Massima tensione tra i sacerdoti della FSSPX

di Christian Lassale
Pubblicato su Medias Presse Info
11 luglio 2017







La questione dei matrimoni in seno alla FSSPX è rivelatrice di una problematica ben più profonda: la divergenza sempre più grande tra la testa e il corpo della FSSPX. L’oggetto del contendere è un cambio di attitudine della Casa Generalizia della FSSPX, che una gran parte della base non intende assumere. La questione dei matrimoni vi ha trovato la sua prima applicazione reale, e da essa è derivata la massiccia opposizione da parte dei Decani e dell’insieme dei Superiori delle comunità religiose tradizionali.

La tensione in seno alla FSSPX è dunque forte. Mentre la Casa Generalizia, rivendicando un diritto che sembra non avere (1), impone la delega dell’Ordinario per ogni matrimonio da celebrare, la maggioranza dei sacerdoti vi si oppone e rifiuta di chiedere una tale delega. Di fronte a questo rifiuto in massa, la Casa Generalizia ha imposto che i Distretti sopravanzino i sacerdoti. In Francia, sarà dunque Don André ad avere il compito di presentare la domanda di delega per ciascuno dei matrimoni da celebrare.

Ritorno sulla problematica della celebrazione del matrimonio

Questo «passaggio obbligato» intende occultare la vera problematica posta da questa domanda di delega all’Ordinario, mentre la crisi nella Chiesa va sempre crescendo. Uno dei sacerdoti l’ha spiegata molto bene in una lettera indirizzata ai suoi fedeli, con la quale ha inteso spiegare perché in coscienza non poteva obbedire alla richiesta dei suoi Superiori:

«Oggigiorno, l’attacco principale degli inferi contro la povera umanità, verte sul matrimonio. Nessuno può ignorare questo attacco, poiché la famiglia è la cellula base della società. Tutti hanno il dovere di difendere l’unione matrimoniale nella sua natura, nei suoi fini e nelle sue proprietà. Inoltre, i battezzati che credono nel carattere sacramentale del matrimonio cristiano, devono proteggere la professione di fede che comporta ogni consenso matrimoniale. I futuri sposi che saranno i ministri di questo sacramento (non è il sacerdote che sposa) non hanno il diritto di celebrarlo in maniera equivoca. I sacerdoti hanno il dovere di ricordarglielo e di aiutarli a proteggersi dai trucchi del clero modernista.
«Il 4 aprile, il cardinale Müller faceva conoscere l’autorizzazione accordata dal Santo Padre ai vescovi del mondo intero di delegare un sacerdote diocesano a far benedire il matrimonio dei fedeli della Fraternità o, in caso di impossibilità, di concedere ai sacerdoti della Fraternità le facoltà necessarie.
«A quel punto è stato annunciato che questa decisione del Santo Padre cambiava tutta la nostra attuale pratica. La quale consiste, come sapete, nell’indurre i fedeli ad approfittare delle disposizioni del canone 1098. Questo canone permettete di sposarsi senza ricorrere al clero conciliare, in ragione del grave danno per la fede che questo comporta. Invece, da allora in poi bisognava rivolgersi ai vescovi e agire in funzione delle loro risposte.
«Certi sacerdoti propongono una cooperazione minimale a questa nuova pratica, accontentandosi di informare i vescovi successivamente (senza parlarne ai fedeli…) su ciò che ritengono di fare nella linea o nel quadro della lettera del cardinale Müller.
«Ora, è proprio qui che si pone un vero problema di coscienza. E’ lecito allinearsi o entrare in questo quadro? Basta considerare le diverse possibili risposte – che ognuno può darsi – per rendersi conto dell’immensa difficoltà.
«La possibilità di fare intervenire in linea di principio un sacerdote modernista nella cerimonia del matrimonio è cosa evidentemente impensabile. Penso che non sia neanche il caso di soffermarsi su questa ipotesi.
«Adesso, se il vescovo vuole inviare un sacerdote della sua diocesi (o venire lui stesso), ebbene, come rimproverargli di voler fare esattamente quello che il Papa lo invita a fare? Come si fa a ringraziare profondamente il Papa per la sua decisione, scrivere al vescovo nel quadro di questa decisione, e poi rifiutare la risposta positiva del vescovo? Come si può lodare una decisione e insieme considerare il «grave inconveniente» quando essa è applicata?
«Peraltro, è impossibile far ricorso a dei falsi argomenti, come per esempio: dire che sarebbe la coppia che rifiuta questa presenza di un sacerdote conciliare, o che è la perplessità che la cosa genererebbe nei nostri fedeli che ci obbligherebbe a rifiutare la proposta del vescovo. Il pastore deve precedere le pecore. I sacerdoti della Fraternità non si nascondono dietro la perplessità dei fedeli, ma la chiariscono.
«Se il vescovo rifiutasse ogni delega, come si potrebbe dire allora che il ricorso al canone 1098 ne risulterebbe rafforzato, dal momento che il grave inconveniente sarebbe diventato una questione personale?
«Qui non sarebbero più gli sposi a rifiutarsi di ricorrere ad un’autorità pericolosa per la fede, ma sarebbe quel tal vescovo che rifiuta a quel tale sacerdote, in tal luogo e in tale momento, una delega che i primi si sono sentiti in diritto di chiedere. La logica di questa procedura non permette di vedervi un’ingiustizia, che peraltro non è mai stata il problema fondamentale.
«Infine, se il vescovo concedesse la delega senza alcuna condizione, ma sempre nel quadro della lettera del cardinale Müller, come accoglierla con gioia senza provocare dei « turbamenti di coscienza nei fedeli che aderiscono alla Fraternità»? E senza mettere in problematica tutti gli altri matrimoni che sono stati o saranno celebrati nelle nostre cappelle? Inserendosi nelle disposizioni pontificie, si ammetterà che nelle nostre cappelle si celebreranno due tipi di matrimoni e si sancirà tra i due una gerarchia ingiusta. Invece di onorare i coraggiosi fedeli che hanno fatto ricorso al ministero dei sacerdoti della Fraternità, li si considererà: sia con compassione, perché non hanno avuto la fortuna di trovare un vescovo compiacente, sia con ostilità perché, non hanno voluto inserirsi nelle disposizioni esplicitamente stabilite per offrire una illusoria «piena comunione».

