1517-2017:
500 anni di sovversione protestante




Sintesi storica del protestantesimo

di Vincent Lhermite

Pubblicato su Le Sel de la terre n° 99 - inverno 2016-2017

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Tutti i Padri hanno errato nella fede, e se non se ne sono pentiti prima di morire, essi sono dannati per l’eternità.
San Gregorio è l’autore di tutte le favole sul Purgatorio e delle Messe per i morti. Agostino si è sbagliato spesso, non si può contare su di lui.
Gerolamo è un eretico che ha scritto molte cose empie; non c’è nessuno dei Padri che io detesti più di lui: egli ha sempre il digiuno e la verginità sulla bocca.
Non faccio neanche più caso a Crisostomo, che è un oratore sterile.
Basilio non è buono a niente, è un puro monaco.
Tommaso d’Aquino è solo un nano teologico: è un pozzo di errori, un miscuglio di ogni sorta di eresie che annientano il Vangelo. (1)

Queste dichiarazioni sono state fatte da Martin Lutero e dimostrano che egli non ha fatto una riforma, ma una rivoluzione, poiché i più vecchi dottori che egli attacca vissero nel IV secolo. E tuttavia egli spiega altrove:
Io sostengo in ogni occasione che Agostino è d’accordo con noi, a causa dell’alta stima nella quale ciascuno tiene questo dottore; ma è sicuro che egli non ha mai ammesso la giustificazione per la sola fede (2).

Questa duplicità è rappresentativa dell’insieme dell’opera teologica di Martin Lutero. La sua morale individuale è dello stesso genere. Su una Bibbia conservata in Vaticano, egli ha lasciato, scritte di suo pugno, queste parole:
Mio Dio, per la vostra bontà, provvedeteci di vitelli belli grassi, di giovenche, di molte donne e di pochi figli. Ben bere e ben mangiare è il mezzo per non s’annoiare (3).

O ancora:
Se nostro Signore e Dio mi vuol perdonare per averlo crocifisso e martirizzato per vent’anni celebrando la messa, egli può anche essermi grato per bere una buona coppa in suo onore (4).





Si viene presi dall’indignazione quando si vede Francesco recarsi in Svezia per aprire i festeggiamenti del cinquecentesimo anniversario di questa «Riforma», con una celebrazione ecumenica congiunta con il presidente e il segretario generale della Federazione Luterana Mondiale (31 ottobre 2016).



Pari indignazione di fronte alla dichiarazione congiunta sulla giustificazione, firmata con i luterani il 31 ottobre 1999 ad Augusta, la quale lascia credere che il problema dottrinale sarebbe ormai risolto, mentre essa non è altro che un’altalena tra un paragrafo luterano e un altro più o meno cattolico.
La data scelta, il 31 ottobre, è quella in cui Lutero affisse, nel 1517, le 95 tesi contro le indulgenze sulla porta della chiesa del castello di Wittenberg; mentre il luogo, Augusta, richiama la confessione di Augusta (1530), principale «confessione di fede» dei luterani.

Ancora pari indignazione di fronte alla dichiarazione di Francesco del 27 giugno 2016 a proposito di Lutero e della giustificazione: «su questo punto così importante egli non aveva sbagliato (5)». Bisogna concluderne che si siano sbagliati i Padri del Concilio di Trento? Vero è peraltro che già Giovanni Paolo II, a Magonza, nel 1980, aveva dichiarato: «Oggi vengo io a voi, all’eredità spirituale di Martin Lutero; vengo da pellegrino (6)».

Per valutare l’ampiezza dello scandalo, bisogna conoscere cosa fu la rivolta del 1517; comprendere la dinamica rivoluzionaria che essa ha scatenato sia nella Chiesa sia nella società; soppesarne tutte le conseguenze; per rendersi conto che Lutero è l’antenato comune del modernismo e della contemporanea società permissiva, che confonde instancabilmente la libertà con la licenza.

Prima di intraprendere questo giro d’orizzonte sul protestantesimo, precisiamo da dove viene il suo nome.
Dopo la condanna di Lutero da parte della Chiesa e dell’Impero, si riunì una prima dieta [assemblea] a Spira, in Germania, nel 1526. I negoziati tra i rappresentanti dell’Imperatore e gli eretici fallirono e venne proclamato il principio: cujus regio, hujus religio (7). Carlo V, scontento, ritornò sulla questione nella dieta di Spira del 1529; il partito imperiale tentò di fare ammettere la libertà della religione cattolica negli Stati tedeschi in cui il luteranesimo era già dominante. Questo tentativo sollevò tra i príncipi tedeschi una protesta, che è all’origine del nome protestante.


Gli antecedenti del protestantesimo

Ogni eresia è un rigetto dell’autorità di Dio e della sua Chiesa. A questo titolo, l’eresia protestante si accomuna a tutte quelle che l’hanno preceduta. Alcune di esse, però, l’hanno maggiormente prefigurata e come preparata.

Berengario di Tours, nell’XI secolo, attaccò il dogma della Presenza Reale e della consacrazione, ma non adottò una posizione netta, oscillando continuamente tra diverse concezioni, tra cui l’impanazione: Cristo nell’Eucarestia si unirebbe al pane e al vino in maniera simile all’unione ipostatica che realizza l’Incarnazione.

Nel secolo successivo, abbiamo Pietro di Bruys (morto verso il 1137), prete interdetto, nativo del Delfinato, che imperversò per vent’anni in Linguadoca e in Provenza.
Egli rigettava il battesimo dei bambini, la Messa, l’Eucarestia, il culto delle immagini e della Croce, le preghiere e le offerte per i morti, il celibato ecclesiastico e religioso, l’uso di edificare le chiese; i suoi partigiani fanatizzati maltrattavano i chierici e i monaci per costringerli al matrimonio, rovesciavano gli altari e i crocifissi.
Egli fu gettato tra le fiamme dagli abitanti di Saint-Gilles, indignati nel vederlo far cuocere della carne con un pezzo di crocifisso (8).

Bisogna anche menzionare Pietro Valdo (1140- 1206), mercante lionese che vendette tutti i suoi beni e distribuì il ricavato alla moglie e ai poveri; benché laico, partì per predicare il Vangelo, praticando una grande povertà. Indubbiamente ben intenzionato, all’inizio, ma preso da un grande orgoglio, si rifiutò di sottomettersi alle interdizioni che gli vietavano di darsi alla predicazione. Egli se la prese col clero al quale rimproverò di possedere dei beni. La scomunica che lo colpì non lo indusse alla resipiscenza, si ostinò e scivolò con uno zelo imprudente nell’eresia.
Per giustificare la sua condotta, arrivò a negare il sacramento dell’Ordine, affermando che ogni fedele è sacerdote e può consacrare se conduce una vita da santo. I suoi discepoli, chiamati valdesi, si sono mantenuti e poi si sono associati ai calvinisti.

Nel XIV secolo, in Inghilterra imperversò John Wycliffe (1324-1384), chierico da un orgoglio tale che lo portò ad agognare una carica episcopale che non ottenne; cosa di cui s’adombrò. Nel 1366, il Papa Urbano V reclamò dal Re Edoardo III il pagamento di un tributo che l’Inghilterra doveva pagare alla Santa Sede a partire da Giovanni Senza Terra, ma che non era stato pagato da più di 33 anni. Il parlamento rifiutò di autorizzare la spesa e Wycliffe lo sostenne contro l’autorità della Chiesa. Egli venne severamente rimproverato e, pur mantenendo una certa riservatezza, coltivò del rancore. Il grande scisma d’Occidente, che si verificò nel 1378, gli permise di consumare pubblicamente la sua rottura.
Secondo lui, la Bibbia è la sola autorità in materia religiosa; il battesimo dev’essere conservato, ma la transustanziazione è assurda; la confessione sarebbe stata inventata da Innocenzo III. A questo si aggiungono alcuni elementi di panteismo. A partire dal 1380, egli si ritirò allo scopo di scrivere. La sua opera principale è il Trialogus, in cui fa dialogare la verità, la menzogna e la prudenza. I suoi discepoli si riuniranno in seguito con una setta preesistente: i Lollardi, di cui conservarono il nome, e si uniranno agli eretici del XVI secolo.

