e sull’esperienza viva dei vostri fratelli, dei contadini e degli indigeni, dei lavoratori esclusi e delle famiglie emarginate, sicuramente non sbaglierete. La Chiesa non può e non deve essere aliena da questo processo nell’annunciare il Vangelo. Molti sacerdoti e operatori pastorali svolgono un compito enorme accompagnando e promuovendo gli esclusi di tutto il mondo, al fianco di cooperative, sostenendo l’imprenditorialità, costruendo alloggi, lavorando con abnegazione nel campo della salute, dello sport e dell’educazione. Sono convinto che la collaborazione rispettosa con i movimenti popolari può potenziare questi sforzi e rafforzare i processi di cambiamento. Teniamo sempre nel cuore la Vergine Maria, umile ragazza di un piccolo villaggio sperduto nella periferia di un grande impero, una madre senza tetto che seppe trasformare una grotta per animali nella casa di Gesù con un po’ di panni e una montagna di tenerezza. Maria è un segno di speranza per la gente che soffre le doglie del parto fino a quando germogli la giustizia.»

Francesco spiegherà in seguito che i popoli scrivono la storia e che l’obiettivo della storia dell’umanità è puramente mondano, «vivere bene», stabilendo un’economia che possa soddisfare le necessità di tutti e sia rispettosa della natura…

«Ma non è così facile da definire il contenuto del cambiamento, si potrebbe dire il programma sociale che rifletta questo progetto di fraternità e di giustizia che ci aspettiamo. Non è facile definirlo. In tal senso, non aspettatevi da questo Papa una ricetta. Né il Papa né la Chiesa hanno il monopolio della interpretazione della realtà sociale né la proposta di soluzioni ai problemi contemporanei. Oserei dire che non esiste una ricetta. La storia la costruiscono le generazioni che si succedono nel quadro di popoli che camminano cercando la propria strada e rispettando i valori che Dio ha posto nel cuore. […] un’economia in cui l’essere umano, in armonia con la natura, struttura l’intero sistema di produzione e distribuzione affinché le capacità e le esigenze di ciascuno trovino espressione adeguata nella dimensione sociale. Voi, e anche altri popoli, riassumete questa aspirazione in un modo semplice e bello: “vivere bene” – che non è lo stesso che “passarsela bene”. Questa economia è non solo auspicabile e necessaria, ma anche possibile.»

Rispetto delle «tradizioni religiose» e dei «diritti umani», allusione ai pericoli del «colonialismo» e ai benefici della «cultura dell’incontro», non potevano mancare in questo discorso “pontificio” dall’aspetto di manifesto rivoluzionario:

«I popoli del mondo vogliono essere artefici del proprio destino. Vogliono percorrere in pace la propria marcia verso la giustizia. Non vogliono tutele o ingerenze in cui il più forte sottomette il più debole. Chiedono che la loro cultura, la loro lingua, i loro processi sociali e le loro tradizioni religiose siano rispettati. Nessun potere di fatto o costituito ha il diritto di privare i paesi poveri del pieno esercizio della propria sovranità e, quando lo fanno, vediamo nuove forme di colonialismo che compromettono seriamente le possibilità di pace e di giustizia, perché “la pace si fonda non solo sul rispetto dei diritti dell’uomo, ma anche su quello dei diritti dei popoli, in particolare il diritto all’indipendenza […] Diciamo no, dunque, a vecchie e nuove forme di colonialismo. Diciamo sì all’incontro tra popoli e culture. Beati coloro che lavorano per la pace.»

La Chiesa e la Spagna diffamate: Francesco fa sua la Leggenda Nera

Segue un vergognoso e pietoso gesto di «pentimento» espresso a nome della «Chiesa», gesto tipicamente conciliare e utilizzato fino alla nausea, per i «numerosi e gravi peccati» commessi contro i «popoli originarii», che arriva a chiedere in modo blasfemo che la Chiesa si inginocchi e chieda perdono per le «sue offese» e per quelle commesse dalla Spagna durante la conquista: Francesco fa così sua la leggenda nera fabbricata di sana pianta dai nemici giurati della Chiesa e della Spagna cattolica: i protestanti, i “filosofi” e i massoni ...

«Qui voglio soffermarmi su una questione importante. Perché qualcuno potrà dire, a buon diritto, “quando il Papa parla di colonialismo dimentica certe azioni della Chiesa”. Vi dico, a malincuore: si sono commessi molti e gravi peccati contro i popoli originari dell’America in nome di Dio. Lo hanno riconosciuto i miei predecessori, lo ha detto il Celam, il Consiglio Episcopale Latinoamericano, e lo voglio dire anch’io. Come san Giovanni Paolo II, chiedo che la Chiesa “si inginocchi dinanzi a Dio ed implori il perdono per i peccati passati e presenti dei suoi figli”. E desidero dirvi, vorrei essere molto chiaro, come lo era san Giovanni Paolo II: chiedo umilmente perdono, non solo per le offese della propria Chiesa, ma per i crimini contro le popolazioni indigene durante la cosiddetta conquista dell’America

In seguito apprendiamo qual è attualmente il compito più urgente per Francesco. Mentre ci si aspetterebbe di sentirlo parlare dell’indispensabile battaglia contro l’aborto, la pornografia o il “matrimonio” omosessuale, tra le tante abominazioni considerate dalla più che decadente società contemporanea come dei «diritti», il «Sommo Pontefice» ci spiega invece che la priorità del nostro tempo consiste nel battersi per la “Madre Terra”, assicurandoci che trascurare di difendere la “casa comune” costituirebbe un «peccato grave»…

«Il terzo compito, forse il più importante che dobbiamo assumere oggi, è quello di difendere la Madre Terra. La casa comune di tutti noi viene saccheggiata, devastata, umiliata impunemente. La codardia nel difenderla è un peccato grave. Vediamo con delusione crescente che si succedono uno dopo l’altro vertici internazionali senza nessun risultato importante. C’è un chiaro, preciso e improrogabile imperativo etico ad agire che non viene soddisfatto. Non si può consentire che certi interessi – che sono globali, ma non universali – si impongano, sottomettano gli Stati e le organizzazioni internazionali e continuino a distruggere il creato. I popoli e i loro movimenti sono chiamati a far sentire la propria voce, a mobilitarsi, ad esigere – pacificamente ma tenacemente – l’adozione urgente di misure appropriate. Vi chiedo, in nome di Dio, di difendere la Madre Terra.»

Nega i miracoli di Gesù e li pone al servizio dell’ideologia egualitaria

Francesco continua poi ad usare il Vangelo a beneficio della rivoluzione, riferendosi al miracolo della moltiplicazione dei pani nell’omelia del 9 luglio a Santa Cruz de la Sierra (4).

Secondo lui, Gesù l’avrebbe compiuto allo scopo di «non escludere nessuno» e questo miracolo sarebbe veramente consistito nel fatto che la «logica dello scarto» avrebbe ceduto di fronte alla «logica della comunione».

In definitiva: Francesco, non solo difende la ricezione sacrilega dell’Eucarestia da parte di coloro che attualmente ne sono esclusi (adulteri, concubini, sodomiti, ecc.), ma in più nega il carattere propriamente miracoloso della moltiplicazione dei pani, ridotto ad un gesto di solidarietà, ad una presa di coscienza comunitaria e antidiscriminatoria…

«È un invito che oggi risuona con forza per noi: “Non è necessario escludere nessuno, non è necessario che alcuno se ne vada; basta con gli scarti, date loro voi stessi da mangiare”. Gesù continua a dircelo in questa piazza. Sì, basta con gli scarti, date loro voi stessi da mangiare. La visione di Gesù non accetta una logica, una visione che sempre “taglia il filo” a chi è più debole, a chi ha più bisogno. Accettando la “scommessa”, Lui stesso ci dà l’esempio, ci indica la strada. Un’indicazione racchiusa in tre parole: prende un po’ di pane e qualche pesce, li benedice, li divide e li consegna perché i discepoli lo condividano con gli altri. E questa è la strada del miracolo. Certamente non si tratta di magia o idolatria. Gesù, per mezzo di queste tre azioni, riesce a trasformare una logica dello scarto in una logica di comunione, in una logica di comunità.»

E a questo punto è il caso di sottolineare che la messa in dubbio dei miracoli di Gesù, per Francesco è diventata un’abitudine, veramente odiosa ed esecrabile, ed egli non esita a qualificarli come “magia” e tali che, nella strana logica bergogliana, condurrebbero all’“idolatria” di Gesù:

«Gesù si fida totalmente del Padre celeste, sa che a Lui tutto è possibile. Perciò dice ai discepoli di far sedere la gente a gruppi di cinquanta – non è casuale questo, perché questo significa che non sono più una folla, ma diventano comunità, nutrite dal pane di Dio. Poi prende quei pani e i pesci, alza gli occhi al cielo, recita la benedizione – il riferimento all’Eucaristia è chiaro –, poi li spezza e comincia a darli ai discepoli, e i discepoli li distribuiscono… e i pani e i pesci non finiscono, non finiscono! Ecco il miracolo: più che una moltiplicazione è una condivisione, animata dalla fede e dalla preghiera. Mangiarono tutti e ne avanzò: è il segno di Gesù, pane di Dio per l’umanità.» (5)

«Riguardo ai pani e ai pesci vorrei aggiungere una sfumatura: non si moltiplicarono.
No, non è la verità: semplicemente non finirono, come non finì la farina e l’olio della vedova. Non finirono. Quando uno dice ‘moltiplicare’ può confondersi e credere che faccia una magia… No, semplicemente è la grandezza di Dio e dell’amore che ha messo nel nostro cuore, che – se vogliamo – quello che possediamo non termina» (6).

«Gesù ragiona secondo la logica di Dio, che è quella della condivisione. Quante volte noi ci voltiamo da un’altra parte pur di non vedere i fratelli bisognosi! E questo guardare da un’altra parte è un modo educato per dire, in guanti bianchi, “arrangiatevi da soli”. E questo non è di Gesù: questo è egoismo. Se avesse congedato le folle, tante persone sarebbero rimaste senza mangiare. Invece quei pochi pani e pesci, condivisi e benedetti da Dio, bastarono per tutti. E attenzione! Non è una magia, è un “segno”: un segno che invita ad avere fede in Dio, Padre provvidente, il quale non ci fa mancare il “nostro pane quotidiano”, se noi sappiamo condividerlo come fratelli.» (7).

