Lettera aperta ai fedeli
di sette decani francesi della Fraternità San Pio X
e dei Superiori delle comunità amiche maschili

7 maggio 2017


Si vedano le lettere del Superiore del Distretto di Francia con le quali: prima condanna questa iniziativa e poi rimuove i responsabili



La lettera è stata pubblicata sul numero di maggio del giornale Le Chardonnet ed è stata letta in diverse chiese e cappelle della Fraternità




Carissimi fedeli,

lo scorso 4 aprile, la Pontificia Commissione Ecclesia Dei ha reso pubblica una lettera del suo Presidente, il cardinale Müller, relativa ai matrimoni celebrati dai sacerdoti della FSSPX. Esplicitamente approvata dal Papa, che ne ha ordinato la pubblicazione, questo documento intende regolamentare i matrimoni celebrati nel quadro della Tradizione cattolica.

In seguito a questa lettera, una vasta campagna di comunicazione, proveniente da ambiti molto diversi, vuole lasciar credere che con questo gesto il Papa riconoscerebbe puramente e semplicemente i matrimoni celebrati da noi, e cioè riconoscerebbe la validità di tutti i matrimoni che abbiamo potuto celebrare fino ad oggi. La realtà, ahimè, è ben diversa.

Dal momento che questa questione vi tocca da vicino, riguarda le vostre famiglie, i vostri figli in età di matrimonio, il vostro avvenire, noi ci teniamo a chiarire le cose, tanto sulla portata reale di questo documento romano, quanto sulla nostra attitudine.

L’evidente validità dei nostri matrimoni

Come voi sapete, da quarant’anni le autorità romane rifiutano di riconoscere la validità dei matrimoni celebrati da noi, e questo malgrado il diritto della Chiesa.

Certo, questo diritto prevede che il sacramento del matrimonio venga celebrato davanti al parroco o ad un suo delegato, così come davanti ad almeno due testimoni (1). Questa è ciò che si chiama: forma canonica del matrimonio, necessaria per la sua validità. Ora, dal momento che i sacerdoti della Fraternità San Pio X non sono né parroci né delegati di questi, certuni sostengono che i matrimoni celebrati da loro siano invalidi, per difetto di forma canonica.
Sulla base di questo fattore, sia i tribunali romani sia quelli diocesani non esitano a dichiarare nulli questi matrimoni. Tuttavia, così facendo essi si oppongono al diritto più fondamentale della Chiesa (2).

In effetti, questo stesso Diritto Canonico (3) prevede il caso in cui « non si può avere o andare senza grave incomodo dall’assistente competente a norma del diritto». E se una tale situazione si prevede che duri per un mese, la legge ecclesiastica riconosce ai futuri sposi il diritto di scambiare validamente e lecitamente i loro consensi davanti a due soli testimoni laici; dunque senza parroco né sacerdote da lui delegato. Tuttavia, per la liceità dell’atto, questi futuri sposi devono fare appello se possibile a qualunque sacerdote. Un matrimonio così celebrato è chiamato, in base alla forma, straordinario.
E’ sotto questa forma che da quarant’anni noi riceviamo validamente e lecitamente lo scambio dei vostri consensi, senza che possa esserci alcun dubbio.

Lo stato di necessità

Come voi sapete, non v’è, ahimè, alcun dubbio sulla situazione estremamente drammatica che attraversa la Chiesa (4). Questa oggi subisce sempre più ciò che Mons. Lefebvre chiamava “il colpo da maestro di Satana”: «Diffondere i principii rivoluzionari ad opera delle autorità della stessa Chiesa» (5).
Infatti, noi vediamo le autorità della Chiesa, dalla sede di Pietro fino al parroco, minare direttamente la fede cattolica con un umanesimo deviato che, ponendo in cima il culto della coscienza, detronizza Nostro Signore Gesù Cristo. In tal modo, il regno di Cristo sulle società umane è semplicemente ignorato, combattuto, e la Chiesa è in preda a quello spirito liberale che si manifesta specialmente nella libertà religiosa, l’ecumenismo e la collegialità.
Attraverso tale spirito, è la natura stessa della Redenzione realizzata da Cristo che viene rimessa in causa, è la Chiesa cattolica, unica arca di salvezza, che viene negata nei fatti. La stessa morale cattolica, già scossa dalle fondamenta, viene capovolta da Papa Francesco, per esempio quand’egli apre esplicitamente la via alla comunione dei divorziati «risposati» che vivono come marito e moglie.