I principii del wycliffismo furono condannati, ma anche studiati, al pari degli altri errori, nelle Università. E’ nell’Università di Praga che cercheranno di svilupparsi.
Qui Jean Hus (1369-1415) faceva il professore e predicava la riforma della Chiesa e un ritorno alla povertà dell’età apostolica. Egli si lasciò sedurre dagli scritti di Wycliffe e si mise a predicare un wycliffismo privo degli errori sull’Eucarestia e del panteismo. Nella sua opera principale: De Ecclesia, dove espone l’essenziale della sua dottrina, egli afferma la necessità delle buone opere. I suoi discepoli, chiamati Hussiti, si divisero in seguito in due gruppi, i moderati: calixtini, e gli esaltati: taboriti o horebiti. Tuttavia, erano tutti degli utraquisti, che reclamavano cioè la Comunione sotto le due specie [sub utraque specie].
I calixtini si allearono con i cattolici contro gli esaltati, che vennero sconfitti e sparirono, ma in seno ai calixtini nacquero dei nuovi esaltati che persistettero per secoli. Nel corso del tempo si verificarono nuove divisioni da cui sorsero i Fratelli Moravi e i Fratelli Cechi, questi due gruppi si unirono ai luterani.

A queste sette va aggiunto lo spirito che l’Umanesimo contribuiva a diffondere vantando senza riserve l’antichità pagana: spirito di indipendenza nei confronti della fede o, quanto meno, dell’autorità ecclesiastica.
Erasmo (1467-1536) affermava: «Ogni uomo, che sia contadino o tessitore, possiede la vera teologia, ispirato e guidato dallo spirito di Cristo (9)».
Mettendo l’uomo in primo piano, l’Umanesimo l’ha allontanato da Dio e l’ha condotto ad emanciparsene.

Il terreno era pronto, il seme era già gettato, la zizzania aveva solo da germogliare…


La rivoluzione luterana

Martin Lutero (1483-1546)

Martin Lutero, nativo di Eisleben, fu colui che permise che tutto si cristallizzasse. Temperamento scrupoloso ed angosciato, egli entrò nel convento degli eremiti di Sant’Agostino a Erfurt, nel 1505, pensando di trovare nel chiostro la pace dell’anima; venne ordinato prete nel 1507. Nel 1508 fu nominato professore all’Università di Wittenberg, incaricato di insegnarvi filosofia, materia che non lo interessava, mentre invece era appassionato di esegesi.
Era sempre tormentato dalle sue angosce che lo serravano sempre più. Egli riteneva che la confessione distruggesse e sradicasse il peccato e quindi si disperava nel vedersi sempre tentato nonostante le sue confessioni e penitenze. Partì in viaggio per Roma verso la fine del 1510, con l’autorizzazione del suo superiore Staupitz, per fare lì una buona confessione generale e trovarvi la pace dell’anima. Ma non accadde niente, e non poteva essere diversamente viste le sue errate concezioni.
Nel 1512, divenne professore di Sacra Scrittura. Egli iniziò con un commento ai Salmi, in cui non si riscontra alcun errore, se non delle originalità da cui è impossibile giungere al suo futuro sistema. Nel 1515, tiene un corso sulla Lettera di San Paolo ai Romani, nel quale si ritrova il fondamento della sua dottrina. Della frase dell’Apostolo: «Noi riteniamo infatti che l’uomo è giustificato per la fede indipendentemente dalle opere della legge» (Rm. 3, 28), egli dà quell’interpretazione che calmerà le sue angosce: poco importa ciò che si compie; ciò che giustifica è la fede, quella fiducia nel fatto che Cristo, per bontà, ci applica da fuori la sua giustizia.
Con tale interpretazione, la fede è solo fiducia in Dio, una fede fiduciale, ma essa sola, che basta da sola per la salvezza.



Se la rivolta di Lutero ha inizio nel 1517, quand’egli affigge le sue 95 tesi contro le indulgenze, in effetti essa è già matura nel 1515. La diatriba delle indulgenze non è quindi all’origine della sua dottrina, ma è solo l’occasione per esprimerla pubblicamente.

All’epoca la Santa Sede, avendo deciso la costruzione della Basilica di San Pietro, fece appello alle donazioni dei fedeli. Per assicurarsi delle elemosine più abbondanti, si accordarono ai donatori delle indulgenze come ricompensa della loro generosità. Lutero si trovò così di fronte a ciò che negava: le opere. Egli si servì di questa occasione per predicare la sua dottrina. Venne invitato a tacere. Su richiesta del Papa e con una grande bontà, nell’ottobre del 1518 arrivò da Roma il Gaetano, per cercare di ricondurlo alla fede, ma senza successo. Leone X, il 9 novembre, pubblicò il decreto Cum postquam, spiegando le indulgenze.
Il Sommo Pontefice fece tenere un’udienza a Lipsia, dal 27 giugno al 15 luglio, in cui Lutero poté esporre le sue tesi in compagnia di uno dei suoi discepoli, il Carlostadio (10) (1480-1541); lo scopo era quello di convincerlo che fosse in errore, ma non fu così. Leone X allora si decise a condannarlo con la bolla Exsurge Domine del 15 giugno 1520. Carlo V, giovane Imperatore, fece lo stesso nella dieta di Worms nel 1521.

Alcuni elementi essenziali della sua dottrina

Il nostro proposito non è innanzi tutto dottrinale, quindi ci limiteremo ai grandi temi della dottrina luterana:

- La giustificazione è operata da Dio che ci applica dall’esterno la giustizia di Cristo, senz’altra partecipazione da parte nostra se non la fede in questa giustificazione. Le opere non servono a niente per la salvezza, perché il peccato non ha solo ferito l’uomo, ma lo ha corrotto totalmente: egli pecca qualunque cosa faccia. Le opere umane sono tutte sistematicamente affette da peccati e se, malgrado tutto, esse mirano a fare il bene, non fanno altro che manifestare il perdono che Dio ci accorda: esse non sono affatto una qualche forma di nostra collaborazione all’opera della nostra redenzione. La giustificazione non comporta alcuna trasformazione interiore. Quanto alla Lettera di San Giacomo che dice esplicitamente che la fede non può essere separata dalle opere e che senza di queste essa è morta (Gc, 2, 14), Lutero dichiara che è una lettera di paglia.
Questa nozione della giustificazione è il punto centrale del luteranesimo e di tutte le credulità che produrrà.

- Cambia anche la natura della fede. Essa non è più una virtù infusa da Dio nell’anima, che porta quest’ultima ad aderire a ciò che Lui le rivela con l’insegnamento della Chiesa; non è neanche il contenuto dottrinale di questo insegnamento; essa è solo la fiducia in Dio, il solo autore della giustificazione.

- Lo Spirito Santo ispira direttamente ad ogni uomo come comprendere la Sacra Scrittura. Ognuno quindi è abilitato ad interpretarla come gli sembra meglio, senza che qualcuno abbia la possibilità di costrizione su altri. Tutti sono dunque rigorosamente uguali e non esiste alcun magistero esterno. Il che è quanto si è convenuto di chiamare libero esame.
La gerarchia è solo qualcosa al servizio dell’organizzazione, essa insegna, ma ognuno è assolutamente libero di non seguirla; almeno in teoria, perché in pratica il luteranesimo conosce la legge del doppio ritmo: da una parte il libero esame in base al quale ognuno interpreta da sé la parola di Dio, dall’altra la vigilanza che devono esercitare le autorità statuite al fine di conservare una certa coesione nel luteranesimo. Cosa con la quale si produce un trasferimento d’autorità dai vescovi ai príncipi (11). Lutero è l’autore di entrambi gli aspetti di questa legge.

- Dei sacramenti, i soli che rimangono sono il battesimo e l’Eucarestia, chiamata cena. A proposito di quest’ultima, Lutero insegna la consustanziazione, teoria secondo la quale la sostanza del pane e del vino coesiste con quella di Cristo. Tuttavia, tali sacramenti sono solo dei simboli che dimostrano l’azione di Dio, essi non cambiano alcunché.

- La Bibbia è la sola che contenga la parola di Dio: è l’unica fonte della Rivelazione.