La negazione del carattere miracoloso della moltiplicazione dei pani, che Francesco designa col qualificativo blasfemo di «magia», comporta l’implicita negazione della divinità di Nostro Signore Gesù Cristo, la quale per lui sarebbe un atto di «idolatria»…

Francesco accetta i crocifissi marxisti dal comunista Evo Morales

Francesco ha ricevuto dal Presidente boliviano Evo Morales un crocifisso a forma di falce e martello, insieme alla decorazione Padre Luis Espinal, insegna onorifica offerta dal Congresso boliviano, la quale presenta anch’essa il crocifisso blasfemo concepito dal gesuita partigiano della rivoluzione marxista, sulla tomba del quale Francesco è andato a raccogliersi per rendergli omaggio come ad un martire, per ricordarlo come:
«fratello nostro, vittima di interessi che non volevano si lottasse per la libertà. Padre Espinal predicava il Vangelo e questo Vangelo disturbava e per questo lo hanno assassinato»… «Che il Signore abbia in gloria P. Luis Espinal che ha predicato il Vangelo, il Vangelo che ci porta la libertà, che ci fa liberi. » (8).

A proposito del crocifisso comunista di Espinal, il Direttore della Sala Stampa Vaticana, Padre Lombardi, ha affermato che l’autore aveva inteso: «esprimere il dialogo con le diverse componenti che si impegnavano per la giustizia anche in forme al di là del confine della Chiesa» (9).

Francesco, nel corso dell’incontro con i giornalisti sull’aereo di ritorno dal Paraguay, ha fatto sapere che quel regalo non l’aveva scioccato, spiegando:
«Facciamo l’ermeneutica di quell’epoca. Espinal è un entusiasta di questa analisi della realtà marxista, ma anche della teologia, usando il marxismo. Da questo è venuta quell’opera. Anche le poesie di Espinal sono di quel genere di protesta: era la sua vita, era il suo pensiero, era un uomo speciale, con tanta genialità umana, e che lottava in buona fede. Facendo un’ermeneutica del genere io capisco quest’opera. Per me non è stata un’offesa.» (10)

Ciò significa che Francesco, non solo giustifica la presa di posizione ideologica di Espinal, al pari della sua opera sacrilega, che egli qualifica come «arte di protesta», come una «critica del cristianesimo alleatosi con l’imperialismo», invece di chiamarla  col suo vero nome di «arte blasfema», ma ne fa perfino l’elogio, affermando che Espinal, “teologo della liberazione” e “martire” della rivoluzione comunista, lottava «in buona fede», «predicava il Vangelo» e la sua scultura è frutto della «genialità umana».

E la dà in dono alla Vergine di Copacabana!

Disgraziatamente, la cosa non è finita qui. In seguito, Francesco si è recato al santuario della Madonna di Copacabana, la Santa Patrona della Bolivia, per offrirLe le onorificenze ricevute dal Presidente Morales. Ecco le sue parole pronunciate al momento della consegna a Maria delle due decorazioni, compresa la medaglia recante il noto crocifisso comunista di Padre Espinal:

«Il Signor Presidente della Nazione, in un gesto di cordialità, ha avuto la delicatezza di offrirmi due onorificenze a nome del popolo boliviano. Ringrazio per l’affetto del popolo boliviano e ringrazio per questa finezza, questa delicatezza del Signor Presidente, e vorrei lasciare queste due onorificenze alla Patrona della Bolivia, Madre di questa nobile Nazione, affinché Ella si ricordi sempre del suo popolo e dalla Bolivia, dal suo Santuario, dove vorrei che rimanessero…»

Seguite da una preghiera:
«Ricevi come ossequio del cuore della Bolivia e del mio affetto filiale i simboli dell’amore e della vicinanza che — a nome del Popolo boliviano — mi ha consegnato con affetto cordiale e generoso il Signor Presidente Evo Morales Ayma, in occasione di questo Viaggio Apostolico, che ho affidato alla tua sollecita intercessione.
Ti prego affinché queste onorificenze, che lascio qui in Bolivia ai tuoi piedi, e che ricordano la nobiltà del volo del Condor nei cieli delle Ande e il commemorato sacrificio di Padre Luis Espinal, S.I., siano emblemi dell’amore perenne e della perseverante gratitudine del Popolo boliviano alla tua sollecita e forte tenerezza» (11).

Ricapitolando: Francesco ha accettato un regalo ed una decorazione nelle quali il Santo Corpo di Gesù è stato profanato in maniera sacrilega e blasfema, ha ringraziato il comunista Evo Morales che glieli aveva offerti, ha giustificato l’«arte di protesta» del gesuita apostata Espinal, “artista” di cui fa un caloroso elogio e che definisce “martire del Vangelo”. Infine, ciliegina sulla torta, ha deciso di consegnare l’abominevole medaglia alla Madre di Cristo, come simbolo dell’“amore [per Lei] del popolo boliviano». Quanto al crocifisso marxista, che ha assicurato di non ritenere per niente scandaloso, ha detto ai giornalisti che l’avrebbe conservato per sé, portandoselo a Roma.

Maria secondo Francesco: una ribelle a causa della sofferenza

Ma allorché si potrebbe supporre che per un solo viaggio, di empietà ce ne siano più che a sufficienza, ecco che Francesco aggrava i suoi insulti, accanendosi diabolicamente con la Santissima Vergine Maria. Infatti, non contento di averla insultata oltraggiosamente portandole come perfida offerta il suo Divino Figlio nuovamente crocifisso da un religioso apostata sulla falce e martello comunista, Francesco approfitta di un’altra visita ad un santuario mariano sudamericano, quello della Madonna di Caacupé, nel Paragay, per ostentare una volta di più le sue doti di bestemmiatore di Maria, ormai diventato luogo comune nello pseudo-magistero bergogliano.
Infatti questa è la terza volta, come minimo, che Francesco, da quando si è installato in Vaticano, si compiace di diffamare la Madre di Dio.
Ecco cos’ha detto:

«Seguendo la profezia di Simeone, ci farà bene ripercorrere brevemente tre momenti difficili della vita di Maria.
1. La nascita di Gesù. «Non c’era posto per loro» (Lc 2,7). Non avevano una casa, un’abitazione per accogliere il loro figlio. Non c’era spazio per poterlo dare alla luce. E nemmeno la famiglia vicina, erano soli. L’unico posto disponibile era una stalla di animali. E nella sua memoria sicuramente risuonavano le parole dell’Angelo: «Rallegrati, Maria, il Signore è con te». E lei avrebbe potuto chiedersi: Dov’è adesso?
2. La fuga in Egitto. Dovettero partire, andare in esilio. Là non solo non avevano un posto, una famiglia, ma anche la loro vita era in pericolo. Dovettero mettersi in cammino e andare in terra straniera. Furono migranti perseguitati per l’avidità e l’avarizia dell’imperatore. E anche là lei avrebbe potuto chiedersi: Dov’è quello che mi ha detto l’Angelo?
3. La morte sulla croce. Non deve esistere una situazione più difficile per una madre che accompagnare la morte di suo figlio. Sono momenti strazianti. Ed ecco vediamo Maria, ai piedi della croce, come ogni madre, salda, senza venir meno, che accompagna suo Figlio fino all’estremo della morte e della morte di croce. E anche lì lei avrebbe potuto domandarsi: Dov’è quello che mi ha detto l’Angelo?» (12).

Francesco lascia intendere che di fronte alla sofferenza provocatale dalla vista di suo Figlio sulla Croce, la Vergine avrebbe potuto dubitare della promessa che Dio le aveva fatta all’Annunciazione per mezzo dell’Arcangelo Gabriele. Così che ella in quel momento avrebbe peccato contro la fede e, non acconsentendo liberamente al sacrificio di Gesù, non avrebbe neanche avuto parte nella Sua opera redentrice. Peggio ancora: la Vergine avrebbe bestemmiato, accusando Dio di averla ingannata:

«Era silenziosa, ma dentro il suo cuore, quante cose diceva al Signore! ‘Tu, quel giorno - questo è quello che abbiamo letto - mi hai detto che sarà grande; tu mi hai detto che gli avresti dato il Trono di Davide, suo padre, che avrebbe regnato per sempre e adesso lo vedo lì!’. La Madonna era umana! E forse aveva la voglia di dire: ‘Bugie! Sono stata ingannata!’» (13).

Secondo Francesco, questo atteggiamento di Maria sarebbe dovuto al fatto che non v’è risposta alla sofferenza, cosa che avrebbe provocato la rivolta di Maria ai piedi della Croce:

«Tante volte io penso alla Madonna, quando le hanno dato il corpo morto di suo Figlio, tutto ferito, sputato, insanguinato, sporco. E cosa ha fatto la Madonna? “Portatelo via?”. No, lo ha abbracciato, lo ha accarezzato. Anche la Madonna non capiva. Perché lei, in quel momento, ha ricordato quello che l’Angelo le aveva detto: “Egli sarà Re, sarà grande, sarà profeta…”; e dentro di sé, sicuramente, con quel corpo così ferito tra le braccia, con tanta sofferenza prima di morire, dentro di sé sicuramente avrebbe avuto voglia di dire all’Angelo: “Bugiardo! Io sono stata ingannata”. Anche lei non aveva risposte» (14).

Questo pensiero è, non solo falso, contrario alla rivelazione divina, ma anche puramente e semplicemente blasfemo, poiché è di fede che Maria, nuova Eva, ha acconsentito al sacrificio redentore di suo Figlio, nuovo Adamo, fin dall’istante dell’Annunciazione. Ella non ignorava le sofferenze che il suo assentimento lucido e libero all’opera redentrice di Gesù le sarebbero costate, poiché le erano state annunciate al momento della presentazione di Gesù bambino al Tempio:
«Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima”» (Lc. 2, 34-35).