«In definitiva, questo sigillo conciliare che si ritiene «mettere in sicurezza» i matrimoni dei nostri fedeli, non è un invito a rivolgersi alle ufficialità diocesane che stabiliscono dei veri a propri «divorzi cattolici» in nome del Codice del 1983, rivisto in maniera ancora più lassista da Francesco?
I poveri sposi che sono pronti a mettere in pericolo la loro fede, a violare i loro impegni matrimoniali e a praticare l’adulterio, sfortunatamente troveranno sempre un sacerdote per benedirli, anche nel rito tradizionale. E’ giusto allora indebolire le convinzioni di tutti i fedeli per rendere meno facile il tradimento di alcuni?» (2).

Il cambiamento di attitudine della Casa Generalizia

Dobbiamo dire che questa forte tensione deriva da un cambiamento di attitudine delle più alte autorità della FSSPX nei confronti della crisi che attraversa la Chiesa.
Assistiamo ad un triplice riposizionamento:
Relativizzazione della nocività del concilio Vaticano II;
Silenzio sugli errori e sugli scandali della Chiesa conciliare;
Relativizzazione dello stato di necessità.

La relativizzazione della nocività del concilio Vaticano II

Questa relativizzazione, in atto da alcuni anni, non viene enunciata chiaramente, ma insinuata, distillata attraverso discorsi, interviste o lettere.

«Molte persone comprendono male il Concilio. Quando si guardano le cose da vicino, si ha veramente l’impressione che poche persone sappiano cosa abbia detto realmente il Concilio sulla libertà religiosa. Il Concilio presenta una libertà religiosa che in effetti è molto, molto limitata» (Mons. Fellay, intervista alla CNS dei primi di maggio 2012: minuti da 1.28 a 1.44).