Lutero elabora via via il suo sistema in funzione dei suoi bisogni, mescolandoli a imprecazioni e oscenità; il ruolo di teologo viene svolto dal suo discepolo Philiph Schwartzherdt, detto Melantone (1497-1560). Lo stesso Lutero dirà: «Il dottor Philiph è sempre preoccupato per le grandi questioni dello Stato e della religione, mentre io mi vedo ossessionato dalle preoccupazioni personali (12)».

Completiamo lo schema osservando che il luteranesimo è stato in Germania la religione di Stato, come il calvinismo lo sarà in altri paesi, in particolare in diversi cantoni svizzeri. Tuttavia, certi protestanti rifiutarono questa nozione di religione di Stato.

Ufficialmente, ancora oggi, il luteranesimo si basa, oltre che sulla Bibbia, su sette testi di riferimento, detti «libri simbolo» (i cattolici direbbero testi del magistero). Essi sono: 1, il Simbolo degli Apostoli; 2, il Simbolo di Nicea-Costantinopoli; 3, il Simbolo di Sant’Atanasio; 4, la formula di concordia del 1577-1580; 5, La confessione di Augusta redatta da Melantone nel 1530, che è il testo di riferimento dei luterani e che riassume la loro credenza; 6, l’apologia della confessione di Augusta redatta dallo stesso autore nel 1531; 7, un insieme di testi costituiti dal piccolo catechismo e dal grande catechismo redatti da Lutero, nonché gli articoli di Smalcalda del 1536 e i loro annessi del 1537 redatti da Melantone.

Questi ultimi sono quindi di una certa importanza: essi descrivono chi è il protestante. Melantone finisce con l’ammettere i sette sacramenti, il criterio della tradizione patristica e ciò che egli chiama: sinergismo, e cioè che l’essere umano deve collaborare alla sua salvezza e può accettare o rifiutare la grazia. Che rimane della fede fiduciale di Lutero?
Egli però rifiuta l’autorità della Chiesa. Questa sua evoluzione gli procurerà l’opposizione dei luterani puri e duri, come il tale Mattia Flacio Illirico (1520-1575).

Nel 1525, Lutero constatava, amareggiato ma per nulla pentito, le conseguenze della sua dottrina: «Vi sono tante sette e tanti Credo quante teste. Punte di volgarità così grossolana che immaginano di aver ricevuto una rivelazione dallo Spirito Santo e si erigono a profeti per aver sognato o immaginato qualcosa. (13)».

Dinamiche rivoluzionarie

Niente di più logico di tale deflagrazione. Dal momento che ognuno è in contatto diretto con Dio, che l’ispira personalmente, ecco che può fabbricare un sistema a sua convenienza. Mai messi in questione, tali princípi finiranno col distruggere tutto: la Rivelazione, la società, la stessa setta, che non smetterà mai di dividersi e di suddividersi.

La Rivelazione

La Chiesa insegna che Dio si rivela a noi esteriormente e che questa Rivelazione ci viene trasmessa da due fonti: la Tradizione e la Sacra Scrittura. L’elenco dei libri canonici è stabilito dal magistero, cosa che dimostra il carattere primario della Tradizione rispetto alla Bibbia.

Il protestantesimo non ha mai potuto trovare un equilibrio stabile nella concezione degli elementi fondamentali. Già il ministro calvinista Pierre Jurieu (1637-1713), messo con le spalle al muro da Bossuet, affermava che la religione, essendo vivente, non poteva che evolversi, perché non è un cadavere. Qualcuno dei suoi correligionari, comprendendo l’abbaglio di cui era vittima, non riprese i suoi argomenti, dei quali in un primo tempo andò fiero, prima di rendersi conto del suo errore. Ma il male era fatto ed era anche rivelatore: in assenza di un magistero esterno, appoggiandosi solamente sull’interpretazione personale della parola di Dio, niente più ne garantiva la stabilità. Jurieu, senza volerlo, annunciò la deliquescenza della nozione di Rivelazione e di tutta la dogmatica dei protestanti.

Jurieu era calvinista, ma le conseguenze saranno simili anche presso i luterani. Le stesse cause producono gli stessi effetti.

Gotthold Lessing (1729-1781) per primo: distingue la religione di Cristo dal dogma cristologico. La prima sarebbe fatta di pietà, che a poco a poco si ridurrà ad una sentimentale vita interiore; il secondo sarebbe una formulazione speculativa puramente umana.

Alla stessa epoca, Emmanuel Kant (1724-1804) elabora il suo sistema filosofico idealista e Friedrich Hegel (1770-1831), con la sua fenomenologia e la sua dialettica, conduce la ragione umana ad evolversi verso la divinità. Questi sistemi filosofici avranno un’importanza considerevole nello sviluppo del pensiero protestante e oltre.

Friedrich Schleiermacher (1768-1834) è il teologo dell’esperienza spirituale fondata sul sentimento religioso. Cristo è semplicemente colui che ha preso meglio coscienza di ciò che siamo, poiché non vi è alcuna Rivelazione oggettiva. La Chiesa non è altro che la messa in comune delle esperienze individuali. Il dogma è solo la formulazione speculativa fatta in un dato momento, che manifesta la coscienza collettiva in quel momento della storia; una semplice testimonianza dello stato di un’epoca.

Schleiermacher ebbe un discepolo in Francia in Auguste Sabatier (1839-1901) che dipese molto dalle teorie tedesche e per il quale la religione si fonda sulla presenza di Dio in noi e si sviluppa col sentimento. Nel 1897 pubblicò un’opera considerata da alcuni come la più importante dopo l’Istituzione della religione cristiana del 1536 di Giovanni Calvino: Esquisse d’un philosophie de la religion.

Giunti a questo punto, che ne è del Nuovo Testamento?
David Friedrich Strauss (1808-1874) ne contesta logicamente l’autenticità e Friedrich Christian Baur (1792-1860) lo completa affermando che il cristianesimo è solo il frutto dell’evoluzione della ragione.

Albert Ritschl (1822-1889) vorrebbe ritornare alle norme dell’obiettività, ma dove trovarle dal momento che si ha per principio il libero esame? Ma nel Nuovo Testamento! Così da essere a contatto diretto con la personalità di Cristo! E chi l’ha conosciuto meglio? La prima generazione dei Suoi discepoli! Ma, attenzione, bisognerà liberare le parole di Cristo da tutti gli apporti che la comunità primitiva vi ha aggiunto.
Insomma Ritschl si dà ad una vera inchiesta storica e la porta avanti. Ma che rimane del suo lavoro tra i suoi epigoni? Certi insisteranno soprattutto sull’aspetto morale, e allora si parlerà di etica; altri spingeranno sull’aspetto sociale; ma tutti, al seguito del loro maestro, finiranno col fare della religione un bisogno naturale.

Rudolf Bultmann (1884-1976) realizza una cesura radicale tra il Cristo storico, che deriva dal dominio delle scienze umane, senza peraltro che possano coglierlo con certezza, e il Cristo della fede, che tocca la nostra esperienza.

Adolf Harnack (1851-1930) si dà ad una sistematica demolizione della Sacra Scrittura. Secondo lui, il Nuovo Testamento non è altro che un affastellamento di apporti filonici, ellenici, rabbinici, mescolati ad alcuni versetti del Vecchio Testamento. Trascorrerà la sua vita lavorando a questo vero massacro della Sacra Scrittura.

Wilhelm Hermann (1846-1922) propugna i diritti della fede personale, l’indipendenza delle coscienze, il carattere sacro dell’esperienza religiosa individuale. Per lui, l’individuo crea la religione.
Nessuno ha il potere di imporci delle idee estranee, che vengano dagli Apostoli o da Gesù stesso: sarebbe obbligarci a rinunciare alla religione personale: «l’invito – egli dice – di aderire alla religione altrui è assurdo e immorale. […] La religione è una vita; niente di ciò che rassicura le collettività deve sostituirsi alle spontaneità della coscienza. […] Il concetto di chiesa è antireligioso. Si lasci che le coscienze protestanti seguano ciascuna il suo cammino: più esse divergeranno, più testimonieranno dell’intensità della vita religiosa che circola in esse. Il giorno in cui si cristallizzeranno nell’unità di una fede e nella stabilità di un dogma, la chiesa sarà senza dubbio alla vigilia della sua ricostituzione, ma con delle anime spogliate dalla vera vita divina (14).