E Francesco, in questo stesso discorso, sviluppa questo pensiero totalmente estraneo al cristianesimo:
«C’è anche una domanda la cui spiegazione non si impara nelle catechesi. È la domanda che tante volte io mi faccio, e tanti di voi, tanta gente si fa: “Perché soffrono i bambini?”. E non ci sono spiegazioni. […] Non so cosa dire di più, davvero, perché queste cose mi colpiscono tanto. Anche io non ho risposte. “Ma Lei è Papa, deve sapere tutto!”. No, su queste cose non ci sono risposte…».

Francesco ai bambini: non c’è risposta alla sofferenza

Questo vero ritornello dell’“insegnamento” bergogliano lo ritroviamo in altri esempii, questa volta mentre si rivolge a dei bambini che lo interrogano sul senso della sofferenza:

«Questa domanda è una delle più difficili a cui rispondere. Non c’è risposta! C’è stato un grande scrittore russo, Dostoevskij, che aveva fatto la stessa domanda: perché soffrono i bambini? Si può soltanto alzare gli occhi al Cielo e aspettare risposte che non si trovano. Non ci sono risposte per questo, Rafael» (15).

«La donna sa fare domande che noi uomini non riusciamo a capire. Fate attenzione: lei [indica Jun] oggi ha fatto l’unica domanda che non ha risposta. […] La grande domanda per tutti: perché i bambini soffrono?» (16).

«Lei è stata l’unica a fare quella domanda alla quale non si può rispondere: “perché soffrono i bambini?”» (17)

Dire a dei bambini che non c’è risposta alla loro sofferenza e quindi che il male è assurdo e gratuito, equivale a dire loro che Dio è complice della loro angoscia malgrado la Sua onnipotenza, che Egli non fa niente per impedirla. Il messaggio implicito è chiarissimo: Dio è reso responsabile del loro dolore, poiché Egli si rifiuta di venire in loro aiuto.
In definitiva, Dio sarebbe indifferente alla sofferenza umana, cosa che lo rende odioso, crudele e malvagio.
Le parole di Francesco sono la tacita negazione dell’amorosa opera salvatrice di Nostro Signore, come della missione da Lui assegnata alla Chiesa, Suo Corpo Mistico, di proseguire la Sua opera redentrice nell’attesa della Sua seconda venuta.

Un tale messaggio, che per colmo viene da colui che si suppone sia il Vicario di Gesù Cristo in terra, è molto semplicemente inconcepibile. Criminale. E per dirla senza reticenze, è puramente e semplicemente diabolico…

Gesù, al pari di Maria, si rivolta e bestemmia contro Suo Padre

Francesco ha fatto della bestemmia una specialità del suo “magistero”, al punto di insinuare che, al pari di Maria, Gesù, al momento della Sua Passione, si sarebbe rivoltato contro Dio ed avrebbe bestemmiato contro Suo Padre:

«Gesù, quando si lamenta – ‘Padre, perché mi ha abbandonato!’ – bestemmia? Il mistero è questo. Tante volte io ho sentito persone che stanno vivendo situazioni difficili, dolorose, che hanno perso tanto o si sentono sole e abbandonate e vengono a lamentarsi e fanno queste domande: perché? Perché? Si ribellano contro Dio. E io dico: ‘Continua a pregare così, perché anche questa è una preghiera’. Era una preghiera quando Gesù ha detto a suo Padre: ‘Perché mi ha abbandonato!’» (18).

Quindi, per Francesco, Gesù e Maria si sarebbero rivoltati contro Dio. E, sopraffatti dalla sofferenza, avrebbero bestemmiato. Ma, ben inteso, per loro si sarebbe trattato di un’autentica preghiera. Così che Francesco incoraggia le persone che soffrono a seguire l’esempio di Gesù e di Maria, a rivoltarsi a loro volta contro Dio, e a loro volta bestemmiare contro Dio, quest’essere crudele e malvagio che è indifferente al dolore umano, che è gratuito e incomprensibile…

In tal modo, attenendosi alla versione bergogliana della Passione, nel stesso momento in cui il nostro Divino Salvatore compiva la Redenzione del genere umano con il sacrificio volontario della Sua vita sull’altare della Croce, Egli avrebbe bestemmiato contro Suo Padre, rivoltandosi contro il Suo disegno salvifico. E contemporaneamente, la Madonna, ai piedi della Croce, invece di associarsi lucidamente e liberamente al sacrificio redentore del suo Divino Figlio, avrebbe bestemmiato anche lei contro la volontà di Dio, ritenendosi ingannata, a proposito di Gesù, dalla promessa fattale dall’Angelo, che lei avrebbe ritenuto un “mentitore”: «Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine» (Lc. 1, 32-33).

Così, secondo l’inaudita versione bergogliana, il momento centrale della storia della Salvezza diviene un atto di rivolta contro Dio. Così che il nuovo Adamo e la nuova Eva non si differenzierebbero fondamentalmente dai nostri progenitori che agirono in Paradiso sotto lo stimolo del Demonio e commisero il peccato originale. Così che la Salvezza non sarebbe sostanzialmente diversa dalla caduta, visto che la rivolta contro la volontà divina sarebbe stata il loro comune denominatore, con Satana all’origine di entrambi.

Tale insinuazione, empia e semplicemente demenziale, uscita dalla bocca del supposto Sommo Pontefice, fa venire i brividi alla schiena e, a dire la verità, è propriamente terrificante…

La bolla Misericordiae Vultus: l’abolizione del peccato per mezzo della falsa misericordia

Nel mese di aprile, con la bolla Misericordiae Vultus (19), Francesco ha decretato un Giubileo Straordinario della Misericordia, un Anno Santo che inizierà l’8 dicembre, giorno in cui si festeggerà il cinquantesimo anniversario della chiusura del Vaticano II e che seguirà da presso la fine del Sinodo dei Vescovi sulla famiglia, che si chiuderà il 25 ottobre.
Così quest’Anno Santo si inscrive nella commemorazione del Vaticano II, dato che secondo Francesco:

«La Chiesa sente il bisogno di mantenere vivo quell’evento. Per lei iniziava un nuovo percorso della sua storia. I Padri radunati nel Concilio avevano percepito forte, come un vero soffio dello Spirito, l’esigenza di parlare di Dio agli uomini del loro tempo in un modo più comprensibile. Abbattute le muraglie che per troppo tempo avevano rinchiuso la Chiesa in una cittadella privilegiata, era giunto il tempo di annunciare il Vangelo in modo nuovo.»

“Abbattute” le “muraglie” che custodivano la fede, per mezzo di questo Concilio che ha preteso assumere un carattere “pastorale”, Francesco cerca adesso di abbattere quelle che proteggono ancora la morale, usando come strumento per realizzare il suo progetto sovversivo il Sinodo dei Vescovi del prossimo ottobre, ovviamente convocato anch’esso con una finalità di ordine “pastorale”.

Ricordiamo alcuni fatti che servono ad illustrare il modo tutto peculiare in cui Francesco intende la “misericordia”:
1. il famoso «chi sono io per giudicare» le persone “gay”.
2. la chiamata telefonica “privata” ad una donna “sposata” con un divorziato, alla quale ha consigliato di andare a ricevere i sacramenti in un’altra parrocchia.
3. la chiamata alla “donna” transessuale spagnola che gli aveva scritto della “discriminazione” di cui “lei” era oggetto nella sua parrocchia, e che Francesco ha invitato a venirlo a trovare in udienza “privata” in compagnia del suo “fidanzato”… a spese del Vaticano.
4. la lavanda dei piedi di un’altra “donna” transessuale l’ultimo Giovedì Santo, “alla quale” è stata amministrata la Comunione.

D’altronde, Francesco non cerca di nascondere il suo pensiero sulla morale cristiana, e afferma:
«Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi. Questo non è possibile […] Gli insegnamenti, tanto dogmatici quanto morali, non sono tutti equivalenti. Una pastorale missionaria non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine da imporre con insistenza» (20).

Mostrando apertamente quale sarà lo spirito che animerà il Giubileo della Misericordia, nella sua bolla Francesco afferma:

«Tornano alla mente le parole cariche di significato che san Giovanni XXIII pronunciò all’apertura del Concilio per indicare il sentiero da seguire: “Ora la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore … La Chiesa Cattolica, mentre con questo Concilio Ecumenico innalza la fiaccola della verità cattolica, vuole mostrarsi madre amorevolissima di tutti, benigna, paziente, mossa da misericordia e da bontà verso i figli da lei separati”. Sullo stesso orizzonte, si poneva anche il beato Paolo VI, che si esprimeva così a conclusione del Concilio: “Vogliamo piuttosto notare come la religione del nostro Concilio sia stata principalmente la carità … L’antica storia del Samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio … Una corrente di affetto e di ammirazione si è riversata dal Concilio sul mondo umano moderno. Riprovati gli errori, sì; perché ciò esige la carità, non meno che la verità; ma per le persone solo richiamo, rispetto ed amore. Invece di deprimenti diagnosi, incoraggianti rimedi; invece di funesti presagi, messaggi di fiducia sono partiti dal Concilio verso il mondo contemporaneo: i suoi valori sono stati non solo rispettati, ma onorati, i suoi sforzi sostenuti, le sue aspirazioni purificate e benedette … Un’altra cosa dovremo rilevare: tutta questa ricchezza dottrinale è rivolta in un’unica direzione: servire l’uomo. L’uomo, diciamo, in ogni sua condizione, in ogni sua infermità, in ogni sua necessità» (21).