Questa attitudine drammatica delle autorità ecclesiastiche comporta senza alcun dubbio uno stato di necessità per il fedele. Infatti, vi è non solo un grave inconveniente, ma anche un reale pericolo, nell’affidare la propria salvezza nelle mani di pastori imbevuti di questo spirito «adulterato» (6), deleterio tanto per la fede quanto per la morale.
Noi non abbiamo altra scelta che proteggerci da una tale autorità, perché essa «è in una situazione di incoerenza e di contraddizione permanenti» e «fintanto che questo equivoco non verrà dissipato, nella Chiesa si moltiplicheranno i disastri» (7).
Noi viviamo in circostante in cui la vera obbedienza impone di disobbedire (8), poiché «è meglio obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (Atti, 5, 29).

Fino a quando questo equivoco delle autorità ecclesiali non sarà dissipato continuerà a persistere il grave inconveniente previsto dal canone 1098 e quindi sarà giustificata la celebrazione dei matrimoni secondo la forma straordinaria.

Per di più, dal momento che il matrimonio, come tutti i sacramenti, implica una professione di fede, non si può contrastare il diritto dei fedeli ai sacramenti imponendo loro un ministro che abitualmente orienta il proprio ministero nella direzione adulterata resa ufficiale dal Vaticano II, mentre hanno la possibilità di rivolgersi ad un sacerdote indenne da tale prevaricazione della fede.

La portata del documento romano

Alla luce di questi princípi appare chiara la reale portata del documento romano. Persistendo nella linea disastrosa del Vaticano II, le autorità romane pretendono molto semplicemente di privarvi della forma straordinaria del matrimonio, negando lo stato di necessità.
Questo documento, dunque, vuole obbligarvi a ricorrere per il vostro matrimonio ad un prete diocesano, lasciando ai sacerdoti delle FSSPX solo la possibilità di celebrare dopo la Messa. La Commissione Ecclesia Dei prevede infatti che «Nella misura del possibile, la delega dell’Ordinario per assistere al matrimonio [dei fedeli della FSSPX] sarà data ad un sacerdote della diocesi (o quanto meno ad un sacerdote pienamente regolare) perché egli riceva il consenso delle parti […] seguirà quindi la celebrazione della Santa Messa votiva da parte di un sacerdote della Fraternità

E’ solo «In caso di impossibilità, o se non esiste un sacerdote della diocesi che possa ricevere il consenso delle parti, [che] l’Ordinario può concedere direttamente le facoltà necessarie al sacerdote della Fraternità». Il che significa che è solo ed esclusivamente se esiste un caso di necessità – di cui si ignora la natura, visto che non si tratta più di grave danno che lo spirito liberale causa alla fede cattolica – che il vescovo potrà delegare un sacerdote della Fraternità San Pio X.
Ogni altro matrimonio celebrato da un sacerdote della FSSPX senza esplicita delega dell’Ordinario continuerà ad essere considerato invalido dagli attuali detentori della suprema autorità.

Oltre al fatto che una tale decisione è sia ingiusta sia nulla, essa costituisce una nuova distorsione dello spirito del diritto. La Commissione Ecclesia Dei, infatti, introduce perfino ciò che vieta lo stesso nuovo Codice di Diritto Canonico, e cioè porre anche la forma straordinaria del matrimonio sotto il controllo dell’Ordinario, e questo a spese del diritto naturale al matrimonio (9).

I nostri matrimonii: certissimamente validi ieri, oggi e domani

Così, fintanto che durerà questo stato drammatico della Chiesa e l’equivoco distruttore nel quale vivono le più alte autorità della Chiesa, noi continueremo ad usare la forma straordinaria del matrimonio, senza lasciarla indebitamente regolamentare dall’Ordinario.

Noi continueremo dunque a celebrare validamente e lecitamente i vostri matrimoni nelle nostre chiese e nelle nostre cappelle, come abbiamo fatto sempre fino ad oggi, in questo facendo riferimento al canone 1098 del vecchio Codice e al canone 1116 del nuovo, indipendentemente da ogni preventivo accordo con l’Ordinario.