Theodor Haering (1884-1964) insegna che «La religione è l’opera degli individui e il grido di un tempo» (15).
[Egli] distingue accuratamente la nozione di fede religiosa dalla scienza della fede. La fede è un’adesione a dei concetti che la coscienza talvolta adotta, talvolta modifica, talvolta rigetta. Essa è mutevole; essa segue l’evoluzione della vita. Vi è contraddizione interna a parlare di scienza della fede, la prima implica infatti la stabilità e l’universalità necessarie, la seconda, la mobilità e la contingenza. Non si può avere quindi una scienza delle verità che dovremmo credere, come fossero giunte ad uno stadio di immutabile perfezione. (16).

Segnaliamo infine, senza pretendere di essere esaustivi, Oscar Cullmann (1902-1999) che, da parte luterana, è stato uno degli iniziatori del dialogo ecumenico con i cattolici, cosa che gli è valsa l’essere uno degli osservatori protestanti al concilio Vaticano II.

All’inizio del XX secolo, il luteranesimo è diviso in due tendenze: i radicali, che più tardi verranno denominati liberali, e i conservatori più o meno moderati, come Paul Lobstein (1850-1922), i quali scivoleranno pian piano verso coloro che pretendevano di combattere e che l’avranno vinta del loro conservatorismo.

L’atomizzazione delle sette

Anabattisti e Mennoniti

Il principio del libero esame implica di per sé il regno della discordia. E questa non tarderà ad arrivare. Fin dagli inizi della rivoluzione luterana sorsero gli anabattisti, così chiamati perché si opponevano al battesimo dei bambini. Gli iniziatori: Nicolas Storch (1500-1530) e Thomas Münzer (1490-1525), ai quali si aggiunse Carlstadt, sollevano i contadini in arme e cominciano a dare battaglia, abbandonandosi alla violenza più estrema. Lutero non consiglia la guerra ai contadini, ma rivolge loro dei discorsi tali da indurveli. Una volta avvenuti i misfatti, l’ecclesiaste di Wittenberg, come amava essere chiamato, rivolge ai príncipi dei discorsi di repressione; bilancio: più di 100.000 morti. Gli anabattisti vennero schiacciati, i sopravvissuti si nascosero e poi emigrarono, finendo col porsi sotto le direttive di un prete apostata, Menno Simons (1496-1561), da cui il nome di mennoniti. Essi esistono tuttora e perpetuano l’anabattismo; nel loro seno vi è  una comunità particolare – gli amish – che prendono il nome dal pastore Jakob Ammann (1656-1730). Quest’ultima comunità vive negli Stati Uniti e rifiutano più o meno le tecniche e le tecnologie apparse dopo la loro fondazione; i componenti hanno il tasso di natività più alto al mondo: da sei a otto figli.

Calvinisti

Nel 1536, un giovane francese si distinse pubblicando L’istituzione della religione cristiana. L’autore, Jehan Cauvin (1509-1564), passerà alla storia come Giovanni Calvino. Dopo gli studi di diritto, divenne riformato e si stabilì a Ginevra, su invito di Guillaume Farel (1489-1565). Quest’ultimo, che aveva fatto parte del Cenacolo di Meaux (17), aderì alla riforma, fu predicatore itinerante e nel 1532 si stabilì a Ginevra, dove più tardi fece venire Calvino. Nel 1538, il Consiglio della città li espulse. Farel andò ad abitare a Neuchatel, Calvino andò a Strasburgo su invito di Martin Bucer (1491-1551), domenicano apostata divenuto luterano che organizzò la riforma in Alsazia e poi dovette andare in esilio in Inghilterra. Nel 1541, Calvino ritornò a Ginevra e a poco a poco vi stabilì la sua dittatura. Inviò dei predicatori dappertutto e in particolare in Francia. Gli successe Teodoro di Beza (1519-1605).

Per Giovanni Calvino, alla cena Cristo è presente spiritualmente, niente di più. Egli rigetta, non solo la verità cattolica espressa dal termine transustanziazione, ma anche l’eresia luterana detta consustanziazione. Egli sostiene anche la doppia predestinazione assoluta: teoria secondo la quale Dio predestina ciascuno alla salvezza o alla dannazione eterne, senza che si possa cambiare alcunché. Da cui la concezione secondo la quale la ricchezza è una benedizione di Dio e un segno di salvezza, mentre la povertà è il contrario.

Un po’ dopo, con le stesse idee di Calvino, Ulrich Zwingli (1484-1531) installa la rivoluzione a Zurigo, gli succede Heinrich Bullinger (1504-1575); Giovanni Ecolampadio (1482-1531), prima discepolo e poi avversario di Lutero, si stabilì a Basilea e Pierre Viret (1510-1571) a Losanna, dopo aver influito sulla decisione del cantone di Vaud al momento della disputa di Losanna nell’ottobre del 1536. Più tardi, andrà a predicare nel Sud della Francia.
Segnaliamo anche Antoine Marcout (1485-1561), redattore dei manifesti [contro la Messa] affissi nella notte [in Francia] tra il 17 e il 18 ottobre 1534.

Anglicani

Nel 1531, il Re d’Inghilterra, Enrico VIII (1491-1547), si proclama da sé capo della Chiesa e del clero d’Inghilterra, in seguito al fatto che non riuscì ad ottenere dal Papa la dichiarazione di nullità del suo matrimonio con Caterina d’Aragona. Egli fece uccidere i recalcitranti. Non era un eretico e nel passato aveva scritto contro Lutero e la sua nuova dottrina, ma ruppe con Roma e aprì la porta all’eresia. Alla sua morte, il figlio divenne Re col nome di Edoardo IV (1537-1553), ma non aveva ancora 10 anni. Lo zio materno Lord Seymour divenne reggente. Sotto la sua direzione, Thomas Cranmer (1489-1556), arcivescovo di Canterbury, installò l’eresia nel regno e pubblicò, nel 1549, il Book of common prayer o Prayer book [Il libro delle preghiera comune o Libro della preghiera], il quale venne rivisto una prima volta nel 1552 per sopprimervi le volontarie ambiguità introdotte nella prima edizione, e una seconda volta nel XVII secolo. La regina Elisabetta I (1533-1603), dopo il breve ritorno al cattolicesimo sotto Maria Tudor (1516-1558), riaffermò l’eresia e, nel 1559, impose l’Atto di conformità; dopo, nel 1571, promulgò i 39 articoli redatti nel 1563, che contengono ciò a cui devono aderire gli anglicani. Lei si proclama «governatrice» e non più «capo» della Chiesa e del clero d’Inghilterra, per significare che non intendeva esercitare la sua autorità in materia dottrinale.

L’anglicanesimo è diviso in tendenze: la High Church [Chiesa Alta], i cui membri amano farsi chiamare anglo-cattolici, cosa che indica di per sé la loro inclinazione, anche se rimangono fuori dalla Chiesa cattolica; la Low Church [Chiesa bassa], apertamente protestante; e la Radical christianity [Cristianità radicale] i cui membri sono dei liberali.
L’anglicanesimo si è diffuso con le conquiste coloniali dell’Impero britannico e, in definitiva, può ricondursi a quattro princípi: la Bibbia, l’episcopato (che non è valido), il Prayer book e la corona.

Presbiteriani e Congregazionalisti

John Knox (1513-1572) impiantò il calvinismo in Scozia, fondando i Presbiteriani, che rifiutano l’episcopato. Essi riassumono le loro credenze nella Confessione di Westminster, elaborata nel 1647-48. Sono i cosiddetti Puritani. Nel 1590, su istigazione di Robert Browne (1550-1633) ed Henry Barrow (1550-1593), si divisero e nacque una nuova denominazione: i Congregazionalisti, che propugnano l’uguaglianza. I presbiteriani avevano soppresso i vescovi, i congregazionalisti aboliscono i pastori. Finiranno con l’essere perseguitati e molti di loro partiranno nel 1620 per l’America con la nave Mayflower…

Battisti

Nel 1602, un gruppo di congregazionalisti inglesi diretto da John Smyth (1554-1612) accolse gli anabattisti fuggiti dal continente per scampare alle persecuzioni. A poco a poco essi adottarono le opinioni dei rifugiati sul battesimo e John Smyth si ribattezzò lui stesso nel 1609. Nacquero così i Battisti. Al pari degli altri si divisero in due gruppi: i generali e i particolari, a seconda dell’estensione che attribuivano alla salvezza di Cristo.

