La grazia di stato

di Don… un sacerdote della Fraternità


La maggior parte di coloro che hanno creduto di dover difendere la politica di Menzingen, ultimamente hanno utilizzato l'argomento dell’obbedienza al Superiore, a ragione della sua grazia di stato. Di che si tratta? Quanto vale veramente quest’argomento?

Si può non amare l’espressione «grazia di stato», ma non si potrebbe misconoscere la verità che essa esprime, perché è convinzione cristiana che ci siano sempre delle grazie accordate all’uomo per vivere in modo soprannaturale secondo le necessità della sua funzione. Ma secondo il dizionario Littré, sul significato di «grazia di stato», il linguaggio familiare ha conservato solo quello di «illusioni associate ad una condizione e che la rendono sopportabile»: Dio accorderebbe il suo aiuto per permettere all’uomo di cavarsela a buon mercato nelle difficoltà inerenti alla sua professione o alla sua missione.

Il Dictionnaire de Spiritualité, che dedica un articolo interessante a questo argomento, osserva a proposito: «se il senso ne viene caricaturato, la caricatura non è sorta senza motivo».
La recente crisi della Fraternità Sacerdotale San Pio X sta lì ad illustrarla.

La Grazia Di Stato ha per fondamento una duplice origine; una scritturale: i “carismi” di San Paolo, l’altra scolastica: la gratia gratis data [la grazia data gratis].

In effetti, la Scrittura ci rivela l’esistenza di “carismi”: discorsi di saggezza, potenza di guarigioni, potere di operare miracoli, profezia, discernimento degli spiriti, dono delle lingue, vocazione di ospedaliere, apostolo, evangelista, dottore, pastore, e così via. Il termine è impiegato anche per designare uno stato di vita permanente o una vocazione particolare nello Spirito (matrimonio, celibato).
Il carisma può definirsi come un dono gratuito, soprannaturale, conferito in vista dell’edificazione del Corpo di Cristo. Esso sostiene la fede della Chiesa, perfezionando la conoscenza del messaggio evangelico o incitando ad una più ferma adesione a questo messaggio. I carismi sono dunque destinati ad aiutare i battezzati «affinché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio» (Ef. 4, 13) e così cresciamo nella carità (Cf. Ef. 4, 16).

I carismi di San Paolo sono trattati nella teologia scolastica sotto l’etichetta di “gratiae gratis datae” [grazie date gratis]. San Bonaventura estende la nozione ad ogni azione divina, richiamo o parola, che stimolano l’anima di un uomo in date circostanze. San Tommaso d’Aquino definisce la “gratia gratis data” come una grazia per cooperare alla salvezza altrui. Ma un po’ la volta l’attenzione dei manuali di teologia si sposta verso l’individuo a cui il dono è fatto e, in relazione al bene altrui, non si menzionerà più esplicitamente la Chiesa.
È in questo contesto che fa la sua comparsa la grazia di stato.

Ne fanno uso alcuni autori mistici, Sant’Ignazio di Loyola, Santa Teresa D’Avila, Bourdalue. Nella predicazione, la grazia di stato diventa allora la grazia che Dio dona a ciascuno per compiere cristianamente il suo dovere di stato.
Il che non è falso, ma si è lontani dal carisma. La grazia di stato è dunque ogni grazia attuale donata da Dio – lume per l’intelligenza e forza per la volontà – per aiutare il cristiano ad assumere in termini soprannaturali le funzioni e le circostanze in cui si trova.

Dopo questi sviluppi il dizionario Dictionnaire de Spiritualité fa delle osservazioni per evitare l’uso abusivo di questa nozione:
«Occorre guardarsi dal concepire le grazie di stato come delle rivelazioni o delle illuminazioni miracolose, che verrebbero ad insegnare all’uomo ciò che non sa, o come delle forze che si sostituirebbero puramente e semplicemente alla debolezza umana, alle carenze e ai cedimenti. La grazia, in generale, giunge all'uomo seguendo solo le vie naturali. (…) non si contesta che Dio possa, se lo vuole, creare in un soggetto delle attitudini nuove per un dato compito. Tuttavia, come regola ordinaria, noi non dobbiamo contare su questo miracolo. (…)
«È ugualmente erroneo concepire le grazie di stato come dei soccorsi che verrebbero a supplire automaticamente alle insufficienze del temperamento, delle attitudini, della preparazione, come se bastasse essere incaricati di un compito per essere resi capaci di compierlo, dovendo Dio accordarci le grazie di stato compensatrici. La grazia di stato non è garanzia di infallibilità per i superiori, non è acquisizione della scienza per l’ignorante divenuto professore, e così via; essa non è una panacea. (.....)
«Bisogna disporsi verso le grazie di stato come per ogni grazia, meritarle per quanto possibile, attraverso una completa e continua docilità agli inviti dello Spirito Santo. In effetti, sarebbe un’illusione immaginare che Dio accordi le grazie di stato per così dire meccanicamente. Se Dio offre sempre le sue grazie, esse sono ricevute solo in misura delle disposizioni del soggetto.»  (Dictionnaire de Spiritualité)

Applichiamo ora queste riflessioni al caso che ora occupa la nostra attenzione: quello della FSSPX.