La Chiesa di Francesco, «ferita» nelle «periferie esistenziali»

E in seguito Francesco ci invita a fare l’esperienza delle «periferie esistenziali» e a scoprire il gusto della «novità»:
«In questo Anno Santo, potremo fare l’esperienza di aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali, che spesso il mondo moderno crea in maniera drammatica. […] Non cadiamo nell’indifferenza che umilia, nell’abitudinarietà che anestetizza l’animo e impedisce di scoprire la novità, nel cinismo che distrugge

Ma come aveva già spiegato all’apertura del Sinodo dei Vescovi del 2014, la Chiesa deve lasciarsi impregnare dall’«odore degli uomini» del nostro tempo:
«Per ricercare ciò che oggi il Signore chiede alla Sua Chiesa, dobbiamo prestare orecchio ai battiti di questo tempo e percepire l’“odore” degli uomini d’oggi, fino a restare impregnati delle loro gioie e speranze, delle loro tristezze e angosce. A quel punto sapremo proporre con credibilità la buona notizia sulla famiglia» (22)

La Chiesa sognata da Francesco si conforma al mondo, si lascia modellare secondo i suoi «valori» e le sue «aspirazioni», invece di cercare di convertirlo al Signore.

Dopo aver abbattuto le «muraglie» della «cittadella», adesso la Chiesa deve andare per le strade a respirare «l’odore» degli uomini, fino ad esserne «ferita», e in ogni caso a non essere mai più «malata» di «autoreferenzialità», a mai più rinchiudersi nelle sue «certezze», a mai più rinserrarsi dietro i dogmi del passato, a mai più avere la pretesa che le sue «idee» siano «uniche ed assolute», ma solo «opinioni al servizio delle persone», rinunciando per sempre al «proselitismo» e ad «interferire» nella vita spirituale delle persone…

«Lo ripeto spesso: tra una Chiesa accidentata che esce per strada, e una Chiesa ammalata di autoreferenzialità, non ho dubbi nel preferire la prima» (23).

«Il mondo è cambiato e la Chiesa non può rinchiudersi nelle supposte interpretazioni del dogma.  Dobbiamo accostarci ai conflitti sociali, vecchi e nuovi, e cercare di dare una mano per consolare, non per stigmatizzare…» (24)

«La religione ha il diritto di esprimere la propria opinione a servizio della gente, ma Dio nella creazione ci ha resi liberi: l’ingerenza spirituale nella vita personale non è possibile» (25).

«Sì, in questo cercare e trovare Dio in tutte le cose resta sempre una zona di incertezza. Deve esserci. Se una persona dice che ha incontrato Dio con certezza totale e non è sfiorata da un margine di incertezza, allora non va bene» (26)

«Il proselitismo è una solenne sciocchezza, non ha senso. Bisogna conoscersi, ascoltarsi e far crescere la conoscenza del mondo che ci circonda. […] Questo è importante: conoscersi, ascoltarsi, ampliare la cerchia dei pensieri» (27).

«Mi pare d’aver già detto prima che il nostro obiettivo non è il proselitismo ma l’ascolto dei bisogni, dei desideri, delle delusioni, della disperazione, della speranza» (28).

La falsa misericordia di Francesco al servizio della religione mondialista

Quest’Anno Santo della Misericordia sarà posto al servizio, non solo della demolizione di ciò che ancora resta della morale familiare e sacramentale, ma anche della costruzione programmata della religione mondiale sincretista, integrando tutte le «nobili tradizioni religiose», le cui basi sono state poste dal Concilio, in particolare nei documenti Nostra Aetate e Unitatis Redintegratio:

«La misericordia possiede una valenza che va oltre i confini della Chiesa. Essa ci relaziona all’Ebraismo e all’Islam, che la considerano uno degli attributi più qualificanti di Dio. Israele per primo ha ricevuto questa rivelazione, che permane nella storia come inizio di una ricchezza incommensurabile da offrire all’intera umanità. […] L’Islam, da parte sua, tra i nomi attribuiti al Creatore pone quello di Misericordioso e Clemente. Questa invocazione è spesso sulle labbra dei fedeli musulmani, che si sentono accompagnati e sostenuti dalla misericordia nella loro quotidiana debolezza. Anch’essi credono che nessuno può limitare la misericordia divina perché le sue porte sono sempre aperte. Questo Anno Giubilare vissuto nella misericordia possa favorire l’incontro con queste religioni e con le altre nobili tradizioni religiose; ci renda più aperti al dialogo per meglio conoscerci e comprenderci; elimini ogni forma di chiusura e di disprezzo ed espella ogni forma di violenza e di discriminazione.» (29)

Francesco ai Valdesi: perdonate la Chiesa per la sua inumanità

In occasione della sua visita al tempio valdese di Torino, lo scorso giugno, Francesco ha ancora una volta assimilato la legittima diversità dei carismi all’interno della Chiesa, alla «diversità» che caratterizza le innumerevoli sette eretiche, non mancando insieme di umiliare di nuovo la Chiesa chiedendo perdono ai Valdesi per il «trattamento inumano» di cui sarebbero stati oggetto da parte di essa. Decisamente, per Francesco la Chiesa di prima del Vaticano II sarebbe colpevole di tutte le nefandezze immaginabili e c’è solo una cosa che deve fare nei confronti del mondo: umiliarsi davanti ai suoi nemici e implorare il loro perdono…

«L’unità che è frutto dello Spirito Santo non significa uniformità. I fratelli infatti sono accomunati da una stessa origine ma non sono identici tra di loro. Ciò è ben chiaro nel Nuovo Testamento, dove, pur essendo chiamati fratelli tutti coloro che condividevano la stessa fede in Gesù Cristo, si intuisce che non tutte le comunità cristiane, di cui essi erano parte, avevano lo stesso stile, né un’identica organizzazione interna. Addirittura, all’interno della stessa piccola comunità si potevano scorgere diversi carismi (cfr 1 Cor 12-14) e perfino nell’annuncio del Vangelo vi erano diversità e talora contrasti (cfr At 15,36-40). Purtroppo, è successo e continua ad accadere che i fratelli non accettino la loro diversità e finiscano per farsi la guerra l’uno contro l’altro. Riflettendo sulla storia delle nostre relazioni, non possiamo che rattristarci di fronte alle contese e alle violenze commesse in nome della propria fede, e chiedo al Signore che ci dia la grazia di riconoscerci tutti peccatori e di saperci perdonare gli uni gli altri. È per iniziativa di Dio, il quale non si rassegna mai di fronte al peccato dell’uomo, che si aprono nuove strade per vivere la nostra fraternità, e a questo non possiamo sottrarci. Da parte della Chiesa Cattolica vi chiedo perdono. Vi chiedo perdono per gli atteggiamenti e i comportamenti non cristiani, persino non umani che, nella storia, abbiamo avuto contro di voi. In nome del Signore Gesù Cristo, perdonateci!» (30).

Confessa ai pastori evangelici: talvolta sono un eretico

Il 24 maggio scorso, Francesco ha inviato un messaggio video (31) alla giornata ecumenica organizzata dalla diocesi di Phoenix (USA) con gli evangelici pentecostali.
Egli vi afferma che “l’ecumenismo del sangue” è una manifestazione dell’unità dei cristiani, al di là della loro «appartenenza ecclesiale». Questo non è nuovo: è almeno la decima volta che egli lo afferma (32). Quello che è nuovo invece è che egli riconosce che probabilmente avrebbe detto un’«eresia»…

Tale riconoscimento, tuttavia, non gli ha impedito dall’affermarla pubblicamente, facendo di essa un argomento a favore dell’ecclesiologia novatrice dei documenti conciliari Lumen Gentium e Unitatis Redintegratio, secondo la quale la Chiesa cattolica non si identificherebbe con la Chiesa fondata da Gesù Cristo, nel seno della quale invece si troverebbe, quantunque per gradi diversi, una moltitudine di altre “chiese” e “comunità ecclesiali”, perfino se queste rifiutano di sottomettersi all’autorità del successore di Pietro e rigettano il magistero della Chiesa cattolica.

Il fatto inedito che Francesco riconosca che le sue dichiarazioni siano probabilmente eretiche e che, a dispetto di ciò, egli persista nel rivendicarle sistematicamente e pubblicamente, mi sembra indicare che ci troviamo di fronte ad un caso di “eresia formale”, poiché, agendo così, egli dimostra che si stacca dall’insegnamento della Chiesa in piena cognizione di causa, disdegnando di insegnare l’autentica dottrina della Chiesa in materia.

«Oggi riuniti, io da Roma e voi lì, chiederemo che il Padre invii lo Spirito di Gesù, lo Spirito Santo, e ci conceda la grazia che tutti siano uno, “perché il mondo creda”. E mi viene in mente di dire una cosa che potrebbe essere insensata, o forse un’eresia, non so. Ma c’è qualcuno che ‘sa’ che, nonostante le differenze, siamo uno. Ed è colui che ci perseguita. Colui che perseguita oggi i cristiani, che ci unge con il martirio, sa che i cristiani sono discepoli di Cristo: che sono uno, che sono fratelli! Non gli importa se sono evangelici, ortodossi, luterani, cattolici, apostolici… non gli importa! Sono cristiani. E quel sangue si unisce. Oggi stiamo vivendo, cari fratelli, “l’ecumenismo del sangue”. Questo ci deve spingere a fare quello che oggi stiamo facendo: pregare, parlare tra noi, accorciare le distanze, affratellarci sempre di più. Sono convinto che l’unità tra di noi non la faranno i teologi. I teologi ci aiutano, la scienza dei teologi ci aiuterà, ma se aspettiamo che i teologi si mettano d’accordo, l’unità sarà raggiunta il giorno successivo a quello del Giudizio Finale.» (33)

La sua indifferenza per la verità è patente: Francesco manifesta un supremo disprezzo nei confronti delle definizioni magisteriali relative all’appartenenza alla Chiesa. Secondo lui, l’unità della Chiesa (che tuttavia già esiste: ed è l’unità della fede, nota essenziale della Chiesa cattolica, sola Chiesa fondata da Gesù Cristo) si farà solo col «dialogo» e la «cultura dell’incontro», che ci permetterebbero di superare le nostre «dispute dottrinali» insolubili, con lo Spirito Santo che realizzerebbe così l’«unità nella diversità», «armonizzando le differenze».