Le contestazioni teologiche a tutto campo e la legge del doppio ritmo

Sul continente si manifesta una nuova tendenza; gli Arminiani, il cui nome deriva da Arminius, soprannome di Jacob Harmensen (1560-1609), il quale pur rimanendo calvinista non intendeva aderire alla doppia predestinazione assoluta. In occasione del sinodo calvinista di Dordrecht, nel 1618, gli arminiani avanzarono delle rimostranze, cosa che li portò ad essere chiamati Remostranti. Un teologo calvinista sostenitore della doppia predestinazione assoluta: François Gomar (1563-1641), intervenne contro di loro, il sinodo lo seguì e gli arminiani furono condannati e poi perseguitati.

Tutte le opinioni sono libere, perché ispirate dallo Spirito Santo, ma i più forti impongono le loro agli altri, che si devono sottomettere: in effetti, se il protestantesimo ha soppresso il magistero, non ha abolito l’autorità, l’ha semplicemente trasferita dai vescovi ad altri (príncipi, assemblee, sinodi, popolo, ecc.) che vegliano per mantenere una certa coesione sociale; è anche questa un’applicazione della legge del doppio ritmo, che si ritrova sia tra i calvinisti, sia tra i luterani.

Altro esempio dell’applicazione di questa legge: sul piano della dottrina, diversi, come Kaspar Schwenckfeld von Ossig (1490-1561), danno preminenza, sulla Bibbia, ad una luce divina interiore ricevuta da ogni uomo. Da qui, ad identificare questa luce divina con la ragione umana non v’è che un passo, che sarà presto compiuto. A questo stadio, i dogmi proclamati nei primi secoli della Chiesa, e che né Lutero né Calvino mettevano in discussione, sono tutti distrutti. La Trinità, l’Incarnazione, la Redenzione, il peccato originale, tutto passa al vaglio della ragione. Ed ecco i neo-ariani, gli antitrinitari o unitariani e altri sociniani, dei quali le figure principali sono: Lelio Sozzini [Socinus o Socini] (1525-1562) e suo nipote Fausto Sozzini (1539-1604) o Michel Servet (1511-1553) che Calvino mandò al rogo: altra messa in opera, quantunque anteriore, della legge del doppio ritmo.

Pietisti

L’invasione di questo razionalismo antidogmatico che in definitiva ridusse la religione ad una specie di morale, annientò ogni vita interiore. Ma l’inevitabile moto di bilanciamento provocherà l’eccesso opposto. Nel XVII secolo, in seno al luteranesimo farà la sua comparsa un movimento indicato come pietismo, il cui fondatore fu Johann Arndt (1555- 1621), e che arriverà al suo apogeo nel 1675 con la pubblicazione del libro di Philip Jacob Spener (1635-1705): Pia desideria.
Questa corrente ricordava, molto giustamente, che il cristiano deve tendere alla perfezione, ma commise l’errore di rigettare la teologia concettuale, col pretesto che essa condurrebbe al razionalismo antidogmatico.
Considerando lo svuotamento progressivo di tutta la Rivelazione presso i protestanti, il timore sembrerebbe legittimo; l’errore sta nel non aver capito che la teologia, la sana teologia, quella che opera sotto l’occhio vigile e benevolo del magistero e non nega il valore soprannaturale delle buone opere, ci permette di conoscere meglio Dio e di nutrire la nostra vita spirituale preservandola così dal sentimentalismo.

Quaccheri

George Fox (1624-1691), nel 1648, fondò la Società degli Amici, i cui membri sono conosciuti col nome di Quaccheri. Egli soppresse ogni cerimonia esteriore nel culto e ogni funzione gerarchica; i sacramenti sono solo interiori, gli elementi esteriori sono inutili e ingannevoli. Di buona eloquenza, egli ottenne un gran successo che, aggiunto alla sua dottrina, attirò su lui e i suoi amici la persecuzione. Essi emigrarono negli Stati Uniti dove uno di essi, William Penn (1644-1718), titolare di un credito col Re d’Inghilterra, ottenne in cambio la concessione di un vasto territorio, dove poterono recarsi i rifugiati della Società degli Amici. E’ dal suo nome che quel territorio boscoso è conosciuto come Pennsylvania. In più, padre Chéry O. P. ritiene che i loro princípi abbiano fortemente impregnato la Costituzione americana.

Metodisti

In reazione al razionalismo del XVIII secolo, in Inghilterra, John Wesley (1703-1791) e suo fratello Charles Wesley (1707-1788) fondarono il metodismo. Essi rifiutarono la dottrina della predestinazione su motivazioni ispirate al luteranesimo e intesero condurre una seria vita spirituale, incitando gli altri a fare lo stesso, cosa che procurerà loro numerose difficoltà. Il metodismo, al pari di molti altri errori, emigrò negli Stati Uniti dove si diffuse.

Darbisti

Agli inizi del XIX secolo, un pastore anglicano nato in Irlanda, John Nelson Darby (1800-1882) si mise a pensare che il potere degli Apostoli non fosse trasmissibile, per cui non può aversi alcuna gerarchia ecclesiastica. Egli predicò la sua dottrina in Irlanda, in Inghilterra, in Francia, in Svizzera, negli Stati Uniti e in Nuova Zelanda, dove si fece dei discepoli, chiamati darbisti, ma il cui nome ufficiale è Assemblea dei Fratelli. Secondo loro, il ritorno di Cristo sarebbe prossimo, bisogna dunque preparare il gregge dei veri fedeli che Gli andrà incontro. La setta si è divisa tra i fratelli stretti, che rifiutano ogni collaborazione con gli altri cristiani, e i fratelli larghi, che l’accettano.

Mormoni

Nella stessa epoca, negli Stati Uniti, Joseph Smith (1805-1844), nato in una famiglia presbiteriana, fondò la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, i cui membri sono meglio noti col nome di mormoni. John Smith pretese di aver avuto delle rivelazioni che gli permisero di trovare e di tradurre il Libro di Mormon, libro santo di valore pari alla Bibbia, che contiene delle rivelazioni di profeti sconosciuti. I mormoni, all’inizio erano poligami e vennero perseguitati sulla costa est, partirono quindi per il Far West fermandosi al Lago Salato, dove costruirono la città che prese il nome di Salt Lake City. In seguito rinunciarono alla poligamia per mettersi in regola con la Costituzione americana. Credono che Gesù Cristo ritornerà e regnerà in America.

Avventisti

A partire dal 1833, William Miller (1782-1849), proveniente dall’ambito battista, comincia predicare il prossimo ritorno di Cristo, di cui fissa la data al 22 marzo 1844, poi al 22 ottobre dello stesso anno. Dopo questi due fallimenti, le 100.000 persone che si erano fidate di lui, l’abbandonarono, sia per ritornare alla loro confessione d’origine, sia per aderire ad uno dei gruppi fondati dopo tale scacco. Uno di questi gruppi era diretto da James White (1821-1881), predicatore al servizio di Miller, e da sua moglie Ellen White (1827-1915), «profetessa» proveniente dall’ambito metodista. Fu lei che diede l’impulso definitivo a ciò che divenne la Chiesa degli Avventisti del Settimo Giorno. Costoro hanno 28 credenze fondamentali, osservano come festività il sabato, si astengono da alcool, tè, caffè, tabacco, dalla carne in generale e da quella di porco in particolare, da quasi tutti i pesci e i frutti di mare. Quando Cristo ritornerà, regnerà mille anni con 144.000 avventisti perfetti. Non conoscono il culto dei Santi, né i suffragi per i morti; la morte, d’altronde, non sarebbe altro che uno stato d’incoscienza fino al ritorno di Cristo. La cena è preceduta dalla lavanda dei piedi.