Il Superiore generale della FSSPX aveva, sì o no, le grazie di stato per condurre la sua politica di dialogo con la Roma conciliare, così com’è stata condotta (ricerca di un accordo puramente pratico)?

1) Innanzi tutto è evidente che, grazia di stato o no, il Superiore generale non gode dell’infallibilità. E, se grazia di stato c’è: «essa non è una panacea. (…) sarebbe un’illusione immaginare che Dio accordi le grazie di stato per così dire meccanicamente».

2) Per di più, le pressanti prese di posizione del Superiore generale, di una leggerezza stupefacente, come:
«Per il bene comune della Fraternità noi preferiremmo di gran lunga la soluzione attuale di status quo intermedio, ma chiaramente Roma non lo tollera più». (Risposta ai tre vescovi, 14 aprile 2012);
«Resta vero – secondo il diritto della Chiesa – che per aprire una nuova cappella o fondare un’opera, sarà necessario avere il permesso dell’ordinario del luogo. Evidentemente, noi abbiamo rappresentato a Roma quanto sia difficile la nostra attuale situazione nelle diocesi, e Roma ci sta ancora lavorando. Qui o là, questa difficoltà sarà reale, ma quando mai la vita è senza difficoltà? (intervista a DICI dell’8 giugno 2012);

manifestano che il Superiore generale non gode del carisma del Fondatore della FSSPX :
«Non bisogna stupirsi che non arriviamo ad intenderci con Roma. Ciò non sarà possibile fintanto che Roma non ritornerà alla fede nel regno di Nostro Signore Gesù Cristo, fintanto che darà l'impressione che tutte le religioni sono buone. Noi ci scontriamo su un punto della fede cattolica, come si sono scontrati il cardinale Bea e il cardinale Ottaviani, e come si sono scontrati tutti i papi con il liberalismo» (Conferenza a Sierre, Svizzera, 27 novembre 1988, su Fideliter n. 89, settembre 1992, p. 12).

3) Inoltre: «la grazia, in generale, giunge all'uomo seguendo solo le vie naturali». Ciò vuol dire che in generale la luce arriva al superiore attraverso il consiglio. I tre vescovi, dei superiori, dei priori, delle comunità amiche, dei fedeli, hanno scritto e parlato a Menzingen per mettere in guardia e prevenire gli effetti disastrosi della politica in corso.
Nel 2011 Mons. De Galarreta scriveva :
«Andare in direzione di un accordo pratico significherebbe rinnegare la nostra parola e il nostro impegno nei confronti dei nostri sacerdoti, dei nostri fedeli, di Roma e del mondo intero. Questo avrebbe delle conseguenze enormi ad intra et ad extra.
Dal punto di vista dottrinale, da parte di Roma non vi è alcun cambiamento, tale da giustificare il nostro. Al contrario, i colloqui hanno dimostrato che essi non accettano in niente le nostre critiche.
«Sarebbe assurdo da parte nostra andare in direzione di un accordo pratico, dopo il risultato e le constatazioni dei colloqui. (…) Un tale comportamento manifesterebbe una grave debolezza diplomatica da parte della Fraternità. A dire il vero: più che diplomatica. Sarebbe una mancanza di coerenza, di dirittura e di fermezza che avrebbe come effetto la perdita della credibilità e dell’autorità morale di cui godiamo.
«Il semplice fatto di impegnarci su questa strada, genererebbe tra noi il dubbio, dispute, sfiducie, partiti e soprattutto divisioni. Molti dei Superiori e dei sacerdoti avrebbero legittimi problemi di coscienza e vi si opporrebbero. L’autorità e lo stesso principio di autorità sarebbero posti in questione, minati. (…) Di conseguenza, non è il momento di cambiare la decisione del Capitolo del  2006 (nessun accordo pratico senza la soluzione della questione dottrinale), non è corretto né prudente lanciarsi a preparare gli spiriti in senso contrario prima che tra noi vi sia la convinzione, il consenso e la decisione di cambiare. (…) Il contrario provocherebbe solo la divisione e per reazione i battibecchi e l’anarchia.
«Per il bene della Fraternità e della Tradizione, bisogna richiudere al più presto il “vaso di Pandora”, per evitare il discredito e la demolizione dell’autorità, per evitare le contestazioni, le discordie e le divisioni, forse senza ritorno.» (Intervento alla riunione dei Superiori ad Albano, 14 settembre 2011).