Questa nozione totalmente eretica di una «unità nella diversità» dottrinale è un luogo comune del “magistero” bergogliano. A riprova, leggiamo quello che Francesco disse al “pastore” evangelico Giovanni Traettino nel luglio del 2014, allorché gli fece visita nel suo “tempio” pentecostale a Caserta; pastore peraltro presente anche lui alla giornata ecumenica organizzata a Phoenix:

«Cosa fa lo Spirito Santo? Ho detto che fa un’altra cosa, che forse si può pensare che sia divisione, ma non lo è. Lo Spirito Santo fa la “diversità” nella Chiesa. La prima Lettera ai Corinzi, capitolo 12. Lui fa la diversità! E davvero questa diversità è tanto ricca, tanto bella. Ma poi, lo stesso Spirito Santo fa l’unità, e così la Chiesa è una nella diversità. E, per usare una parola bella di un evangelico che io amo tanto, una “diversità riconciliata” dallo Spirito Santo. Lui fa entrambe le cose: fa la diversità dei carismi e poi fa l’armonia dei carismi. Per questo i primi teologi della Chiesa, i primi padri – parlo del secolo III o IV – dicevano: “Lo Spirito Santo, Lui è l’armonia”, perché Lui fa questa unità armonica nella diversità.» (34)

«Unificare» la Chiesa con la globalizzazione e il poliedro

Francesco ha utilizzato degli argomenti per lo meno sorprendenti per spiegare ai pentecostali che l’unità della Chiesa non consiste nell’unità della fede, ma essa deve ispirarsi a quella messa in pratica con la «globalizzazione» ed anche alla figura del «poliedro», nel quale tutti i punti non sono equidistanti dal centro, cosa che li rende «uniti nella diversità»:

«Noi siamo nell’epoca della globalizzazione, e pensiamo a cos’è la globalizzazione e a cosa sarebbe l’unità nella Chiesa: forse una sfera, dove tutti i punti sono equidistanti dal centro, tutti uguali? No! Questa è uniformità. E lo Spirito Santo non fa uniformità! Che figura possiamo trovare? Pensiamo al poliedro: il poliedro è una unità, ma con tutte le parti diverse; ognuna ha la sua peculiarità, il suo carisma. Questa è l’unità nella diversità. E’ in questa strada che noi cristiani facciamo ciò che chiamiamo col nome teologico di ecumenismo: cerchiamo di far sì che questa diversità sia più armonizzata dallo Spirito Santo e diventi unità; cerchiamo di camminare alla presenza di Dio per essere irreprensibili; cerchiamo di andare a trovare il nutrimento di cui abbiamo bisogno per trovare il fratello. Questo è il nostro cammino, questa è la nostra bellezza cristiana! Mi riferisco a quello che il mio amato fratello ha detto all’inizio.» (35).

L’unità che Francesco propugna è il risultato di una costruzione umana, un consenso nato dal «dialogo» e dall’«incontro» tra interlocutori che possiedono convinzioni religiose differenti e divergenze teologiche insormontabili. Certo, per indurre in errore, Francesco spiega che quest’opera unificatrice sarebbe il frutto dell’azione dello «Spirito Santo», che s’incarica di «armonizzare le diversità» perché divengano «unità». È evidente che un tale progetto si colloca agli antipodi della dottrina cattolica…

Ed è semplicemente inspiegabile, umanamente parlando, che questo enorme sproposito non venga colto immediatamente dalla grande maggioranza del clero, e resta un mistero che una tale flagrante contraddizione col magistero ecclesiale non venga identificata in maniera immediata, visto che questo non richiede una particolare preparazione teologica, ma semplicemente la conoscenza dei rudimenti del Catechismo e il sensus fidei, per non dire un minimo di logica e del più elementare buon senso. Come risulta incomprensibile il fatto che i pochissimi che se ne accorgono non esprimano alto e forte il loro totale disaccordo e la loro irriducibile opposizione al cospetto di ciò che può solo chiamarsi eresia manifesta e apostasia dichiarata della fede cattolica…

L’eco-enciclica Laudato si’: dalla cura per la Madre Terra al governo mondiale

Nella sua enciclica Laudato si’ (36), Francesco fa sua una doppia impostura scientifica: quella del riscaldamento climatico e quella della supposta causalità umana. Il documento, dunque, si basa su dei dati scientifici discutibili e di fatto discussi, cosa questa che priva l’enciclica, alla radice, della sua ragion d’essere. Se a questo si aggiunge l’obiezione capitale che le questioni di ordine scientifico non appartengono al dominio della competenza magisteriale, ci si rende conto dell’assurdità di questo testo.

Ma vi è di peggio della tematica illegittima accompagnata da un presupposto erroneo,  che vizia alla base tutto il discorso: non è necessaria una grande ermeneutica per capire che la questione climatica è solo un pretesto per perseguire una duplice finalità totalmente estranea alla tanto decantata «protezione dell’ambiente».
Dette finalità sono le seguenti:
1. accelerare la realizzazione di un governo mondiale incaricato di fare applicare a livello globale le misure supposte necessarie per «salvare il pianeta».
2. perseguire nell’adulterazione del cristianesimo dall’interno, in vista di integrarlo con le altre «nobili tradizioni religiose» in seno ad una religione universale, mostruosa parodia del cattolicesimo.

La realizzazione del mondialismo politico e religioso: ecco il vero obiettivo che persegue questo sinistro documento, col pretesto del malizioso sofisma di «prendersi cura della casa comune» minacciata di distruzione dall’attività umana…

In un tempo in cui l’umanità ha abbandonato completamente Dio e il male è divenuto la regola morale universale (aborto, eutanasia, pornografia, “matrimonio” omosessuale, ecc.), Francesco decide che la priorità del nostro tempo dev’essere accordata alla preservazione dell’ambiente e alla lotta contro il preteso cambio climatico.
Questa opzione mette in evidenza la falsa religione incarnata da Francesco, giacché egli ci propone, dissimulata sotto l’apparenza di un vocabolario vagamente cristiano, una religione svuotata di ogni contenuto, naturalista e immanente, indifferente alla salvezza delle anime riscattate dal Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo in Croce…

Ci sarebbero molte cose da dire per smascherare tutte le menzogne e tutte le manipolazioni di cui Francesco si serve per ingannare la gente con la sua “enciclica”, tante che servirebbe un esteso studio per trattarle convenientemente… Ma nel quadro ristretto di questo articolo ci vediamo obbligati a soffermarci solo su alcuni brani emblematici, corredandoli con qualche breve commento.

Per incominciare, segnaliamo che nessuna delle 172 note a pie’ di pagina appartiene al magistero anteriore al Vaticano II, e che 21 sono tratte da documenti di diverse conferenze episcopali, che sono prive di ogni autorità magisteriale.
Vi si trovano anche, fra le altre, otto citazioni della programmatica “Esortazione Apostolica” Evangelii Gaudium, sei del “Patriarca” scismatico Bartolomeo e del teologo modernista Romano Guardini, due del manifesto panteista ed evoluzionista Carta della Terra, una della mondialista Dichiarazione di Rio, del filosofo protestante Paul Ricoeur, di un “maestro spirituale” sufi (!!!) e del gesuita panteista Pierre Theilhard de Chardin.
Quest’ultimo è nominato solo una volta, ma il suo panteismo evoluzionista impregna tutto il testo e costituisce senza ombra di dubbio la principale fonte d’ispirazione del documento.

La religione di Francesco: il panteismo evoluzionista di Theilhard in versione ecologica

«Noi cristiani, inoltre, siamo chiamati ad accettare il mondo come sacramento di comunione, come modo di condividere con Dio e con il prossimo in una scala globale.» (§9)

«Benché il cambiamento faccia parte della dinamica dei sistemi complessi, la velocità che le azioni umane gli impongono oggi contrasta con la naturale lentezza dell’evoluzione biologica.» (§18).

Francesco professa, oltre ad un panteismo naturalista che non osa proporre apertamente, la dottrina evoluzionista eretta a certezza scientifica, da buon discepolo del ciarlatano e falsario Pierre Teilhard de Chardin (37).

«Esiste un consenso scientifico molto consistente che indica che siamo in presenza di un preoccupante riscaldamento del sistema climatico» (§ 23).

Francesco pretende di fondare il suo «insegnamento» su un cosiddetto “consenso scientifico” che peraltro non esiste; e se anche esistesse, esso non riguarderebbe minimamente la fede e la morale cattoliche e non potrebbe costituire in alcun caso né il fondamento né l’oggetto di un documento del magistero ecclesiale.

«L’umanità è chiamata a prendere coscienza della necessità di cambiamenti di stili di vita, di produzione e di consumo, per combattere questo riscaldamento o, almeno, le cause umane che lo producono o lo accentuano» (§ 23).

Parlando come un vero guru eco-mondialista, Francesco si fa portavoce del catastrofismo ambientalista che cerca di colpevolizzare l’umanità per il preteso riscaldamento climatico.

«Queste situazioni provocano i gemiti di sorella terra, che si uniscono ai gemiti degli abbandonati del mondo, con un lamento che reclama da noi un’altra rotta» (§ 53).

Francesco perora dunque la sorte del pianeta e degli indigenti, invitando l’umanità a prendere «un’altra rotta», di stampo naturalista, che in tutta evidenza non è quella della conversione a Dio e della rinuncia al peccato, ma quella della cosiddetta «protezione» della nostra «sorella terra».
Nuova rotta che diverge fondamentalmente da quella che ci indica la Chiesa, sola Arca di Salvezza data da Dio al mondo, poiché per Francesco tutte le «convinzioni di fede» che fanno parte della «ricchezza delle religioni», sono in grado di condurre il genere umano verso il suo «pieno sviluppo», al di fuori della Chiesa fondata da Nostro Signore Gesù Cristo:

«Perché inserire in questo documento, rivol¬to a tutti le persone di buona volontà, un capitolo riferito alle convinzioni di fede? Sono consapevole che, nel campo della politica e del pensiero, alcuni rifiutano con forza l’idea di un Creatore, o la ritengono irrilevante, al punto da relegare all’ambito dell’irrazionale la ricchezza che le religioni possono offrire per un’ecologia integrale e per il pieno sviluppo del genere umano» (§ 62).