Salutisti

Nel 1861, William Booth (1829-1912) rompe con i metodisti e nel 1865 fonda la Missione Cristiana, ben presto denominata Esercito Alleluia, il quale, verso il Natale del 1877, adotterà il nome definitivo di Esercito della Salvezza. Organizzato sul modello dell’esercito inglese, il suo scopo è la salvezza degli uomini attraverso uno slancio missionario verso i più bisognosi. Non si tratta di filantropia, poiché lo scopo finale è la conversione; ma Booth si rende conto «che è difficile salvare un uomo che ha i piedi nel fango (18)». Egli aveva scoperto quello che le opere di carità cattoliche conoscevano da lungo tempo: la salvezza è il punto d’arrivo della trilogia zuppa, sapone, salvezza. Del resto, questo metodo non è infallibile; San Vincenzo di Paola parlava di cristiani della zuppa per indicare quei poveri ai quali offriva un pasto per poter parlare loro di Dio e che da parte loro accettavano il discorso per poter mangiare. E’ questo l’essenziale dell’attività dell’Esercito della Salvezza, che non si cura della dottrina, tranne che non sia anticattolica.

Testimoni di Geova e Amici dell’uomo

Charles Taze Russel (1852-1916), nato in una famiglia presbiteriana, perdette la “fede”. La ritrovò nel 1870 a contatto con gli Avventisti, da cui si separò nel 1874 per fondare la Torre di Guardia, di cui si servì per pubblicare i suoi scritti, che diffuse in America e nel mondo. Fondò l’Associazione degli Studenti della Bibbia, che il suo successore, il giudice Joseph Franklin Rutherford (1869-1942), rinominò: Associazione dei Nuovi Studenti della Bibbia, poi Testimoni di Geova, nel 1931. Essi non credono nella divinità di Gesù Cristo o affermano che è solo stato divinizzato; le interpretazioni che danno della Bibbia sono estremamente fantasiose e danno luogo a dei calcoli sulla data di ritorno di Cristo. Dal loro seno sorsero in particolare, nel 1920, gli Amici dell’uomo, fondati da Alexandre Freytag (1870-1947), i quali si divisero ancora alla morte del messaggero dell’Eterno, come Freytag amava chiamare se stesso.

Pentecostali

Assai diverso è il movimento dei Pentecostali, il quale non ha un preciso fondatore, ma deriva dalla convergenza di gruppi di origine diversa. Si tratta di un movimento di risveglio come ve ne sono stati in seno al protestantesimo nel corso dei secoli precedenti. Come origine possiamo citare: Reuben Archer Torrey (1856-1925), a Los Angeles; Agnès Ozman (1870-1937) e il suo maestro spirituale, il pastore metodista Charles Fox Parham (1873-1929), a Topeka nel Kansas.
Il 1 gennaio del 1901, Agnès Ozman visse un’esperienza di battesimo nello spirito e di glossolalia (19). Questa donna è all’origine di un movimento che amplierà la sua influenza col pastore nero William Joseph Seymur (1870-1922), a Los Angeles. Questi attirerà alle sue riunioni, che teneva nella via d’Azusa, moltissime persone, compresi dei pastori, provenienti dal mondo intero, le quali ripartivano per propagare dappertutto l’effusione nello spirito.
Segnaliamo anche il risveglio nel Galles dovuto ad un minore entusiasta, Evan Roberts (1878-1951); risveglio che si riversò su tutte le regioni del Regno Unito e giunse anche sul continente. L’attività di Roberts fu di breve durata, perché si ritirò molto presto nella solitudine per pregare, per più di 40 anni. Egli sconfessò il movimento dei pentecostali di cui aveva preparato il terreno.
Movimenti simili si svilupperanno a partire dal 1907 nelle Indie e in Cina.

Questo movimento si inscrive nella lotta contro l’esegesi di critica storica e predica, oltre alla fede fiduciale, il battesimo nello spirito. Sono queste le sue sole preoccupazioni dottrinali, a fianco di una certa tenuta morale, il che lascia uno spazio molto importante a ciò che costituisce il suo nucleo: la ricerca dell’esperienza sensibile e dei carismi. Una nota organizzazione di questa tendenza è quella delle Assemblee di Dio.
Il movimento dei pentecostali si diffuse a macchia d’olio perché corrispondeva alla mentalità moderna: una sensibilità esacerbata, un’assenza, o quasi, di lavoro intellettuale, la ricerca dello straordinario e un’empatia dei membri.

Chiese evangeliche

Il pentecostalismo fa parte della  tendenza evangelica, che è interconfessionale. Essa si caratterizza per il battesimo nello spirito. Le chiese evangeliche si definiscono chiese di professanti, che significa che la «professione di fede» ha valore solo come scelta personale di colui che la fa; dal momento che i bambini non possono farla, sono esclusi dal battesimo, che potranno ricevere solo a partire dall’adolescenza.

In questo modo, esse si ricollegano alla corrente anabattista risalente al XVI secolo; e si rifanno anche al pietismo, al battistismo e al metodismo.
Quanto al pentecostalismo, esso corrisponde ad un «risveglio» che è cominciato in Armenia verso il 1880, ma anche in India, in Cina, nel Cile, nel Galles e negli Stati Uniti, come abbiamo visto prima, ma senza che tali iniziative si siano influenzate le une con le altre.

Statistiche

Le chiese evangeliche compongono il movimento più numeroso. Infatti, nel 2014, l’Alleanza Evangelica Mondiale rivendica più di 600 milioni di aderenti, di cui quasi 300 milioni di pentecostalisti.
I luterani, la maggior parte dei quali appartengono alla Federazione Luterana Mondiale, i calvinisti, con la loro Comunione mondiale delle Chiesa Riformate e gli anglicani, raggruppano ciascuno quasi 80 milioni di persone.
I metodisti sono 75 milioni; e i battisti, uniti nell’Alleanza Battista Mondiale, sono 36 milioni. Gli avventisti, 25 milioni; i mormoni, 15 milioni; i testimoni di Geova, 8 milioni; i presbiteriani, 5 milioni; i congregazionalisti, 3 milioni; i darbisti, 3,4 milioni; i mennoniti, raggruppati nella Conferenza Mennonita Mondiale, sono 1,5 milioni; gli amish, 300.000.
A questi bisogna aggiungere tutti quelli di cui non abbiamo parlato, come i discepoli di Simon Kimbangu (1887-1951), che lasciò il battistismo per fondare la sua chiesa nel Congo Belga e che ancora oggi raggruppa 7 milioni di membri.

Il liberalismo

La legge del doppio ritmo, che ha dilagato nel dominio religioso, trova un altro terreno di applicazione: la politica.
Se per la salvezza le opere non servono a niente, quale sarà lo scopo della vita?
La risposta è molto semplice: la prosperità.
La virtù del cittadino, che è il bene comune della società, fa riferimento all’insegnamento cattolico e alle opere che esso esige, ma questo non ha più ragione di esistere in un paese sottomesso alla legge del libero esame.

Molto presto si pone un problema concreto: in seguito alla scoperta dell’America, i papi divisero i territori tra le potenze cattoliche, ma i protestanti, che aborrivano il Papa, non rispettarono le sue direttive. I navigli portoghesi e olandesi diedero inizio ad una guerra di corsa, arrembandosi gli uni gli altri, impedendo così il regolare svolgimento dei commerci. Allora, si fece avanti un uomo, Hugo de Groot, conosciuto col nome di Grotius (1583-1645), giurista, diplomatico e filosofo rinomato, che cercò di risolvere la questione a partire da un substrato comune: le due parti si fanno la guerra e questa intralcia il commercio. Qui poco importa la soluzione concreta da lui proposta (20), importante è notare che egli stabilisce, forse involontariamente, il fondamento del diritto liberale. In effetti, in questa questione non si fa alcun riferimento all’insegnamento di San Tommaso d’Aquino, che definisce il diritto come l’oggetto della giustizia (21); qui le due parti constatano che si fanno la guerra e non possono più commerciare in tutta sicurezza: non si tratta più di vero, di bene, di giusto, ma solo di interesse; l’interesse generale rimpiazza il bene comune.
Il fondamento del diritto è più solo l’interesse.