«Nella Fraternità si è in procinto di fare degli errori del Concilio delle super eresie, questo diventa come il male assoluto, peggiore di tutto, allo stesso modo in cui i liberali hanno dogmatizzato questo concilio pastorale. I mali sono già sufficientemente drammatici perché li si esageri ulteriormente.» (Risposta di Mons. Fellay del 14 aprile 2012, alla lettera dei tre vescovi della FSSPX).

Gli esempi si potrebbero moltiplicare. Ciò che vi appare è che in questi momenti di irenismo, il Concilio è visto solo nella sua materialità, indipendentemente dal suo spirito liberale onnipresente e dei più pericolosi, posto che il liberalismo, col suo succedaneo che è il modernismo, sono il collettore di tutte le eresie. Tali interventi da parte dei Superiori non fanno altro che creare delle tensioni in seno alla FSSPX. Visto che la battaglia antiliberale è inscritta negli stessi geni dell’opera di Mons. Lefebvre, ecco che appaiono i «sacerdoti OGM» in contrasto con i «sacerdoti BIO»

Il silenzio sugli errori e sugli scandali della Chiesa conciliare

E’ a partire dal 2011 che si son potuti osservare dei silenzi quasi sistematici quando avrebbero dovuto essere denunciati gli atti scandalosi (che portano al peccato) posti dello spesso Papa, come se la sua persona fosse diventata intoccabile. La cosa si è notata nella comunicazione ufficiale della FSSPX in occasione: della riunione interreligiosa del 2011 ad Assisi; della canonizzazione di Giovanni Paolo II (2014); prima, durante e dopo il Sinodo sulla famiglia. Lo stesso dicasi in occasione dell’instaurazione del «divorzio cattolico» o della riforma delle procedure sulla nullità del matrimonio; come nel caso di Amoris Laetitia e della riabilitazione di Lutero. Neanche una parola sull’accoglienza solenne della statua di Lutero in Vaticano, il 13 ottobre scorso, lo stesso giorno in cui, sempre in Vaticano, si mercanteggiava, in una sala vicina, un’eventuale prelatura personale per la FSSPX, evento sul quale su diffondeva un comunicato che parlava dell’incontro, ma nemmeno  accennava al terribile scandalo che era stato perpetrato in questo giorno anniversario delle apparizioni di Fatima.

Questo silenzio ha la sua importanza. Nell’aprile 2011 venne beatificato il Papa Giovanni Paolo II. Poco prima, la FSSPX pubblicò i suoi dubia su questa beatificazione, Tale pubblicazione fece precipitare la fine delle discussioni dottrinali allora in corso fra la Santa Sede e la FSSPX. Non si può continuare a tirare su colui col quale si negozia, bisogna scegliere. E la FSSPX allora scelse, ma rilanciò il processo di negoziazione nel settembre successivo, in vista di un accordo semplicemente pratico. Questo silenzio è dunque un preliminare per ogni accordo. Un preliminare: non una concessione da fare per l’avvenire, a partire dal giorno in cui la riconciliazione sarà attuata, ma un preliminare da praticare oggi, e di fatto praticato del settembre 2011. Tale preliminare non è dichiarato, ma vige ormai da anni. Ed esso è tanto più pericoloso per quanto non è scritto, e condiziona tutta un’attitudine, che il tempo non ha smesso di rendere sempre più ambigua.

In tutto questo si ritrova ancora una delle cause profonde delle tensioni esistenti in seno alla FSSPX. Poiché, se l’autorità della FSSPX ha voluto far passare questo cambiamento d’attitudine per una semplice modernizzazione della sua comunicazione, per renderla più positiva e più attrattiva (il famoso «branding»), numerosi sacerdoti della Fraternità non si sono lasciati ingannare. Certi si sono anche sentiti in dovere di alzare tanto di più la voce per quanto i loro Superiori tacessero, e allora si è potuto assistere ad una vera guerra di comunicazione che vedeva in opposizione coloro che un tempo erano uniti nella stessa battaglia.