La reazione di Menzingen fu emotiva, irrazionale e dialettica: «voi mancate di fede, di realismo, voi siete dei rivoluzionari, obbedienza, grazia del superiore, il papa ci vuole, i nostri nuovi amici di Roma ...»
Nel marzo 2012, in Cor Unum, Mons. Fellay motivava la decisione di andare avanti con Roma fino ad un accordo pratico nonostante il fatto che non si fosse d’accordo su nulla. Egli distruggeva con un sofisma le volontà del Capitolo del 2006.
Il risultato fu immediato. Nello spazio di qualche settimana tutto quello che Mons. de Galarreta aveva scritto si avverò. Lui aveva realmente avuto un carisma per difendere la fede dei battezzati, mentre l’altro non riusciva a uscire dalle sue “illusioni associate ad una condizione e che la rendono sopportabile”. Tutto era stato stradetto, ma il superiore non volle ascoltare nulla. Perché ascoltare non è sentire e poi disprezzare, ma comprendere, argomentare e se del caso confutare con un pensiero oggettivo e non con affermazioni gratuite e intrise di volontarismo e di idealismo.

4) Infine e soprattutto, il Superiore generale deve “disporsi alla grazie di stato” . Raul Naz, nel suo Traité de droit canonique, scrive : 
«Il capitolo è (…) una persona morale rappresentante tutto l'Istituto (capitolo generale) o una provincia o una comunità. Eccetto che in alcuni ordini molto antichi, il capitolo generale ha più poteri del superiore generale che esso elegge. Esso può emanare delle leggi o quantomeno prendere dei provvedimenti che devono restare in vigore fino al capitolo successivo. Il capitolo generale si riunisce, secondo le costituzioni, alla morte del superiore generale o allo scadere dei suoi poteri, ad esempio dopo sei anni, o ancora, in certi casi, ad una data straordinaria. » (T 1, n° 816 § 1)
Ora la volontà del Capitolo generale del 2006, a proposito delle relazioni con Roma, era duplice: «Nel caso in cui un accordo con la Santa Sede fosse seriamente in vista, sarà convocato un Capitolo straordinario per trattare la questione» (Cor Unum ottobre 2006). «Infatti, i contatti che essa [FSSPX] mantiene sporadicamente con le autorità romane hanno per unico scopo di aiutarle a riappropriarsi della Tradizione che la Chiesa non può perdere senza rinnegare la propria identità, e non la ricerca di un vantaggio per se stessa, o di giungere ad un impossibile “accordo” puramente pratico.» (Dichiarazione del Capitolo generale, 16 luglio 2006).

Ora su questi due punti il Superiore generale ha contraddetto pubblicamente le volontà del Capitolo. Egli ha cercato di realizzare un accordo puramente pratico e non ha convocato per questo un Capitolo generale straordinario, né ha detto che il Capitolo amministrativo previsto da lunga data ne avrebbe tenuto vece.
Un Superiore generale che contraddice apertamente le volontà del Capitolo della sua Congregazione può ancora invocare la grazia di stato?
Mancare gravemente ai doveri della sua carica, è questo il modo migliore di “disporsi verso le grazie di stato” e di meritarle “attraverso una completa e continua docilità agli inviti dello Spirito Santo.”?
Come avere fiducia in un Superiore generale che disprezza le volontà del Capitolo della sua Congregazione?
Se il Capitolo del 2012 non rinnega quello del 2006, esso non potrà fare a meno di biasimare un tale Superiore, e potrebbe perfino destituirlo molto legittimamente e canonicamente.

Ad ogni modo, queste osservazioni dimostrano a sufficienza l’inanità dell’argomento della grazia di stato per giustificare la politica di Menzingen.

La Fraternità Sacerdotale San Pio X era in pace, adesso è in ebollizione. Perché? Perché il suo Superiore è stato vittima di “illusioni” che gli hanno fatto credere che conducesse una politica “sostenibile” quando invece essa era inaccettabile.
La posizione della Fraternità Sacerdotale San Pio X è chiara: l’“accordo” puramente pratico è impossibile.

Overe Beatanox




agosto 2012

AL SOMMARIO ARTICOLI DIVERSI