Questo principio posto a livello internazionale, si trasferisce molto facilmente allo Stato. Questo non sarebbe altro che un servizio per organizzare la vita in comune degli individui, e poiché questi hanno più interesse a vivere in società piuttosto che isolati, il loro livello di vita ne guadagna e di molto. Tuttavia, per impedire che chi va ad assumere le funzioni di governo non si serva di tale incarico per il suo profitto personale, occorre inquadrare questo potere. Ecco allora che ci sono diversi princípi liberali: la sovranità dell’uomo, il contratto sociale e la separazione dei poteri (22), che servono ad indebolirlo.
I teorici di riferimento, limitandoci agli autori provenienti dagli ambienti protestanti, sono: Thomas Hobbes (1588-1679) e John Locke (1632-1704).

Il primo ha scritto, tra le altre cose, Leviathan, in esso descrive una società in cui l’uomo esce da un quadro di vita naturale e ogni cosa viene garantita da un sistema invasivo che dirige tutto. Oggi si parlerebbe di sistema burocratico o tecnocrazia. Da notare che Leviathan è il nome che presso i Fenici designava il caos; questo nome è dunque tutto un programma!

Il secondo ha scritto anche lui diverse opere, tra le quali: Lettera sulla tolleranza e Due trattati del governo civile. Nella lettera predica la libertà religiosa nello Stato, poiché la religione incita gli uomini ad essere onesti e dunque a rispettare i loro contratti; essa è buona perché presenta un interesse sociale. Questa tolleranza, però, può essere accordata solo a coloro che ne accettano il principio. Locke sostiene che di tale tolleranza non può godere il cattolicesimo, poiché questo ha la pretesa di detenere la verità, pretesa che nuoce alla libertà.
Se i protestanti affermano che in materia religiosa ognuno è ispirato dallo Spirito Santo e quindi può interpretare la Bibbia, in materia politica sostengono che ognuno è uguale agli altri e gode pienamente della sua libertà.

Con questi due trattati, Locke pone come principio della società che la libertà è inviolabile e che poggia sulla proprietà; ma dovendo vivere in società, è necessario che l’uomo vi acconsenta: è il contratto sociale; così che i poteri devono essere sia divisi e affidanti a persone diverse, sia designati e controllati da tutti.
Come si vede, si tratta dei princípi dell’attuale regime democratico. Il protestantesimo, in tutta logica, è democratico per principio. E l’esempio migliore che si può fare è quello dei congregazionalisti del Myflowers.

Notiamo infine che questo sistema include l’obbligo per l’oppositore o per colui che si è sbagliato, di fare autocritica e di cambiare opinione, lo esige il contratto sociale. Le leggi sono fatte dai rappresentanti di tutti e quindi tutti devono accettarle.
Siamo di fronte ad un buon esempio dell’applicazione nel dominio politico della legge del doppio ritmo. Il principio è la libertà individuale, ma si è costretti ad uniformarsi al tipo d’uomo. La teoria della volontà generale di Gian Giacomo Rousseau (23) (1712-1778) ne è la formulazione dal punto di vista politico. La volontà generale è manifestata dalla maggioranza, ma non si identica con questa; così, trattandosi della volontà che non è solo della maggioranza, essa si impone a tutti e in particolare alla minoranza.

Tuttavia, il rifiuto delle leggi non è sanzionato uniformemente: certi verranno castigati severamente, certi altri beneficeranno di un’incomprensibile clemenza; incomprensibile per chi non ha compreso la società liberale nella sua essenza. Rifiutare la volontà generale equivale a rifiutare il contratto sociale, e questo significa farsi nemico della società e divenire un essere refrattario.

Vediamo quindi per prima cosa il delinquente.
Egli non rispetta le leggi, viola la libertà altrui, e per questo dev’essere punito; tuttavia il sistema lo riconosce come uno dei suoi reietti, senza dubbio esorbitante, ma certo non infedele. Il malfattore ama la libertà, la libertà nel senso liberale, e la sua condotta lo prova a sazietà. Quindi, lui in realtà non è in opposizione al sistema, ma semplicemente devia un po’, in avanti.
In fondo, è particolarmente legato ai princípi del sistema, e nella loro messa in atto è più intransigente del sistema stesso; ed è per questo che il sistema lo protegge. In un sistema democratico esistono sempre delle leggi per garantire il rispetto dei diritti del delinquente; e tali diritti sono peraltro meglio rispettati e difesi di quelli delle sue vittime. E non si tratta di debolezza, ma dell’implacabile applicazione dei princípi liberali. La protezione del delinquente è la garanzia che la società liberale ha sempre come riferimento i princípi che l’hanno fondata.
In fin dei conti, il delinquente è l’eroe della società liberale.

Quanto alla prosperità che potrebbe patirne, il sistema economico è ormai organizzato per poter elargire agli «eroi» del liberalismo un più ampio margine di manovra.
Riprendiamo Grotius: bisogna evitare la guerra perché essa ostacola il commercio e nuoce così alla prosperità; le nostre società moderne non puniscono più i piccoli misfatti o quelli considerati come tali, e non per mancanza di mezzi, ma per scelta ideologica (24). La vittima di un furto sarà indennizzata dalla sua assicurazione o la modicità del prezzo della cosa rubata permetterà di rimpiazzarla senza nuocere alla libertà del delinquente, arricchendo nel contempo il fabbricante e il venditore. Ormai, la società è abbastanza prospera da poter agire in questo modo ed accordare maggiore libertà a quelli che la vogliono.
Del pari, il mondo conosceva uno stato di guerra permanente, non sempre negli stessi posti e di preferenza non nelle regioni più ricche, perché questa guerra non ostacolava il commercio; al contrario, essa perfino lo favoriva, arricchendo il complesso dell’industria militare. La guerra e i diversi misfatti rappresentano ormai un interesse.

Non è lo stesso per chi rifiuta i princípi del sistema. Rifiutando questi princípi egli rifiuta la volontà generale, il contratto sociale, la nozione liberale di libertà… è un refrattario. E’ un nemico del sistema e come tale l’intero sistema lo combatte e cerca di sbarazzarsene: sia facendolo cambiare, sia escludendolo per neutralizzare il suo potere di resistenza. Nella nostra società democratica mediatizzata, la congiura del silenzio spesso permette un’esclusione sufficiente, ma non soddisfacente. Il sistema deve fagocitare il refrattario, ma il suo scopo resta sempre l’eliminazione del nemico al di là della semplice congiura del silenzio.
Quest’odio che la società liberale nutre per il refrattario deriva dal fatto che egli oppone principio a principio, sistema a sistema. E’ una lotta senza pietà e senza possibile conciliazione; ed essa potrà finire solo con la distruzione dell’uno o l’eliminazione dell’altro (25).
Non bisogna stupirsene, si tratta di una costante talmente importante che Nostro Signore Gesù Cristo si è preoccupato di metterci sull’avviso:
«Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia. […] Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; […] Ma tutto questo vi faranno a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato. […] Chi odia me, odia anche il Padre mio» (Gv. 15, 18-23).

Conclusione

Che si consideri la barca religiosa o la barca politica, per usare una terminologia cara a Mons. Henri Delassus (26), il protestantesimo ha distrutto da cima a fondo la cristianità.
E’ dunque a Cristo Re che bisogna ritornare per la salvezza delle anime.

Nella barca politica, il protestantesimo ha prodotto il liberalismo e la democrazia moderna, nonché il mondialismo e le diverse violazioni alla morale naturale. La libera circolazione delle persone, dei beni, dei servizi e dei capitali amplia il campo della libertà; intesa ovviamente in senso rivoluzionario e non secondo la magnifica definizione di Leone XIII: «La libertà è la facoltà di muoversi da se stessi nel bene» (27). Lo stesso vale per le violazioni della legge naturale. Già Thomas Malthus (1766-1834), che fu pastore anglicano, propugnava la limitazione delle nascite…

Nella barca religiosa, il protestantesimo ha prodotto il razionalismo, l’indifferentismo, il sentimentalismo e il modernismo.
Per darne l’idea, rileviamo tre fatti.

Per primo, il prorompere del protestantesimo non corrisponde per niente alla parola di Nostro Signore Gesù Cristo: «Che siano uno» (Gv. 17, 11, 22 e 23). I protestanti se ne rendono conto e, deplorando la loro frantumazione dottrinale senza poterla risolvere, affermano che l’unità deve farsi col cuore. Cosa che disconosce che l’unità col cuore dipende dalla verità: «Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo.» (Gv. 17, 3). E’ solo dopo aver detto queste parole che il divino Maestro esprime il suo auspicio di unità.