La relativizzazione dello stato di necessità

Conseguentemente a questi primi punti di tensione, adesso se n'è presentato apertamente un terzo con la questione dei matrimoni. Esso consiste nel relativizzare lo stato di necessità nel quale ci troviamo oggi, e cioè nel relativizzare la quasi universalità della crisi che attraversa la Chiesa. Già da alcuni anni, la comunicazione ufficiale della Casa Generalizia ama sottolineare come si moltiplichino i prelati, i vescovi e i cardinali che si ritiene si avvicinino sempre più all’autentica Tradizione della Chiesa, fatto che agli occhi dei dirigenti sarebbe veramente nuovo; come se Mons. Lefebvre non avesse già a suo tempo conosciuto cardinali come Oddi, Stickler e altri…

Ma con la questione dei matrimoni, questa relativizzazione dello stato di necessità è assunta per la prima volta apertamente come tale. Certo, lo stato di necessità sussiste ed è ricordato dai «commenti autorizzati» e dalle successive «messe a punto» pubblicati dalla Casa Generalizia, ma con un limite di cui è importante prendere coscienza. Innanzi tutto, esso non è più presentato come una crisi generale della fede relativa alla quasi universalità dei vescovi (diversamente sarebbe impossibile ricorrere ad essi in maniera abituale), ma solo in ragione delle carenze relative ai matrimoni, le quali sono le sole da cui è necessario stare alla larga.

In più, nel momento in cui l’attitudine del Papa è così scandalosa come mai, la comunicazione ufficiale della FSSPX sostiene che il caso di necessità oggi è diminuito. Cosa che si può leggere negli scritti di Don Knittel nella rivista ufficiale della Casa Generalizia: «Nouvelles de Chrétienté»:
«Questo stato di necessità ha incominciato e venir meno col Motu Proprio del 7 luglio 2007, nel quale Benedetto XVI ha riconosciuto che la Messa tradizionale non è mai stata abrogata. Le decisioni di Papa Francesco relative all’apostolato della Fraternità San Pio X, accentuano questo andamento.»

Da un punto di vista pratico, un tale discorso equivale a condizionare lo stato di necessità all’ottenimento o meno di concreti vantaggi personali, vale a dire a soggettivizzarlo, e questo indipendentemente dalla situazione oggettiva sempre più grave, che viene dimenticata. Da qui, una nuova tensione tra i sacerdoti della FSSPX, come si evince dal fatto che i Decani richiamano la vera natura di questo stato di necessità:

«Come voi sapete, non v’è, ahimè, alcun dubbio sulla situazione estremamente drammatica che attraversa la Chiesa (3). Questa oggi subisce sempre più ciò che Mons. Lefebvre chiamava “il colpo da maestro di Satana”: «Diffondere i principii rivoluzionari ad opera delle autorità della stessa Chiesa» (4).
«Infatti, noi vediamo le autorità della Chiesa, dalla sede di Pietro fino al parroco, minare direttamente la fede cattolica con un umanesimo deviato che, ponendo in cima il culto della coscienza, detronizza Nostro Signore Gesù Cristo. In tal modo, il regno di Cristo sulle società umane è semplicemente ignorato, combattuto, e la Chiesa è in preda a quello spirito liberale che si manifesta specialmente nella libertà religiosa, l’ecumenismo e la collegialità.
«Attraverso tale spirito, è la natura stessa della Redenzione realizzata da Cristo che viene rimessa in causa, è la Chiesa cattolica, unica arca di salvezza, che viene negata nei fatti. La stessa morale cattolica, già scossa dalle fondamenta, viene capovolta da Papa Francesco, per esempio quand’egli apre esplicitamente la via alla comunione dei divorziati «risposati» che vivono come marito e moglie.
«Questa attitudine drammatica delle autorità ecclesiastiche comporta senza alcun dubbio uno stato di necessità per il fedele. Infatti, vi è non solo un grave inconveniente, ma anche un reale pericolo, nell’affidare la propria salvezza nelle mani di pastori imbevuti di questo spirito «adulterato» (5),
«[…] lo stato di necessità che legittima il nostro modo d’agire non è di natura canonica, ma dogmatica, che l’impossibilità di ricorrere alle autorità preposte non è fisica, ma morale.»