A coloro che obietteranno che una tale pratica sarebbe ormai invalida poiché le autorità ecclesiastiche offrono oggi una possibile delega dell’Ordinario, noi rispondiamo che lo stato di necessità che legittima il nostro modo d’agire non è di natura canonica, ma dogmatica, che l’impossibilità di ricorrere alle autorità preposte non è fisica, ma morale.
Molto semplicemente, noi non vogliamo abbandonare le anime che, obbligate dalle circostanze, si affidano al nostro ministero. Esse non hanno fuggito le autorità prevaricatrici perché gliele si imponga loro in occasione delle cerimonie più importanti della loro vita. Peraltro, coloro che avanzano una tale obiezione dimostrano di conoscere ben poco il diritto della Chiesa, che ragiona in termini inversi: esso infatti permette ai fedeli di collocarsi volontariamente nel caso di necessità per contrarre validamente e lecitamente un matrimonio secondo la forma straordinaria, anche quando avessero la possibilità di fare altrimenti (10).

Nel caso in cui certi fedeli ottenessero da un parroco la possibilità di veder celebrato il loro matrimonio in una chiesa parrocchiale, noi ci atterremo ai nostri saggi costumi stabiliti da tempo. Nella misura in cui questo parroco fosse abitualmente ben disposto nei confronti della Tradizione della Chiesa e ci lasciasse il compito della predica, noi non avremmo obiezione che egli riceva i consensi secondo il rituale tradizionale, lasciando ad un sacerdote della nostra Fraternità la celebrazione della Messa (11). Ma rifiuteremmo questa celebrazione della Messa se la delega dovuta ci fosse rifiutata a favore per esempio di un sacerdote Ecclesia Dei.

Per il bene del sacramento del matrimonio, per il bene delle famiglie, per il bene delle vostre anime, noi non intendiamo sottomettere la causa dei vostri matrimonii ad una giurisdizione ecclesiastica i cui tribunali dichiarano nulli i matrimoni certamente validi, col falso pretesto della mancanza di maturità psicologica dei contraenti.
Noi sappiamo anche come questi stessi tribunali ratifichino di fatto il divorzio cattolico per mezzo della semplificata procedura di nullità del matrimonio promulgata da Papa Francesco. Ed è per questo che noi continueremo a riconoscere come giudice ultimo di queste questioni solo la Commissione San Carlo Borromeo, che la Fraternità San Pio X ha dovuto istituire proprio in ragione di tali dichiarazioni di nullità certamente invalide.

Conclusioni

Infine, ci sia permesso di esprimere il nostro grande stupore per questa decisione romana e per l’eco che essa ha ricevuto. La prelatura personale che si ventila alla Fraternità San Pio X viene ritenuta riconoscerci così come siamo, lasciandoci l’indipendenza nei confronti degli Ordinari del luogo. Ora, le prime decisioni prese consistono nel sottomettere ingiustamente i nostri matrimonii a questi Ordinari, prima di condizionare domani l’apertura di nuove Case alla loro approvazione. Questo per dire come la duplicità del linguaggio non regna solo nel dominio della fede e della morale, ma anche in queste questioni canoniche.

Così, in questo centenario delle apparizioni di Fatima, noi invochiamo il Cuore Immacolato di Maria, non perché Ella metta fine alla nostra situazione canonica da certuni giudicata irregolare, ma perché la Chiesa sia liberata dall’occupazione modernista e perché le sue più alte autorità ritrovino il cammino seguito dalla Chiesa fino al Vaticano II.
Solo allora i nostri vescovi potranno rimettere il loro episcopato nelle mani del Sommo Pontefice (12).

7 maggio 2017

Don David ALDALUR, Decano del decanato di Bordeaux
Don Xavier BEAUVAIS,
Decano del decanato di Marsiglia
Don François-Xavier CAMPER,
Decano del decanato di Lione
Don Bruno FRANCE,
Decano del decanato di Nantes
Don Thierry GAUDRAY,
Decano del decanato di Lille
Don Patrick de LA ROCQUE,
Decano del decanato di Parigi
Don Thierry LEGRAND,
Decano del decanato di Saint-Malo

Hanno firmato la lettera anche:

Rev. Padre JEAN-MARIE, Superiore della Fraternita della Trasfigurazione
Rev. Padre PLACIDE, Priore del monastero benedettino di Bellaigue
Rev. Padre ANTOINE, Guardiano del monastero cappuccino di Morgon