Seconda cosa: quando l’essere umano rifiuta il magistero, egli vaga in balia di ogni vento di dottrina, piomba nell’assurdo e si ribella contro la stessa natura. E’ ciò che ha espresso mirabilmente Gilberth Keith Chesterton (1874-1936): «Rimuovete il soprannaturale, e resta solo ciò che non è naturale» (28).

Infine, come non fare il parallelo con la Chiesa conciliare?
Studiando l’evoluzione della nozione di Rivelazione presso i teologi protestanti non si può non rimanere colpiti dalla rassomiglianza col modernismo. Si ha l’impressione di leggere le dottrine che condanna San Pio X nell’enciclica Pascendi (8 settembre 1907). E tale somiglianza non è un caso. I modernisti, tutti impregnati di filosofia tedesca, si sono messi al rimorchio dell’esegesi protestante. E’ questo cambiamento di princípi che spiega la dichiarazione congiunta del 1999.

Vediamo allora tutta la nocività del protestantesimo e il rovesciamento che esso opera in ogni dominio, al punto che la sua teologia sovrasta ogni questione politica, prestandole i suoi princípi e fissandone lo scopo.

Noi siamo su questa terra per la gloria, non quella che passa (29), ma quella che resta in eterno, quella che appartiene a Dio e che, nella sua bontà, Egli vuole comunicarci e per la quale ci ha tratti dal nulla. Egli si aspetta da noi la fedeltà e lo zelo per il Suo nome.

Quanto allo zelo, a seguito di San Domenico che bruciava per le anime, noi lamentiamo: «Che ne sarà dei poveri peccatori?», badiamo accuratamente di non dimenticare «quelli che stanno nelle tenebre 
e nell'ombra della morte» (Lc., 1, 79).

Quanto alla fedeltà, a seguito di Mons. Lefebvre:

Noi aderiamo con tutto il cuore e con tutta l’anima alla Roma cattolica custode della fede cattolica e delle tradizioni necessarie al mantenimento della stessa fede, alla Roma eterna, maestra di saggezza e di verità.
Noi rifiutiamo, invece, e abbiamo sempre rifiutato di seguire la Roma di tendenza neo-modernista e neo-protestante che si è manifestata chiaramente nel concilio Vaticano II e dopo il Concilio, in tutte le riforme che ne sono scaturite.
Tutte queste riforme, in effetti, hanno contribuito e contribuiscono ancora alla demolizione della Chiesa, alla rovina del Sacerdozio, all’annientamento del Sacrificio e dei Sacramenti, alla scomparsa della vita religiosa, a un insegnamento naturalista e teilhardiano nelle università, nei seminari, nella catechesi, insegnamento uscito dal liberalismo e dal protestantesimo più volte condannati dal magistero solenne della Chiesa.
[…]
Questa riforma, essendo uscita dal liberalismo e dal modernismo, è tutta e interamente avvelenata; essa nasce dall’eresia e finisce nell’eresia, anche se non tutti i suoi atti sono formalmente ereticali. È dunque impossibile per ogni cattolico cosciente e fedele adottare questa riforma e sottomettersi ad essa in qualsiasi maniera.
L’unico atteggiamento di fedeltà alla Chiesa e alla dottrina cattolica, per la nostra salvezza, è il rifiuto categorico di accettazione della riforma (30).


NOTE

1 – Martin Lutero, dichiarazioni citate in Abbé Joseph-Épiphane Darras, Histoire générale de l’Église, ed. Luis Vivès, 1905, edizione in compendio, t. 4, p. 88.
2 – Citato in L. Marion, Histoire de l’Église, Paris, Pierre Téqui, 1932, t. III, pp. 279-280, n. 3.
3 – Citato in Jacques d’Arnoux, Les sept colonnes de l’héroïsme, Chiré-en-Montreuil, Éditions de Chiré, 1982, p. 35, n. 17.
4 – Citato in L. Marion, ibid., pp. 278-279, n. 3 in fine. Le citazioni potrebbero essere molteplici, ci limitiamo ad aggiungere questa: «Dalla mattina alla sera sono in ozio e ubriaco», estratto di una lettera del 1521 a Melantone, citato da Jacques d’Arnoux, p. 35. N. 17.
5 – Conferenza stampa in aereo, di ritorno dall’Armenia: http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2016/june/documents/
papa-francesco_20160626_armenia-conferenza-stampa.html

6 – Viaggio in Germania, discorso al Consiglio della chiesa evangelica, Magonza, 17 novembre 1980: http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/1980/november/
documents/hf_jp_ii_spe_19801117_chiesa-evangelica.html

7 - «di chi [è] la regione, di lui [sia] la religione» – Formula con la quale si designò l’obbligo dei sudditi di seguire la confessione religiosa del loro principe [NdT].
8 - L. Marion, Histoire de l’Église, Paris, Pierre Téqui, 1932, t. II, p. 523.
9 – Citato in Jacques Ploncard d’Assac, L’Église occupée, Chiré-en-Montreuil, éditions de Chiré, 1983, p. 10.
10 - In tedesco Karlstadt, dalla città in cui era nato Andreas Rudolf Bodenstein, che fu dapprima il maestro, poi il discepolo e infine l’avversario di Lutero, quando passò agli anabattisti.
11 – Questo trasferimento facilita il passaggio di certi príncipi al luteranesimo.
12 -
Don J. Dedieu, Instabilité du protestantisme, Paris, Librairie Bloud & Gay, 1928, p. 33.
13 – Citato in Marion, ibid., t. III. p. 294.
14 – Dedieu, ibid., pp. 117-118.
15 Ibid., p. 119.
16 Ibid., p. 118.
17 – Fondato con l’accordo dell’Ordinario, Mons. Guillaume Briçonnet (1470-1534), contava come principale pensatore Jacques Lefèvre d’Étables (1455-1537).
18 – Affermazione riportata dal R. P. Henri-Charles Chéry, O. P., in L’offensive des sectes, Paris, Les éditions du Cerf, 1959, p. 75.
19 – Si tratta del parlare in altre lingue.
20 – Citiamo due delle sue opere: De jure belli ac pacis, e Mare liberum.
21S. Th., II-II, q. 57, a. 1.
22 – Legislativo, esecutivo e giudiziario. Il legislativo promulga le leggi, l’esecutivo ne assicura l’applicazione e il giudiziario sanziona le violazioni.
23 – Rousseau ha oscillato tra il calvinismo e il cattolicesimo; è difficile sapere se i suoi molteplici cambiamenti abbiano una spiegazione diversa dall’interesse del momento.
24 – Il bilancio della Francia conosceva un deficit abissale, che permise ai governi successivi che l’hanno accresciuto di chiedere ai Francesi dei contributi sempre più importanti. Tuttavia, a partire del 1 aprile 2016, tutti gli atti (analisi, consulti, ecografie…) legati all’interruzione volontaria della gravidanza sono stati rimborsati al 100% dalla Sécureté Sociale [Previdenza Sociale]; misura economicamente in contrasto con i discorsi tenuti abitualmente, ma che non lo è più se si colloca questa decisione nel quadro ideologico che l’ha prodotta.
25 – La fede ci illumina sulla conclusione di questa lotta.
26 – In particolare nel suo capolavoro La conjuration antichrétienne, pubblicato a Lille nel 1909 da Desclée-de-Brouwer. Quest’opera, esaurita da tempo, è stata ristampata recentemente dalle Éditions Saint-Remi. [Una versione ridotta in italiano è stata pubblicata da Effedieffe, nel 2015, col titolo L’americanismo e la congiura anticristiana]
27 – Leone XIII, enciclica Libertas prestantissimum, 20 giugno 1988.
28 - «Take away the supernatural, and wath remains is the innatural», in Heretics, pubblicato in Inghilterra nel 1905; è una raccolta di saggi pubblicati sul Daily News in tre anni [Ultimamente ripubblicato in italiano dalle Edizioni Lindau, Torino].
29 – La tripla concupiscenza: «La concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita» (1 Gv. 2, 16).
30 - Mons. Marcel Lefebvre, Dichiarazione del 21 novembre 1974.
http://www.unavox.it/Documenti/Doc0286_Dichiarazione_Lefebvre__21.11.1974.html





marzo 2017
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