I «papi» conciliari: artigiani del governo mondiale

«Dalla metà del secolo scorso, superando molte difficoltà, si è andata affermando la tendenza a concepire il pianeta come patria e l’umanità come popolo che abita una casa comune. Un mondo interdipendente non significa unicamente capire che le conseguenze dannose degli stili di vita, di produzione e di consumo colpiscono tutti, bensì, principalmente, fare in modo che le soluzioni siano proposte a partire da una prospettiva globale e non solo in difesa degli interessi di alcuni Paesi.
L’interdipendenza ci obbliga a pensare a un solo mondo, ad un progetto comune.» (§ 164)

«Si rende indispensabile creare un sistema normativo che includa limiti inviolabili e assicuri la protezione degli ecosistemi, prima che le nuove forme di potere derivate dal paradigma tecno-economico finiscano per distruggere non solo la politica ma anche la libertà e la giustizia.» (§ 53).

In breve: allo scopo di rendere coercitivo il progetto mondialista, autentico cosmopolitismo senza patria al servizio della Repubblica Universale onusiana, col pretesto della «cura ecologica» della «madre terra», nostra «casa comune», serve un governo planetario in grado di imporre ai recalcitranti questa utopia totalitaria

Questo disegno è ancora più esplicito nel passo seguente, dove Francesco cita Benedetto XVI che a sua volta cita Giovanni XXIII, provando chiaramente, se ci fosse ancora qualche dubbio, la continuità del progetto mondialista massonico di tutti i suoi predecessori a partire dal Vaticano II:

«La medesima logica che rende difficile prendere decisioni drastiche per invertire la tendenza al riscaldamento globale è quella che non permette di realizzare l’obiettivo di sradicare la povertà. Abbiamo bisogno di una reazione globale più responsabile, che implica affrontare contemporaneamente la riduzione dell’inquinamento e lo sviluppo dei Paesi e delle regioni povere. […] Come ha affermato Benedetto XVI nella linea già sviluppata dalla dottrina sociale della Chiesa, “per il governo dell’economia mondiale; per risanare le economie colpite dalla crisi, per prevenire peggioramenti della stessa e conseguenti maggiori squilibri; per realizzare un opportuno disarmo integrale, la sicurezza alimentare e la pace; per garantire la salvaguardia dell’ambiente e per regolamentare i flussi migratori, urge la presenza di una vera Autorità politica mondiale, quale è stata già tratteggiata dal mio Predecessore, [san] Giovanni XXIII» (§175).

Autorità politica mondiale sotto la tutela dell’ONU, il cui progetto di società secolarizzata, umanista e naturalista, è agli antipodi del regno sociale di Nostro Signore e che in ultima istanza può solo condurre all’avvento del governo universale dell’Anticristo…

Il «dio» gnostico di Francesco

«Egli [Dio] ha voluto limitare sé stesso creando un mondo bisognoso di sviluppo, dove molte cose che noi consideriamo mali, pericoli o fonti di sofferenza, fanno parte in realtà dei dolori del parto, che ci stimolano a collaborare con il Creatore» (§ 80).

Impregnato di gnosi hegeliana, Francesco concepisce l’atto creatore come il passaggio dall’indeterminazione divina verso le sue determinazioni finite che permettono all’essere di darsi un contenuto, in un processo di ascensione dialettica per la quale il creato prende coscienza della sua divinità originaria, il sapere assoluto col quale Dio arriva a dirsi all’uomo, cosa che costituisce il fine della storia, l’equivalente del Punto omega teilhardiano, il «Cristo cosmico» verso il quale si muove l’universo attraverso il processo evolutivo.

«L’essere umano, benché supponga anche processi evolutivi, comporta una novità non pienamente spiegabile dall’evoluzione di altri sistemi aperti.» (§81).

La creazione ex nihilo di Adamo ed Eva dev’essere superata come fosse un «errore di interpretazione delle Scritture»:

«Anche se è vero che qualche volta i cristiani hanno interpretato le Scritture in modo non corretto, oggi dobbiamo rifiutare con forza che dal fatto di essere creati a immagine di Dio e dal mandato di soggiogare la terra si possa dedurre un dominio assoluto sulle altre creature.» (§ 67).

E bisogna far posto all’Odissea dello spirito che agisce come sfondo nella trasformazione delle specie e dell’universo nel suo insieme, verso la presa di coscienza di Dio nell’umanità.
Si noterà tra l’altro la tacita negazione della divinità di Nostro Signore Gesù Cristo, che avrebbe «raggiunto la pienezza divina» al momento della Sua Resurrezione:
«Il traguardo del cammino dell’universo è nella pienezza di Dio, che è stata già raggiunta da Cristo risorto, fulcro della maturazione universale» (§ 83) (38).

Per questa gnosi panteista, la natura e l’uomo sono sacri. E quest’ultimo prende coscienza della sua vera natura sacrale «decifrando quella del mondo», entrambe costituenti una «manifestazione divina»…

«Possiamo dire che “accanto alla rivelazione propriamente detta contenuta nelle Sacre Scritture c’è, quindi, una manifestazione divina nello sfolgorare del sole e nel calare della notte”. Prestando attenzione a questa manifestazione, l’essere umano impara a riconoscere sé stesso in relazione alle altre creature: “Io mi esprimo esprimendo il mondo; io esploro la mia sacralità decifrando quella del mondo”» (§ 85).

Questo stesso panteismo naturalista lo si ritrova nei passi seguenti:

«Noi cristiani, inoltre, siamo chiamati ad “accettare il mondo come sacramento di comunione […] È nostra umile convinzione che il divino e l’umano si incontrino nel più piccolo dettaglio della veste senza cuciture della creazione di Dio, persino nell’ultimo granello di polvere del nostro pianeta» (§ 9).

«Dobbiamo riconoscere che non sempre noi cristiani abbiamo raccolto e fatto fruttare le ricchezze che Dio ha dato alla Chiesa, dove la spiritualità non è disgiunta dal proprio corpo, né dalla natura o dalle realtà di questo mondo, ma piuttosto vive con esse e in esse, in comunione con tutto ciò che ci circonda.» (§ 216).

«Lo scopo finale delle altre creature non siamo noi. Invece tutte avanzano, insieme a noi e attraverso di noi, verso la meta comune, che è Dio, in una pienezza trascendente dove Cristo ri¬sorto abbraccia e illumina tutto. L’essere umano, infatti, dotato di intelligenza e di amore, e attratto dalla pienezza di Cristo, è chiamato a ricondurre tutte le creature al loro Creatore.» (§ 83).

«[…] noi tutti esseri dell’universo siamo uniti da legami invisibili e formiamo una sorta di famiglia universale, una comunione sublime che ci spinge ad un rispetto sacro, amorevole e umile.» (§ 89).

«Non può essere autentico un sentimento di intima unione con gli altri esseri della natura, se nello stesso tempo nel cuore non c’è tenerezza, compassione e preoccupazione per gli esseri umani. […] Tutto è collegato. Per questo si richiede una preoccupazione per l’ambiente unita al sincero amore per gli esseri umani e un costante impegno riguardo ai problemi della società.» (§ 91).

Nella citazione che segue, Francesco esprime chiaramente il suo indifferentismo religioso ponendo il cristianesimo a fianco delle altre «religioni», tutte in grado, secondo lui, di fornire un «significato» all’uomo e di aiutarlo ad avanzare nel suo cammino nella storia:

«Desidero ricordare che “i testi religiosi classici possono offrire un significato destinato a tutte le epoche, posseggono una forza motivante che apre sempre nuovi orizzonti […]. È ragionevole e intelligente relegarli nell’oscurità solo perché sono nati nel contesto di una credenza religiosa?”» (§ 199).

In seguito, Francesco si appella alla Carta della Terra, documento laico e panteista, perché l’umanità intraprenda un «nuovo inizio», una sorta di nuova alleanza rovesciata, tra l’uomo e la natura, in cui Nostro Signore brilla per la sua assenza.
Per non perdere di vista il carattere inverosimile di queste parole, occorre tenere presente che è il preteso Vicario di Gesù Cristo in terra che parla:

«La Carta della Terra ci chiamava tutti a lasciarci alle spalle una fase di autodistruzione e a cominciare di nuovo, ma non abbiamo ancora sviluppato una coscienza universale che lo renda possibile. Per questo oso proporre nuovamente quella preziosa sfida: “Come mai prima d’ora nella storia, il destino comune ci obbliga a cercare un nuovo inizio […]. Possa la nostra epoca essere ricordata per il risveglio di una nuova riverenza per la vita, per la risolutezza nel raggiungere la sostenibilità, per l’accelerazione della lotta per la giustizia e la pace, e per la gioiosa celebrazione della vita.» (§ 207).

Gesù e Maria al servizio del mondialismo ecologico

«Una Persona della Trinità si è inserita nel cosmo creato, condividendone il destino fino alla croce. Dall’inizio del mondo, ma in modo particolare a partire dall’incarnazione, il mistero di Cristo opera in modo nascosto nell’insieme della realtà naturale, senza per questo ledere la sua autonomia.» (§ 99).

Francesco ostenta il suo panteismo cosmico, pronunciando parole blasfeme contro il Sacrificio della Messa, celebrato sull’“altare del mondo”, e contro la Santa Eucarestia, presentata come una “fonte di motivazione” ecologica:

«Unito al Figlio incarnato, presente nell’Eucaristia, tutto il cosmo rende grazie a Dio. In effetti l’Eucaristia è di per sé un atto di amore cosmico: “Sì, cosmico! Perché anche quando viene celebrata sul piccolo altare di una chiesa di campagna, l’Eucaristia è sempre celebrata, in certo senso, sull’altare del mondo”. L’Eucaristia unisce il cielo e la terra, abbraccia e penetra tutto il creato. Il mondo, che è uscito dalle mani di Dio, ritorna a Lui in gioiosa e piena adorazione: nel Pane eucaristico “la creazione è protesa verso la divinizzazione, verso le sante nozze, verso l’unificazione con il Creatore stesso”. Perciò l’Eucaristia è anche fonte di luce e di motivazione per le nostre preoccupazioni per l’ambiente, e ci orienta ad essere custodi di tutto il creato.» (§ 236).