Si coglie quindi l’ultimo e  supremo punto di tensione tra i sacerdoti della FSSPX: gli uni, prendendo atto della situazione sempre più grave che interessa la quasi universalità della Chiesa, intendono premunirsi con sempre maggiore prudenza; gli altri, ritenendo che il pericolo vada sempre diminuendo, aspirano solo ad una totale regolarizzazione della loro situazione e quindi ad un riconoscimento canonico.
Portata all’estremo, tale tensione ha comportato e senza dubbio ancora comporta ulteriori allontanamenti di sacerdoti: chi verso i “resistenti” o i “sedevacantisti”, chi verso i conciliari.

Conclusione

La distanza percorsa dalle autorità della FSSPX in pochi anni diviene manifesta se si ascolta la predica di Mons. Fellay a Saint Nicolas du Chardonnet, il 4 agosto 2009:
«Così, miei cari fratelli, non vi meravigliate se la Fraternità praticamente non si muoverà quando arriveranno degli inviti da Roma per una nuova riconciliazione dopo l’apparizione di un tale Motu Proprio. Perché questo richiede tempo. E’ tutto uno stato di spirito nella Chiesa che deve cambiare, e più ancora che uno stato di spirito, sono i princípi. Bisogna che l’autorità nella Chiesa riconosca questi princípi mortiferi che paralizzano la Chiesa da quarantenni. Fin quando questo non si verificherà, è difficile pensare ad un accordo pratico. E perché? Perché fin quando saranno questi princípi a reggere la vita della Chiesa, non vi sarà la minima differenza, e la Chiesa sarà retta in nome e per conto di tali princípi malvagi. Questo significa che in queste circostanze un accordo pratico è vano fin dall’inizio. Significherebbe mettere in questione tutta la battaglia che noi celebriamo oggi, sarebbe una contraddizione veramente totale con quanto abbiamo fatto finora. Non è questo che noi vogliamo, è evidente che noi vogliamo uno stato normale delle cose. Ma questo non dipende da noi. Se noi ci troviamo in questa situazione non è perché l’abbiamo voluta noi. Ancora una volta, è per necessità. E questa necessità continua.»

E’ giocoforza constatare che i princípi malvagi così denunciati da Mons. Fellay nel 2009, non sono cambiati a Roma, e la loro applicazione diviene sempre più malvagia sotto la ferula di Papa Francesco. Ma è giocoforza constatare anche che se Roma non è cambiata, Menzingen ha compiuto una rivoluzione. Cosa che non tutti i suoi sacerdoti hanno fatto: da qui le presenti tensioni.

In questa tormenta che attraversa la FSSPX, il momento decisivo si presenterà senza dubbio al Capitolo Generale di questa congregazione religiosa, statutariamente previsto per il 2018. Si tratterà in primo luogo di pronunciarsi su questo triplice riposizionamento della autorità della FSSPX, per convalidarlo o respingerlo. Ne deriverà la continuazione o l’implosione della FSSPX.

NOTE

1 - Cfr. l'articolo « L’affaire des mariages, de quoi s’agit-il ? » in MPI
2 - Cfr. l'articolo di Don Camper : « Exceptionnel »
3 - Quand’anche sussistesse un dubbio circa l’esistenza di questa situazione eccezionale che autorizza l’uso della forma straordinaria del matrimonio, bisogna sottolineare che, secondo il diritto, la Chiesa supplirebbe alla mancanza di giurisdizione (Codice del 1917, canone 209; Codice del 1983, canone 144), conservando quindi all’atto tutta la sua validità.
4 - Mons. Lefebvre, Il colpo da maestro di Satana, Ed. Ichthys, p. 6.
5 - Mons. Lefebvre, Dichiarazione pubblica in occasione della consacrazione episcopale di alcuni sacerdoti della FSSPX, in Fideliter, fuori serie del 29 e 30 giugno 1988





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