NOTE

1 – Mons. Lefebvre, Dichiarazione pubblica in occasione della consacrazione episcopale di alcuni sacerdoti della FSSPX, in Fideliter, fuori serie del 29 e 30 giugno 1988
2 – Infatti, sono questi gli assiomi fondamentali del diritto che sono in giuoco: La legge suprema è la salvezza delle anime, e I sacramenti sono per gli uomini ben disposti.
3 – Codice di Diritto Canonico del 1917, canone 1098; Codice del 1983, canone 1116.
4 – Quand’anche sussistesse un dubbio circa l’esistenza di questa situazione eccezionale che autorizza l’uso della forma straordinaria del matrimonio, bisogna sottolineare che, secondo il diritto, la Chiesa supplirebbe alla mancanza di giurisdizione (Codice del 1917, canone 209; Codice del 1983, canone 144), conservando quindi all’atto tutta la sua validità.
5 – Mons. Lefebvre, Il colpo da maestro di Satana, Ed. Ichthys, p. 6.
6 – Mons. Lefebvre, Dichiarazione pubblica in occasione della consacrazione episcopale di alcuni sacerdoti della FSSPX, in Fideliter, fuori serie del 29 e 30 giugno 1988
7 - Mons. Lefebvre, Il colpo da maestro di Satana, Ed. Ichthys, p. 6.
8 – Mons. Lefebvre, L’obbedienza può obbligarci a disobbedire?, nota del 29 marzo 1988, in Fideliter, fuori serie del 29 e 30 giugno 1988
9 – Cfr. André Sale, La forma straordinaria e il ministro della celebrazione del matrimonio secondo il codice latino e orientale, ed. Pontificia Università Gregoriana, Roma 2003, pp. 142 à 154: alla vigilia del concilio Vaticano II, diversi vescovi e cardinali chiesero una modifica del canone 1098 relativo alla forma straordinaria del matrimonio. Per evitare gli abusi nell’uso di questa forma, essi proponevano che non potesse essere utilizzata senza che gli sposi avessero tentato almeno un ricorso all’Ordinario, e mai contro il parere di quest’ultimo. Così, nella quarta sessione del Concilio venne proposto un progetto di modifica di questo canone:
«[Forma extraordinaria celebrationis matrimonii] Ad valide contrahendum matrimonium coram solis testibus extra periculum mortis, praeter conditiones praescriptas in can. 1098 CIC, requiritur : a) ut petitio Ordinario loci facienda, si fieri possit, omissa non fuerit, vel matrimonium non celebretur nisi post mensem ab interposita petitione sine responsione ; b) ut matrimonium non celebretur contra ordinarii vetitum» (Conc. Vatic. II ; Periodus III, in AS 3, pars 8, 1075)
[La forma straordinaria della celebrazione del matrinìmonio] Per contrarre validamente un matrimonio al di fuori del pericolo di morte, e davanti ai soli testimoni, al di là delle condizioni prescritte dal canone 1098, è richiesto: a) che la domanda da fare all’Ordinario, se possibile, non sia stata omessa, o che il matrimonio non sia celebrato prima di un mese successivo alla data dell’invio della domanda e senza che vi sia stata risposta; b) che il matrimonio non sia celebrato contro l’interdizione dell’Ordinario».
Dopo una difficoltosa discussione, i Padri conciliari decisero a maggioranza di lasciare la decisione nelle mani del Papa e della Commissione per la revisione del diritto canonico. Questa Commissione affrontò più volte questo punto (nel 1970, 1975, 1977, 1978 e 1982), ma le discussioni furono aspre. Alla fine, il canone 1116 del nuovo Codice riprese sostanzialmente il canone 1098, senza introdurvi il minimo dovere di ricorrere all’Ordinario per l’utilizzo della forma straordinaria del matrimonio. Il motivo era che fosse assicurato il diritto naturale al matrimonio in ogni circostanza.
10 – Il 13 marzo 1910, la Sacra Congregazione dei Sacramenti ha dichiarato valido il matrimonio davanti ai soli testimoni, di coloro che, per aggirare la legge, si recano in una regione in cui esiste l’impossibilità comune. (Cfr. Naz, Traité de Droit Canonique in. can. 1098, T. II  n° 426 p.377 note 2).
11 – Così facendo, noi non intendiamo avallare l’ingiustizia manifesta della nuova decisione romana, che rende inidoneo un sacerdote della Fraternità San Pio X a ricevere la giurisdizione di un parroco e priva quest’ultimo di un potere che invece gli è ordinario.
12 – Mons. Lefebvre, Dichiarazione pubblica in occasione della consacrazione episcopale di alcuni sacerdoti della FSSPX, in Fideliter, fuori serie del 29 e 30 giugno 1988






maggio 2017

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