Ma l’audacia di Francesco non si ferma qui: mosso da una compulsiva frenesia sacrilega, egli non esita a mettere anche la Santissima Vergine Maria al servizio della sua impostura ambientalista:

«Maria, la madre che ebbe cura di Gesù, ora si prende cura con affetto e dolore materno di questo mondo ferito. Così come pianse con il cuore trafitto la morte di Gesù, ora ha compassione della sofferenza dei poveri crocifissi e delle creature di questo mondo sterminate dal potere umano.» (§ 241).

L’umanità ha bisogno di una «conversione ecologica»

Ma il punto culminante dell’insensatezza è raggiunto quando Francesco fa una caricatura della conversione cristiana, azione con la quale l’uomo si allontana dal peccato per volgersi verso Gesù Cristo,  spiegando che  noi siamo chiamati ad effettuare una “conversione ecologica”, e facendo di questa parodia grottesca del cristianesimo un elemento essenziale del Vangelo:

«Rivolgo un invito urgente a rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta. Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti. […] Abbiamo bisogno di nuova solidarietà universale.» (§ 14).

«Se “i deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi”, la crisi ecologica è un appello a una profonda conversione interiore. […] Manca loro [ai cristiani] dunque una conversione ecologica, che comporta il lasciar emergere tutte le conseguenze dell’incontro con Gesù nelle relazioni con il mondo che li circonda. Vivere la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio è parte essenziale di un’esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana.» (§ 217).
 
Di fronte a tali proponimenti, che travisano il cristianesimo trasformandolo mostruosamente in una gnosi al servizio del mondialismo anticristico, si rimane stupefatti, per l’assenza totale di lucidità e di reazione da parte della grande maggioranza del mondo cattolico…

Francesco continua la sua penosissima arringa eco-luciferina ribadendo ancora la dottrina panteista del suo maestro, il gesuita apostata Teilhard de Chardin:

«Diverse convinzioni della nostra fede, sviluppate all’inizio di questa Enciclica, aiutano ad arricchire il senso di tale conversione, come la consapevolezza che ogni creatura riflette qualcosa di Dio e ha un messaggio da trasmetterci, o la certezza che Cristo ha assunto in sé questo mondo materiale e ora, risorto, dimora nell’intimo di ogni essere, circondandolo con il suo affetto e penetrandolo con la sua luce.» (§ 221).

«L’universo si sviluppa in Dio, che lo riempie tutto. Quindi c’è un mistero da contemplare in una foglia, in un sentiero, nella rugiada, nel volto di un povero. L’ideale non è solo passare dall’esteriorità all’interiorità per scoprire l’azione di Dio nell’anima, ma anche arrivare a incontrarlo in tutte le cose» (§ 233).

Impertubabile, il Sommo Bestemmiatore del Vaticano prosegue la sua diatriba sacrilega affermando che anche il rinnovamento incruento del Sacrificio del Calvario include una finalità ecologica, nel «purificare le nostre relazioni col mondo».
Meglio ancora, Blasfemoglio I non esita a mettere sullo stesso piano la Santa Messa con il Sabbat dei Giudei talmudici che rigettano Nostro Signore Gesù Cristo e lo ritengono un impostore che a ragione è stato giustiziato:

«La domenica, la partecipazione all’Eucaristia ha un’importanza particolare. Questo giorno, così come il sabato ebraico, si offre quale giorno del risanamento delle relazioni dell’essere umano con Dio, con sé stessi, con gli altri e con il mondo.» (§ 237).

Francesco, «sommo pontefice» della religione mondialista

A modo di conclusione del suo «magistero ecologico», Francesco propone due diverse preghiere, una ad uso dei cristiani e l’altra ad uso dei «monoteisti»
Ecco la «preghiera non cristiana» (!!!) elaborata da Francesco, nella quale passa sotto silenzio i santi nomi delle Tre Persone Divine, nonché quello di Nostro Signore Gesù Cristo, e con la quale egli si costituisce candidato naturale al «sommo pontificato» della religione mondialista ed ecumenica in gestazione, che è una contraffazione diabolica e una mostruosa adulterazione della religione cattolica:

«Dopo questa prolungata riflessione, gioiosa e drammatica insieme, propongo due preghiere, una che possiamo condividere tutti noi che crediamo in un Dio creatore e padre, e un’altra affinché noi cristiani sappiamo assumere gli impegni verso il creato che il Vangelo di Gesù ci propone.
«Preghiera per la nostra terra
«Altissimo Signore, che sei presente in tutto l’universo e nella più piccola delle tue creature, Tu che circondi con la tua tenerezza tutto quanto esiste, riversa in noi la forza del tuo amore affinché ci prendiamo cura della vita e della bellezza. Inondaci di pace, perché viviamo come fratelli e sorelle senza nuocere a nessuno. Padre dei poveri, aiutaci a riscattare gli abbandonati e i dimenticati di questa terra che tanto valgono ai tuoi occhi. Risana la nostra vita, affinché proteggiamo il mondo e non lo deprediamo, affinché seminiamo bellezza e non inquinamento e distruzione. Tocca i cuori di quanti cercano solo vantaggi a spese dei poveri e della terra. Insegnaci a scoprire il valore di ogni cosa, a contemplare con stupore, a riconoscere che siamo profondamente uniti con tutte le creature nel nostro cammino verso la tua luce infinita. Grazie perché sei con noi tutti i giorni. Sostienici, per favore, nella nostra lotta per la giustizia, l’amore e la pace.» (§ 246).

Le «buone vibrazioni» sono le «preghiere laiche» di Francesco

«Che Dio vi benedica e non dimenticate di pregare per me. E se qualcuno non può pregare perché non crede o perché la sua coscienza non glielo permette, mi invii delle buone vibrazioni.» (39).

Se qualcuno «non può pregare» perché «la sua coscienza non glielo permette», non lo faccia!, basta che gli invii delle «buone vibrazioni» che prenderanno il posto delle «preghiere» presso l’Essere Supremo e la Madre Terra, che si incaricheranno di farle pervenire a Francesco, sempre desideroso di ricevere le «preghiere» degli «eretici», le «benedizioni» degli scismatici, e adesso le «buone vibrazioni» degli atei!
Poiché bisogna sapere che le «buone vibrazioni» emesse da coloro che rigettano Dio, operano magicamente su di lui, al di fuori dell’economia della salvezza, surrogando in maniera misteriosa l’universalità della Divina Provvidenza.

Non credere in Dio o non rendergli il culto che gli è dovuto, perché «la coscienza non lo permette», sono dettagli senza importanza per quest’uomo di una insensatezza a tutta prova e il cui principale passatempo sembra essere quello di bestemmiare senza soluzione di continuità, immergendosi sempre più nel fango puzzolente dello scandalo e dell’empietà, nel quale evidentemente sguazza come un pesce nell’acqua.

I peggiori mali del mondo attuale, secondo Francesco

«Quali sono i peggiori mali che subisce il mondo attuale? – Povertà, corruzione e tratta delle persone… Posso sbagliarmi nella statistica, ma che mi diresti se ti chiedessi: qual è la spesa più importante al mondo dopo l’alimentazione, l’abbigliamento e le medicine? La quarta sono i cosmetici e la quinta gli animali da compagnia. È grave, non è vero? La cura degli animali da compagnia è come un amore programmato, vale a dire che si può programmare la risposta amorosa di un cane o di un gattino, e allora non c’è più bisogno di fare l’esperienza di un amore di reciprocità umana. Io accentuo i tratti, non prendetemi alla lettera, ma tutto questo è inquietante» (40).

Non sono né l’onnipresente pornografia, né il satanico «diritto» all’aborto, né l’abominevole “matrimonio” dei sodomiti – per non citare che queste tre “conquiste” del mondo moderno – che costituiscono i principali flagelli della società contemporanea: Francesco ci assicura, imperterrito, che invece sono, tra gli altri, la povertà e l’attaccamento agli animali da compagnia.

Il peccato, la violazione della legge divina, gli scandali che conducono una moltitudine di anime all’Inferno, non hanno alcuna importanza per quest’uomo la cui visione naturalista e immanente della salvezza sostituisce la visione beatifica e la vita eterna con il benessere terreno e la soluzione della “questione sociale”.

Come ebbe modo di dire a Eugenio Scalfari nella famosa intervista dell’ottobre 2013, pubblicata ne La Repubblica, presentando accuratamente la sua concezione laica e naturalista della vita umana: «I più grandi mali che affliggono il mondo sono la disoccupazione dei giovani e la solitudine nella quale sono lasciati gli anziani» (41).

Per Francesco la verità non esiste

Quello che conta per Francesco è fomentare la «cultura dell’incontro», lottare contro il «riscaldamento climatico», andare verso le «periferie esistenziali» e trasformare la Chiesa in un «ospedale da campo». Insegnare la dottrina cattolica in materia di fede e di morale, è qualcosa che gli è completamente estranea, poiché egli non crede ad una verità assoluta né in una morale immutabile:

«Non si deve pensare che l’annuncio evangelico sia da trasmettere sempre con determinate formule stabilite, o con parole precise che esprimano un contenuto assolutamente invariabile.» (42)

«Dialogare non significa rinunciare alle proprie idee e tradizioni, ma alla pretesa che siano uniche ed assolute. » (43)

Diciamolo chiaramente: quest’uomo non è cattolico. Semplicemente. E io ritengo della massima importanza che questa tremenda verità venga proclamata in maniera chiara e decisa dal maggior numero possibile di cattolici. Peraltro, è lui stesso che ci facilita il compito: ricordiamoci che ebbe la franchezza di affermarlo pubblicamente, poco tempo dopo la sua elezione: «Io credo in Dio. Non in un Dio cattolico, perché non esiste un Dio cattolico» (44).

Se Bergoglio avesse pronunciato solo questa frase scandalosa, e non la lista interminabile di enormità che gli è accreditata e che si accresce giorno per giorno, essa sola basterebbe per comprendere la gravità della situazione nella quale ci troviamo. Non rendersi conto di questo alla prima lettura di una simile bestemmia, può solo essere dovuto all’ignoranza o alla cecità volontaria; e quest’ultima a sua volta  può dipendere da due diversi motivi: dalla mala fede propria dei traditori o dal timore proprio dei tiepidi e dei pusillanimi…

Riprendendo il filo e concludendo: è innegabile che per Francesco la verità religiosa non riveste la minima importanza, anzi è ugualmente certo che essa costituisce un ostacolo insormontabile per la costruzione della nuova società umanista ed ecumenica che egli sogna, società fondata sul «dialogo» e la «cultura dell’incontro», con la quale la povertà e le «ingiustizie sociali» sarebbero definitivamente sradicate da un pianeta finalmente liberato dalla minaccia del «mutamento climatico» e salvato dalla «catastrofe ambientale» verso la quale esso si incamminerebbe inesorabilmente se non intervenisse la «conversione ecologica» alla quale ci invita calorosamente…

E se qualcuno trovasse troppo severo questo mio giudizio, mi permetto di citare le sue stesse parole, che non permettono il minimo dubbio a riguardo:

«Se c’è un bambino che ha fame e che non riceve un’educazione, quello che deve interessarci è che smetta di aver fame e riceva un’educazione.  Non importa se a dargli questa educazione sono i cattolici, i protestanti, gli ortodossi o gli ebrei. Non m’interessa. M’interessa che l’educhino e lo sfamino.» (45)

I cattolici di fronte al mistero d’iniquità

Di fronte alle dichiarazioni eterodosse e ai gesti scandalosi presentati da Francesco senza discontinuità fin dallo stesso giorno della sua elezione, diventa sempre più difficile non pensare alla profezia di San Giovanni sul Falso Profeta, la cui missione consisterà nello spianare la via all’Anticristo, mettendogli a disposizione una contraffazione della vera religione:

«Vidi poi salire dalla terra un’altra bestia, che aveva due corna simili a quelle di un agnello, ma che parlava come un drago» (Ap. 13, 11).

Che fare al cospetto di un uomo simile, il cui carattere eretico e blasfemo è manifesto a tutti quelli che hanno occhi per vedere e orecchie per ascoltare?
Quale attitudine devono adottare i cristiani di fronte ad un uomo che fa oggettivamente il giuoco dei nemici della Chiesa? Come reagire alla vista di chi si comporta come un solerte servitore di Satana e un evidente precursore dell’Anticristo?

La risposta mi sembra evidente: ogni cattolico degno di questo nome deve combatterlo e denunciarlo pubblicamente, dato che pubblici sono i suoi scandali e i suoi attacchi contro la fede e la morale cattoliche, perché qui sono in giuoco nientemeno che l’onore di Dio, la difesa della fede e la salvezza delle anime.

Si tenga presente l’insegnamento che a riguardo ci dà San Francesco di Sales, Dottore della Chiesa:
«I nemici dichiarati di Dio e della Chiesa vanno screditati il più possibile…È carità gridare al lupo quando si nasconde tra le pecore, non importa dove.» (Filotea – Introduzione alla vita devota).

Rifugiamoci nel Cuore Immacolato di Maria, nostra Madre del Cielo, e imploriamo instancabilmente Nostro Signore, affinché si degni di guidarci, proteggerci e illuminarci in quest’ora in cui il Potere delle Tenebre dispiega la sua arroganza infernale in un mondo che gli è interamente devoto e gode della sua vile supremazia, celebrando il suo trionfo effimero, in attesa della gloriosa Parusia di Gesù Cristo, nostro Divino Maestro e nostro Adorabile Redentore.

Allora potremo esultare ed esclamare, con tutti gli Angeli e i Santi del Cielo, in una terra rinnovata sotto un cielo nuovo, nella città santa di Dio nella quale abiteremo:
«Rallegriamoci ed esultiamo,
 rendiamo a lui gloria,
 perché son giunte le nozze dell'Agnello; 
la sua sposa è pronta» (Ap. 19. 7).

«Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: “Ecco la dimora di Dio con gli uomini! 
Egli dimorerà tra di loro
 ed essi saranno suo popolo 
ed egli sarà il “Dio-con-loro”. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi;
 non ci sarà più la morte,
 né lutto, né lamento, né affanno, 
perché le cose di prima sono passate”» (Ap. 21, 1-4).

Completato il 15 agosto 2015, Festa della gloriosa Assunzione in Cielo della Beata Vergine Maria.



Secondo Francesco: non esiste un Dio cattolico

NOTE

1 - Omelia alla santa Messa per l'evangelizzazione dei poveri - Quito (Ecuador) - 7 luglio 2015
2 - Omelia alla santa Messa per le famiglie - Guayaquil (Ecuador) - 6 luglio 2015
3 - Discorso al II incontro mondiale dei movimenti popolari - Santa Cruz de la Sierra (Bolivia) - 9 luglio 2015
4 - Omelia alla santa Messa nella piazza del Cristo Redentore - Santa Cruz de la Sierra, (Bolivia) - 9 luglio 2015
5 - Angelus del 2 giugno 2013
6 - Udienza alla Caritas Internationalis - 16 maggio 2013
7 - Angelus del 3 agosto 2014
8 - Agenzia Zenit - Francesco ricorda il gesuita Espinal, “profeta di libertà” ucciso nel 1980
9 - Agenzia Zenit - La precisazione di padre Lombardi sulla croce donata da Morales al Papa
10 - Conversazione del Santo Padre con i giornalisti nel viaggio di ritorno da Asunción a Roma
11 - Parole del Santo Padre Francesco in occasione della consegna delle decorazioni alla Vergine di Copacabana, Patrona della Bolivia - Santa Cruz de la Sierra (Bolivia) 10 luglio 2015
12 - Omelia alla santa Messa celebrata nel piazzale del Santuario mariano di Caacupé, Paraguay - 11 luglio 2015
13 - Omelia alla santa Messa in Casa Santa Marta - 20 dicembre 2013
14 - Incontro del Santo Padre Francesco con alcuni bambini malati e i loro familiari - 29 maggio 2015
15 - Incontro del Santo Padre Francesco con bambini e ragazzi alla manifestazione promossa da “La fabbrica della pace” - 11 maggio 2015
16 - Discorso del Santo Padre Francesco all'incontro con i giovani a Manila - 18 gennaio 2015
17 - Conferenza stampa del Santo Padre durante il volo di ritorno dalle Filippine - 19 gennaio 2015
18 - Omelia alla santa Messa in Casa Santa Marta - 30 settembre 2014
19 - Misericordiae Vultus - Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia - 11 aprile 2015
20 - Intervista a Papa Francesco - di Antonio Spadaro - 19 agosto 2013
21 - Misericordiae Vultus - Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia - 11 aprile 2015
22 - Discorso del Santo Padre Francesco alla Veglia di preghiera in prepazione del Sinodo sulla Famiglia - 4 ottobre 2014
23 - Messaggio del Santo Padre Francesco per la XLVIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali - 1 giugno 2014
24 - Incontro con un giornalista de La Nación - 8 ottobre 2014
25 - Intervista a Papa Francesco - di Antonio Spadaro - 19 agosto 2013
26 - Intervista a Papa Francesco - di Antonio Spadaro - 19 agosto 2013
27 - Colloquio con Eugenio Scalfari - 1 ottobre 2013
28 - Colloquio con Eugenio Scalfari - 1 ottobre 2013
29 - Misericordiae Vultus - Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia - 11 aprile 2015
30 - Parole del Santo Padre in visita al Tempio valdese a Torino - 22 giugno 2015
31 - Video-messaggio del Santo Padre Francesco in occasione della Giornata di Unità Cristiana (Phoenix, 23 maggio 2015)
32 - Ecumenism of Blood is a Priceless Contribution toward Christian Unity
33 - Video-messaggio del Santo Padre Francesco in occasione della Giornata di Unità Cristiana (Phoenix, 23 maggio 2015)
34 - Discorso del Santo Padre Francesco nella chiesa pentecostale della Riconciliazione - Caserta 28 luglio 2014
35 - Discorso del Santo Padre Francesco nella chiesa pentecostale della Riconciliazione - Caserta 28 luglio 2014
36 - Lettera enciclica Laudato si' del Santo Padre Francesco - 24 maggio 2015
37 - Les scandales scientifiques - L'homme de Piltdown
38 - Nota 53 del testo dell’enciclica: «In questa prospettiva si pone il contributo del P. Teilhard de Chardin» - Su Teilhard de Chardin riportiamo il Monitum del Sant’Uffizio (30 giugno 1962): «Certe opere del P. Pietro Theilard de Chardin, comprese anche alcune postume, vengono pubblicate ed incontrano un favore tutt’altro che piccolo. Indipendentemente dal dovuto giudizio in quanto attiene alle scienze positive, in materia di Filosofia e Teologia si vede chiaramente che le opere menzionate racchiudono tali ambiguità ed anche errori tanto gravi, che offendono la dottrina cattolica. Di conseguenza, gli Eccellentissimi e Reverendissimi Padri della Suprema Congregazione del Santo Ufficio esortano tutti gli Ordinari e i superiori di Istituti Religiosi, i Rettori di Seminari e i Direttori delle Università, a difendere gli spiriti, particolarmente dei giovani, dai pericoli delle opere di P. Theilard de Chardin e dei suoi discepoli. - Dato in Roma, nel Palazzo del Santo Ufficio, il 30 giugno 1962. - Sebastiano Masala, Notaio» (AAS 54, 1962, 526)
39 - Ai giornalisi che accompagnavano la Presidente dell'Argentina, Cristina Fernández, in visita in Vaticano - 7 giugno 2015 (video: minuto 3.45)
40 - El Papa lamenta que la Argentina sea el país de las oportunidades perdidas - 26 maggio 2015
41 - Colloquio con Eugenio Scalfari - 1 ottobre 2013
42 - Esortazione apostolica Evanvelii Gaudium, n° 129
43 - Messaggio del Santo Padre Francesco per la XLVIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali - 1 giugno 2014
44 - Colloquio con Eugenio Scalfari - 1 ottobre 2013
45 - Intervista di Papa Francesco all’emittente brasiliana Rede Globo - 25 luglio 2013




ottobre 2015

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